Suolo e Salute

Anno: 2023

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

LA RIVOLTA DEL BIO FRANCESE CONTRO LE ETICHETTE CHE FANNO GREENWASHING

Alla 59° edizione del Salon International de l´Agriculture di Parigi va in scena la contestazione di produttrici bio motivate come Rosélène Pierrefixe contro scelte politiche che sfruttano il boom dei consumi bio degli anni scorsi per favorire protocolli alternativi come quelli marchiati Hve (High Environmental Value)

«Se non ci fossero gli agricoltori biologici finireste per mangiarvi solo le unghie!». A Parigi, Porte de Versailles, fino al 5 marzo va in scena la 59° edizione del Salon International de l´Agriculture. Un’edizione che si sta caratterizzando per la riscossa dell’orgoglio bio. Rosélène Pierrefixe è una giovane imprenditrice bio bretone. Dieci anni fa ha investito assieme al marito i suoi pochi averi, ma massima volontà di fare, in una minuscola azienda orticola a Monterblanc, vicino a Vannes, nel dipartimento del Morbihan, in Bretagna. Nel 2019 ha conquistato la copertina del mensile francese di agricoltura biologica “Symbiose” in un numero dedicato alle piccole realtà bio, giustificando il titolo: “microaziende, maxi fierezza”.

L’impatto del climate change

Una fierezza oggi piegata dall’impatto del climate change. «La scorsa estate – racconta-, il sud della Bretagna ha registrato temperature record, fino a 41 gradi». «Ondate di caldo e di siccità che hanno reso più impegnativo, anche dal punto di vista fisico, il nostro lavoro». «Ma quello che più indigna è come le autorità hanno mal governato la grave carenza idrica».

«Abbiamo infatti dovuto conquistarci ogni goccia d’acqua litigandocela con chi gestisce campi da golf o autolavaggi». «Eppure noi produciamo cibo. E con l’agricoltura biologica siamo in grado di immagazzinare nel suolo più carbonio di quanto ne emettiamo, contribuendo a mitigare gli effetti del climate change».

Una crisi climatica che si sta riproponendo, ma in maniera decisamente anticipata, quest’anno. «In Bretagna non piove da più di un mese, l’emergenza delle colture è rallentata e le espone al rischio delle gelate». «Gli eventi meteo estremi sono ormai diventati la norma: se arriva una gelata quando le patate sono alte 20 centimetri perdiamo tutto».

La contestazione va in scena a Parigi

Una situazione allarmante che l’ha spinta a recarsi a Parigi per contestare la consueta sfilata di politici al Salon International de l´Agriculture: «State sbagliando tutto: create confusione per sfavorire i consumi di cibo biologico e locale. Vorrei che il marchio del bio fosse riconosciuto, che i suoi agricoltori fossero ascoltati, non solo la Fnsea (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles, la federazione ombrello che riunisce le maggiori sigle di agricoltori francesi convenzionali)..».

Ecoscore e Hve, messaggi fuorvianti

Sotto accusa, non solo da parte di Rosélène, è il marchio Hve (High Environmental Value), voluto dal ministero dell’agricoltura francese. Dopo la denuncia di Ifoam Organics Europe contro il marchio francese eco-score (ne abbiamo parlato qui) perché favorisce la produzione intensiva a discapito di quella biologica,  un gruppo di associazioni, agricoltori e aziende ha seguito l’esempio facendo ricorso all’alto Consiglio di Stato in gennaio 2023 contro l’etichetta francese di Alto Valore Ambientale (HVE) asserendo che ha ingannato il consumatore per più di dieci anni. «Viene spacciata come molto rispettosa dell’ambiente, ma il disciplinare che c’è dietro non è più esigente della media delle pratiche agricole francesi, secondo gli studi condotti dall’Ufficio francese per la biodiversità e dall’Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali».

Dopo il boom registrato in Francia nel 2020 e 2021 il consumo del bio in Francia è rallentato anche a causa della confusione innescata da queste etichette e alla retromarcia del Governo francese sui promessi aiuti nazionali agli agricoltori bio. Le referenze bio sugli scaffali della grande distribuzione stanno così calando a discapito di etichette che fanno greenwashing.

La riscossa del bio

Le evidenze scientifiche confermano però che è l ‘agricoltura biologica a preservare la biodiversità, proteggere la qualità dell’acqua, del suolo e dell’aria e adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Tanto che anche il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) raccomanda di espandere rapidamente questo modello agricolo.

Al Salone di Parigi è così scattata la riscossa del bio: associazioni come Fnab (Federazione nazionale dell’agricoltura biologica) o Terre de Liens hanno avviato campagne informative per spingere i consumatori a guardare meglio le etichette e riconoscere il marchio del bio. In più dal 20 al 30 marzo è stata indetta “la Settimana delle alternative ai pesticidi”. Perchè il contrasto al cambiamento climatico ha bisogno di produttori responsabili, ma anche di consumatori consapevoli.

IL MIGLIORE VINO UMBRO BIO È SPIRIDIONE DI CANTINA BERIOLI

IL MIGLIORE VINO UMBRO BIO È SPIRIDIONE DI CANTINA BERIOLI

Alla storica azienda biologica certificata da Suolo e Salute il riconoscimento da parte della seconda edizione de “L’Umbria del vino”

Il migliore vino umbro del 2023 è il Trasimeno Merlot Riserva “Spiridione” 2018 (Magione) di Cantina Berioli. Il riconoscimento è arrivato dalla seconda edizione de “L’Umbria del vino”, unico concorso enologico regionale autorizzato dal Ministero dell’Agricoltura.

Giovedì 23 febbraio nella sede di Perugia della Camera di Commercio dell’Umbria (Centro congressi), c’è stato l’annuncio e la consegna del premio a Berioli e alle altre 16 cantine selezionate dopo la fase delle degustazioni alla cieca di 162 vini (bianchi, rossi, rosati, spumanti di qualità, frizzanti, dolci) prodotti da 58 cantine regionali.

Un prodotto di altissimo livello

Spiridione è un rosso elegante, di grande struttura e con una piacevole avvolgenza tannica ottenuto da macerazioni prolungate. Sosta almeno 18 mesi in barriques di rovere francese a media tostatura e al naso emerge la nota balsamica di spezie assieme ai sentori di frutta sotto spirito. «È un vino pluripremiato che rappresenta l’orgoglio della nostra azienda – fanno sapere da Berioli – con questo vino desideriamo proporre un prodotto di altissimo livello che rappresenta in pieno il nostro impegno di coniugare qualità e sostenibilità».

Sin dai primi del ‘900 la Famiglia Berioli si dedica con passione e dedizione alla coltivazione della vite, dell’olivo e del grano sulle colline vicino al piccolo e delizioso borgo medievale di Montesperello di Magione, sul Lago Trasimeno.

Qualità e sostenibilità

Oggi Roberto Berioli con sua moglie Cristina e con i figli Matteo ed Assunta, con le rispettive famiglie, stanno dando nuova spinta a questa storia famigliare. Hanno allargato la superficie produttiva arrivando a 12 ettari e la cura e la passione che li lega a questa terra hanno spinto ormai da tempo Roberto ad intraprendere e portare a termine il processo di conversione dei propri vigneti al metodo di Coltivazione Biologica affidandone la certificazione a Suolo e Salute. «Una scelta etica – dice Roberto – dettata dalla volontà di sentirsi parte di un sistema dove l’intervento dell’uomo si limita a seguire i ritmi biologici della natura».

Il rapporto con Suolo e Salute

«La finalità -ricorda Roberto – che ha guidato la nostra decisione, messa in atto dal 2014, è quella di raggiungere un modello di sviluppo sostenibile, che non solo valorizzi e rispetti l’ambiente, ma che salvaguardi anche la salute del consumatore, che può degustare così un vino in cui è fortemente marcata la tipicità e  in cui è assente l’artificialità». «Un vino biologico ha il vantaggio di presentare le intrinseche caratteristiche naturali e il pregio di NON essere intaccato da prodotti chimici che ne alterino la struttura».

Una scelta consapevole che ha spinto la cantina Berioli a costruirsi il proprio nome, assistiti dalla professionalità degli ispettori di Suolo e Salute, intorno all’agricoltura biologica.

FOSFITI, CONTAMINAZIONI ACCIDENTALI E NON

FOSFITI, CONTAMINAZIONI ACCIDENTALI E NON

Il punto alla tavola rotonda organizzata alla Fiera di Bologna in occasione della seconda edizione di Slow Wine Fair. D’Elia (Suolo e Salute): «Serve un approccio condiviso per evitare diversità riguardo ai limiti ammessi e le conseguenze per i produttori bio tra i diversi Paesi europei»

“Contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica”. È il titolo della tavola rotonda organizzata da Federbio e Unione Italiana Vini che si è tenuta il 27 febbraio alla Fiera di Bologna alla seconda edizione di Slow Wine Fair. Sul tappeto temi decisivi in particolare riguardo alle possibili contaminazioni da fosfiti.

Limiti massimi adeguati?

Il confronto tra i relatori ha puntato infatti a dare risposte utili a temi come “I residui di fosfiti e di altre sostanze attive non ammesse in bio rappresentano un problema specifico per i produttori di vino biologico?” O anche: “La recente proroga dei limiti massimi tollerati di fosfiti è adeguata?” “Come dovrebbe essere corretto affrontare la novità introdotta dal Reg. UE 2018/848 agli articoli 27 e 28 che prevede che sia in prima battuta l’operatore biologico a decidere se un’eventuale non conformità analitica sia comprovata?”

I relatori a confronto

Dal confronto tra la situazione europea e nazionale sono emerse possibili soluzioni anche in termini di approccio delle problematiche da parte dei produttori biologici lungo tutta la filiera vitivinicola.

Sono intervenuti: Emanuele Busacca, Regulatory Manager, IFOAM Organics Europe e Alessio Bernasconi, dell’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica, FIBL; Elena Panichi, Capo Unità Agricoltura Biologica, Commissione Europea; Pietro Gasparri, PQAI I – Agricoltura Biologica e Sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali; Paolo Carnemolla, Segretario Generale FederBio; Domenico Corradetti, Segretario generale AssocertBio.

D’Elia: «Serve un approccio condiviso»

«Sulla gestione delle contaminazioni – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute, presente al convegno – bisogna assolutamente trovare il modo per definire un approccio condiviso da tutti gli organismi di controllo e certificazione a livello europeo». «E ciò – continua – per evitare sperequazioni di trattamento tra operatori biologici dei diversi Stati Membri». «Non aiuta nessuno fare corse in avanti ed è giunto il momento per ragionare su proposte diverse rispetto a quanto previsto dal DM 309/2011 e sue modifiche».

La certificazione Suolo e Salute inputs

«Suolo e Salute è particolarmente attenta al tema del corretto utilizzo dei mezzi tecnici in agricoltura biologica». Il ricorso a mezzi non adeguati è infatti una delle possibili fonti di questo tipo di contaminazioni. Per fare fronte a queste incertezze l’organismo di certificazione ha deciso quindi di creare un proprio standard per garantire ulteriormente la tutela dei produttori e dei consumatori biologici italiani, rivolgendo il proprio impegno nel sottoporre a controllo i mezzi tecnici utilizzabili in agricoltura biologica. «Attraverso – mette in rilievo D’Elia – lo standard di certificazione biologica dei mezzi tecnici “Suolo e Salute Inputs” i prodotti vengono valutati per la loro effettiva ammissibilità in agricoltura biologica, considerando la natura, le filiere di provenienza, i processi produttivi ai quali sono sottoposte le materie prime utilizzate, nonché la loro tracciabilità e l’assenza di sostanze contaminanti o non ammesse in biologico». (clicca per maggiori informazioni)

 

RISTORAZIONE, LA RICETTA PER RENDERLA GREEN E SOSTENIBILE

RISTORAZIONE, LA RICETTA PER RENDERLA GREEN E SOSTENIBILE

Presentato a Roma messo a punto da esperti dell’Università Cattolica di Piacenza, dalla scelta delle materie prime ai menù, per abbassare l’impronta di carbonio dell’alimentazione fuori casa

Alimenti da agricoltura sostenibile, locali e stagionali, uso di materiali (ad esempio stoviglie) sostenibili e riciclabili, menù adatti a tutti (veg, senza glutine etc) e anti-spreco (con la family bag per portare a casa ciò che non si è mangiato).

Buone pratiche e sistemi di qualità

Sono alcune delle raccomandazioni al centro di un piano anti-sprechi per la sostenibilità del settore della ristorazione, che abbraccia numerosi esercizi tra cui i ristoranti e le mense pubbliche e private del Paese. Il piano è stato messo a punto da esperti dell’Università Cattolica di Piacenza e si basa su buone pratiche, sistemi di qualità, misure sia negli ambienti in cui si consuma il pasto, sia nelle cucine e lungo l’intera filiera. «È stato anche messo a punto un manifesto – spiega Ettore Capri, direttore del centro di ricerca OPERA dell’ateneo piacentino – con tutte le raccomandazioni».

Innesti sinergici a Roma

Il piano è stato protagonista anche all’evento Innesti Sinergici che, giunto alla sua quinta edizione, ha visto gareggiare chef professionisti e giovani per la migliore ricetta sostenibile. Gli chef hanno presentato sofisticate ricette che coniugano tecnologia, gusto, conoscenze alimentari, paradigmatiche della fattibilità reale del programma in favore della sostenibilità della ristorazione sviluppato insieme all’associazione non governativa “Piacecibosano – Ristorazione Sostenibile 360 (RS 360)”.

Un progetto pilota in 29 ristoranti certificati

I ricercatori hanno anche realizzato un progetto pilota per la sostenibilità che si è svolto nelle province di Parma e Piacenza coinvolgendo 29 ristoranti oggi certificati. «È un vero cambiamento culturale – commenta Lucrezia Lamastra coordinatrice scientifica dell’evento – cinque anni fa le ricette sostenibili si basavano sul mero recupero di bucce, residui vegetali ed animali, composte di ingredienti non validi dal punto di vista nutrizionale».

«Oggi assistiamo ad una cucina di alta qualità dove la sostenibilità si coniuga con alto livello nutrizionale ed innovazione gastronomica».

La pubblicazione scientifica

L’ateneo ha anche pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, una ricerca sulla sostenibilità del settore secondo cui adottando comportamenti sostenibili, il 76% dei ristoranti analizzati raggiunge almeno il 70% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dettati dalle Nazioni Unite nell’agenda 2030.

«Dalla ricerca è emerso che la ristorazione è caratterizzata da processi che possono creare spreco – spiega Capri. Infatti, il prodotto usato dai ristoratori viene acquistato, immagazzinato, trasformato, servito e consumato, escludendo, nella maggior parte dei casi, qualsiasi soluzione ciclica».

I dati sullo spreco e sulle emissioni di gas serra

In questo contesto, sottolinea, lo spreco alimentare è emblematico, pari a circa il 14% dell’intera filiera agroalimentare in Italia. Questo vale a dire circa 700 mila tonnellate di cibo sprecato all’anno, per un valore di quasi 2 miliardi di euro. Il problema è la difficoltà per il ristoratore di pianificare l’approvvigionamento in modo efficiente. Inoltre la ristorazione non sostenibile contribuisce ai cambiamenti climatici anche producendo anidride carbonica (CO2). L’attività di ristorazione è responsabile di circa 110.201 kg di CO2 l’anno. Questi impatti potrebbero essere ridotti al 30% con adeguati standard di gestione.

50 ANNI DI RICERCA PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

50 ANNI DI RICERCA PER L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

L’istituto svizzero Fibl ha celebrato in febbraio la preziosa ricorrenza lanciando una serie di iniziative digitali destinate a durare fino alla fine del 2023

FiBL, il più attivo centro di ricerca per l’agricoltura biologica ha compiuto 50 anni! Era infatti il 1° febbraio 1973 quando fu costituita la Fondazione svizzera per la promozione dell’agricoltura biologica (Schweizerische Stiftung zur Förderung des biologischen Landbaus), ponendo così le basi per il FiBL.

«È un’occasione – dicono dall’Istituto svizzero – per dare uno sguardo al passato». Per l’occasione sul sito dell’Istituto è stata infatti allestita una galleria di immagini sulla storia del FiBL dagli anni ’70 ai giorni nostri. Anniversary Voices è invece un vero e proprio serial di interviste, destinato a durare l’intero anno 2023, che mette in luce il rapporto tra FiBL e figure di spicco nella ricerca, nella pratica, nella politica, negli affari e altro ancora. L’intervista di esordio è riservata a Knut Schmidtke, direttore della ricerca, divulgazione e innovazione del FiBL Svizzera per proseguire poi con Otto Schmid, nel board di FiBL dal 1977. E per non guardare solo al passato ma anche al futuro Fibl, con lo slogan “insieme un passo avanti”, dedica una serie di eventi al suo anniversario nel 2023. Troverai una panoramica dei prossimi eventi alla voce “Eventi dell’anniversario”.

IL PIANO DI BERLINO PER UN’AGRICOLTURA PIÙ BIOLOGICA

IL PIANO DI BERLINO PER UN’AGRICOLTURA PIÙ BIOLOGICA

Il ministero dell’Agricoltura del Governo federale tedesco punta all’incremento degli alimenti bio nelle mense e nella ristorazione. Una misura per garantire l’equilibrio tra una produzione chiamata in Germania a raggiungere il 30% delle superfici coltivabili entro il 2030 e il mercato

Il piano di Berlino per trainare il biologico europeo procede senza intoppi, o quasi. Alla fine del 2021, la coalizione di governo tedesca ha infatti stabilito che l’agricoltura biologica debba rappresentare il 30% della superficie agraria federale entro il 2030, superando l’obiettivo della Farm to Fork europea del 25%.

Il rilancio di Scholz

Per raggiungere questo obiettivo, l’accordo prevedeva l’affinamento della strategia tedesca in favore dell’agricoltura biologica. Un piano in questo senso era infatti già stato presentato nel 2019 dall’ex ministro dell’agricoltura Julia Klöckner del partito conservatore cdu. Il nuovo accordo proposto due anni dopo dall’attuale governo del cancelliere Olaf Scholz ha proposto di espandere la strategia includendo l’intera catena del valore della filiera agroalimentare per garantire adeguati sbocchi di mercato alle produzioni bio.

Il punto al BioFach

Alla fiera BioFach della scorsa settimana a Norimberga, secondo quanto riporta un articolo pubblicato sul magazine digitale Euroactiv, la segretaria di Stato del ministero dell’Agricoltura Silvia Bender ha fornito un aggiornamento sullo stato di avanzamento della strategia.

«Il nostro stile alimentare – ha spiegato Bender durante l’intervento- ha effetti di vasta portata sull’ambiente, sulla biodiversità e sul clima in Germania. Non solo sull’ambiente, ma anche sulla biodiversità, sulla nostra salute e sul nostro benessere: ecco perché l’agricoltura biologica è necessaria».

I consumatori, secondo la segretaria di Stato, hanno bisogno di maggiori informazioni su come l’agricoltura biologica contribuisca alla protezione dell’ambiente e del clima.

Più alimenti biologici nelle mense e nei ristoranti

Per questo il 15 febbraio il Governo federale di Berlino ha approvato alcuni emendamenti che spingono per più prodotti biologici nella ristorazione fuori casa come mense, caffetterie e ristoranti.

Gli emendamenti, approvati dal Consiglio dei Ministri, costituiranno la base per una nuova disciplina sulla ristorazione biologica fuori casa, attualmente in corso di formalizzazione.

Nel contempo, nell’ambito della strategia per l’agricoltura biologica, il ministero sta cercando di lanciare una campagna informativa per sensibilizzare i consumatori sui benefici sociali e altri vantaggi dei prodotti biologici.

Spazio per le esportazioni italiane

Le associazioni tedesche del biologico da tempo chiedevano la promozione del biologico non solo per i produttori ma anche per la distribuzione ei consumatori. Tuttavia, la domanda di alimenti biologici in Germania supera già la produzione nazionale per molti prodotti. L’ultimo rapporto di settore dell’industria alimentare biologica conclude anche che gli aumenti della produzione nell’ultimo anno difficilmente potrebbero tenere il passo con la crescente domanda. Pertanto, un aumento della domanda non comporterebbe necessariamente un aumento della produzione interna, ma dovrebbe essere coperto dalle importazioni, almeno a breve termine.

Investimenti nella ricerca

Altre misure previste dal piano illustrato dalla Bender riguardanoil rafforzamento delle catene del valore biologico e maggiori investimenti nella ricerca sull’agricoltura biologica. È previsto infatti che il 30% del budget per la ricerca a disposizione del ministero sia destinato a questo settore.

Il piano strategico della Germania per l’attuazione della politica agricola comune riformata (PAC), entrato in vigore all’inizio di quest’anno, comprende anche diverse misure di promozione, tuttavia, secondo l’Associazione tedesca per gli alimenti biologici (Bölw), questi sono insufficienti per raggiungere l’obiettivo del 30% e rappresenterebbero solo il 12% entro il 2030. Secondo il rapporto di settore, lo scorso anno la quota di terreni ​​bio è cresciuta infatti di poco meno del 4% fino a circa l’11% del totale, ma è ancora lontana dall’obiettivo del 30%.