Suolo e Salute

Mese: Luglio 2021

BIO IN ITALIA, IL RITMO DI CRESCITA DECELERA: DIVERSE LE OPPORTUNITÀ DI RIPRESA

BIO IN ITALIA, IL RITMO DI CRESCITA DECELERA: DIVERSE LE OPPORTUNITÀ DI RIPRESA

Il trend di crescita degli operatori e delle superfici bio in Italia, da gennaio 2020 a maggio 2021, è positivo, ma meno dinamico rispetto al passato.

È quanto riportato dal Presidente di Assocertbio, Riccardo Cozzo, nel webinar organizzato in collaborazione con B/Open. Un appuntamento che ha visto la partecipazione del Ministero delle Politiche Agricole, di Ismea e di altre importanti realtà del settore.

Nell’anno 2020 il numero di operatori certificati è cresciuto del +1,57% (81.913 unità) e l’Italia è arrivata a 1.994.904 ettari di superficie agricola coltivata a bio.

I primi cinque mesi del 2021 non sono stati da meno, l’aumento degli operatori certificati è stato dell’1,84% (1.431 unità).

Un incremento positivo, segnalano gli addetti ai lavori, ma non sufficiente, nella prospettiva della strategia “Farm to Fork” e degli obiettivi prefissati entro il 2030.

Le cause del calo del ritmo di crescita, potrebbero essere riconducibili al sistema sanzionatorio istituito dal decreto legislativo 20 del 2018, piuttosto severo nei confronti delle realtà minori e meno organizzate del settore.

Rivolgendo uno sguardo ai possibili scenari di crescita del comparto, diverse sono le opportunità di ripresa e slancio dell’agricoltura biologica e numerosi i versanti su cui si può ancora lavorare per operare un miglioramento.

Prima tra tutte la nuova legge italiana sul biologico, che prevede l’adozione di un Piano d’azione nazionale per la produzione biologica e la creazione di un Tavolo tecnico istituzionale. Scendendo più nel dettaglio, la legge mette in risalto punti chiave, per dare una spinta di segno positivo al settore, come: la garanzia di un giusto prezzo agli attori delle filiere; l’applicazione della fiscalità ridotta ai prodotti che assicurano benefici ambientali come nel caso del biologico; e infine portare a credito d’imposta i costi per la certificazione al fine di non essere disincentivanti per chi intende operare la transizione.

Anche la PAC – Politica Agricola Comune, potrebbe essere d’aiuto per uno sviluppo del comparto, ma solo se si insiste affinché investa in tutti i componenti della filiera biologica, senza dimenticare il fronte della ricerca e dell’innovazione in ambito di agricoltura digitale, afferma Francesco Torriani, Coordinatore per il settore biologico di Alleanza delle Cooperative italiane.

Antonio Sposicchi, Direttore di Anabio-CIA, riporta invece la crescita repentina del caso francese, passato nel giro di pochi anni da 4 a 12 miliardi di consumi interni; Sposicchi aggiunge che la politica italiana dovrà svolgere un fondamentale ruolo di promozione dell’agricoltura biologica, nei confronti delle filiere, dei produttori e della cittadinanza.

Il quadro generale del settore è articolato e significativo il lavoro ancora da fare, ma le occasioni di incentivo allo sviluppo non mancano. La crescita può, in alcune fasi decelerare, ma non intende arrestarsi.

 

Fonte: Green Planet

EUROPA E BIOLOGICO: UNO STUDIO RIVELA LE POTENZIALITÀ AMBIENTALI E ALIMENTARI

EUROPA E BIOLOGICO: UNO STUDIO RIVELA LE POTENZIALITÀ AMBIENTALI E ALIMENTARI

Entro il 2050, l’agricoltura a metodo bio potrebbe soddisfare il bisogno alimentare dell’intera popolazione europea.

È questa la conclusione raggiunta nello studio dal titolo: “Rimodellare il sistema agroalimentare europeo e chiuderne il ciclo dell’azoto: le potenzialità per coniugare cambiamento alimentare, agroecologia e circolarità.”

Il documento sottolinea infatti, come, dall’applicazione di questo tipo di regime alimentare diffuso, non solamente verrebbero sfamate seicento milioni di persone, ma le emissioni di gas serra diminuirebbero, così come l’inquinamento idrico e le emissioni di azoto sarebbero pressoché dimezzate.

Queste le conclusioni raggiunte da un’equipe di ricercatori, provenienti da diversi istituti specializzati.

Hanno preso parte alla ricerca infatti, gli scienziati del CNRS – National Center for Scientific Research, assieme ai ricercatori del JRC – Joint Research Centre della Commissione Europea e l’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale. In collaborazione con l’Universidad Politecnica de Madrid, la Chalmers , University of Technology di Gothenburg e la University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna.

Rimodellare il sistema agroalimentare europeo dunque, ma come?

Gli studiosi ritengono la soluzione risieda nella modifica di alcune abitudini e metodologie praticate negli Stati membri, su cui occorre lavorare in contemporanea per il perseguimento di questo ambizioso obiettivo.

La prima consuetudine da modificare consiste nella dieta alimentare: il 55% dell’alimentazione europea è difatti costituito da proteine di origine animale.
La percentuale di consumo suggerita da Fao e Oms, da un punto di vista sanitario e ambientale, è del 30%.

La seconda variazione che la ricerca suggerisce di apportare, è l’applicazione della tecnica agronomica della rotazione delle colture. Su uno stesso appezzamento, dovranno essere variate, in successione, le specie agrarie coltivate; al fine di garantire la fertilità del terreno e favorire la resa della produzione.

Un esempio è la coltivazione dell’erba medica, un legume che per due anni fissa l’azoto all’interno del suolo. Se in seguito all’erba medica verrà seminata sullo stesso terreno un’altra specie, quest’ultima si nutrirà dell’azoto rilasciato dalla coltura precedente.

Sfruttare la complementarietà tra agricoltura e allevamento è la terza azione strategica da realizzare. Come per la rotazione delle colture, vi è una certa circolarità anche in questa sinergia suggerita: il bestiame infatti, che si nutre di erba, su praterie coltivate, emette escrementi perfetti per fertilizzare i seminativi.

Questo scenario, naturale agli inizi del secolo, è oggi una rarità; poiché le regioni si sono specializzate per tipologia tra agricoltura e allevamento, ma difficilmente praticano entrambi, insieme. Ciò comporta la perdita del fertilizzante naturale prodotto dagli animali per il terreno e l’impoverimento di questo, in carbonio e materia organica.

Grandi potenzialità sono dunque individuate nel metodo biologico, che se valutato concretamente, nell’investimento che può rappresentare, rischia di diventare da metodo agricolo con una produzione destinata a pochi, un metodo vantaggioso necessario a tutti.

Fonte: Cambia la terra