Non nascondono la loro delusione le 14 Associazioni ambientaliste e bio riguardo l’accordo per la riforma PAC 2014-2020 scaturito dal trilogo tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione. In un comunicato congiunto, le associazioni (AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) esprimono non poche riserve sui risultati dei negoziati e sugli ultimi accordi ratificati.
“Molte parole e pochi fatti concreti per una falsa riforma della PAC che non aiuta né l’ambiente né l’economia, confermando i sussidi all’agricoltura industriale ed i vecchi privilegi senza introdurre vere innovazioni per una maggiore competitività e sostenibilità ambientale ed economica delle nostre imprese agricole. In questo momento di crisi economica era necessaria una svolta radicale per l’agricoltura europea ed italiana verso un nuovo modello in grado di premiare le aziende agricole più virtuose, che producono maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e capacità di creare lavoro per i giovani. Questo si aspettavano i cittadini Europei e invece ancora una volta si è perso un’occasione storica di cambiamento” ha dichiarato la portavoce del Tavolo Maria Grazia Mammuccini.
Secondo le associazioni non vi saranno ricadute effettivamente positive né sul fronte della tutela della biodiversità, né su quello della lotta ai cambiamenti climatici, né sulla gestione sostenibile dell’acqua né, in ultimo, un adeguato sostegno all’agricoltura biologica e multifunzionale.
In particolare, secondo le associazioni la spesa minima obbligatoria per le misure agro-climatiche-ambientali, fissata al 30% per le risorse nello sviluppo rurale, non garantisce reali benefici all’ambiente, a differenza di quanto avrebbe comportato l’auspicato aumento al 50% proposto dalle stesse associazioni.
Delusione anche sul fronte pesticidi: la cancellazione del vincolo di rispetto delle due direttive relative per tutte le aziende che ricevano contributi dalla PAC (la cosiddetta condizionalità) rischia seriamente di rendere inutile l’applicazione concreta del Piano di Azione sull’uso sostenibile dei pesticidi, fortemente osteggiato dalle lobby interessate a sostenere l’agricoltura convenzionale e l’utilizzo di prodotti chimici.
Analoghe perplessità nel caso delle Aree di interesse ecologico (le EFA), per le quali la percentuale fissata è quella del 5% con l’ipotesi di un successivo aumento al 7% previa valutazione della Commissione e accordo con Parlamento e Consiglio europeo. La soglia dei 15 ettari per l’applicazione delle EFA esclude di fatto oltre un terzo del territorio europeo e, considerando la dimensione media di 8 ettari delle aziende italiane, esime la maggior parte di esse dalle norme sul greening.
Altro punto critico riguarda la decisione di riconoscere un principio di equivalenza e relative esenzioni per pratiche agro-ambientali definite “di basso libello”, che rendono piuttosto vaga e inconsistente l’auspicata eco compatibilità della PAC. Dato che l’accordo prevede l’esenzione dalle norme sul greening per tutte le aziende sotto i 10 ettari (il 33% della superficie agricola europea) e che per le aziende tra i 10 e i 30 ettari sono sufficienti solo 2 colture a condizione che la principale non copra più del 75% della superficie totale, ciò nei fatti corrisponde all’esenzione di quasi la metà della superficie europea da uno dei tre requisiti del greening. In riferimento alla dimensione media delle aziende agricole italiane prima ricordata, ciò significa nei fatti che la maggior parte delle aziende del Paese sarà esclusa anche da questa norma del greening.
Infine, non si riscontra nessun effettivo rafforzamento del secondo pilastro sullo sviluppo rurale, imprescindibile strumento strategico per le imprese agricole, in cui il finanziamento degli strumenti assicurativi contro le calamità naturali e la stabilizzazione dei redditi (che più coerentemente dovevano ricadere nel primo pilastro), assorbiranno buona parte delle risorse disponibili.
A questo punto si inaugura il processo di programmazione 2014-2014 a livello nazionale e regionale in cui restano margini di miglioramento rispetto a quanto è stato approvato a livello europeo.
Si tratta ora di capire, concludono le Associazioni, quale sarà in concreto l’impostazione operativa da parte del Mipaaf e delle Regioni per comprendere se davvero esiste una volontà autentica di andare nella direzione di un’agricoltura “ più sostenibile per l’ambiente, attenta ai beni comuni e all’interesse generale”.
L’auspicio, si legge nel comunicato delle 14 Associazioni, è che “ almeno per questo nei prossimi mesi ci sia un ampio e costruttivo confronto con tutte le parti sociali ed economiche interessate all’attuazione della futura PAC”.
Fonte: FederBio