Suolo e Salute

Anno: 2023

PIANO D’AZIONE SUL BIO, D’ERAMO PRESENTA LA PRIMA BOZZA

PIANO D’AZIONE SUL BIO, D’ERAMO PRESENTA LA PRIMA BOZZA

Un provvedimento che fisserà i contorni per il brand del bio nazionale, spingerà su ricerca, mense bio e assistenza tecnica alle aziende. I commenti delle associazioni intervenute al Tavolo di filiera convocato dal sottosegretario al Masaf

Secondo appuntamento con il Tavolo di confronto istituzionale sul biologico. In via XX Settembre a Roma, presso il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, il 12 aprile scorso, il Sottosegretario Luigi D’Eramo ha presentato alle associazioni di settore la prima bozza del Piano d’azione nazionale per il biologico tracciando il percorso di lavoro per la sua attuazione. Un provvedimento previsto dalla legge nazionale sul bio (L.23 del 2022).

L’importanza di un marchio nazionale

«Si tratta di uno strumento importantissimo – commenta Giuseppe Romano, presidente di Aiab – che aspettavamo ormai da anni per dare una strategia politica e una linea d’indirizzo a tutto il settore».

«Sosteniamo da sempre – aggiunge – l’importanza di un marchio di riferimento per il biologico nazionale, utile a rilanciare sia il mercato interno che l’export e siamo favorevoli all’impostazione data dal Ministero al marchio Made in Italy».

Attesa per la banca dati delle transazioni

«Il Piano d’azione sul bio contiene misure fondamentali per lo sviluppo futuro del biologico nazionale – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – in particolare, sul fronte dei controlli, sono ormai cinque anni che attendiamo l’istituzione della banca dati per il controllo delle transazioni. Uno strumento che abbiamo sempre ritenuto importantissimo per aumentare l’efficacia dei controlli sui flussi di prodotto biologico lungo le filiere e ciò per offrire più garanzie a chi trasforma e commercializza e di conseguenza al consumatore».

L’equilibrio tra produzione e mercato

FederBio sottolinea l’importanza del riferimento a una strategia che riguarda sia l’aumento della domanda interna sia l’incremento della produzione bio, in linea con l’obiettivo del raggiungimento del 25% di superficie coltivata a bio entro il 2027 previsto dal Piano Strategico Nazionale della Pac. «Importante, inoltre, l’asse dedicato a Ricerca e Innovazione, indispensabile per rafforzare ulteriormente il contributo del biologico alla sostenibilità dei sistemi agricoli e alimentari».

Positiva, per l’associazione bolognese, anche la spinta ulteriore verso la ristorazione collettiva con la proposta di raddoppiare l’investimento sul Fondo per le mense scolastiche bio «Servono però più fondi per l’assistenza tecnica, la promozione e per lo sviluppo dei Distretti biologici.

Più assistenza tecnica, meno burocrazia

«L’ assistenza tecnica – concorda Aiab – per le aziende agricole medie e medio-piccole è uno strumento determinante per andare incontro ai processi di miglioramento di gestione e per superare le difficoltà burocratiche che le aziende spesso incontrano».

GUNTHER DI GIOVANNA: «L’IMPRONTA DEL BIO IMPREZIOSISCE I TERRITORI VITATI»

GUNTHER DI GIOVANNA: «L’IMPRONTA DEL BIO IMPREZIOSISCE I TERRITORI VITATI»

Grande successo a Vinitaly per le etichette dell’azienda biologica siciliana certificata da Suolo e Salute. Gunther Di Giovanna ribadisce l’importanza della certificazione per raggiungere i mercati di tutto il mondo

L’elegante aromaticità del Grillo Helios 830 metri, testimone del terroir irripetibile del vigneto “Fiuminello”, situato alle pendici del Monte Genuardo, in un incontaminato areale a parco naturale, tra le provincie di Agrigento e Palermo, nel cuore della Sicilia.

La morbidezza del Vurria Nero d’Avola Doc Sicilia, caratterizzato da sentori di amarena e frutti di bosco e piacevoli note speziate. La migliore interpretazione dal cru completamente diverso della Tenuta Miccina, caratterizzato da terreni magri, sassosi e tufacei.

L’assoluta novità della svolta naturale del Rufulia Pét-nat Catarratto Igp Terre Siciliane. Un metodo ancestrale imbottigliato senza filtrazione ottenuto dalle uve Catarratto prodotte nel vigneto San Giacomo.

Contraddistinto da un bouquet complesso di agrumi, frutti gialli oltre della persistente sapidità, vero marchio di fabbrica di questa apprezzata cantina biologica siciliana.

Una gamma vincente

La gamma dei vini dell’azienda Di Giovanna, portabandiera della tradizione del biologico siciliano e certificata da Suolo e Salute da 26 anni, ha ottenuto un forte apprezzamento nel corso dell’ultima edizione del Vinitaly. In una videointervista raccolta da Lorenzo Tosi e pubblicata sulla versione digitale del magazine VVQ, Vigne, Vini & Qualità Gunther di Giovanna, che rappresenta assieme al fratello Klaus la quinta generazione di una delle più originali famiglie del vino in Sicilia, ha spiegato che la domanda di sostenibilità continua ad essere fortissima e che «la certificazione – assicura Gunther – e la serietà di un metodo di produzione che si basa sulla terzietà dei controlli e sulla reciprocità, continua ad essere la chiave che apre i mercati di tutto il mondo». E questo vale per qualsiasi paese di destinazione.

L’impronta del bio

Nelle cinque tenute aziendali dislocate tra Contessa Entellina (Pa) e Sambuca di Sicilia (Ag), l’azienda Di Giovanna continua a puntare sulle chance di vitigni autoctoni come Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Grillo, Catarratto e su alcune varietà internazionali come Chardonnay, Syrah e Merlot. Ma secondo Gunther l’elemento che più impreziosisce il terroir aziendale, al pari della tipicità, è l’impronta indelebile di un territorio unico in cui la certificazione biologica contraddistingue più del 70% delle superfici agricole.

IL CHECK UP DELLA SALUTE DEL SUOLO EUROPEO

IL CHECK UP DELLA SALUTE DEL SUOLO EUROPEO

Il progetto di ricerca transnazionale interdisciplinare “Benchmarks” punta a monitorare in cinque anni lo stato di salute dei suoli europei. Un’iniziativa che si inserisce dentro al piano della Commissione Ue di migliorare la condizione del 75% dei suoli entro il 2030

A metà febbraio è stato lanciato presso l’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi, il progetto interdisciplinare “Benchmarks” (punti di riferimento). Questo progetto di ricerca quinquennale punta al monitoraggio dello stato di salute del suolo in tutta Europa. Ne dà notizia l’Istituto di ricerca svizzero FiBL che è una delle 29 organizzazioni europee partner del progetto. Sono coinvolti anche la Commissione europea, il Centro comune di ricerca e i rappresentanti dei settori delle imprese e della gestione del territorio.

Il degrado dei suoli

Il progetto si inserisce nell’obiettivo Ue di contrastare il degrado dei suoli Ue (non solo di quelli agricoli). Da una valutazione congiunta effettuata dal comitato di missione Soil Health and Food (SH&F) e dal Centro comune di ricerca (JRC) emerge infatti che il 60-70% dei suoli in Europa non è in salute a causa: dell’inquinamento, dell’eccesso di nutrienti, della compattazione e del degrado del suolo.

La politica Ue

La missione SH&F della Commissione europea ha fissato l’obiettivo del 75% dei suoli europei sani o significativamente migliorati entro il 2030, in linea con una nuova legge dell’Ue sulla protezione della salute del suolo. Anche il settore privato sta investendo sullo sviluppo di sistemi alimentari sostenibili, come la piattaforma 100 milioni di agricoltori del World Economic Forum (World Economic Forum, 2022) e il Regen10 iniziativa del World Business Council on Sustainable Development (WBCSD, 2022).

Ventiquattro paesaggi diversi

Misurare il successo di queste iniziative pubbliche e private attraverso il monitoraggio armonizzato dei suoli europei è un compito essenziale, ma enormemente complesso. Richiede un’analisi su più scale, per molteplici tipi di uso del suolo e in tutti i paesi europei. Il progetto Benchmarks si concentrerà su 24 diversi paesaggi per definire come monitorare la salute del suolo in tutta Europa, considerando anche il contesto locale della gestione del territorio .

Gli obiettivi

  • Fornire uno strumento chiaro e facile da usare per valutare la salute del suolo,
  • Definire indicatori appropriati per una serie di usi del suolo e zone climatiche in tutta Europa.
  • Sviluppare un “cruscotto” sulla salute del per gli ambienti agricoli, forestali e urbani.
  • Contribuire a migliorare le politiche e le normative europee esistenti relative alla salute del suolo.
CRESCE IL VIGNETO BIO E AUMENTA LA PRESENZA DI API TRA I FILARI

CRESCE IL VIGNETO BIO E AUMENTA LA PRESENZA DI API TRA I FILARI

Una buona notizia che arriva dal Vinitaly: la presenza degli impollinatori cresce di pari passo con la diffusione della gestione bio. È la conferma che i vigneti biologici sono una risorsa preziosa per la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità

Cresce la quota di vigneti bio, arrivati al 19% della superficie vitata italiane e cresce la presenza di api e di impollinatori selvatici tra i filari. Una buona notizia, visto il valore dell’ape come bioindicatore della qualità dell’ambiente, diffusa nel corso dell’edizione numero 55 del Vinitaly.

La conferma che il vigneto biologico possa rivelarsi un ambiente idoneo per l’allevamento delle api e per la tutela della biodiversità è emersa a Verona nel corso dell’evento “Dove le api incontrano il vino”, promosso da Fedagripesca Confcooperative, con la partecipazione del sottosegretario al ministero dell’Agricoltura con delega al miele, Luigi D’Eramo.

In arrivo un Tavolo di filiera

«Consideriamo l’apicoltura – ha testimoniato D’Eramo – un settore di punta dell’agroalimentare italiano, che può offrire opportunità di crescita economica anche per i giovani».

«Abbiamo spinto per il raddoppio dei finanziamenti per le aziende apistiche ed è in via di definizione anche l’istituzione di un tavolo permanente sul miele».

La conferma del fatto che la gestione biologica rende il vigneto un ambiente favorevole all’apicoltura è stata in messa in luce nel corso dell’evento da Antonio De Cristofaro dell’Università del Molise e da Paolo Fontana, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, entomologo e apicoltore.

«La loro presenza è in ascesa – hanno precisato – anche perchè il minimo comune denominatore di queste due attività è l’amore e il rispetto per il territorio».

Sottospecie italiane da preservare

Fontana è il promotore della Carta di San Michele all’Adige, l’appello scritto dai maggiori esponenti del mondo della ricerca e dell’apicoltura per la conservazione dell’Apis mellifera e delle sue 1758 sottospecie in Italia.

Le api e gli insetti impollinatori sono infatti investiti da gravi minacce ambientali per effetto del climate change, delle modificazioni del paesaggio, di un uso inappropriato di agrofarmaci in agricoltura, ma anche dalla diffusione di sottospecie ed incroci non autoctoni.

L’ininterrotta presenza dei vigneti da Nord a Sud e la sempre maggiore diffusione delle tecniche di gestione bio può così diventare una concreta risorsa per la salvaguardia della biodiversità apistica e in particolare per la sopravvivenza di due sottospecie endemiche a rischio come l’Apis mellifera ligustica, detta appunto ape italiana e considerata la migliore ape per fare apicoltura e l’Apis mellifera siciliana, detta ape nera sicula.

Generazione Honey

All’evento ha partecipato anche il direttore generale del Masaf Luigi Polizzi che ha sottolineato l’importanza di una campagna di comunicazione come quella di Generazione Honey che fa informazione sul settore apistico, per il quale il ministero ha istituito un fondo specifico.

CARNE SINTETICA, CE N’ERA PROPRIO BISOGNO?

CARNE SINTETICA, CE N’ERA PROPRIO BISOGNO?

Alcuni rischi per la salute e per l’ambiente connessi alla produzione di alimenti a base cellulare. Un’alternativa alla stretta interazione tra allevamento e agricoltura che, come evidenzia la Fao, non è futuribile ma è già realtà

Carne sintetica, ce n’era proprio bisogno? Mentre non si spegne l’eco delle critiche di alcuni esponenti del mondo della ricerca nei confronti del decreto che inibisce, con pesanti sanzioni, la produzione sul suolo nazionale di  bevande e mangimi costituiti a partire da colture cellulari o da tessuti derivanti da animali vertebrati, altri avanzano le prime obiezioni scientifiche su un modello produttivo che vuole svincolare la produzione di cibo dal legame con la natura e con il suolo.

Il rapporto della Fao

Dalle allergie ai tumori sono infatti 53 i pericoli potenziali per la salute individuati nel primo rapporto Fao-Oms sul “cibo a base cellulare”.

L’agenzia per la sicurezza alimentare delle Nazioni Unite mette in evidenza che non si può parlare di cibo “futuribile” ma già oggi di una concreta realtà. Sono infatti più di 100 le aziende o start-up che «stanno sviluppando, in tutto il mondo, prodotti alimentari a base cellulare pronti per la commercializzazione e in attesa di approvazione». «È quindi fondamentale valutare obiettivamente i benefici che potrebbero apportare, nonché gli eventuali rischi ad essi associati, compresi i problemi di sicurezza e qualità degli alimenti».

Quattro fasi a rischio

Una consultazione di 138 esperti condotta dalla Fao e tenutasi a Singapore nel novembre dello scorso anno ha elencato i pericoli per la sicurezza alimentare che riguardano quattro fasi del processo di produzione:

  • l’approvvigionamento delle cellule;
  • la crescita e la produzione delle cellule;
  • la raccolta delle cellule;
  • la lavorazione degli alimenti.

L’intervento di Vincenzo Gerbi

I dubbi non riguardano però solo l’impatto sulla salute, ma anche sull’ambiente. In un post sulla sua pagina facebook Vincenzo Gerbi, docente di enologie e scienze e tecnologie alimentari all’Università di Torino, mette in evidenza la differenza tra il processo di trasformazione di materie prime agricole in bioreattori (ad esempio per la produzione, attraverso fermentazione microbica, di yogurt, vino o birra) e la moltiplicazione cellulare. Nel primo caso i batteri o lieviti presenti in natura, addirittura già presenti nelle derrate da trasformare, «operano la trasformazione nutrendosi di una piccola parte degli zuccheri che trasformano, ma il loro numero non cresce illimitatamente, anzi al termine della trasformazione si riduce drasticamente». Vale il principio che nella trasformazione nulla si crea, tutto si trasforma.

Un modello per nulla circolare

Nel caso della produzione di carne sintetica occorre invece partire da cellule di un animale vivente e farle moltiplicare fino a formare una massa sufficiente, ma le sostanze nutritive devono essere tutte fornite come substrato, non derivano dalla materia prima da trasformare. «Occorre quindi mettere a disposizione almeno carboidrati, proteine, grassi, vitamine e tutto quello che serve a far crescere cellule animali». Un sistema di produzione molto lontano dalla sostenibilità di un modello di economia circolare basato dalla stretta relazione tra allevamento estensivo e agricoltura. La qualità del prodotto che si forma dipenderà dalla qualità e dall’origine dei nutrienti che mettiamo nel bioreattore. «Ognuno – conclude il professore – sceglierà al proposito liberamente e secondo i suoi principi etici, ma almeno facciamo chiarezza perché le fermentazioni naturali esistono da quando l’uomo trasforma gli alimenti, mentre la carne non si mai riprodotta spontaneamente».

L’ANELLO DEBOLE DEI CONSUMI FUORI CASA PENALIZZA IL BIO

L’ANELLO DEBOLE DEI CONSUMI FUORI CASA PENALIZZA IL BIO

Al Convegno di apertura di B/Open emerge il ruolo marginale di ristoranti, bar e hotel nella crescita del bio. Un sondaggio dell’app The Fork mostra però la forte sensibilità del canale on trade nei confronti della sostenibilità. Il sottosegretario D’Eramo «Il Governo è favorevole ad azioni di promozione che valorizzino questo canale di consumo del bio»

«Sono qui per confermare la grande attenzione del Governo nei confronti del biologico, un comparto che vogliamo sostenere all’interno di un Piano d’azione che stiamo elaborando con il contributo di tutte le associazioni che rappresentano le diverse espressioni di questo settore».

Lo ha chiarito il sottosegretario Luigi D’Eramo in occasione del talk show di apertura di B/Open, la manifestazione dedicata al biologico certificato. L’edizione 2023 si è tenuta alla Fiera di Verona all’interno dei padiglioni dedicati a Sol&Agrifood, in concomitanza con la 55a edizione di Vinitaly.

Sinergie per la sostenibilità a VeronaFiere

Il workshop era dedicato al tema de “La crescita del biologico e i consumi fuori casa: sinergie per la sostenibilità”, con gli interventi di Riccardo Cozzo, presidente di Assocertbio (Associazione degli Organismi di Certificazione del Biologico); Valentina Quattro, Industry Relations Director Italia e Spagna di “TheFork”, la più affermata app di prenotazione di ristoranti; Riccardo Uleri,  amministratore delegato di Longino & Cardenal, affermata società di distribuzione di prodotti agroalimentari  nel canale Ho.RE.Ca.

Nel corso dell’evento hanno portato i loro saluti Sergio Rossi, Chief Executive Officer di Fierecom & Events e Antonella Capriotti, project manager di Veronafiere. Presente anche Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute.

L’impegno del 25% entro il 2027

D’Eramo ha confermato che il Governo intende rispettare l’ambizioso obiettivo di portare il biologico europeo al 25% di superficie agricola entro il 2027, anticipando così di tre anni la Farm to Fork europea. Ma anche di favorire l’equilibrio tra domanda e offerta, per una crescita armoniosa del mercato del bio, e per questo sta collezionando, con una serie di incontri ufficiali vis a vis, le diverse proposte delle organizzazioni del settore. Tra le quali quella di promuovere i consumi attraverso azioni di promozione nel canale dei consumi fuori casa (ristoranti, bar, hotel).

Lo scarso apporto dell’Horeca

Veniamo infatti da un periodo particolare, che ha messo in evidenza una tendenza contrastante per il bio: quando siamo stati costretti a incrementare i consumi casalinghi a causa del lockdown pandemico, il bio ha manifestato un deciso trend di crescita. Quando è tornato forte il canale on-trade, il bio ha iniziato a rallentare. Come mai? Emerge con tutta evidenza il basso utilizzo di ingredienti biologici nel settore Horeca, eppure il ruolo e la responsabilità di bar e ristoranti riguardo alla diffusione di uno stile di consumo più sostenibile è fondamentale. Con quali strumenti possono essere stimolati?

Secondo Riccardo Uleri la ristorazione è attenta alla sostenibilità ma fatica a trovare ingredienti bio e soprattutto a indicarli nei menù «per non screditare gli altri piatti». Anche la certificazione, secondo Uleri, rappresenterebbe un vincolo a cui la ristorazione preferisce slegarsi per contenere i costi in un periodo di forte crisi inflattiva.

Gli ingredienti bio siano evidenziati nei menù

Argomenti a cui si è fortemente opposto Riccardo Cozzo, che ha ricordato che il settore della ristorazione non è sottoposto al vincolo della certificazione e che l’indicazione nei menù di ingredienti biologici potrebbe costituire un forte elemento di valorizzazione per gli esercizi che facessero uso. Una chance da promuovere e stimolare.

Dello stesso avviso Sergio Rossi, organizzatore di B/Open, che ha ricordato che le stesse obiezioni erano state avanzate, agli esordi del biologico, dal settore della produzione e trasformazione, superati poi dall’evoluzione del mercato.

Ristoratori sensibili alla sostenibilità

In realtà il rapporto tra ristoratori, biologico e sostenibilità è più complesso ed è stato messo in luce dalla survey presentata a Verona da Valentina Quattro di The Fork. Si tratta della piattaforma leader nella prenotazione online dei ristoranti, nata nel 2007 ed entrata nel 2014 nell’orbita di Tripadvisors detiene l’esclusività delle prenotazioni dei ristoranti stellati Michelin e oggi è presente in 12 paesi.

Dal sondaggio “Dalla terra alla forchetta” su un campione di 2.465 ristoratori e utenti in tutta Italia, realizzato nel mese di marzo, è emerso il forte approccio alla sostenibilità sia sul lato B2B che B2C.

In particolare:

  • l’86% dei ristoranti ha fatto scelte attente alla sostenibilità negli ultimi 2 anni;
  • l’85% dei ristoranti utilizza più del 25% di materie prime di provenienza locale,
  • il 65% propone almeno un pasto vegetariano;
  • il 22% a km zero;
  • solo il 2% mette in evidenza il bio;
  • anche se la maggior parte (46%) dichiara di acquistare più del 20% di prodotti con certificazione biologica (il  67% lo fa per la qualità; il 44% per la filosofia del ristorante);
  • Per il 61% dei ristoratori inflazione e aumento dei costi non hanno contribuito positivamente alla sostenibilità;
  • il 37% dichiara invece di spende il 10% in meno nei costi di gestione del ristorante dopo esser diventato più ecosostenibile.

Le richieste dei clienti

Sul lato degli utenti:

  • il 56% è propenso a scegliere ristoranti che adottano pratiche sostenibili;
  • l’83% ritiene che la sostenibilità dipenda dalle materie prime utilizzate nei piatti (83%);
  • il 44% dal recupero e riutilizzo del cibo avanzato;
  • il 39% è disposto a premiare i ristoratori attenti all’ambiente;
  • I ristoranti che utilizzano prodotti a km zero sono di gran lunga i più prenotati (64%) seguiti dai ristoranti bio (12%)