Fao, un nuovo studio lancia l’allarme-sprechi
1,3 miliardi di tonnellate di cibo all’anno: questa ma mostruosa quantità di cibo che ogni anno viene sprecata secondo il recente rapporto Fao “Food Wastage Footprint: Impacts on Natural Resources”. La cifra è talmente grande da essere quasi inconcepibile, ma per rendersi conto più concretamente delle dimensioni in gioco, immaginiamoci per un momento che dei camion a tre assi (di quelli che spesso vediamo sulle nostre strade e autostrade impegnati in trasporti alimentari) siano riempiti a pieno carico di cibo destinato ad essere perduto (nell’esempio, piuttosto vicino alla realtà, approssimiamo a 20 tonnellate per camion il carico di alimenti). Otterremmo così un “serpente” ininterrotto di veicoli, in fila uno dietro l’altro, in grado di fare venti volte il giro dell’equatore. Forse questa proporzione restituisce meglio le proporzioni del problema messo a fuoco dallo studio Fao. Il rapporto, finanziato dal governo tedesco, costituisce il primo serio tentativo di approfondire il problema dell’impatto ambientale delle perdite alimentari sul pianeta, approfondendo le conseguenze in termini climatici, di risorse idriche sprecate, di uso del territorio e perdita di biodiversità. “Ogni anno – si legge nel testo – il cibo che viene prodotto, ma non consumato, sperpera un volume di acqua pari al flusso annuo di un fiume come il Volga; utilizza 1,4 miliardi di ettari di terreno, quasi il 30% della superficie agricola mondiale, ed è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di gas serra. Oltre a questo impatto ambientale, le conseguenze economiche dirette di questi sprechi (esclusi pesci e frutti di mare), si aggirano secondo il rapporto intorno ai 750 miliardi di dollari l’anno”. Le cose non migliorano granché se restringiamo l’indagine alla specifica realtà italiana: secondo una nota Coldiretti sul tema, “ogni persona in Italia ha buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno, con una tendenza positiva alla riduzione provocata dalla crisi, che negli ultimi cinque anni ha ridotto di circa il 25% gli avanzi da gettare. “Il contenimento degli sprechi – prosegue la nota – e’ forse l’unico aspetto positivo della crisi che ha determinato una maggiore attenzione degli italiani alla spesa, ma anche alla preparazione in cucina ed alla riutilizzazione degli avanzi”. “Restano comunque quasi 5 milioni le tonnellate di cibo che ogni anno vengono gettate nelle case degli italiani, un problema etico con effetti sul piano economico ed anche ambientale per l’impatto negativo dello smaltimento, nei confronti del quale e’ giusto intervenire sia nei paesi sviluppati che in via di sviluppo”. Suolo e Salute, sensibile a queste problematiche e in particolare a modelli di sviluppo sostenibili per l’uomo come per l’ambiente, ha dedicato in passato più di un approfondimento sul tema. In particolare è stato intervistato dal nostro giornale il professor Andrea Segré, preside della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bologna, da anni impegnato con il progetto Last Minute Market proprio nella direzione di una sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema delle perdite alimentari e su una concreta riduzione degli sprechi stessi.
Fonte: Suolo e Salute, Agrapress, Greenreport