Suolo e Salute

Anno: 2018

Allarme Fao: l’inquinamento del suolo è diffuso in tutto il mondo

Allarme Fao: l’inquinamento del suolo è diffuso in tutto il mondo

Secondo la Fao, «L’inquinamento del suolo rappresenta una preoccupante minaccia per la produttività agricola, la sicurezza alimentare e la salute umana, ma si sa ancora troppo poco sulla portata e gravità di tale minaccia». E’ quanto emerge dal rapporto “Soil pollution a hidden reality” presentato dall’agenzia Onu e dalla Global Soil Partnership in occasione dell’avvio del Global Symposium on Soil Pollution.

Nel rapporto si legge che «L’industrializzazione, le guerre, l’estrazione mineraria e l’intensificazione dell’agricoltura hanno lasciato in tutto il pianeta un’eredità pesante in termini di contaminazione del suolo, mentre con l’aumento dell’urbanizzazione è cresciuto lo smaltimento dei rifiuti urbani nel terreno».

Aprendo il simposio di Roma, la vice-direttrice generale Fao, Maria Helena Semedo, ha sottolineato che «L’inquinamento del suolo colpisce il cibo che consumiamo, l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo e la salute dei nostri ecosistemi. La capacità dei suoli di fare fronte all’inquinamento è limitata; prevenire il loro inquinamento dovrebbe essere una priorità globale». Ma la Fao fa notare che «anche se l’intensificazione agricola, la produzione industriale e l’urbanizzazione continuano a crescere a un ritmo rapido, non è mai stata effettuata una valutazione sistematica dello stato di inquinamento del suolo a livello mondiale. Gli studi condotti sinora sono stati in gran parte limitati alle economie sviluppate».  Secondo lo studio, «Ne consegue, che nella letteratura scientifica esistente vi siano enormi lacune circa la natura e l’estensione del problema.  Ma anche quel poco di cui si è a conoscenza è motivo di grande preoccupazione».

Il rapporto fa l’esempio dell’Australia dove «si stima che circa 80.000 aree soffrano di contaminazione del suolo. La Cina ha classificato il 16% di tutti i suoi suoli – e il 19% dei terreni agricoli – come inquinati». Anche nell’Area economica europea e nei Balcani occidentali ci sono circa 3 milioni di aree potenzialmente contaminate, mentre negli Stati Uniti d’America 1.300 aree sono nella lista  Superfund National Priorities degli hot spot dell’inquinamento.

 

Il rapporto è una sintesi della ricerca scientifica esistente sull’inquinamento del suolo. Ecco alcuni dei dati emersi:

La produzione di sostanze chimiche è cresciuta rapidamente negli ultimi decenni e si prevede che fino al 2030 aumenterà annualmente del 3,4%. I paesi non-Ocse in futuro vi contribuiranno maggiormente.

Nel 2015, l’industria chimica europea ha prodotto 319 milioni di tonnellate di prodotti chimici. Di questi, 117 milioni di tonnellate sono stati ritenuti pericolosi per l’ambiente.

La produzione globale di rifiuti solidi urbani era nel 2012 di circa 1,3 miliardi di tonnellate annue; entro il 2025 si prevede un aumento di 2,2 miliardi di tonnellate l’anno.

In molte regioni del mondo, i livelli d’inquinanti organici persistenti nel latte umano sono significativamente superiori a quelli considerati sicuri, con una maggiore incidenza in India e in alcuni Paesi europei e africani.

Nell’ultimo decennio alcuni Paesi a basso e medio reddito hanno aumentato l’uso di pesticidi. In Bangladesh, per esempio, si stima sia aumentato di 4 volte, in Ruanda e in Etiopia più di 6 volte, e in Sudan sia addirittura decuplicato.

La produzione mondiale di letame è aumentata del 66% tra il 1961 e il 2016, passando da 73 a 124 milioni di tonnellate. Il volume di letame applicato ai terreni è cresciuto da 18 a 28 milioni di tonnellate, e la quantità di letame lasciata sui pascoli è passata da 48 a 86 tonnellate. Il letame può contenere elevate quantità di metalli pesanti, organismi patogeni e antibiotici.

I terreni adiacenti alle strade presentano livelli elevati di metalli pesanti, idrocarburi e altri inquinanti, che costituiscono una minaccia quando la produzione di cibo o i pascoli avvengono su di essi.

Circa 110 milioni di mine o di altri pezzi di ordinanza inesplosi sono sparsi in 64 Paesi di tutti i continenti, resti di guerre che possono avere conseguenze mortali per gli agricoltori e che possono rilasciare metalli pesanti attraverso gli agenti atmosferici.

Quasi tutti i terreni dell’emisfero settentrionale contengono radionuclidi in concentrazioni più elevate rispetto ai livelli tollerabili – anche in aree remote, a seguito di ricadute atmosferiche da test nucleari o eventi radiologici come l’incidente di Chernobyl.

 

Il rapporto di Fao e Global Soil Partnership evidenzia che «Numeri come questi ci aiutano a comprendere i tipi di pericoli che l’inquinamento pone ai suoli, ma non  ne riflettono l’intera portata in tutto il mondo, e sottolineano l’inadeguatezza delle informazioni disponibili e le differenze nella registrazione di siti inquinati in tutte le regioni geografiche».

La Fao ricorda che «L’inquinamento del suolo spesso non può essere percepito visivamente o direttamente valutato, rendendolo un pericolo nascosto dalle gravi conseguenze. Influisce sulla sicurezza alimentare sia compromettendo il metabolismo delle piante e riducendo così i raccolti, sia rendendo le colture non sicure per il consumo. Gli inquinanti inoltre danneggiano direttamente gli organismi che vivono nel suolo e lo rendono più fertile.  E, naturalmente, il suolo contaminato da elementi pericolosi come arsenico, piombo e cadmio, da sostanze chimiche organiche come i policlorobifenili (PCB), da idrocarburi aromatici policiclici (IPA), da farmaci come gli antibiotici o da interferenti endocrini presentano gravi rischi per la salute umana».

Quel che è certo è che la maggior parte dell’inquinamento del suolo è dovuto alle attività antropiche: «Attività industriali come l’estrazione, la fusione e la produzione di materiali; i rifiuti domestici, zootecnici e urbani; i pesticidi, gli erbicidi e i fertilizzanti utilizzati in agricoltura; i prodotti derivati dal petrolio che vengono rilasciati nell’ambiente o distrutti nell’ambiente; le emissioni generate dai trasporti – sono tutti fattori che contribuiscono al problema – dicono alla Fao – Anche i cosiddetti “inquinanti emergenti” sono motivo di crescente preoccupazione. Tra questi i prodotti farmaceutici, gli interferenti endocrini, gli ormoni e le sostanze biologiche inquinanti; i rifiuti elettronici; e le materie plastiche oggi utilizzate in quasi ogni attività umana».

Il rapporto fa notare che «Non esiste quasi nessuno studio scientifico sul destino della plastica nel suolo, mentre la maggior parte dei rifiuti elettronici continuano a essere smaltiti nelle discariche piuttosto che riciclati».

Al Gsop2018  esperti e responsabili politici discutono di questa minaccia e, nelle intenzioni della Fao, il simposio di Roma  rappresenta un primo passo per «individuare e colmare le lacune d’informazione e per formulare una risposta internazionale più coesa a queste minacce. Ciò include la definizione di un programma d’interventi per promuovere l’attuazione delle Linee guida volontarie per una gestione sostenibile dei suoli sviluppate dalla Fao e dai suoi partner nel 2016, e dei recenti impegni internazionali per una migliore gestione dell’inquinamento del suolo.

Fonte: http://www.greenreport.it/news/inquinamenti/inquinamento-del-suolo-anche-la-fao-lancia-lallarme-diffuso-mondo/

Etichetta con stabilimento di produzione, l’Ue ha bocciato la proposta italiana

Etichetta con stabilimento di produzione, l’Ue ha bocciato la proposta italiana

La norma non ha avuto il via libera dalla Commissione Europea e l’Italia, che nel frattempo l’ha adottata, rischia di subire una procedura di infrazione.

Una norma che era stata approvata lo scorso 5 aprile (decreto legislativo 145 del 2017) che ha reintrodotto l’obbligo per i produttori alimentari di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.

Tutto nasce dal Regolamento europeo 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 che stabilisce una serie di regole sul confezionamento e l’etichettatura del cibo.

Tra le tante norme, però, il 1169 non contempla l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione e, allo stesso tempo, ha abrogato il decreto 109/92 con il quale l’Italia l’aveva introdotto. L’Italia ha quindi deciso di approvare una legge ad hoc per tornare allo status precedente, ma trattandosi di una norma che si inserisce in un mercato unico, per farlo aveva l’obbligo di notificare la decisione alla Commissione Ue, affinché ne analizzasse il contenuto.

Il problema è che questa norma riguarda solo leggi già esistenti che il Paese membro vuol mantenere in vigore. “L’Italia ha fatto finta che la nuova legge fosse identica a quella precedente, ma la norma del ’92, oltre a essere decaduta, era diversa da quella approvata dall’ultimo esecutivo” spiega Dario Dongo, avvocato esperto di diritto alimentare europeo e fondatore di Gift. Di qui il responso negativo della Commissione.

E adesso? Perché è stata interrotta la precedente procedura di notifica per avviarne una destinata a fallire? E perché il Governo non ha informato né i cittadini né i produttori di alimenti dell’esito negativo? Abbiamo provato a chiederlo al ministero delle Politiche Agricole ma, per ora, non abbiamo ricevuto risposta.

Nel frattempo Federalimentari recepisce il messaggio: “Il rigetto della notifica da parte di Bruxelles è ancora una volta la conferma dell’inefficacia e dell’inutilità di provvedimenti nazionali che vincolano solo alcuni operatori, risultando inapplicabili per altri, oltre che facilmente aggirabili. L’etichettatura è materia armonizzata ed è importante che si comprenda l’importanza di essere presenti nei tavoli convocati in sede europea invece che limitarsi ad emanare provvedimenti destinati a cadere sotto la scure dell’Ue”

La legge quindi c’è e viene rispettata, anche se, spiega l’avvocato Dongo, “le autorità di controllo hanno il dovere di disapplicarla. Questo significa che i produttori inadempienti, che non indicano cioè lo stabilimento di produzione, non potranno essere multati”.
Il rischio è che si creino diverse diseguaglianze tra produttori. Non solo tra le imprese italiane che si erano già adeguate e quelle che non lo avevano fatto. Ad oggi chi produce alimenti all’estero non è soggetto alla legge del 2017, anche se vende in Italia. La stessa legge, inoltre, prevede che se il luogo di produzione e quello di confezionamento sono diversi, il produttore può indicare in etichetta solo quello di confezionamento. “Chi produce in India ma confeziona in Italia può tranquillamente omettere di dire al consumatore da dove viene quel cibo, limitandosi a informarlo di dove è stato confezionato, e illudendolo che quel prodotto venga dall’Italia. Queste leggi protezionistiche in realtà danneggiano il made in Italy e agevolano i furbi” conclude Piccialuti.

La posizione del ministero. Il Mipaaf ha fatto sapere in una nota di essersi opposto alla irricevibilità della notifica e ha sostenuto di aver sostenuto le ragioni della sua piena correttezza. “Questa interlocuzione con la Commissione è ancora in corso, il decreto è pienamente in vigore e il Governo conta di risolvere in modo positivo la vicenda”, si legge. Il vice ministro Andrea Olivero si lamenta invece delle “polemiche politiche” sostenute “da chi invece di chiedere alla Commissione europea di rispondere positivamente alle richieste di trasparenza dell’Italia, si schiera a favore delle lobby che dice di combattere”.

 

Fonte: http://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2018/05/07/news/stabilimento_di_produzione_in_etichetta_la_legge_c_e_ma_la_commissione_l_ha_bocciata_tre_mesi-195518917/

Due appuntamenti importanti a maggio per IFOAM

Il 15 maggio IFOAM EU ospiterà la sua 9a Assemblea Generale a Bruxelles, in Belgio. Durante l’ Assemblea Generale, saranno affrontate questioni importanti, comprese le strategie future; i membri voteranno le mozioni ed eleggeranno il prossimo consiglio dell’IFOAM UE per il periodo 2018-2020.

Elenco degli eventi:
Riunione del Consiglio, 14 maggio 2018(solo membri del Consiglio)
9a assemblea generale, 15 maggio 2018(solo membri IFOAM UE)
Ricevimento di 15 anni – 15 maggio 2018(solo membri IFOAM EU e ospiti)
Evento finale Solmacc, 16 maggio 2018(Evento pubblico)

Tutti i membri sono invitati a partecipare e contribuire a dare forma al futuro della nostra organizzazione! La partecipazione di tutti i membri del gruppo UE IFOAM alla Assemblea Generale è una parte fondamentale del nostro processo democratico.

Nella stessa occasione, IFOAM EU festeggerà insieme ai suoi membri 15 ANNI di duro lavoro e successi per il movimento bioogico in Europa.

Suolo e Salute, in qualità di sponsor di IFOAM UE, parteciperà agli eventi con una sua delegazione composta dal presidente Angelo Costa e dal direttore Alessandro D’Elia

 

Il 16 maggio sarà in conferenza la Rappresentanza dello Stato di Hessen presso l’UE a Bruxelles

L’agricoltura è un settore che da un lato contribuisce al cambiamento climatico, ma dall’altro è profondamente influenzato dagli effetti dei cambiamenti climatici. A causa di questa dualità, è fondamentale per gli agricoltori e gli altri attori agricoli collaborare e trovare soluzioni sistemiche di lunga durata che porteranno a una maggiore mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Durante questa conferenza di mezza giornata, verrà messa in evidenza la volontà degli agricoltori biologici di essere parte della soluzione nella lotta ai cambiamenti climatici, verrà presentato il potenziale di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici delle 4 pratiche agricole chiave e verranno discusse le raccomandazioni politiche . A tal fine, verranno presentati i risultati finali del progetto SOLMACC.

SOLMACC è un progetto che promuove pratiche agricole rispettose del clima e monitora scientificamente l’impatto sul clima dell’attuazione delle 4 pratiche agricole in 12 aziende europee. I partner di SOLMACC (IFOAM EU, FiBL, Bioland, AIAB ed Ekologiska Lantbrukarna) e gli agricoltori, saranno presenti per condividere le loro esperienze e offrire una panoramica delle implicazioni socio-economiche dell’implementazione delle pratiche e della riduzione delle emissioni di gas serra.

Nella seconda parte dell’evento, un gruppo di esperti discuterà le misure necessarie a livello politico per garantire una più ampia diffusione di pratiche rispettose del clima e per spingere il settore agricolo dell’UE a contribuire agli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici. Il ruolo della politica agricola comune (PAC) nel raggiungimento di questo obiettivo sarà centrale durante la discussione.

Maggiori informazioni sul progetto: http://solmacc.eu/

Fonte: http://www.ifoam-eu.org/en/events/ifoam-eu-general-assembly
http://www.ifoam-eu.org/en/events/final-solmacc-conference

BIOLOGICO, protagonista indiscusso all’edizione 2018 di CIBUS

BIOLOGICO, protagonista indiscusso all’edizione 2018 di CIBUS

Healthy, bio, km zero, free from…, le parole che si sentono ripetere continuamente al Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione.

Più di 3mila e passa espositori hanno scelto la 19esima edizione di Cibus per lanciare le proprie novità di prodotto.

Quelle che fino a qualche anno fa erano richieste di nicchia, oggi sono le strategie dei più, con un fiorire di linee biologiche, di prodotti a ridotto contenuto di grassi e zuccheri, dove l’assenza di una qualche sostanza, che sia il glutine, il lattosio o l’olio di palma, risulta premiante al pari della presenza dei cosiddetti superfood, come lo zenzero, i semi di chia o la curcuma.

E l’attenzione agli aspetti salutistici del cibo, meglio ancora se adatto anche ai consumatori vegetariani e vegani, riguarda tutti i prodotti alimentari, dalle farine a base di legumi ai taralli pugliesi, dalla pasta fresca ripiena biologica e integrale alla maionese vegetale in grado di “mantenere normali i valori del colesterolo”, passando per gli estratti a base di frutta e verdura “in linea con il trend della dieta juicing” e per la pizza gluten free bio a base di cavolfiore.

Questo trend è sempre più legato a doppio filo a un’altra tendenza: la richiesta di prodotti locali, che rilanciano il Made in Italy, legati in qualche modo al territorio, che si traduce in una esigenza informativa prontamente soddisfatta dal packaging. Così il latte è 100% sardo, i grissini rivendicano i natali a Milano, i sughi pronti sono fatti con pomodorini siciliani, la pasta di Gragnano è al caffè napoletano.

Un condensato delle novità che arriveranno sugli scaffali dei supermercati e sul mercato dell’ho.re.ca. Cibus l’ha riproposto nel suo Innovation corner, una vetrina con un centinaio di innovazioni (sui 1.300 prodotti nuovi presentati a Parma) che l’industria alimentare italiana proporrà per il nostro carrello della spesa, intercettando una domanda di mercato crescente in termini di linee benessere e prodotti salutistici. Ma non solo.

Alla base di tutto questo, però, ci sono gli investimenti in innovazioneche le aziende dell’industria alimentare fanno ogni anno per arrivare sul mercato con prodotti nuovi, anticipare tendenze e ottimizzare i processi produttivi. Secondo i dati di Federalimentare ogni anno in media il comparto investe l’8% del fatturato, circa 10 miliardi, in ricerca e sviluppo. Un segnale della volontà della nostra industria alimentare di pensare se stessa nel medio-lungo periodo cercando di cavalcare l’onda positiva dell’export (che nel primo bimestre 2018 ha registrato una significativa accelerazione con un +8,7%).

Fonte: http://www.askanews.it/economia/2018/05/09/cibus-healthy-bio-e-km-zero-le-parole-dordine-dellalimentare-pn_20180509_00156/

 

 

 

CIBUS 2018: pomodoro da industria bio e i plus della filiera produttiva

CIBUS 2018: pomodoro da industria bio e i plus della filiera produttiva

Cibus 2018 è stata l’occasione pubblica per illustrare le garanzie aggiuntive e del tutto volontarie, adottate dalla “Filiera del pomodoro da industria” a favore del Pomodoro Biologico e a tutela del consumatore.

Aumentano gli ettari coltivati a pomodoro biologico nel Nord Italia. La comunicazione della crescita di coltivazione è resa nota da OI Pomodoro da Industria del Nord Italia al Cibus di Parma, Salone internazionale dell’ alimentazione in programmazione fino ad oggi 10 maggio. Sulla base dei dati dell’organizzazione interprofessionale interregionale si informa infatti che l’area di produzione coltivata è passata dai 1.316 ettari del 2015 ai 2.310 del 2017 con una lavorazione di prodotto di 162mila. 

Per i prodotti “Bio”non è il miglior momento, ciononostante i consumi sono in forte crescitaa riprova della tendenza, non esclusivamente salutistica bensì anche ambientale, che il consumatore sta continuando a percorrere con interesse e convinzione.

Un interesse che, anche per gli aspetti di vita e di comunità, deve essere salvaguardato e protetto da parte dei soggetti responsabili della produzione e della trasformazione.

Queste in breve sintesi le motivazioniche hanno indotto l’Organizzazione Interprofessionale Pomodoro da Industria Nord Italia a sottoscrivere un protocollo di garanzie aggiuntive, a favore del consumatore e delle suafiducia verso il settore.

 La certezza del “Bio” è un fattore imprescindibile.
“Vogliamo raccontare che la nostra filiera – introduce i lavori Tiberio Rabbonipresidente della OI Pomodoro nord Italia – è in grado di assicurare, oltre alla certificazione prevista, anche una serie di analisi aggiuntive e volontarie che sono in carico rispettivamente alle OP e alle industrie e cooperative di trasformazione. Analisi che, come Organizzazione, abbiamo in atto da diversi anni ma che ora è giunto il momento di esplicitare attraverso regole sottoscritte da parte dei soggetti di filiera della OI Nord Italia”.

Solo attraverso una “filiera organizzata”, ha proseguito Rabboni, è stato possibile gestire e proporre un “plus”di questa natura ed è un “valore che va comunicato al consumatore”.

A illustrare le modalità e gli strumenti adottati si sono alternati alcune rappresentanze del mondo organizzato, della industria e della cooperazione di trasformazione sono intervenuti:

Luca Artioli in rappresentanza di APO-Conerpo, Aldo Rodolfi della Rodolfi Mansueto spa e Stefano Spelta per Casalasco.

Tutti sono stati concordi sulla necessità di meglio divulgare al consumatore “il grande lavoro che c’è dietro il confezionamento di un barattolo di pomodoro BIO”.

Il “peso” del bio in filiera
Il quantitativo di bio è sempre più consistente. Soffermandosi sul dato 2017 i 2.310 ettari di biologico rappresentano il 6,6% dei 34.932 ettari coltivati complessivamente nel Nord Italia con la tecnica della produzione integrata che si contraddistingue per un bassissimo impiego di fitofarmaci.

L’Emilia Romagna è la regione nella quale si concentra la quota più consistente di produzione biologica. La prima provincia è quella di Ferrara dove, nel 2017, sono stati coltivati 1.500 ettari. Seguono le province di Ravenna (350), Parma (184) e Piacenza (76).

Cosa fanno in più le Organizzazioni dei produttori del Nord Italia
Le Organizzazioni dei produttori di pomodoro biologico del Nord Italia affiancano l’agricoltore socio offrendo servizi e verificando la correttezza del processo produttivo e l’idoneità del pomodoro destinato alla trasformazione.

Fonte:
http://www.gazzettadellemilia.it/economia/item/19746-cibus-2018-pomodoro-bio-la-certezza-e-un-fattore-imprescindibile-nel-rispetto-del-consumatore.html
http://www.ansa.it/cibus_2018/notizie/industria_mercato/2018/05/10/piu-coltivazioni-pomodoro-bio-al-nord_c93d76dc-7f73-414b-aae3-adc5eff52da7.html

 

 

Lettera aperta sull’Accordo di Partenariato Europa-Giappone, JEFTA, e sui suoi possibili effetti sulle produzioni agroalimentari di qualità

Lettera aperta sull’Accordo di Partenariato Europa-Giappone, JEFTA, e sui suoi possibili effetti sulle produzioni agroalimentari di qualità

Si intende evidenziare con la presente lettera la grave criticità dell’Accordo di Partenariato Unione Europea – Giappone (JEFTA), per quanto specificamente attiene alla tutela delle produzioni agroalimentari di qualità italiane ed europee.

L’Unione Europea sta procedendo a ritmi serrati verso la conclusione del più ampio ed estensivo accordo di partenariato internazionale mai concluso finora, a seguito di lunghe trattative condotte sotto segreto e soprattutto senza consultare né tenere conto dei legittimi interessi delle parti sociali solo virtualmente rappresentate.

In vista della sottoscrizione dell’Accordo in esame, programmata l’11 luglio 2018, è indispensabile considerare quanto segue:

  • l’intesa non si limita a regolare le questioni tariffarie, ma produce ben più ampi effetti su agricoltura, sicurezza alimentare e protezione delle Indicazioni Geografiche,

  • l’Accordo riduce in misura significativa il livello di tutela delle produzioni agroalimentari di qualità che tuttora esprimono il Valore culturale ed economico dell’agricoltura e della trasformazione alimentare in Europa.

Il modello europeo di riconoscimento e protezione delle Indicazioni Geografiche rispetto a imitazione, usurpazione ed evocazione dei nomi protetti è stato sviluppato, negli ultimi quattro decenni, con strumenti democratici di regolazione e autorevoli interpretazioni della Corte di Giustizia UE.

Non si può accettare la rinuncia a tale sistema di tutela con la sottoscrizione di un accordo che invece autorizza la contraffazione del 94% delle Indicazioni Geografiche protette in Europa, ammettendo tra l’altro l’impiego di singoli termini che pure fanno parte delle poche denominazioni protette (es. Parmigiano, Grana, Mortadella).

Il riconoscimento esplicito di legittimità d’impiego del nome ‘Parmesan o simili costituisce la riprova, ove mai ve ne fosse bisogno, che il negoziato portato avanti dalla Commissione segue un modello antitetico rispetto ai regimi di qualità vigenti in Europa, ed è destinato a produrre gravi danni alla reputazione e al commercio dei prodotti autentici.

L’eccesso di potere della Commissione europea è oltretutto destinato a riproporsi in altri negoziati in atto con importanti partner economici internazionali e condurrà allo smantellamento definitivo delle tutele introdotte in Europa per proteggere le filiere agroalimentari tradizionali nonché radicate sui territori. Arrecando ulteriori danni a operatori già gravati dal ridimensionamento della Politica Agricola Comune e dalle pratiche commerciali poste in essere dalla distribuzione moderna e dai colossi globali dell’ecommerce.

Le Indicazioni Geografiche possano già ora trovare riconoscimento in Giappone, viceversa, ai sensi della legge nipponica sulle Indicazioni Geografiche giapponese (a cui ha già fatto ricorso, tra l’altro, il Consorzio del Prosciutto di Parma DOP). Una tutela ‘de minimis’, che dovrebbe venire incentivata mediante un sistema di reciproco riconoscimento delle rispettive specialità. Anziché legittimare, come sta invece per accadere, le loro usurpazioni e contraffazioni.

La sicurezza alimentare è un altro aspetto trascurato nel testo dell’intesa, che neppure richiama il principio di precauzione su cui il diritto alimentare europeo è basato. Glistandardgiapponesisu OGM, benessere animale, livelli massimi di residui (LMR) tollerati negli alimenti, sono ben distanti rispetto a quelli raggiunti in Europa negli ultimi anni.

In conclusione, si invitano i Consorzi di tutela e gli altri Enti in indirizzo a voler assumere subito posizione in Europa sull’Accordo JEFTA, pretendendo la revisione delle clausole denunciate nella superiore narrativa. È essenziale intervenire prima che il processo europeo di ratifica sia concluso, poiché l’approvazione del testo rientra nella competenza esclusiva dell’UE e la sua entrata in vigore non è quindi vincolata alla ratifica da parte dei singoli Stati membri.

Per approfondimenti di dettaglio, si fa rinvio a quanto già pubblicato da Great Italian Food Trade, su https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/ue-giappone-rapporto-senza-precauzioni.

Cordiali saluti,
Avv. Dario Dongo
Ph.D. in diritto alimentare europeo

www.greatitalianfoodtrade.it


Ai Consorzi di tutela delle DOP e IGP in Italia
Alle Associazioni industriali e delle PMI di settore
Alle Confederazioni agricole in Italia
e, per conoscenza,
Alle fondazioni Slow Food e Qualivita

Fonte: https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/jefta-lettera-aperta-ai-consorzi-delle-nostre-dop-e-igp#.WuXA-tQmsqU.linkedin