Nutrire correttamente l’umanità, salvaguardando il pianeta
Il sistema alimentare globale ha importanti impatti sull’ambiente, attraverso emissioni di gas terra, estrazione di acqua, inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, cambiamento dell’uso del suolo, perdita di biodiversità, minacciando così la sicurezza alimentare e la sostenibilità.
Il concetto su cui prende sviluppo il lavoro di alcuni ricercatori dell’Università di Lancaster, “Current global food production is sufficient to meet human nutritional needs in 2050 provided there is radical societal adaptation”.
La ricerca vuole concentrarsi sulla corretta nutrizione dell’umanità, salvaguardando il pianeta: una strada difficile.
Obiettivo per il 2030? Assicurare cibo sufficiente.
Tale obiettivo è raggiungibile, però, solo con un incremento produttivo che generi un forte impatto ambientale in termini di consumo e inquinamento di acqua, aria e suolo, con una riduzione della biodiversità.
- Fabbisogno calorico: in media, il consumo di alimenti da parte della popolazione misura un “eccesso” di 178 Kcal al giorno e a persona, considerando che, per una vita sana, in media sono ammesse 2353 Kcal a persona. A fronte di questi dati è opportuno valutare che una buona percentuale delle calorie, contenuta nei prodotti vegetali raccolti e disponibili per le popolazioni umane e che assomma a 3116 kcal a persona e al giorno, viene persa per varie ragioni per cui si rendono disponibili solo 2531 Kcal, segnando esattamente un eccesso di 178 Kcal come poco sopra riportato;
- Le proteine: ogni persona consuma 81 gr di proteine al giorno, mentre la quantità minima consigliata è di 44 gr;
- La vitamina A: ogni persona non riesce a raggiungere i 721µg al giorno. n molte aree del mondo si è quindi costretti ad arricchire la dieta con questa vitamina, ma alcune popolazioni rimangono, comunque, sottonutrite.
- Ferro: la quantità di ferro necessaria è assicurata dalla dieta media. C’è però una notevole diversità tra l’assorbimento del ferro da parte di alimenti di origine animali da quelli di origine vegetale.
Tali analisi sono state condotte in base alla distribuzione di queste risorse nei vasti ambiti regionali:
- In Nord America e Oceania hanno osservato che hanno la più elevata quantità di calorie disponibili, in quanto producono, tramite le coltivazioni, 18766 kcal per persona al giorno. Questo determina un elevato livello di obesità nella popolazione;
- In Africa Sub-Sahariana, Nord Africa, Asia Occidentale e Centrale devono avere una forte importazione di calorie alimentari.
Così spiega il prof. Amedeo Alpi, professore di Fisiologia Vegetale all’Università di Pisa.
Un cambiamento dello stile di vita della popolazione umana è da ritenere necessaria, ma davvero non mangiare carne potrebbe aiutare a salvare il pianeta?
Di veduta diversa è invece il professore Giuseppe Bertoni, professore di Zootecnia presso la Facoltà di Agraria, Produzione Alimentare e Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
Il professore Bertoni ritiene che la ricerca dell’Università di Lancaster sia approssimativa basata su scarse basi scientifiche, volta solo ad incrementare l’ostilità nei confronti degli alimenti di origine animale. Sostiene, invece, che i prodotti di origine animale sono indispensabili per evitare i problemi di malnutrizione, soprattutto nei Paesi poveri, anche se è opportuno usarne in maniera adeguata.
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