Suolo e Salute

Anno: 2022

L’AUSPICIO DI FARINETTI: ITALIA TUTTA BIO IN 3-5 ANNI

L’AUSPICIO DI FARINETTI: ITALIA TUTTA BIO IN 3-5 ANNI

«Raddoppieremmo le esportazioni e il turismo». L’inventore di Eataly lancia la proposta nel corso dell’Innovation Talk sul futuro dell’agroalimentare italiano a Dubai

«Se dipendesse da me, dichiarerei obbligatoria l’agricoltura biologica in Italia entro tre-cinque anni». Firmato: Oscar Farinetti, presidente di Eataly, uno che di biologico e di marketing se ne intende.

Il ruolo attivo di Suolo e Salute

Eataly, la catena concepita da Farinetti per distribuire made in Italy di qualità in tutto il mondo, da qualche anno ha puntato sul biologico con prodotti che hanno conquistato uno spazio sempre più centrale nell’offerta. Un progetto in cui Suolo e Salute svolge un ruolo attivo come organismo di certificazione degli store Eataly sul territorio nazionale.

«É auspicabile e possibile arrivare al 100% di prodotti italiani biologici nel prossimo futuro». Lo ha ribadito nel suo intervento nel corso dell’Innovation Talk su “Il futuro del sistema agroalimentare tra innovazione, sicurezza e sostenibilità”, organizzato dall’agenzia Ice al Padiglione Italia di Expo 2020 Dubai.

L’evento è stato realizzato in occasione della partecipazione dell’Italia al Gulfood 2022, la più grande fiera dell’agroalimentare nel Medio Oriente.

«Immaginate se il premier Mario Draghi annunciasse che tutta l’Italia è biologica, sarebbe una convincente azione di marketing».

La prima regola di marketing

La prima regola di marketing osservata dall’imprenditore piemontese nelle sue attività è: dare alle persone quello che veramente desiderano, anche se non sanno ancora di desiderarlo.

E in effetti la domanda di sostenibilità non è mai stata così elevata nell’agroalimentare mondiale, una sfida che il nostro Paese può vincere se non mette in discussione proprio adesso i suoi record nelle produzioni di qualità e nel biologico. «In un mercato competitivo, o ti differenzi, o soccombi». Il cliente è sovrano, non lo si può conquistare senza una proposta di valori difendibili.
«Se vincessimo questa sfida, raddoppieremmo le esportazioni e il turismo. Dobbiamo essere forti su questo concetto, il futuro dell’Italia si gioca sulla forte correlazione tra biologico e sostenibilità».

IL RITORNO DEL COTONE, PER UNA FILIERA CORTA BIO E 100% MADE IN ITALY

IL RITORNO DEL COTONE, PER UNA FILIERA CORTA BIO E 100% MADE IN ITALY

Due giovani imprenditori stanno facendo rifiorire nella Capitanata una filiera redditizia e sostenibile che parte dal seme, passa dalla bambagia e arriva a camicie di misura certificate 100% bio e made in Italy. Via alla semina di 50 ettari nella prossima primavera, ma l’obiettivo di Michele Steduto e Pietro Gentile è di arrivare a 10 volte tanto entro il 2025. Suolo e Salute è l’ente di certificazione del cotone bio.

Dalla materia prima bio al prodotto confezionato finito. Dal seme alla bambagia, fino alla camicia 100% made in Italy. Il progetto di due giovani imprenditori foggiani chiude un progetto di filiera a chilometro zero interamente biologica e inconsueta per i campi italiani: quella del cotone. Un ritorno per una coltura dimenticata che è merito di Michele Steduto e Pietro Gentile, alla guida del gruppo tessile Gest e della società Strep It Oso e anche di Suolo e Salute che è l’organismo di certificazione scelto per seguirne la fase di produzione in campo, di trasformazione e commercializzazione.

Il microclima e i terreni ideali

I suoli fertili e il clima della Capitanata, in provincia di Foggia, costituiscono l’ambiente ideale per il risorgimento di una coltura che richiede l’alternanza di una stagione caldo-secca e una più umida e che era già praticata in passato da queste parti. Si tratta della coltura tessile più coltivata al mondo, la concorrenza internazionale è agguerrita, ma la forte tensione sugli aspetti relativi alla tutela dell’ambiente, l’attenzione all’origine e al rispetto di condizioni di lavoro eque e sostenibili stanno creando i presupposti per un suo ritorno in grande stile.

«Il nostro obiettivo – spiega Michele Steduto – è quello di seminare un futuro di sostenibilità, di lasciare un esempio per i nostri figli valorizzando le competenze di una filiera decisiva per il made in Italy ma che si sta disperdendo: quella tessile, con il ritorno di attività come la filatura e la tessitura».

L’interesse dei grossi brand

Un impegno che raccoglie già i primi frutti. «All’orizzonte si profilano infatti possibili intese con grandi gruppi del settore tessile interessati a garantirsi una filiera certificata tutta bio e tutta italiana».

Dopo due anni di sperimentazioni il progetto di filiera sta infatti entrando nel vivo: in Puglia spunteranno le prime e uniche piantagioni di cotone bio europeo.

Seme certificato bio

Steduto, grazie ad un accordo con un’azienda sementiera, ha fatto produrre seme certificato biologico per almeno 50 ettari. La società Strep It Oso di San Marco in Lamis, alle pendici del Gargano, è la capofila di un progetto di filiera che promette reddito e soddisfazione morale per gli agricoltori che stanno sottoscrivendo i contratti di coltivazione per le semine imminenti.

Le prove effettuate negli ultimi due anni ne confermano la validità. La collaborazione tecnica di Demetrio Neri, che nei 7 ettari di proprietà dell’azienda Posta Faugno ha già raccolto 20mila chili di cotone purissimo, dimostra la possibilità di sviluppare una filiera alternativa a quelle del grano duro e del pomodoro da industria, imperanti in questa zona, con costi di coltivazione competitivi.

Una risorsa per le rotazioni

«Il cotone – assicura Steduto – rappresenta una valida alternativa colturale e una risposta concreta al divieto di monosuccessione imposto dalla prossima programmazione della Politica agricola comunitaria».

«Per ora puntiamo su aziende agricole che sono già in biologico che possono inserire questa coltura da rinnovo nelle rotazioni aziendali assicurandosi un notevole valore aggiunto». Presto ci sarà spazio però per nuove conversioni al bio. «L’obiettivo è infatti quello di arrivare a 500 ettari entro il 2025». Un ottimismo giustificato dai risultati economici di questa coltura.

Il bio come carta di valorizzazione

A fronte di costi colturali pari a circa 2mila euro ad ettaro, compresi quelli dell’irrigazione e di una seminatrice pneumatica fornita da Strep It Oso (circa un quarto di quanto costa oggi produrre pomodoro da industria), i guadagni per l’agricoltore possono arrivare a 5mila euro ad ettaro, grazie a rese medie di 50 quintali ad ettaro di bambagia e a un prezzo che oggi è superiore a 1 dollaro al chilo.

Ma il cotone non è solo fibra e per gli imprenditori agricoli vi sono anche altre opportunità, valorizzandole l’olio di semi per cosmesi e farmaceutica, il seme può essere utilizzato in zootecnia, la biomassa dei residui vegetali per la produzione di energia.

«La crescita di una massa critica per il cotone made in Italy potrebbe poi spingere per l’ottenimento di un aiuto accoppiato, in linea con quanto viene già riconosciuto in Grecia».

E poi c’è la carta del biologico: «è la nostra scommessa per differenziarci da Spagna e Grecia, dove ci sono solo coltivazioni convenzionali. Un vero asso nella manica che può rimettere il made in Italy al centro».

UN CARRELLO DELLA SPESA PIÙ SOSTENIBILE

UN CARRELLO DELLA SPESA PIÙ SOSTENIBILE

Esplosione delle etichette green su prodotti della Gdo. Lo rileva l’Osservatorio Immagino, la piattaforma di rilevamento creata da GS1 Italy che, nella decima edizione relativa al secondo semestre 2021, ha evidenziato una forte crescita del paniere dei prodotti che si rifanno ai temi della transizione ecologica per un valore che arriva a 11,5 miliardi di vendite.  Un comparto di prodotti sostenibili capitanato dal biologico, che mantiene la quota maggiore di vendita. In forte crescita i prodotti certificati come compostabili e quelli confezionati con bioplastiche

La sostenibilità guida le scelte d’acquisto degli italiani, ma soprattutto permea le politiche commerciali delle aziende del largo consumo, che stanno affrontando su più fronti la transizione ecologica e lo comunicano sempre più spesso ai consumatori.

Il “green” invade le etichette

È quel che emerge dalla nuova edizione dell’Osservatorio Immagino, che ha rilevato ben 35 indicazioni “green” leggibili sulle etichette di oltre 30 mila prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia.

L’Osservatorio Immagino è la piattaforma di indagine creata da GS1 Italy (nuova denominazione di Indicod-Ecr, è l’unico ente italiano autorizzato al rilascio dei Codici a Barre) per raccontare i consumi degli italiani in un modo nuovo.

Monitora i fenomeni di consumo nel nostro Paese mettendo in rapporto le informazioni delle etichette dei prodotti già digitalizzati da Immagino e i dati di Nielsen di venduto, consumo e uso dei media. Aggiorna i rilevamenti ogni sei mesi su carta o in digitale.

Un terzo del paniere

La decima edizione dell’Osservatorio ha appunto rilevato un paniere significativo e multiforme di prodotti “green”, che ha superato gli 11,5 miliardi di euro di vendite nel periodo osservato (dal 1 luglio 2020 al 30 giugno 2021), mettendo a segno un aumento di +3,2% rispetto ai 12 mesi precedenti e contribuendo per quasi il 30% al sell-out di tutto il paniere rilevato.
«Una crescita- spiega Marco Cuppini, che in GS1 Italy ricopre il ruolo di Research and communication director-  che è legata all’aumento dell’offerta di prodotti dalle caratteristiche sostenibili, che rappresentano ormai il 23,9% delle 125.431 referenze monitorate».

Fantasia nei claim

Oltre ad aumentare il numero dei prodotti segnalati come sostenibili, aumentano anche i claim “green” presenti sulle loro confezioni, che l’Osservatorio Immagino ha suddiviso in quattro aree tematiche: management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale e rispetto degli animali.
Complessivamente, l’indicazione più diffusa è quella del Biologico (6,6% delle referenze), seguita dalla certificazione FSC (gestione sostenibile delle foreste) e dai claim “sostenibilità” e “riciclabile”. Le più performanti nel 2021 sono state Mater-Bi, ovvero i prodotti confezionati con bioplastica brevettata (+48,0% delle vendite), la certificazione Ok-Compost e le indicazioni “compostabile” e “senza antibiotici”.

BIOCONTROLLO, LA MIGLIORE PRATICA CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

BIOCONTROLLO, LA MIGLIORE PRATICA CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Protezione in campo ma anche in post-raccolta: insetti utili, microrganismi, semiochimici e sostanze naturali sono in grado di prolungare la shelf life di frutta e orticole, realizzando un sistema alimentare ad alto grado di sostenibilità. Lo ricorda Cia-Agricoltori Italiani in occasione della giornata contro lo spreco alimentare

Mitigare la crisi climatica e combattere lo spreco alimentare: il biologico e i suoi strumenti sostenibili di difesa sono in prima linea. Lo assicura Cia-Agricoltori Italiani che, con queste finalità, ha avviato un progetto di innovazione digitale in 100 aziende agricole con Ibma Italia, l’associazione delle realtà attive nella bioprotezione delle colture. Il 5 febbraio si è celebrata la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, appuntamento fisso che dal 2014 cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica sullo spreco di cibo.

Risorse naturali

A questo proposito Cia ha voluto ricordare che strumenti come insetti utili, microrganismi, feromoni, sostanze naturali sono in grado di contrastare in maniera efficace parassiti e agenti patogeni delle piante sia in campo che in post-raccolta, consentendo di prolungare la shelf life di frutta e orticole, realizzando un sistema alimentare ad alto grado di sostenibilità.

Gli obiettivi del Green Deal

Si riducono così infatti le perdite di cibo lungo le catene di produzione e di fornitura. L’obiettivo del progetto di Cia e Ibma, attraverso attività di formazione attiva e prove in campo sulle nuove tecnologie digitali e bio, è quello di sostenere l’obiettivo del Green Deal europeo di una transizione ecologica che consenta di ridurre, entro il 2030, il 50% dell’uso degli agrofarmaci di sintesi per la formazione attiva e le prove in campo di queste nuove tecnologie

 

Sprecare meno

«Lo spreco alimentare – dicono da Cia – è un problema in continua crescita. Per invertire questa tendenza, è necessaria una trasformazione radicale del nostro sistema agroalimentare, che deve iniziare dalle pratiche agricole ed estendersi lungo tutta la catena del valore: produzione, trasformazione, stoccaggio, esportazione, distribuzione e consumo domestico». I progressi nelle nuove soluzioni di bioprotezione possono svolgere un ruolo significativo in questo senso, riducendo le inefficienze e gli sprechi alimentari lungo la catena alimentare, prendendo in prestito gli strumenti dalla cassetta degli attrezzi della natura.

Valorizzare la conoscenza

«La ricerca in questi anni ha mostrato come proprio grazie al biocontrollo gli agricoltori possano aumentare le azioni di contrasto ai parassiti, garantendo alimenti più sani e sicuri sulle nostre tavole». La diffusione di queste metodologie passa dalla sperimentazione agronomica per valorizzare il know how degli agricoltori, nell’obiettivo di produrre di più e meglio, ma con meno impatto.

SANA SLOW WINE FAIR SLITTA A FINE MARZO

SANA SLOW WINE FAIR SLITTA A FINE MARZO

La prima edizione del Salone dei vini “buoni, puliti e giusti” organizzata a BolognaFiere si terrà dal 27 al 29 marzo

Slitta alla fine di marzo la prima edizione di Sana Slow Wine Fair, la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto in programma a Bologna. Il Salone – organizzato da BolognaFiere con la direzione artistica di Slow Food – era in programma alla fine di febbraio ma, per favorire lo svolgimento in sicurezza e agevolare la partecipazione degli operatori nazionali e internazionali, si terrà da domenica 27 a martedì 29 marzo.

Il Manifesto di Slow Food

Sotto le Due Torri arriveranno cantine provenienti da tutta Italia e dall’estero per presentare prodotti che rispondono ai principi della Slow Wine Coalition e che sono ispirati dal Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto: sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e del ruolo culturale e sociale delle aziende vitivinicole nei propri territori.

«Sana Slow Wine Fair – osserva Gianpiero Calzolari, Presidente BolognaFiere – sarà una preziosa occasione di confronto per un settore in forte espansione che fonde la cultura enologica agli aspetti legati alla sostenibilità, all’etica nella produzione e alla biodiversità».

L’esperienza di Sana

«Su questi temi – continua il presidente – , prioritari per produttori e consumatori, possiamo vantare un’esperienza trentennale con l’organizzazione di Sana, la più importante manifestazione dedicata al mondo del biologico e del naturale».

«Considerata l’attuale situazione dell’emergenza sanitaria – conclude – il posticipo di questa prima edizione di Sana Slow Wine Fair consentirà di favorire l’arrivo di operatori e appassionati e ci permetterà di accoglierli in sicurezza».

IL SOSTEGNO DI SUOLO E SALUTE AL NUOVO BIODISTRETTO DEL SENESE

IL SOSTEGNO DI SUOLO E SALUTE AL NUOVO BIODISTRETTO DEL SENESE

Sei comuni avviano il percorso per la costituzione di un distretto biologico in un’area, tra le colline a occidente di Siena, dove è molto presente Suolo e Salute. Una scelta che può valorizzare i numerosi elementi ambientali di pregio presenti in questo territorio. Capofila è il Comune di Sovicille affiancato da Murlo, Chiusdino, Monticiano e poi Radicondoli e Casole d’Elsa. Alessandro D’Elia: «Iniziative come questa vanno sostenute a tutti i livelli e testimoniano la necessità di accelerare con l’approvazione del Ddl sul bio»

Sei comuni della Provincia di Siena verso la costituzione di un distretto del biologico. Si tratta di Sovicille, che è il capofila, insieme a Murlo, Chiusdino, Monticiano e poi Radicondoli e Casole d’Elsa, che insieme hanno avviato questo percorso. Nel complesso costituiscono un territorio molto articolato, con un’estesa superficie forestale, un paesaggio unico che può essere ora maggiormente valorizzato e tutelato con la nascita del Biodistretto.

Il sostegno di Suolo e Salute

Si tratta di un territorio che sta particolarmente a cuore a Suolo e Salute, presente con il suo sostegno di certificazione in numerose realtà dei sei Comuni senesi. «Iniziative come queste – afferma Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – vanno sostenute a tutti i livelli e da tutti gli attori del sistema del biologico nazionale, in primis dalla politica».

«Ed è per questo – continua – che si spera adesso in un iter accelerato della legge sul biologico, appena emendata e rimandata al Senato (vedi notizia precedente)».

«Suolo e Salute da sempre ha sostenuto e favorito la creazione dei Biodistretti, credendo molto sulle potenzialità di questo strumento virtuoso per la valorizzazione sul piano economico, sociale ed ambientale dei territori, soprattutto di quelli marginali». Un’attenzione testimoniata dall’impegno profuso da questo organismo di certificazione nella prima esperienza europea di aggregazione di aziende bio in un territorio, in alta Val di Vara a Varese Ligure in provincia di La Spezia. «Fin dal 1998 – ricorda D’Elia- abbiamo creduto ed investito sulla nascita e sullo sviluppo del Biodistretto dell’Alta Val di Vara, un esempio di coerenza e di coesione territoriale in un territorio unico dove tuttora abbiamo la sede ligure di Suolo e Salute».

«Siamo – continua D’Elia – leader per la certificazione biologica in Italia con oltre 21.000 operatori controllati, quasi il 26% del totale, e siamo tra i più importanti organismi di certificazione in Toscana e nell’area del nuovo Biodistretto vantiamo la certificazione di molte aziende agricole e di trasformazione».

Boschi e agricoltura bio

Come nel caso dell’Alta Val di vara, il valore ambientale di questa zona collinare del Senese è testimoniato da un tasso di boscosità è pari al 62%, non solo, in questi comuni il 54% del territorio coltivato è biologico, ben 9.485,15 ettari e sono presenti 220 aziende bio. La costituzione del distretto consentirà di sostenere le progettualità del territorio anche usufruendo dei fondi dello Sviluppo rurale e di fondi dedicati alla ricerca e innovazione in agricoltura biologica, ai distretti e alle filiere.

Gli obiettivi

Le finalità e le ricadute sul territorio di un bio distretto sono molteplici, oltre al rafforzamento complessivo del comparto e delle competenze tecniche saranno valorizzati i prodotti biologici e le filiere del territorio aprendo nuovi mercati per i produttori. Ed ancora, favorire lo sviluppo di una proposta turistica basata sulla sostenibilità, l’ecoturismo, lo sviluppo e fruizione di reti di mobilità lenta. «Per la costituzione del biodistretto – sottolinea Giuseppe Gugliotti, sindaco di Sovicille – è essenziale il coinvolgimento dei produttori biologici e degli operatori».

«Nel distretto bio le amministrazioni comunali si impegnano ad adottare politiche di tutela del suolo e dell’ambiente, di riduzione dei rifiuti, di promozione delle produzioni biologiche e dell’agrobiodiversità, di educazione alimentare, l’uso di materiali biodegradabili negli eventi pubblici. È dunque un’iniziativa che incrocia il tema della sostenibilità economica e ambientale». L’iniziativa ha già fatto i primi passi grazie all’impegno di Monica Coletta, agronomo specializzata in agricoltura biologica. «Ora serve – conclude la vicesindaca Federica Parrini – un nucleo promotore fortemente motivato che animi la discussione per arrivare a definire obiettivi e priorità di azione».