Suolo e Salute

Mese: Ottobre 2016

India: l’agricoltura bio ‘conquista’ le zone aride e contrasta il global warming

L’India punta sull’agricoltura biologica. Alcuni dei progetti avviati nel subcontinente sono modelli d’ispirazione per tutto il settore. Come il Sikkim, regione nel nord-est del Paese che ha raggiunto il 100% di agricoltura bio, nel corso di 12 anni. O come il villaggio di Kedia, dove gli agricoltori locali stanno mescolando sapientemente tecniche agricole tradizionali, insieme alle nuove strategie di coltivazione bio.

Oggi scopriamo il villaggio di Dantiwara, nella regione del Rajasthan, dove alcune aree desertiche prendono vita grazie all’agricoltura senza pesticidi e fertilizzanti chimici.

Il progetto è stato condotto dai produttori locali, insieme al CAZRI (Central Arid Zone Research Centre), un centro di ricerca specializzato nella riqualificazione delle zone aride nell’India centrale. Il World Food Security Day, tenutosi il 16 ottobre, è stata l’occasione per presentare l’iniziativa.

Durante gli ultimi 8 anni di intensa ricerca”, spiega lo scienziato Arum Kumar Sharma del CAZRI, “siamo arrivati all’inequivocabile conclusione che l’agricoltura biologica sia la panacea di tutti i mali causati dall’uso di fertilizzanti e pesticidi biologici”. Non solo. Questo tipo di coltivazione aiuta anche ad “incrementare la salute del suolo, così come la resistenza del raccolto”.

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Sharma ha aggiunto che le vaste distese desertiche presenti nella regione, offrono le condizioni ideali per la promozione dell’agricoltura biologica. L’idea è che queste terre sono completamente ‘vergini’, sono state cioè protette dall’impatto degli agenti chimici. È possibile inoltre adattarle rapidamente alle nuove pratiche di coltivazione naturali. Ad oggi, a Dantiwara i terreni che hanno effettuato una conversione completa al bio sono pari a 400 bigha (unità di misura locale: ogni bigha è pari a circa 1.600 mq). L’obiettivo è di arrivare al 100% il prima possibile, rendendo il villaggio un modello per tutta la regione e per l’India intera.

All’appuntamento è intervenuto anche Tulcha Ram, responsabile regionale per il bio di Bharatuya Kisan Sangh, organizzazione non governativa che raccoglie agricoltori e allevatori locali. Ram ha raccontato la crescita dell’interesse delle aziende agricole locali verso le nuove tecniche di agricoltura biologica, anche nelle zone aride, che rappresentano oggi il 60% del territorio. E ha ricordato che “l’uso prolungato di agenti chimici sotto forma di fertilizzanti e pesticidi non ha solo ridotto il potenziale del suolo in maniera considerevole. Ha avuto anche dei costi elevati in termini sanitari ed economici” per gli agricoltori locali.

FONTI:

http://timesofindia.indiatimes.com/city/jodhpur/Organic-farming-to-curb-global-warning/articleshow/54876002.cms

http://www.cazri.res.in/

http://www.bharatiyakisansangh.org/

http://www.suoloesalute.it/dai-pesticidi-fertilizzanti-chimici-allagricoltura-biologica-miracolo-indiano-kedia/

http://www.suoloesalute.it/indiano-primo-paese-100-biologico/

Psr 2014-2020: nuove opportunità in agricoltura per duemila giovani italiani

Il Psr come veicolo per invogliare le giovani a generazioni a investire tempo e talento nel settore agricolo. È questo quanto emerge da un’analisi di Enrica Ruggeri (Ismea) sull’applicazione del Programma di sviluppo 2014-2020 da parte delle regioni italiane.

Tutte le iniziative pubbliche a favore dei giovani agricoltori (misura 6.1) previste dai Psr hanno una dotazione complessiva di 1,86 mld, buona parte dei quali ancora da erogare da qui al 2020. Si tratta del 10% del totale della spesa totale prevista e del 36% degli stanziamenti per la redditività e la competitività del settore agroalimentare. Ad oggi, sono 24 i bandi pubblici per l’allocazione delle risorse. Dieci di essi sono tuttora aperti. Misure che hanno interessato la quasi totalità delle regioni italiane.

Alcune amministrazioni hanno già erogato una parte dei fondi; altre invece hanno tuttora degli avvisi aperti per il finanziamento di attività agricole giovanili. La Sardegna, per esempio, ha impiegato l’80% della dotazione complessiva, pubblicando due diversi bandi, entrambi in scadenza a gennaio 2017. Si colloca così al primo posto tra le regioni italiane per percentuale di risorse da stanziare. Al secondo posto troviamo la Calabria, che ha liberato risorse pari al 76% del totale, con un bando in scadenza il 14 novembre prossimo. A seguire la Lombardia con il 70% di aiuti: la regione ha finanziato iniziative in scadenza nel dicembre 2017.

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Per quanto riguarda, invece, le risorse già erogate la Toscana è prima in Italia: la giunta ha infatti trasferito ai giovani agricoltori il 63% del totale della dotazione finanziaria. Hanno chiuso le prime graduatorie anche Emilia Romagna, Veneto, Molise, Umbria, Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano. In totale sono quasi 2mila (1.997) i giovani beneficiari, con un finanziamento complessivo di circa 80 milioni di euro, sui 390 stanziati dalle Regioni in questa prima fase del Psr.

Sul fronte degli investimenti per il ricambio generazionale nelle imprese agricole, Sicilia, Campania e Puglia sono le tre regioni ad aver stanziato di più in termini assoluti. In termini relativi, “vincono” invece Veneto, Puglia e Campania.

Non si tratta unicamente di investimenti in nuove aziende. Nel Psr, in particolare nel “Pacchetto giovani” sono state messe in campo anche iniziative di formazione e sviluppo: accompagnamento dei giovani nel percorso di avviamento aziendale, acquisizione di nuove competenze, stanziamento di risorse per la competitività e l’innovazione.

FONTI:

http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1642

La voce fuori dal coro di Michele Serra a difesa del biologico

michele-serra-reportLa recente puntata di “Report” di Rai3 ha fatto sì luce su delle gravi inefficienze nella filiera del biologico italiano, ma ha avuto anche l’effetto opposto di gettare nello sconforto le migliaia di operatori onesti che da decenni svolgono il loro lavoro in modo ineccepibile; quella stessa filiera che è la migliore al mondo per esportazione dei prodotti agro-alimentari. Vogliamo riportare oggi l’opinione di Michele Serra così come è apparsa sulle pagine de ” La Repubblica” il 13 ottobre.

“Un vecchio amico pioniere del biologico ) aveva vent’anni quando prese la via della terra) mi telefona affranto dopo la puntata di “report” nella quale si smascheravano un paio di truffe ( vere, e gravi ( commesse nel nome,usurpato, del bio.” Non una parola sulla passione, la fatica, l’affetto per i campi di molte migliaia di coltivatori e allevatori, soprattutto ragazze e ragazzi, piccole e medie aziende virtuose che ormai costituiscono massa critica, numeri importanti.Sembrava che “bio” fosse sinonimo di furbata o di crimine”. Mi ha colpito l’uso del termine ” affetto”, non tutti i lavoratori sono affettuosi, non tutte le attività economiche hanno come obiettivo la cura di qualcosa, in questo caso la terra e il cibo. Mi ha colpito anche, il tuo tono ferito.

Così funziona in giornalismo, gli ho detto, punta lo sguardo sulle cose che non vanno e sui conti che non quadrano, azzanna l’errore, o almeno ci prova. Capita poi che nell’inseguire la preda urti anche vite e sensibilità di persone, per così dire, estranee ai fatti; o peggio vittime anch’esse, come è il caso dei coltivatori bio lesi dal danno di immagine prodotto da pochi imbroglioni. Per rasserenarlo ho anche aggiunto ( non me ne voglia la corporazione della quale faccio parte ) che le cattive notizie fanno molto rumore ma passano veloci come lampi. L’agricoltura ha tempi lunghi e la pazienza nel suo Dna, e il fatto che i media ne parlino poco forse, a conti fatti, non è un male ”

 

fonti:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/10/13/-lamaca30.html?ref=search

https://www.facebook.com/AmacaMicheleSerraRepubblica/

Ogm: il parlamento UE dice no a 5 nuovi prodotti

Giovedì 6 ottobre, il Parlamento europeo ha votato per negare la possibile autorizzazione da parte della Commissione europea per la coltivazione nel continente di cinque prodotti OGM.

In tale occasione, il Parlamento ha approvato cinque risoluzioni non vincolanti, presentate dai deputati Bart Staes (Verdi/ALE, BE), Sirpa Pietikäinen (PPE, FI), Guilliaume Balas (S&D, FR), Lynn Boylan (GUE/NGL, IE) ed Eleonora Evi (EFDD, IT). I provvedimenti riguardavano la coltivazione nell’UE di altrettanti prodotti geneticamente modificati: il mais Bt11 e 1507, il MON810 (semi e prodotti) e un cotone resistente al glifosato.

Sulle varianti del mais, la motivazione addotta per la negazione dell’autorizzazione riguarda il  danno che le coltivazioni potrebbero arrecare ad alcune specie di farfalle e falene. I membri del parlamento, si legge in una nota, “mettono in discussione il concetto, introdotto dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), di una “mortalità locale accettabile” di alcune specie di lepidotteri”.

Stop anche ai semi di mais MON 810. Secondo i deputati, la valutazione dell’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) sul prodotto sarebbe carente di alcuni dati. Tra le ragioni del “no” anche il possibile rischio di “contaminazione incrociata di una pianta invasiva che trasporta la tossina Bacillus thuringiensis (Bt), utilizzata come pesticida, [che] potrebbe porre “grandi rischi per gli agricoltori e per l’ambiente”.

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I deputati hanno inoltre rinnovato il proprio appello per intervenire sulla procedura di autorizzazione degli OGM nell’Unione Europea, meccanismo che, a parer loro, andrebbe rivisto.

Nei casi del MON810 e del cotone ogm, i membri del parlamento hanno evidenziato come gli OGM siano autorizzati dalla Commissione europea senza il sostegno dei pareri dei comitati degli Stati membri. Una procedura che “avrebbe dovuto essere un’eccezione, ma è di fatto diventata la norma”.

L’istituzione si era già opposta, nell’ottobre dello scorso anno, a una normativa europea che avrebbe concesso agli Stati nazionali di limitare o vietare la vendita e l’uso di alimenti OGM a livello UE. Una procedura che avrebbe potuto portare alla reintroduzione di controlli transfrontalieri all’interno di Schengen, tra paesi pro e anti-OGM.

Questa è la quinta volta in un anno che il Parlamento Europeo ha negato l’approvazione di OGM”, ha dichiarato Eduardo Cuoco, Direttore Europeo di IFOAM, organizzazione internazionale per la promozione dell’alimentazione e dell’agricoltura biologica. “Il voto dimostra che il Parlamento continua a esprimere il desiderio dei cittadini europei di un’agricoltura libera da OGM. È arrivato il momento che gli Stati Membri siano coerenti con i propri divieti nazionali, agiscano e votino contro gli OGM a novembre”.

Secondo IFOAM, gli organismi geneticamente modificati mettono a rischio lo sviluppo dell’agricoltura biologica, un settore che in Europa vale 42 miliardi di euro e che cresce del 7,4% ogni anno. “Gli OGM non sono compatibili con i principi dell’agricoltura biologica, dal momento che i rischi che pongono all’ambiente e alla salute non sono sufficientemente conosciuti”.

FONTI:

http://www.europarl.europa.eu/news/it/news-room/20161005IPR45827/i-deputati-si-oppongono-all%E2%80%99autorizzazione-di-cinque-ogm

http://www.lastampa.it/2016/10/06/esteri/il-parlamento-europeo-dice-no-a-quattro-prodotti-ogm-PoLT425dv8tmb3nVOX9gxM/pagina.html

http://www.ifoam-eu.org/en/news/2016/10/06/press-release-eu-parliament-objects-new-gmo-authorisations

Due alternative naturali all’uso di antibiotici negli allevamenti: le scoperte dell’UniFi

Di recente, i Paesi dell’ONU hanno firmato una dichiarazione comune in cui si affronta il problema dell’aumento della resistenza batterica agli antibiotici. Il fenomeno sarebbe in crescita a causa della lentezza nello sviluppo di nuovi antibiotici, ma anche perché vengono spesso adoperati in maniera eccessiva o senza completare un ciclo completo di cura. In questo modo, i batteri colpiti “imparano” come resistervi e diventano più forti, minacciando la salute di tutti.

Tra le pratiche più pericolose che aumentano la resistenza batterica, ci sarebbe anche la somministrazione regolare di dosi di antibiotici a bovini, suini e polli negli allevamenti di tipo intensivo. Una pratica vietata in UE, ma ancora molto comune in Paesi come Cina e Stati Uniti. Si stima che l’80% della produzione di antibiotici statunitense sia destinata agli animali d’allevamento.

Da queste considerazioni, nasce l’esigenza di individuare metodi alternativi e naturali all’utilizzo di prodotti farmaceutici nell’ambito della zootecnia.

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Un settore di cui si occupa da tempo il professor Mauro Antongiovanni del Dipartimento di Nutrizione animale dell’Università di Firenze. Sono ormai 15 anni che all’interno dell’Ateneo toscano vengono sviluppate ricerche e innovazioni nell’ambito degli antibiotici naturali: i risultati sono stati presentati nel corso di un convegno all’Accademia dei Georgofili, il 6 ottobre scorso.

Secondo il professore, è innanzitutto “necessario eliminare completamente gli antibiotici dai mangimi zootecnici”. Gli ostacoli sono però numerosi dal momento che “le condizioni ambientali degli allevamenti intensivi necessitano di misure preventive”. Non mancano, poi, “le resistenze delle industrie farmaceutiche che minimizzano il problema di utilizzo, che talvolta sconfina in un vero e proprio abuso”.

Antogiovanni ha poi presentato i risultati conseguiti nell’utilizzo di due rimedi presenti in natura, i tannini e l’acido butirrico, sostanze con proprietà battericide o batteriostatiche.

L’acido butirrico è un acido grasso a catena corta, “prodotto naturalmente dalla fermentazione della fibra nell’apparato digerente e nell’intestino dei monogastrici. Si trova anche nel latte ed è una difesa che la natura ha previsto anche per i neonati”.

I tannini invece, sono “presenti nel vino e in molti vegetali come i carciofi, o nel legno, nelle castagne, nelle ghiande e in diversi tipi di frutti. Funzionano come battericidi e batteriostatici, bloccando la riproduzione dei microrganismi.

Questi elementi naturali, secondo Antogiovanni, non presentano effetti collaterali. Abbiamo verificato, inoltre, che hanno effetti benefici sul metabolismo, riducendo la volatilità delle deiezioni e la presenza di azoto, con conseguenze sulla qualità dell’aria”.

FONTI:

http://www.internazionale.it/opinione/gwynne-dyer/2016/10/03/antibiotici-resistenza

http://www.un.org/pga/71/wp-content/uploads/sites/40/2016/09/DGACM_GAEAD_ESCAB-AMR-Draft-Political-Declaration-1616108E.pdf

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/zootecnia/2016/10/11/antibiotico-resistenza-un-alternativa-e-possibile/50364

Federbio: “L’agricoltura biologica è il settore più controllato in Italia”

Federbio, la Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica, è intervenuta per ribadire la bontà e la salubrità dei prodotti biologici italiani, malgrado alcuni casi di irregolarità emersi nel settore.

Il bio è il settore più controllato di tutto l’agroalimentare italiano”, sottolineano in una nota. La stessa Federbio presiede gli Organismi di Controllo e di Certificazione dei propri soci, controllando 51.830 dei quasi 60mila operatori biologici italiani. Organismi che nel solo 2015 hanno effettuato quasi 70mila verifiche ispettive: 1,32 controlli per operatore, all’anno. Si tratta di una frequenza più che tripla rispetto al settore dei prodotti a denominazione di origine.

Visite ispettive che si svolgono con lunghe e laboriose operazioni di controllo, per assicurare ai consumatori la salubrità e l’autenticità dei prodotti bio. Ogni ispezione, infatti, prevede sopralluoghi in campo e presso i locali delle aziende, la verifica di congruità effettuata sui prodotti in entrata e in uscita, nonché il prelievo di campioni da sottoporre a successive analisi presso laboratori accreditati dal Mipaaf.

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Oltretutto, anche altri organi di vigilanza effettuano controlli periodici sulle coltivazioni: Nas, Ispettorato per la repressione delle frodi, Asl, e così via.

Non mancano le criticità, ma è possibile affrontarle attraverso la cooperazione di tutti gli attori coinvolti. Tra le questioni più importanti, ricorda Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, c’è “in particolare l’assenza di coordinamento del sistema di certificazione da parte del ministero, come contestato anche dalla UE, come di una vigilanza efficace non meramente burocratica. Gli organismi di certificazione devono essere sgravati da inutili adempimenti formali per concentrare sempre più la loro attività sui controlli in azienda”. Esiste inoltre “la necessità di prevedere nel Piano strategico nazionale il riconoscimento di un organismo interprofessionale chiamato a elaborare regole per mantenere l’integrità del settore e per delineare strategie per il suo sviluppo”.

La Federazione, insieme ad ACCREDIA, ente nazionale di accreditamento per laboratori e organismi di certificazione, si sforza di supplire “agli incomprensibili ritardi del ministero delle Politiche Agricole”. E lo fa dotandosi di strumenti informatici innovativi “che consentono la verifica in tempo reale della regolarità degli acquisti e delle vendite con la tracciabilità fino al campo di produzione”. Un progetto unico nel suo genere in tutta Italia, “a conferma del primato italiano in materia di controlli nell’agroalimentare”.

“Per ridare efficacia e autorevolezza alla delega sul biologico, conclude Carnemolla, “chiediamo un incontro al Ministro Martina.  FederBio, come sempre, è pronta per la riforma del sistema di certificazione che sia da modello in Europa. È necessario ripartire dalla tracciabilità e dal coordinamento efficace fra gli attori del sistema”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1076