Suolo e Salute

Mese: Ottobre 2022

PORTE APERTE PER LE SEMINE BIO

PORTE APERTE PER LE SEMINE BIO

Un’iniziativa in favore della biodiversità della Fondazione “Seminare il futuro” in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione

Porte aperte nelle aziende agricole bio in numerose regioni italiane per la semina collettiva. Un’iniziativa organizzata in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione di domenica 16 ottobre che ha coinvolto oltre 2mila persone nella distribuzione di semi di cereali nei campi per testimoniare il valore della biodiversità agricola.

Recupero di varietà resilienti

Un’iniziativa frutto dell’impegno della Fondazione “Seminare il futuro” in favore della biodiversità agricola. La mission della fondazione è infatti anche quello di stimolare la collaborazione tra mondo della produzione e della ricerca per il recupero e sviluppo di materiale genetico naturalmente resiliente alla crisi climatica.

Molte delle varietà protagoniste delle semine in 9 aziende bio derivano infatti dal campo catalogo che la Fondazione gestisce assieme all’Università di Pisa. Varietà di cereali vernini caratterizzare da ottima capacità di radicazione, in grado di fornire performance elevate anche in condizioni di apporto idrico e nutritivo ridotto e competitive nei confronti delle erbe infestanti.

Un nuovo grano duro dal Crea di Foggia

«L’agricoltura bio – si fa notare in una nota – è un metodo di produzione che si sposa bene con l’utilizzo di varietà locali legate alle caratteristiche delle diverse aree di produzione». In questo contesto è stata selezionata la prima varietà di grano duro per il biologico dall’incrocio di varietà di frumento delle aree del Mediterraneo, nata da una ricerca avviata nel 2016 che ha visto la collaborazione del Crea di Foggia assieme a Peter Kunz, esperto svizzero di selezioni in biologico e finanziata da NaturaSì e Cooperativa Gino Girolomoni.

IN VENETO CRESCONO GLI ETTARI BIO

IN VENETO CRESCONO GLI ETTARI BIO

In un anno crescita a doppia cifra per vigneti, oliveti e colture proteiche. La superficie regionale arriva così a toccare i 50mila ettari

In Veneto vigneti, oliveti e seminativi a leguminose sono sempre più bio. Andiamo con ordine: secondo Veneto Agricoltura dall’elaborazione dei dati Sinab (Sistema nazionale agricoltura biologica) e dell’agenzia regionale Avepa emerge infatti che i vigneti biologici in regione sono passati da 8.712 ettari del 2020 a 9.607 ettari del 2021 (+10,27%).

Il patrimonio viticolo green

Al primo posto in termini numerici è la provincia di Verona, che passa da 3.339,98 a 3.563,92 ettari (+6,70%), seguita da Treviso che da 1.929,58 ettari a sale a 2.265,90 (+17,43%), Padova da 1.331,15 a 1.478,46 ettari (+11,07), Venezia da 1.265,34 a 1.305,84 (+3,20), Vicenza da 811,20 a 889,12 (+9,60). Fanalini di coda Rovigo e Belluno, che però registrano la maggior crescita in termini percentuali, seppure con numeri ridotti in termini di ettari: Rovigo passa da 24,91 a 79,45 ettari bio (+218,93%) e Belluno da 9,83 a 24,31 ettari (+147,31%).

A spingere in favore delle conversioni è la crescente domanda di vino bio nei Paesi europei, soprattutto in quelli del Nord, dove i consumatori si caratterizzano per la sensibilità per i prodotti sostenibili. Un trend che emerge anche nel mercato degli spumanti bio, per il quale si prevede una grande crescita nei prossimi anni.

Boom per gli oliveti e le colture proteiche

Ma in Veneto non sono solo i vigneti a crescere sul fronte biologico. Veneto Agricoltura segnala infatti anche la forte avanzata degli oliveti, che segnano un +15% dal 2020 al 2021 e delle colture proteiche, come leguminose e da granella, che marcano un buon +25%. La frutta a guscio fa segnare un +3,4, i cereali +3%. Anche il latte segue il trend: 77 gli allevamenti bio, con primato a Vicenza (29), seguita da Belluno (27) e Verona (15). Un fronte, quello biologico, in continua crescita in estensione dei terreni e in produttività, sia sulla spinta degli obiettivi fissati dall’Unione europea sulla sostenibilità, sia per i favori dei consumatori nei confronti di tutto ciò che è coltivato con metodi più naturali.

Negli ultimi dieci anni il biologico in Veneto ha registrato una crescita importante, passando da poco più di 1.500 operatori del 2009 a più di 3.500 del 2019, con un incremento del 126,9% rispetto alla media nazionale del 63% (dati sistema d’informazione bio Sinab). Sono quasi 50.000 gli ettari coltivati con il metodo biologico (dati 2021), con il traino della viticoltura e il mondo delle erbe officinali in forte crescita, con un 30% in più di vendite per quanto riguarda tisane e affini.

Si può crescere ancora

«I dati evidenziano una situazione in continua evoluzione, ma anche uno spazio di ulteriore crescita in Veneto sia in termini di operatori che di superfici -evidenzia Laura Barduca, del settore biologico di Confagricoltura Veneto e presidente provinciale di Padova –. L’agricoltura biologica, con il suo regolamento e i recepimenti nazionali, rappresenta una risposta oggettiva al contrasto dei cambiamenti climatici. Il contesto socioeconomico attuale, unitamente alla complessità burocratica e normativa che interessa il settore, non incentiva però l’entrata di nuovi operatori all’interno del comparto».

TIPICITÀ, MA ANCHE SOSTENIBILITÀ: I VINI AL RISTORANTE SI TINGONO DI VERDE

TIPICITÀ, MA ANCHE SOSTENIBILITÀ: I VINI AL RISTORANTE SI TINGONO DI VERDE

L’Ufficio Studi di Fipe Confcommercio rileva che nella ricerca di socializzazione nei canali on-trade piace bere vini di qualità, tipici e biologici

Riparte la ristorazione e crescono i consumi di vino di qualità. E a caratterizzare i brindisi post covid è la ricerca di tipicità ma anche di sostenibilità.

Lo rileva l’Ufficio Studi di Fipe Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, in una relazione sui consumi di vino on-trade (ristoranti, hotel, catering) diffusa in occasione della Milano Wine Week. Con il ritorno delle occasioni di socializzazione dopo la crisi pandemica che si tinge decisamente di “green”.

L’exploit dei brindisi bio

Secondo i ristoratori infatti gli italiani scelgono i vini soprattutto sulla base del territorio di provenienza (68,2%) e fin qui nulla di nuovo, ma ora apprezzano particolarmente anche le etichette certificate bio (42,2%), spingendo i professionisti della ristorazione a cercare nuove professionalità e organizzare nuovi servizi in favore dei consumatori curiosi riguardo alla sostenibilità dei metodi di produzione. Una riorganizzazione che deve però tenere conto anche degli effetti della crisi economica, visto che i consumatori, secondo Fipe, tengono sempre più d’occhio il prezzo della bottiglia (48,9%).

La ricerca di alta qualità

Non solo in termini di propensione al risparmio: entrando nel dettaglio dei numeri, dopo la pesante battuta d’arresto del 2020, con ristoranti e wine bar chiusi per le misure di mitigazione degli effetti della pandemia, il 2021 ha fatto infatti registrare una ripresa del mercato del vino, in particolare delle bottiglie classificate come premium e super premium. E a beneficiare della riapertura dei ristoranti sono stati i prodotti di maggior pregio: l’analisi Mediobanca sulle società vitivinicole evidenzia che le vendite di vini premium sono cresciute del 14,5% in valore assoluto, i super premium addirittura del 24,5%, gli ultra premium del 32,7% e gli icon (bottiglie dal costo per il ristoratore superiore ai 50 euro) del 33,2%.

Prezzi della bottiglia

Così il 98% dei ristoratori ha sostenuto una crescita dei prezzi di acquisto del vino che in media, secondo l’analisi Fipe, è pari a un +12%. Ma oltre ai prezzi anche la crisi pandemica ha suggerito di modificare la gestione della cantina. Il 55,5% dei ristoratori ha ridotto i quantitativi acquistati, mentre il 29,9% ha deciso di limitare il numero di etichette presenti in cantina e dunque nella carta. In generale, si predilige l’acquisto di vini il cui costo varia tra le 5 e le 20 euro, con una spesa media a bottiglia da parte dei gestori di circa 17 euro. Il 73,9% dei ristoratori italiani seleziona le bottiglie da tenere in cantina sulla base delle regioni dei vitigni: Trentino Alto Adige, per i vini bianchi, Toscana per i rossi e Puglia per i rosé.

I VINI BIO CONQUISTANO LA GUIDA SLOW WINE

I VINI BIO CONQUISTANO LA GUIDA SLOW WINE

Il 56% delle 1957 cantine dell’edizione 2023 sono biologiche

Fare vino è un atto civico: vuol dire prendersi cura del territorio e delle comunità che lo vivono. Con questa premessa la guida Slow Wine 2023, presentata al Blue Note di Milano nella tredicesima edizione, vuole dare voce ai viticoltori “buoni puliti e giusti”. «Raccontiamo l’Italia del vino – precisano i curatori -grazie ai 200 collaboratori che ci permettono di mappare tutta la Penisola e soprattutto di scoprire nuove aziende in sintonia con la filosofia Slow Food.

L’impatto del climate change

Sono 110 su 1957 le novità della 13esima edizione. Il tema che ha guidato l’edizione 2022 è quello del cambiamento climatico e della siccità, cui i viticoltori hanno risposto mettendo in campo la propria esperienza.

Nella guida 2023, oltre il 56% delle aziende sono bio a testimoniare non solo una grande consapevolezza dei vignaioli ma anche che il vino bio è buono e si può fare, un’intuizione della prima ora della guida con un trend in crescita confermato in queste 13 edizioni.

L’aumento dei costi

Calano però “i Vini quotidiani”, cioè quelle etichette di altissima qualità che hanno un ottimo rapporto qualità prezzo. «Colpa dell’aumento dei costi – evidenzia Giancarlo Gariglio, curatore della guida – lungo tutta la filiera».

Le tre aziende top

Durante la presentazione sono stati consegnati i tre Premi Slow Wine: Il Premio al giovane vignaiolo è stato consegnato a Gloria Mayr, della cantina Nusserhof – Heinrich Mayr di Bolzano (Alto Adige). Il Premio per la viticoltura sostenibile è stato assegnato alla Cantina Possa, di Rio Maggiore (Liguria). Il premio alla carriera è stato consegnato a Emidio Pepe della cantina omonima, di Torano Nuovo (Abruzzo).

LA ZOOTECNIA DI MONTAGNA PAGA A CARO PREZZO LA CRISI

LA ZOOTECNIA DI MONTAGNA PAGA A CARO PREZZO LA CRISI

Il boom dei costi energetici e di trasporto colpisce al cuore la produzione di latte delle malghe

La zootecnia e in particolare il settore dell’allevamento bovino è uno dei comparti dove il biologico ha realizzato le migliori performance di crescita negli ultimi anni. I dati Sinab al 31 dicembre rilevano un patrimonio di capi che ha superato per la prima volta le 400mila unità (409mila per l’esattezza), realizzando un aumento del 3,1% su base annua e del 100% in 9 anni.

Una domanda che improvvisamente rallenta

A trainare questa crescita, fino al 2020, è stato il consumo di latte e latticini bio. Nel 2021 si è però registrata un’inversione di tendenza, con il mercato che è passato da una performance del +6,7% a un decremento del 2,2%. Fino all’anno scorso queste produzioni bio hanno garantito una risposta di sostenibilità e competitività per le aree interne e montane. Ora purtroppo la situazione sta cambiando.

Abbattimento di capi

Tra costi alle stelle e produzione di latte in calo, la zootecnia di montagna è infatti tra i comparti più in sofferenza nel panorama produttivo agroalimentare. «Gli effetti della pesante crisi economica stanno già provocando l’abbattimento di molti capi di bestiame e la conseguente chiusura delle aziende agricole». L’allarme è stato lanciato dall’Alleanza cooperative agroalimentari, alla quale aderiscono la gran parte delle cooperative che operano in regioni montane e che sono state al centro del primo summit sulla zootecnia di montagna che si è svolto in questi giorni a Bergamo.

In Trentino Alto Adige si registra già un calo della produzione che in estate ha toccato il 15%, con ben 30 aziende che hanno chiuso in battenti, l’ultima delle quali contava 140 capi.

«I nostri allevatori – spiega Stefano Albasini, presidente del consorzio cooperativo trentingrana  – continuano a eliminare gli animali, per creare liquidità». «La strada di trasferire l’aumento dei costi sui consumatori finali si è finora rilevato un boomerang: quando abbiamo provato ad alzare il prezzo del burro, le vendite sono subito crollate del 30%». «Le cooperative che operano in montagna – racconta la Coop Lattebusche – stanno facendo il possibile per pagare al meglio il latte ai propri soci in un momento in cui i costi del gasolio, degli imballaggi e della carta sono fuori controllo».

Così si perde un importante presidio sociale

Lattebusche raccoglie il 90% del latte della provincia di Belluno e attualmente registra un calo del 6% della produzione. Non va meglio in Lombardia, dove la Latteria Valtellina è alle prese con un calo della produzione dovuto ad una costante riduzione del numero di animali allevati. «Se nella stalla non ci sono più gli animali, di sicuro non tornano. Quando un’azienda agricola di montagna chiude, è impossibile che riapra. Senza aziende viene però a mancare l’intero presidio del territorio». La Latteria di Crodo, 20 soci allevatori che operano nella Val d’Ossola (Verbania) sollecita meccanismi per compensare le strutture che continuano a produrre latte in zone svantaggiate. «L’aspetto sociale di salvaguardia del territorio andrebbe riconosciuto attraverso interventi che consentano la sopravvivenza di aziende che hanno anche un imprescindibile valore sociale».

PIEMONTE, 2,5 MILIONI PER AGRICOLTURA BIO E INTEGRATA

PIEMONTE, 2,5 MILIONI PER AGRICOLTURA BIO E INTEGRATA

Lo stanziamento mira a completare le graduatorie delle misure 10 e 11 del Psr 2014-22. Ma mentre all’agroambiente vengono destinati 2,3 milioni di euro, al bio solo 200mila, una cifra che non soddisferà tutte le richieste

Il Piemonte ama più l’integrato che il biologico. L’Assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte ha infatti assegnato 2,5 milioni di euro complessivi a integrazione delle risorse finanziarie dei bandi 2022 del Programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2022 relativi alle misure agro climatico ambientali e agricoltura biologica.

I bandi 2022

«Con questa ulteriore dotazione finanziaria – precisa Marco Protopapa, assessore regionale all’Agricoltura – la Regione Piemonte garantisce il sostegno alle aziende agricole piemontesi che hanno partecipato ai bandi 2022 per interventi a favore della biodiversità nelle risaie, per le tecniche di agricoltura conservativa, per l’allevamento di razze autoctone minacciate di abbandono, per la gestione ecosostenibile dei pascoli e per la conversione all’agricoltura biologica».

Sostegni sbilanciati sull’agroambiente

L’ulteriore stanziamento permetterà la copertura di tutti i beneficiari ammessi in graduatoria della misura del Psr sull’agroambiente e della maggioranza dei beneficiari della misura sull’agricoltura biologica.

Nello specifico 2.376.000 euro sono a integrazione del bando della misura 10 “Impegni agro climatico ambientali”, che ha una dotazione finanziaria di 4,5 milioni di euro, 200.000 euro sono ad integrazione del bando da 2,7 milioni di euro della misura 11.1.1 “Conversione all’agricoltura biologica”. La presentazione delle domande per entrambi i bandi è scaduta nel mese di giugno 2022 ed è in corso la definizione delle graduatorie dei soggetti finanziabili.