Suolo e Salute

Anno: 2013

Vino bio, il Wine monitor Nomisma fa un primo bilancio

A quasi un anno dalla normativa sul vino biologico, l’Osservatorio Wine monitor Nomisma fa il punto sulla situazione del comparto. Stando alle rilevazioni, nel nostro paese si è assistito ad un vero e proprio boom del vino bio: ad oggi ben il 6,5% di tutti gli ettari coltivati a vite è biologico, contro una media mondiale del 2%. In questa speciale graduatoria, l’Italia è seconda solo all’Australia, leader con l’8,6% della superficie destinata alle coltivazioni di viti biologiche. Anche considerando la superficie assoluta l’Italia dimostra una grande vitalità del settore con una superficie totale destinata alle uve biologiche di circa 53.000 ettari, seconda solo alla Spagna con 57.000. Un dato che si è tradotto in un aumento percentuale del 67% nel periodo 2003-2001. Performances che trovano riscontro anche nelle vendite: in un contesto di forte contrazione dei consumi, il biologico resta uno dei pochi settori in controtendenza, con un segno positivo del 7,3% nella GDO. Ad un anno dall’uscita della normativa che regolamenta il vino biologico, è presto per fare bilanci, ma è indubbio che, come tutto il comparto del biologico, anche il vino sembra ritagliarsi crescenti spazi di mercato. Se oggi oltre una famiglia su due compra biologico, già il 5% ha scelto almeno una volta nel corso dell’anno di acquistare un vino etichettato come biologico. Non a caso dal 2014 Vinitaly, il tradizionale e importantissimo appuntamento di settore, avrà un padiglione specifico dedicato all’enologia biologica, grazie all’accordo tra FederBio e Verona Fiere che ha suggellato la nascita di Vinitaly bio. E proprio il mercato internazionale sembra rappresentare la frontiera più promettente: secondo i dati di Wine monitor, negli Stati Uniti il vino italiano nella sola vendita al dettaglio rappresenta il 25% dell’importazione (secondo solo al 35% dei vini australiani). Nel caso sepcifico dei vini biologici, la quota di mercato dei vini italiani costituisce ad oggi il 13% del totale, dopo il Cile (45%) e l’Argentina (19%). Ma gli accordi di equivalenza UE-USA che consentono dal giugno del 2012 la vendita di vino biologico senza la necessità di una seconda certificazione americana, sembrano preparare il terreno ad una crescita importante nel prossimo futuro.

Fonte: AIOL

L’Agnello del Centro Italia ottiene l’IGP

Dopo l’Agnello di Sardegna e l’Abbacchio Romano, una nuova produzione tipica si aggiunge alla lista delle denominazioni IGP: si tratta dell’ “Agnello del Centro Italia”, iscritto nei giorni scorsi iscritto nel registro delle denominazioni e delle indicazioni geografiche protette. La Commissione ha così approvato l’iscrizione nel registro europeo delle Denominazioni e Indicazioni geografiche protette questa antica produzione dell’Italia centrale, che si aggiunge così alle oltre 1.100 produzioni di qualità europee, che vedono leader proprio il nostro paese. Si tratta di una denominazione di grande importanza per i produttori, dato che sono ben sei le regioni del Centro Italia che rientrano nell’elenco previsto dal disciplinare: Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, Umbria e in parte l’Emilia Romagna.

Si tratta di un agnello allevato allo stato brado o semi brado, di età non superiore ai 12 mesi, alimentato unicamente dal latte materno nella prima fase di vita. “La nuova IGP è un importante riconoscimento per il comparto ovino, che può favorire una migliore valorizzazione delle carni prodotte”, si legge in una nota di Confagricoltura. “Spetta ora – prosegue il comunicato – alle amministrazioni nazionale e regionali attivarsi per individuare le risorse necessarie per avviare la valorizzazione della produzione tipica dell’agnello da carne ottenuto dalle razze tradizionali dell’areale”. Secondo i dati di Confagricoltura, alla nuova IGP hanno aderito circa 130 allevamenti, 17 macelli ed un centro di sezionamento, per un totale di circa 90 mila capi. Ad oggi, sul mercato sono presenti oltre 30 mila agnelli certificati.

Fonte: Agrapress, Confagricoltura, AgenParl

UE: nuovi interventi a tutela della salute delle api

Un nuovo rapporto dell’ Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza, recentemente consegnato alla Commissione europea, evidenzia il rischio elevato cui sono soggette le api nel caso di utilizzo dell’insetticida “Fipronil” nel trattamento delle sementi di mais. La relazione all’indomani della richiesta all’Efsa, da parte della stessa Commissione europea, di approfondimenti in merito agli effetti su colonie, mortalità e comportamento degli insetti. Restano invece incompleti i dati relativi ad altre colture, ivi compresi i semi di girasole, per i quali ancora non è stato stabilito l’effettivo livello di rischio nel caso di esposizione alla polvere proveniente dalla semina. Il Fipronil, noto anche come Fluocianobenpirazolo, appartiene alla famiglia chimica phenylpyrazole (quindi non è un neonicotinoide) ed è utilizzato per la lotta a numerosi insetti, nella loro fase larvale. Sempre riguardo le sostanze nocive per gli insetti impollinatori, nel regolamento di esecuzione pubblicato sabato scorso 25 maggio sulla G.U la Commissione ha ribadito che è vietato l’utilizzo di sementi trattate con prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, con la sola esclusione delle sementi utilizzate in serra. Tale obbligo sarà formalmente in vigore a partire dal 1° dicembre di quest’anno, in modo tale da garantire un periodo transitorio di adeguamento alle disposizioni europee. Fino a quella data, resteranno valide le eventuali misure cautelari nazionali già in essere.

Il divieto fa seguito agli studi effettuati dall’Efsa, che confermano l’alta tossicità di queste sostanze per le api. In particolare,  è espressamente vietato l’uso di prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam o imidacloprid per la concia delle sementi e l’applicazione al suolo in tutte le colture che attraggono le api e per i cereali, escluse le coltivazioni in serra e i cereali invernali. Analoghe limitazioni per i trattamenti fogliari, sempre con l’esclusione delle coltivazioni in serra e delle colture che prevedono il raccolto prima della fioritura.

Secondo quanto previsto dal regolamento 2009, è facoltà degli Stati mebri adottare ulteriori misure restrittive per prodotti fitosanitari contenenti clothianidin, tiametoxam e imidacloprid, nonché l’adozione di misure di emergenza relativamente all’immissione sul mercato di sementi conciate con queste sostanze.

Riguardo la tutela delle api, numerose associazioni ambientaliste si sono mosse da tempo per chiedere maggiori tutele. In questa direzione, ad esempio, il rapporto di Greenpeace “Api in declino”, che analizza gli effetti di diversi pesticidi (compreso il Fipronil) sulle api e, in generale, sugli insetti impollinatori. Per questo motivo Greenpeace ha lanciato la campagna “Salviamo Le Api” (www.salviamoleapi.org) in cui come prima cosa si chiede la messa al bando di sette sostanze altamente nocive per le api come primo passo nella direzione di un’agricoltura pienamente sostenibile.

Fonte: Greenreport, Greenpeace

Pubblicata la nuova edizione de “L’agricoltura biologica Serbia a colpo d’occhio”

Lo studio, appena pubblicato, contiene una serie di informazioni circa lo sviluppo del settore nel paese dell’ex Jugoslavia, approfondendo il contesto storico di sviluppo del biologico serbo, le sfide future e le opportunità. I primi passi per lo sviluppo della produzione biologica in Serbia risalgono al 1990, quando l’ONG Terra ha creato una rete di promozione dei produttori, agricoltori, consulenti e personale accademico coinvolti a vario titolo nella produzione di alimenti biologici. Venti anni più tardi, e approfittando del sostegno di molte istituzioni nazionali e internazionali, ministeri e organizzazioni tecniche, il settore biologico in Serbia ha raggiunto un livello di tutto rispetto: ad oggi, numerose associazioni promuovono il settore biologico;  al tempo stesso le istituzioni governative e i ministeri, a cominciare dal Ministero dell’agricoltura, delle foreste e delle risorse idriche, si occupano di monitorare e sviluppare il settore.

Ad oggi in Servia circa 20 tra atenei, facoltà ed enti di ricerca sostengono l’agricoltura biologica e stanno lavorando alla messa a punto dei migliori sistemi di coltivazione biologica, mentre il mercato del bio è regolamentato dalla presenza di sette diversi organismi di controllo e certificazione, che assicurano che le normative nazionali e internazionali che disciplinano la certificazione biologica siano rispettate. Malgrado i passi avanti degli ultimi anni, molto resta ancora da fare, soprattutto per far si che il sistema del biologico serbo sia in grado di integrarsi al meglio con la politica agricola comunitaria. Ad oggi il biologico serbo coinvolge oltre 11.000 ettari di terreni agricoli, coltivati per lo più a frutteti, con una crescita costante dei cereali e semi oleosi. La maggior parte di questi prodotti sono esportati, soprattutto verso l’UE, mentre sviluppo del mercato interno resta ostacolato dal permanere di un insufficiente potere d’acquisto dei consumatori. Lo studio di settore è pubblicato dalla National Association Serbia Organica, con il supporto della Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ) GmbH e del programma di sviluppo ACCESS.

  Il rapporto completo può essere scaricato a questo indirizzo (File: Organic Agriculture in Serbia At a Glance 2013, 2.1 MB)

Fonte: Organic World

 

Fonte: Greenreport

Biocidi: nuove disposizioni dalla Commissione Europea

Con pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea del 22 maggio u.s., la Commissione Europea ha ammesso il Clorfenapir tra i principi attivi che possono essere utilizzati nei biocidi, ampliando in questo modo l’elenco presentenell’allegato I della direttiva 98/8/ce relativo appunto all’immissione sul mercato  dei biocidi. Secondo le direttive della Commissione, gli Stati membri entro il 30 aprile del 2014 saranno tenuti ad adottare e pubblicare tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla nuova direttiva. Le disposizioni invece avranno validità a partire dal maggio 2015, dando così modo agli Stati membri e alle diverse parti interessate di attrezzarsi in vista dell’entrata in vigore della nuova direttiva.

Il Clorfenapir potrà quindi essere utilizzato come preservante del legno, a condizione che i singoli Stati procedano ad una più approfondita valutazione degli eventuali rischi per la popolazione e l’ambiente. Prima dell’autorizzazione dei prodotti, pertanto, ogni paese sarà tenuto ad adottate eventuali specifiche misure o a imporre condizioni d’uso tali da contenere i rischi entro limiti considerati tollerabili. In altre parole, i prodotti dovranno essere utilizzati con adeguati dispositivi di protezione individuale e il loro uso sarà autorizzato solo per uso professionale o industriale, a meno che non venga dimostrato, all’atto dell’autorizzazione di uno specifico prodotto, che i rischi possono essere ridotti a un livello accettabile con altri mezzi. Per quanto riguarda l’applicazione industriale o professionale, l’Ue prevede invece che essa sia effettuata esclusivamente in un’area isolata o su sostegni rigidi impermeabili dotati di sistemi di contenimento. Al termine del trattamento, inoltre, il lego dovrà essere conservato su sostegni rigidi impermeabili alcon lo scopo di evitare lo scolo diretto di residui nell’ambiente. Inoltre gli eventuali scoli di prodotti contenenti Clorfenapir dovranno essere raccolti ai fini del loro riutilizzo o smaltimento. La stessa Commissione invece ha ritenuto troppo elevati i rischi per l’ambiente nel caso di trattamenti con Clorfenapir su materiali per uso esterno: per questo motivo essi non saranno autorizzati a meno che non vengano prodotti dati che dimostrino la piena soddisfazione dei requisiti previsti dalla direttiva del 1998, eventualmente applicando specifiche misure di mitigazione del rischio.

L’Ue inoltre ha deciso che le disposizioni relative al C lorfenapir vengano applicate simultaneamente in tutti gli Stati membri, per garantire analogo trattamento rispetto ai biocidi del tipo di prodotto 8 contenenti il principio attivo carbonato di didecildimetilammonio e, più in generale, per garantire un funzionamento ottimale del mercato dei biocidi.

Fonte: Greenreport

Coldiretti presenta a Bruxelles un dossier sui cibi low cost

Il 30 maggio presso l’Hotel Metropole di Bruxelles la Coldiretti presenterà il proprio dossier “I rischi dei cibi low”, in cui vengono esaminate le caratteristiche nutrizionali e di salubrità di questa tipologia di alimenti, che Coldiretti definisce “prodotti alimentari a basso costo dai quali l’Europa ci deve difendere”. L’incontro si inserisce nell’ambito del Forum Internazionale “Più Europa, più politica agricola”, promosso con lo scopo di “valorizzare l’agricoltura europea per garantire la sicurezza ambientale e alimentare dei cittadini, in vista della riforma della politica agricola comune (PAC)”. Al forum interverranno rappresentanti delle istituzioni nazionali e comunitarie e delle principali organizzazioni agricole europee, tra cui la francese Fnsea, la tedesca Dbv, l’irlandese Ifa e l’inglese Nfu. Un tema di grande attualità, se si pensa che le statistiche riportano un taglio di oltre il 60% (62,3%, per l’esattezza) nell’acquisto delle famiglie italiane, che sempre più spesso orientano i propri acquisti verso prodotti “ offerti spesso a prezzi troppo bassi per essere sinceri”, come denuncia Coldiretti. La Confederazione in una nota ribadisce che “l’obiettivo del dossier ‘I rischi del cibo low cost’ e’ quello far conoscere quali sono i trucchi che consentono di produrre cibo a prezzi stracciati ma soprattutto quali rischi si corrono e come difendersi nell’acquisto delle diverse tipologie di alimenti che finiscono nel piatto”.

Fonte: Agrapress



 

Fonte: Agrapress