Suolo e Salute

Anno: 2016

Bilancio Ue: i 435 mln per la riserva di crisi rientrano nel budget agricolo

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La recente discussione sul bilancio Ue per l’anno 2017 ha portato al rientro della riserva di crisi all’interno della dotazione prevista per il budget agricolo. Nel dettaglio, rientrano nel settore fondi per 435 milioni di euro. Erano stati prelevati per la cosiddetta “riserva di crisi” ma non sono stati utilizzati.

La riserva di crisi nel bilancio UE

A partire dal 2013, in fase di approvazione del bilancio Ue, le istituzioni comunitarie creano la cosiddetta “riserva di crisi”. Si tratta di una misura destinata a fornire sostegno nelle situazioni di grave crisi, che possono interessare la produzione agricola o la distribuzione dei prodotti agroalimentari.

La cifra di tale riserva è pari a circa 400 milioni di euro ogni anno e si ottiene dal taglio lineare dei pagamenti diretti destinati agli operatori del settore agricolo. Una riduzione che avviene secondo le regole della disciplina finanziaria e che quindi viene attuato sui pagamenti superiori ai duemila euro.

Quando l’importo non viene utilizzato, allora la Comunità Europea lo restituisce ai legittimi destinatari, ovvero agli agricoltori stessi. In questo caso, i pagamenti diretti saranno eseguiti nell’anno successivo al taglio.

Il budget agricolo nel bilancio Ue

Come già avvenuto per le annualità 2015 e 2016, anche il bilancio 2017 prevede nel budget agricolo la restituzione della riserva anti-crisi. Questo avviene malgrado il crollo dei prezzi che ha duramente colpito il settore degli allevamenti. Una crisi a cui l’Ue ha fatto fronte individuando circa 1 miliardo di risorse aggiuntive da destinare agli aiuti straordinari, senza dover per questo ricorrere alla riserva.

Il voto definitivo del Parlamento Europeo sul bilancio Ue 2017 è arrivato il primo dicembre scorso. All’interno della manovra, il totale degli impegni è fissato a 157,85 miliardi di euro, mentre quello dei pagamenti arriva a 134,49 miliardi.

Il bilancio include, tra le altre misure, anche un pacchetto di aiuti di circa 500 milioni per il sostegno ai produttori di latte e agli altri allevatori. Tra le rubriche di interesse per il comparto, infine, l’Ue destina 58,5 miliardi di euro in impegni e 54,9 miliardi in pagamenti alla rubrica ‘Crescita sostenibile: risorse naturali’.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3094

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2016/11/28/agricoltura-ue-435mln-riserva-crisi-tornano-ad-agricoltori_1b50fab9-1080-499c-b9de-154909ce413d.html

http://agriregionieuropa.univpm.it/it/views/glossario_pac/riserva%20di%20crisi

http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2016/11/28-eu-budget/

http://www.europarl.europa.eu/news/en/news-room/20161129IPR53614/eu-budget-2017-approved-better-support-for-youth-and-growth-initiatives

Incentivi agli agricoltori: 3 milioni di euro per difendere la biodiversità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tre milioni di euro per difendere la biodiversità. È la somma che la Regione Emilia Romagna ha deciso di destinare per promuovere la sostenibilità e la salvaguardia di ambienti naturali di alto pregio e tipici del territorio.

I due bandi, approvati dalla Giunta regionale, metteranno a disposizione nel complesso 3 milioni di euro all’anno del Programma di sviluppo rurale 2014-2020 sotto forma di incentivi agli agricoltori, singoli o associati in cooperativa.

Si tratta di una soluzione che garantisce continuità alla programmazione del Psr avviata l’anno scorso e che riguarda in particolare la “Gestione dei collegamenti ecologici dei siti Natura 2000 e conservazione di spazi naturali e seminaturali e del paesaggio agrario” e il “Ritiro dei seminativi dalla produzione per venti anni per scopi ambientali e gestione dei collegamenti ecologici dei siti Natura 2000”.

Cosa prevedono i bandi per la biodiversità

Il primo bando è volto alla salvaguardia della biodiversità nelle aree di pianura e favorisce gli interventi finalizzati alla tutela della fauna e della flora selvatiche mediante la conservazione di elementi caratteristici del paesaggio agrario. Il plafond messo a disposizione di questi interventi è di 1 milione di euro per il 2016. Gli agricoltori che aderiscono all’iniziativa riceveranno un contributo di 800 euro per ettaro all’anno, a partire dal 2017, per la conservazione di siepi o boschetti. La quota sale a mille euro l’ettaro per il mantenimento di stagni o maceri. La durata dell’impegno è di dieci anni.

Il secondo bando, invece, prevede una dotazione di due milioni di euro, destinati al ritiro dei seminativi dalla produzione per un ventennio e al mantenimento di ecosistemi come prati umidi, complessi macchia radura o altri ambienti naturali. Il contributo varia a seconda delle zone interessate. L’importo degli aiuti, infatti, parte da 500 euro per ettaro nel caso di macchia radura e/o ambienti con funzioni di collegamento ecologico nelle aree di collina e montagna. Passa invece a 1.000 euro nel caso di macchia radura in pianura e può arrivare fino a 1.500 euro per ettaro l’anno per i prati umidi.

Tempi e modalità di presentazione delle domande

Le domande possono essere presentate a partire dai primi giorni di dicembre (AGREA provvederà a dare comunicazione sul proprio sito Internet del primo giorno utile per la presentazione delle domande di sostegno) alle ore 12 del 28 febbraio  2017. Gli aumenti valgono anche per gli agricoltori che hanno aderito ai bandi 2015, ma avranno effetto solo dal 2017.

Le domande possono essere presentate online, compilando la specifica modulistica prodotta dal SIAG – Sistema Informativo Agricolo di AGREA.

I nuovi bandi contengono delle modifiche ad hoc volte a facilitare l’adesione di quelle aziende che hanno già partecipato ad analoghe misure del Psr.

Secondo l’Assessore regionale all’Agricoltura, Simona Caselli: “Gli interventi in campo sono una delle punte più avanzate del Psr dell’Emilia-Romagna. Con questi due ulteriori bandi rafforziamo le iniziative a favore della biodiversità e del mantenimento di habitat di alto pregio naturalistico e paesaggistico”.

Fonti:

http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/comunicati-stampa/2016/novembre/3-milioni-di-euro-per-biodiversita-e-habitat-naturali-di-alto-pregio

http://www.askanews.it/regioni/emilia-romagna/emilia-r-da-regione-due-bandi-da-3-milioni-per-biodiversita_711946595.htm

http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/psr-2014-2020/bandi/bandi-2016/copy_of_biodiversita-10-1-09-e-gli-elementi-caratteristici-del-paesaggio-agrario-10-1.10/?searchterm=biodiversit%C3%A0

http://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/psr-2014-2020/bandi/bandi-2016/paesaggio-agrario-10-1-09/?searchterm=biodiversit%C3%A0

Carnemolla (FederBio): “Basta scomuniche contro il Biodinamico”

Campo di grano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si placano le polemiche sul settore agricolo biodinamico. Tutto è nato in occasione del 34esimo convegno internazionale sul comparto, organizzato nell’ateneo Federico II di Napoli. Una parte della comunità scientifica, in occasione dell’evento, si è infatti scagliata contro quella che considera come “stregoneria agricola”.

Le associazioni del settore, però, non ci stanno. E ribattono punto su punto. “L’agricoltura biodinamica è una risorsa economica e ambientale, pienamente inserita nel mondo più vasto del biologico, e chiede impegno nella ricerca e nella formazione”, è il commento di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, la federazione delle sigle del comparto agroalimentare che, in Italia, non fanno ricorso a prodotti chimici nei campi.

Il biodinamico come opportunità

In una lettera inviata al Corriere della Sera, Carnemolla ha ricordato in primis il grande successo del settore bio, che potrebbe avere un effetto trainante su tutto il comparto agroalimentare:

Il settore cresce al ritmo del 20% ogni anno e sono già diversi i Paesi del Nord Europa che guardano con interesse ai nostri prodotti. In molti infatti hanno manifestato la loro disponibilità ad accogliere un aumento del 25% di export bio dal nostro Paese”. Una richiesta che consentirebbe di aumentare di circa 300 milioni di euro il fatturato annuo dei prodotti biodinamici Made in Italy destinati all’export. “Vogliamo buttarli via per una questione di principio, come propongono di fare alcune società scientifiche?”, si chiede Carnemolla.

Il biodinamico, sottolinea inoltre, non è una parte marginale dell’agroalimentare biologico, ne è anzi componente fondamentale. Carnemolla parla apertamente di “scomunica” operata nei confronti di alcuni docenti universitari che hanno dato la propria disponibilità ad avviare un percorso di ricerca nel campo del biodinamico. “Una scomunica che nasce da pregiudizi e luoghi comuni, che nulla hanno a che vedere con la scienza, che invece dovrebbe indagare senza preconcetti”.

D’altro canto, il presidente di FederBio si dice convinto che “la gran parte dei ricercatori italiani non è disposta a istituire un nuovo indice delle pratiche proibite. Al contrario, la comunità scientifica vuole confrontarsi su numeri e fatti. Il settore biodinamico è pronto a rispondere: questo tipo di agricoltura non si oppone all’indagine scientifica, ma anzi la sollecita, per affinare le tecniche di coltivazione e scoprirne di nuove”.

E conclude sottolineando come il biologico non abbia “multinazionali alle spalle e che abbia invece bisogno di ricerca scientifica pubblica e libera”.

Il biodinamico per la protezione umana e ambientale

In Italia, secondo i dati snocciolati dal presidente di FederBio, vengono impiegati ogni anno quasi 1,5 milioni di quintali di pesticidi. Una quantità di prodotti chimici che viene poi distribuito sulle tavole di milioni di italiani.

Conosciamo gli effetti nefasti per la salute umana delle sostanze chimiche usate sui campi. E anche se sono pochi i singoli prodotti alimentari che risultano fuori norma, è anche vero che i residui chimici si accumulano di volta in volta: nessuno ha mai indagato su cosa fa lo zero-virgola-qualcosa di residuo di pesticidi aggiunto allo zero-virgola-qualcosa aggiunto alla zero-virgola-qualcosa e così via”.

Ecco perché, secondo Carnemolla, ci si dovrebbe occupare di questo tipo di problemi e non del fatto che “il biodinamico sia o non sia una pseudoscienza.

Tra l’altro questa tecnica di coltivazione ha anche importanti ricadute ambientali: migliora la tenuta idrogeologica dei terreni, incrementa la capacità di assorbimento dei gas serra, rallenta il processo di desertificazione, interviene positivamente nella difesa del paesaggio.

Biodinamico “progenitore” del bio

Sullo stesso argomento, Carnemolla è poi intervenuto con un articolo sull’Huffington post. Dove ha sottolineato che il biodinamico è il primo in ordine di tempo dei metodi agricoli biologici. Una pratica agricola ecologica che porta con sé un bagaglio di esperienze e conoscenze quasi secolare.

Concludendo, il presidente FederBio ricorda anche l’importante riconoscimento che le istituzioni comunitarie hanno conferito al settore già 25 anni fa:

L’agricoltura biodinamica dal 1991 è normata e certificata nell’Unione Europea al pari di quella biologica, di cui condivide quindi tutte le basi scientifiche e tecniche e l’impianto normativo, oltre che il sistema di certificazione”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1099

http://www.huffingtonpost.it/paolo-carnemolla/quanto-accanimento-contro-il-biodinamico-e-se-invece-si-facesse-piu-ricerca_b_13281816.html

http://www.ilfoglio.it/scienza/2016/11/12/news/universita-biodinamica-la-federico-ii-si-occupa-di-stregoneria-agricola-106578/

http://www.suoloesalute.it/lagroecologia-la-rinascita-del-sud-convegno-napoli/

Bentazone: arriva il no del Parlamento Europeo

Il Parlamento euRécolte du blé :  moissoneuse et tracteurropeo di Strasburgo, con 361 voti a favore, 289 contrari e 28 astenuti, ha approvato una risoluzione non vincolante sull’utilizzo del bentazone. L’autorizzazione all’impiego dell’erbicida scade il prossimo 30 giugno 2017 e la Commissione europea intende rinnovarla fino al 2032.

Con la sua decisione, il Parlamento non interviene direttamente nella procedura di autorizzazione delle sostanze chimiche. Ecco perché il parere non è vincolante. Di conseguenza, la Commissione Ue potrebbe decidere in autonomia di proseguire nell’iter autorizzativo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra le ragioni del no la mancanza di conferme certe sulla non-nocività della sostanza, per l’uomo e l’ambiente.

Bentazone: i dubbi dell’Efsa

Non usa mezzi termini Michele Rivasi, vicepresidente del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, intervenuto sulla recente pronuncia dell’organo legislativo comunitario:

Alla Commissione Europea non importa nulla di nessuno. In un rapporto del 2015, l’Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare europea) sottolineava l’insufficienza di dati sufficienti per pronunciarsi chiaramente sulla caratteristica di perturbatore endocrino del bentazone. L’Autorità affermava inoltre che la sostanza è tossica per la riproduzione e che era stato osservato, nei ratti, un ritardo nello sviluppo del feto”.

Rivasi sottolinea inoltre come il bentazone possa facilmente penetrare nelle falde acquifere.

La risoluzione approvata dal Parlamento europeo contiene esplicitamente alcuni dei dubbi che l’Efsa ha sottolineato nella sua valutazione. Sono due gli elementi da considerare.

Primo. L’EFSA ha proposto di classificare il bentazone tra le sostanze tossiche per la riproduzione della categoria 2.

Secondo. L’Autorità, per i parlamentari europei, dovrebbe approfondire ulteriormente le proprie ricerche in merito prima di procedere con il rinnovo dell’autorizzazione da parte della Commissione. Dovrebbe infatti coinvolgere degli esperti “in materia di tossicologia sui mammiferi, residui, destino e comportamento ambientale ed ecotossicologia”. L’obiettivo di tale procedimento è di “adottare una conclusione con la quale determina se la sostanza attiva bentazone”  risponde ai requisiti previsti dai regolamenti europei sugli effetti delle sostanze attive sull’ambiente, sulla biodiversità e sull’ecosistema.

Bentazone: produzione e impiego

Il bentazone (o bentazon, bendioxide) è una molecola utilizzata nella produzione di erbicidi chimici. Viene prodotta dalla Basf, il colosso tedesco della chimica, azienda con sede a Ludwigshafen, nella Renania.

Gli erbicidi che se ne ricavano sono impiegati dopo l’emergenza della coltura e delle infestanti. È un prodotto ad azione di contatto, non volatile: non danneggia quindi le colture praticate nei pressi della parcella trattata.

Il prodotto viene frequentemente utilizzato su diversi tipi di coltivazioni: soprattutto riso, mais e frumento.

FONTI:

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2016-0443+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2016/11/23/pesticidi-europarlamento-chiede-stop-a-bentazone_8468efb8-419e-4e8e-8fb4-f44269fbbd3c.html

http://www.repubblica.it/ambiente/2016/11/23/news/pesticida_bentazione_europarlamento-152636765/

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.2903/j.efsa.2015.4077/epdf

http://fitogest.imagelinenetwork.com/it/sostanze-attive/bentazone/30

Carli (Assosementi): “L’Italia non può tollerare la contraffazione delle sementi”

semi-ogm-banditiLa cultura della legalità nel settore agroalimentare si costruisce a partire dalle sementi. E cioè a partire dalla “materia prima” che, insieme al suolo, rappresenta la base da cui costruire una filiera solida e trasparente. È questo il messaggio comunicato da Giuseppe Carli, presidente di Assosementi, associazione italiana del settore sementiero, in occasione della Giornata Nazionale per la legalità e la sicurezza, organizzata da Confcommercio.

Sementi: primo anello della filiera

Il settore sementiero non è escluso dal problema della contraffazione. Per il Dipartimento dell’ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, organo del Ministero delle politiche agricole, il fenomeno ha assunto dimensioni importanti.

Solo in Italia, infatti, il valore delle sementi sequestrate nel 2015 ammonta a 1,8 milioni di euro. Materiale confiscato nell’ambito di oltre 700 controlli operati dalle forze dell’ordine preposte allo scopo.

Un problema reale, di cui tener conto. Anche perché potrebbe risentirne tutta la filiera. Come spiega Carli, “la cultura della legalità nel settore agroalimentare inizia dal seme, che rappresenta il primo fondamentale anello della filiera”.

Quello della commercializzazione di sementi non certificate è “uno dei fenomeni più preoccupanti registrati sul nostro territorio”. E le cifre fornite dal Dipartimento del Mipaaf non riescono a rappresentare la gravità della situazione nel suo complesso. Carli sottolinea infatti che “non è facile dare una dimensione esatta al fenomeno. Sappiamo però che in alcuni settori i livelli di contraffazione sono davvero significativi”.

L’attenzione è concentrata soprattutto sul grano duro, quella che dovrebbe essere una delle produzioni di eccellenza dell’agroalimentare italiano. Secondo le stime di Assosementi, “il commercio di sementi non certificare può raggiungere picchi anche del 40%”, per questo tipo di coltivazione. “Una situazione che un Paese come l’Italia non può tollerare”, aggiunge.

Contraffazione delle sementi: il riscatto parte dai giovani

Non tutto è perduto. C’è, in Italia, un forte movimento, soprattutto giovanile, che fa della trasparenza e della tracciabilità dei prodotti agroalimentari un must per la crescita e il benessere del Paese.

Si diffonde”, sottolinea Carli, “la cultura dell’alimentazione, grazie soprattutto a programmi specifici dedicati ai giovani”. Il trend è chiaro: già oggi la sicurezza dei prodotti alimentari è un parametro fondamentale nelle scelte di acquisto. E la tendenza è destinata a rafforzarsi. “In futuro sarà sempre più importante che al tema della qualità e della provenienza dei prodotti si affianchi l’opera di sensibilizzazione sulla contraffazione agroalimentare che è ancora percepita dall’opinione pubblica in modo meno forte rispetto ad altri settori”.

FONTI:

http://www.sementi.it/comunicato-stampa/440/contraffazione-sementi-mette-a-rischio-eccellenza-agroalimentare-italiano

http://www.confcommercio.it/-/confcommercio-per-la-legalita-e-la-sicurezza

GDO: accordo Federbio e Federdistribuzione sul mercato dei prodotti bio

prodotti-biologiciI dati parlano chiaro. I numeri del mercato dei prodotti biologici sono in costante crescita. E cresce in particolare l’acquisto di tali prodotti nella Gdo, la Grande distribuzione organizzata. La dinamicità del settore spinge gli attori in campo a organizzarsi e a far nascere sinergie importanti. Come quella tra Federbio e Federdistribuzione, avviata proprio in questi giorni.

GDO: un’intesa per il bene dei consumatori

Federdistribuzione, federazione che si compone di 5 associazioni nazionali nel settore delle imprese distributive, e Federbio, federazione di agricoltura biologica e biodinamica, hanno stretto un protocollo di intesa con l’obiettivo di collaborare sul fronte della GDO e della commercializzazione dei prodotti biologici.

Nello specifico, l’intesa è volta a rafforzare le garanzie per i consumatori e l’integrità del mercato del biologico italiano.  Si tratta, annunciano in un comunicato congiunto, di una collaborazione “stretta e fattiva” che porterà all’attivazione di un coordinamento operativo permanente.

Nel concreto, l’intesa porterà a maggiori controlli per prevenire le situazioni di rischio all’interno del mercato bio. L’obiettivo è, inoltre, di migliorare i sistemi attuati dalle imprese per quanto concerne la conformità dei prodotti biologici. Si cercherà, infine, di incrementare l’adozione dei sistemi di tracciabilità della filiera e accrescere la qualificazione dei fornitori. Tutte operazioni che richiederanno la definizione di standard condivisi da entrambe le parti.

Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione, parla di “un accordo importante che mira a prevenire le frodi in cui possono incorrere inconsapevolmente anche gli operatori commerciali. La collaborazione con FederBio darà a noi la possibilità di ricevere un costante flusso informativo sul mercato dei prodotti biologici. Di conseguenza, potremo meglio tutelare i consumatori e salvaguardare la garanzia di prodotti che costituiscono un valore aggiunto negli assortimenti della GDO”.

L’intesa è motivo di soddisfazione anche per Paolo Carnemolla, presidente Federbio. “La firma”, dichiara, “è un passaggio importante di una collaborazione che va avanti già da tempo. Il nostro impegno è di rendere sempre più reali e stringenti le garanzie per i consumatori che acquistano prodotti biologici certificati anche sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata”. L’obiettivo, conclude, è di “prevenire al meglio le frodi, con l’aiuto di tutti gli attori della filiera e del mercato”.

I numeri del bio nella GDO

Nell’incremento dei volumi di vendita fatto registrare negli ultimi anni dai prodotti biologici, quello che concerne la GDO è ancora più imponente. Nel 2015, il bio è cresciuto del 21% nella Grande Distribuzione Organizzata. Un dato che diventa ancora più importante se confrontato con il periodo antecedente. Dal 2010 al 2014, infatti, la crescita è stata di “appena” l’11% (dati: Nielsen). L’anno scorso, le vendite bio nella GDO hanno toccato gli 872 milioni di euro.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1094

http://www.myfruit.it/biologico/2016/06/biologico-boom-dei-consumi-gdo-nel-dettaglio-specializzato.html