Suolo e Salute

Anno: 2018

Finanziamenti per 1,1 miliardi di euro agli agricoltori francesi che vogliono passare al biologico

Finanziamenti per 1,1 miliardi di euro agli agricoltori francesi che vogliono passare al biologico

Il governo francese ha stanziato 1,1 miliardi di euro per gli agricoltori che vogliono passare alla produzione biologica, a fronte di una domanda di prodotti in forte aumento.

Al momento la Francia non è in grado di soddisfare la richiesta nazionale di prodotti biologici e, di conseguenza, il 30% viene importato a prezzi più bassi possibile e questo danneggia la posizione competitiva degli agricoltori francesi.

A tal proposito, si vuole evitare che la Francia finisca con l’importare prodotti su larga scala, meglio piuttosto supportare gli agricoltori in questa transizione verso la coltivazione biologica.

Il governo teme che, senza un intervento, i volumi d’importazione continueranno ad aumentare.

Al momento la superficie agricola francese coltivata in regime biologico ammonta al 6,5% del totale. Grazie agli aiuti economici, nel 2022 aumenterà fino al 15%.

Secondo il ministero la sovvenzione da 1,1 miliardi di euro messa a disposizione per la produzione biologica corrisponderà a un aumento del 62% rispetto al piano di sostegno finanziario precedente.

Fonte: http://www.freshplaza.it/article/98111/Il-governo-francese-stanzia-1,1-miliardi-di-euro-per-la-produzione-biologica

Crescita del 165% dei vigneti bio in Veneto

Crescita del 165% dei vigneti bio in Veneto

Veneto Agricoltura presenta al Vinitaly la ricerca che lo testimonia

Impennata importante del bio in Veneto ed il settore vitinicolo non fa eccezione.

Nella prima regione italiana per produzione di uva da vino, il vigneto biologico è passato dai 1.400 ettari di superficie del 2008 ai quasi 4.500 del 2016 (+4,3%), segnando un +165% nel triennio 2014-2016. Un fenomeno, il vino bio, che sta suscitando interesse da parte dei consumatori e di conseguenza dei produttori. E proprio la fotografia del comparto del vino biologico sarà presentata da Veneto Agricoltura al Vinitaly di Verona, lunedì 16 aprile (ore 11:30, Padiglione 4). 

La ricerca, condotta dai tecnici dell’Agenzia regionale, ha coinvolto un campione di 263 aziende biologiche ed è stata svolta mediante la tecnica dei focus group con la partecipazione degli stakeholder, sia della fase produttiva che della trasformazione. Obiettivo, individuare i punti di forza e di debolezza della fase di produzione, nonché le opportunità e le minacce del contesto esterno all’azienda (mercato, aspetti burocratici).

Fonte: http://www.ansa.it/vinitaly_2018/notizie/2018/04/11/vigneti-bio-cresciuti-165-in-veneto_971a4f7d-5242-4ca6-ae85-fcb93b7fb5d2.html

 

L’appello degli scienziati su api e pesticidi: riconsideriamo il modo di coltivare per salvare il pianeta

L’appello degli scienziati su api e pesticidi: riconsideriamo il modo di coltivare per salvare il pianeta

Un gruppo di scienziati europei pubblica una lettera aperta ai governi degli Stati membri dell’Unione, che il 22 marzo avrebbero dovuto decidere se accettare la proposta della Commissione europea di vietare in maniera permanente l’uso di tre insetticidi neonicotinoidi – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxan –, considerati tra i principali responsabili della scomparsa delle api, ma il voto è stato rimandato.

Ripubblichiamo qui di seguito il testo della lettera.

Abbiamo bisogno delle api. Circa un terzo delle nostre riserve di cibo sparirebbe senza il lavoro di api domestiche e selvatiche e di altri impollinatori. Non è esagerato dire che questi insetti sono di importanza vitale, sia per gli ecosistemi naturali che per la nostra stessa sopravvivenza. Molti governi sostengono che gli attuali standard di protezione degli impollinatori siano sufficienti. Ma in qualità di scienziati che hanno dedicato decenni di studio ai delicati equilibri tra insetti, ambiente, e coltivazioni da cui tutti dipendiamo, ci permettiamo di dissentire.

Molte specie selvatiche hanno già subito un enorme declino, mentre altre si sono addirittura completamente estinte e l’esposizione ai pesticidi è emersa come una probabile causa determinante. In particolare, esiste ormai una sempre più consistente letteratura scientifica sugli insetticidi neonicotinoidi, che suggerisce come questi abbiano una serie di effetti nocivi sulle api, causandone la morte, la perdita delle capacità di orientamento, la ridotta fertilità e la compromissione del sistema immunitario.
Come conseguenza del sempre più evidente collegamento tra neonicotinoidi e declino delle api, nel 2012 la Commissione Europea ha richiesto una revisione degli studi disponibili. Pubblicata nel gennaio 2013, questa revisione ha concluso che i tre neonicotinoidi più usati al mondo (imidacloprid, thiamethoxam and clothianidin) rappresentano un “rischio inaccettabile” per le api. Il divieto parziale è entrato in vigore nel dicembre 2013 e sembra non aver avuto alcun impatto sui raccolti.

Da allora, le prove sulla minaccia portata da questi pesticidi alle api non hanno fatto che aumentare. Un nuovo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha appena confermato la nocività dei neonicotinoidi per le api, sia domestiche che selvatiche, una conclusione in linea con una serie di altre analisi pubblicate da scienziati indipendenti nell’ultimo anno e con il rapporto del 2015 della European academy of science advisory council (Easac). Ci sembra utile sottolineare come sia necessario anche un ripensamento generale dei metodi di coltivazione stessi.

Sono 60 anni che continuiamo a girare sulla giostra dei pesticidi: generazioni dopo generazioni di prodotti chimici vengono messi in commercio per essere vietati 10 o 20 anni dopo, quando emergono i danni ambientali da essi causati. Ogni volta vengono sostituiti con qualcosa di nuovo, e ogni nuova sostanza porta nuovi problemi e imprevisti. Considerata l’intelligenza della nostra specie, è straordinario come noi esseri umani riusciamo a ripetere sempre gli stessi errori.

Non serve guardare lontano per trovare le alternative. In molte fattorie convenzionali si coltiva già con successo senza neonicotinoidi. L’agricoltura biologica ha una resa media dell’80%. L’agroforestazione su piccola scala e i sistemi di permacoltura offrono rese addirittura maggiori dell’agricoltura convenzionale. Per produrre il cibo di cui abbiamo bisogno, ci sono modi molto migliori invece di continuare con gigantesche monocolture da spruzzare costantemente con varie miscele di pesticidi.

Fonte:
http://www.ilfattoalimentare.it/api-pesticidi-appello-scienziati.html

Etichette agroalimentari, la nuova norma che obbliga a specificare lo stabilimento

Etichette agroalimentari, la nuova norma che obbliga a specificare lo stabilimento

Scatta l’obbligo di indicare nell’etichetta degli alimenti, la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento.

Lo ufficializza Coldiretti nel sottolineare l’entrata in vigore il 5 aprile del Decreto legislativo 15 settembre 2017 n 145, dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n 235 del 7 ottobre 2017.

Una norma per consentire di verificare se un alimento è stato prodotto o confezionato in Italia sostenuta dai consumatori che per l’84% ritengono fondamentale conoscere, oltre all’origine degli ingredienti, anche il luogo in cui è avvenuto il processo di trasformazionesottolinea Coldiretti in una nota.

Le sanzioni, in caso di inadempimento, vanno da 2mila euro a 15mila euro, per la mancata indicazione della sede dello stabilimento o se non è stato evidenziato quello effettivo nel caso l’impresa disponga di più stabilimenti.

Coldiretti inoltre richiede che insieme allo stabilimento di lavorazione sia al più presto prevista l’indicazione obbligatoria in etichetta per tutti gli alimenti anche dell’origine degli ingredienti: “di gran lunga considerato l’elemento determinate per le scelte di acquisto dal 96% dei consumatori“.

Una battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che ha portato molti risultati anche se – continua la Coldiretti – oltre 1/4 della spesa degli italiani è ancora anonima con l’etichetta che non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi ai succhi di frutta fino alla carne di coniglio.

Fonte:
https://www.coldiretti.it/
https://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2018/04/05/etichette-agroalimentari-da-oggi-lo-stabilimento-e-obbligatorio/58205

 

 

VINITALY 2018 – VINO & GDO: 2018 PREVISTO IN CRESCITA NONOSTANTE L’AUMENTO DEI PREZZI

VINITALY 2018 – VINO & GDO: 2018 PREVISTO IN CRESCITA NONOSTANTE L’AUMENTO DEI PREZZI

Dopo un 2017 positivo per il vino nella grande distribuzione, che ha mosso 648 milioni di litri per un valore di 1,8 miliardi di euro, anche il 2018, nonostante un avvio prudente nei consumi, registrerà ancora una crescita, soprattutto grazie ai vini a denominazione d’origine e alle bollicine. E questo nonostante il probabile rialzo dei prezzi, imputabili alla scarsa vendemmia 2017, che colpirà soprattutto i vini da tavola.

E se nell’anno appena chiuso, secondo una ricerca di Iri per Vinitaly 2018, i vini più gettonati, come tipologia, sono stati i bianchi fermi, quelli Dop e gli spumanti, e le denominazioni più vendute sono state però le “rossiste” Lambrusco e Chianti (entrambe con oltre 13 milioni di litri venduti) e Montepulciano d’Abruzzo (8,4 milioni di litri), tra le tendenze che emergeranno nel 2018 ci sarà ancora la crescita dei vini biologici, ma anche quella dei vini a marca del distributore.

In un quadro in cui emerge che da qualche anno le catene distributive stanno operando un doveroso recupero di valore dei vini venduti, con un prezzo medio che aumenta anno dopo anno. La ricerca Iri per Vinitaly evidenzia che le bottiglie da 0,75 si sono vendute nel 2017 con un prezzo medio di 4,32 euro al litro (quindi vicino ai 5 euro nella bottiglia da 0,75cl) con un aumento del 2,3% sul 2016. Un processo di stabilizzazione del prezzo quasi fisiologico che però potrebbe essere disturbato da aumenti di prezzo sensibili dovuti alla cattiva vendemmia del 2017.

“L’aumento dei prezzi di vendita potrebbe portare ad una riduzione degli acquisti” dichiara Francesco Scarcelli (Coop Italia).

Aumenti che dovrebbero colpire più i vini da tavola, di uso quotidiano, che i vini a denominazione d’origine, secondo l’analisi di Valerio Frascaroli (Conad).

La questione della definizione del prezzo più appropriato è ovviamente semplificata nei vini offerti col marchio dell’insegna distributrice, un settore che nel 2017 ha pesato per il 13,7% sulle vendite del vino e del 6% sulle bottiglie da 0,75cl (dati Iri, supermercati, iper, libero servizio piccolo) e sul quale diverse insegne puntano per il futuro.

“La nostra linea di vini a denominazione di origine a marchio Grandi Vigne – dice Marco Peduzzi (Iper, la Grande I) – presenta una fascia di prezzo molto ampia, tra i 4 e i 40 euro. Nel 2017 abbiamo venduto 1 milione di bottiglie, in un’offerta completa che comprende anche vino biologico, senza solfiti ed anche mezze bottiglie”.
Anche il Gruppo Selex (insegne Famila, A&O ed altre insegne regionali) ha investito sul marchio “Le Vie dell’Uva”, come spiega Dario Triarico:“sugli scaffali presentiamo 59 etichette con quel marchio con una fascia di prezzo per i vini più comuni che va dai 3 ai 5 euro e quella per le eccellenze enologiche regionali che va dai 6 euro in su. Nel 2017 abbiamo avuto una crescita delle vendite del 12% a volume”.

Nel 2018 potrebbero aumentare anche le vendite di vino e spumante biologico nella grande distribuzione, oggi limitate a poco più di 4 milioni di litri per un valore di 24 milioni di euro, come testimoniato anche dal successo di un’insegna specializzata nel biologico come EcorNaturaSi: “nel 2017 abbiamo registrato un incremento a volume del 9%, meglio i rossi dei bianchi, con gli spumanti oltre il 15% – spiega Michele Bonato – ma questo è un settore ancora “giovane” che crescerà in tutta la grande distribuzione”.

Un canale fondamentale, quello della gdo, per il vino italiano, che sarà approfondito anche nel convegno, di scena il 16 aprile, a Vinitaly 2018, su tema “Mercato del vino nella grande distribuzione in Italia e le opportunità di export nelle catene distributive degli Stati Uniti”, firmato da Vinitaly e Iri, con Luigi Rubinelli (direttore di RetailWatch.it), Virgilio Romano (Iri), Marc Hirten (presidente di Frederick Wildman), Roberta Corrà (Giv e Federvini), Enrico Zanoni (Cavit e Unione Italiana Vini), Alessandra Corsi (Conad), Alessandro Masetti (Coop Italia) e Gianmaria Polti (Carrefour Italia).

Fonte: http://www.winenews.it/news/47627/vinitaly-2018-vino-gdo-2018-previsto-in-crescita-grazie-a-vini-dop-spumanti-bio-e-vini-a-marchio-del-distributore-e-nonostante-laumento-dei-prezzi-dovuto-alla-scarsa-vendemmia-2017-che-peser-soprattutto-sui-vini-ditalia

Tutto quello che c’è da sapere sul boom del biologico

Tutto quello che c’è da sapere sul boom del biologico

Nel 2017 grande crescita del settore: +16,6%, un giro d’affari di 1 miliardo e 451 milioni. Il 78% delle famiglie li ha comprati. Fotografia di un mondo in espansione.

Il biologico non è ritornare al passato, ma guardare al futuro. Ne è convinto Roberto Zanoni, presidente di AssoBio, l’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici e naturali, forte di cifre che parlano chiaro: solo dal 2013 al 2016 il numero di aziende agricole biologiche è aumentato del 40%, mentre nell’agricoltura tradizionale in 20 anni l’Istat ha registrato un crollo del 46%. 

ITALIA IN TESTA IN EUROPA. Nel 2016 l’Italia è risultata essere il Paese europeo con la maggiore crescita nel bio. E nel 2017 si è verificato un boom della vendita dei prodotti bio nella grande distribuzione: +16,6%, giro d’affari di 1 miliardo e 451 milioni. Il 78% del totale delle famiglie ha comprato almeno un prodotto bio durante l’anno (un milione in più rispetto al 2016). E di queste il 25% circa ha comprato bio almeno una volta alla settimana.

VENDITA DOMESTICA A 3,5 MILIARDI. Nomisma riferisce che nel 2017 le vendite di biologico in Italia hanno toccato i 3,5 miliardi nel mercato domestico (+15% rispetto al 2016). E anche l’export del bio nostrano è andato bene: quasi 2 miliardi.

Spiega Zanoni a Lettera43.it: «Il successo dipende in gran parte dalla crescente sensibilità e consapevolezza che le scelte individuali incidono sulle condizioni ambientali. La crescita della domanda bio rappresenta anche un residuo positivo della crisi economica che ha indotto a un “ritorno alla sostanza”, a riflettere sull’effettiva necessità dell’acquisto e sulla ricerca di prodotti senza fronzoli, che garantiscono il miglior rapporto qualità/prezzo. Pochi prodotti offrono il complesso delle qualità messe in campo da quelli biologici». 

CRESCENTE ATTENZIONE AI PICCOLI. A partire dal segmento del baby food. «Oggi si fanno molti meno bambini di un tempo», ricorda Zanoni, «ma ci si concentra di più su di loro, c’è una maggiore attenzione nei confronti della loro alimentazione, non si lesina sul cibo sano». E poi non manca un’avanguardia di pediatri «che purtroppo non rappresenta ancora la maggioranza, ma che raccomanda ai genitori un’alimentazione biologica per i propri figli». 

ESCLUSIONE DI OGM E PESTICIDI. Fa pendere l’ago della bilancia verso il bio anche l’esclusione degli organismi geneticamente modificato (Ogm) e dei pesticidi dall’intero ciclo produttivo, la drastica riduzione degli additivi, l’impegno dei produttori per esaltare i sapori autentici e un sistema di controllo che certifica la conformità a norme europee.

E i risultati si vedono anche all’estero. L’Italia esporta in tutta Europa e la Germania rappresenta il maggior cliente: pesa per quasi il 40% del nostro export. Ma spazio stanno assumendo anche Usa e Cina. «In quest’ultimo Paese in particolare», sottolinea Zanoni, «il crescente ceto medio è alla ricerca di prodotti sicuri; numerosi scandali alimentari, solo su alcuni dei quali è arrivata notizia in Occidente, hanno dimostrato che la produzione nazionale non è sempre il massimo in termini di sicurezza. Meglio quindi rivolgersi a prodotti doppiamente garantiti, come quelli biologici occidentali». 

MENO INQUINAMENTO. In più è aumentata anche la consapevolezza di come l’agricoltura tradizionale incida sul tasso di inquinamento dell’ambiente. I dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’Istituto di ricerca del ministero per l’Ambiente, per esempio, non perdonano: il 63,9% delle acque superficiali e il 31,7% di quelle sotterranee sono contaminate da pesticidi. E Il 21,3% delle acque superficiali e il 6,9% di quelle profonde hanno concentrazioni superiori al limite di qualità ambientale. 

FORMAZIONE È LA PAROLA D’ORDINE. Formazione resta infatti una parola d’ordine per molti operatori del settore. Che partono comunque già bene: è in possesso di diploma di qualifica o di diploma di scuola media superiore il 39,7% dei responsabili delle aziende biologiche italiane (quasi il doppio della media dell’agricoltura nazionale nel suo complesso), e ha una laurea o un diploma universitario il 13,6% (più del doppio della media nazionale). 

ALTRO CHE AGRICOLTORE POCO ISTRUITO. «Siamo lontani dallo stereotipo dell’agricoltore di scarsa istruzione», rimarca Zanoni, «i nostri giovani titolari d’impresa sono della generazione Erasmus, hanno girato il mondo coi voli low cost, sono venuti a contatto con culture e sensibilità diverse, hanno toccato le tendenze». Tant’è che molti superano il ruolo del produttore agricolo impegnandosi a valorizzare la produzione con la trasformazione dei prodotti, con l’agriturismo, con le fattorie didattiche, con le vendite on line e i siti internet. Altro che piccolo mondo antico, insomma.

Fonte: http://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2018/03/31/prodotti-biologici-naturali-agricoltura-settore-numeri-alimentare/218675/