Suolo e Salute

Anno: 2023

BIOLOGICO, UN TOCCASANA PER LA BIODIVERSITÀ

BIOLOGICO, UN TOCCASANA PER LA BIODIVERSITÀ

Un progetto congiunto tra WWF e Huawei ha stimato l’impatto dei diversi modelli di agricoltura sulla presenza di specie animali  attraverso monitoraggio acustico, cloud e intelligenza artificiale. È emerso che nelle coltivazioni bio è presente il 10% di animali in più rivelandosi una preziosa risorsa per il futuro del pianeta

Nelle aree coltivate con il metodo di agricoltura biologica è presente in media quasi il 10% di specie in più rispetto alle aree gestite in agricoltura convenzionale.

Guardiani della natura

Lo rivela uno studio presentato in occasione della seconda edizione del progetto congiunto di WWF Italia e Huawei “Guardiani della Natura” che si è tenuto a Roma il 21 novembre. In Europa infatti l’agricoltura è la prima causa di perdita di biodiversità , fattore determinante per la salvaguardia del pianeta e il benessere delle generazioni future.

Tecnologia al servizio della sostenibilità

Da qui nasce la brillante idea di WWF e Huawei di misurare la biodiversità nelle aree agricole attraverso dispositivi di monitoraggio bioacustico e di piattaforma cloud e IA (intelligenza artificiale).

All’interno e nei pressi di otto Oasi WWF di sette regioni italiane, dal Trentino Alto-Adige alla Sicilia, sono stati così installati 48 dispositivi “Edge Audiomoth” per il monitoraggio bioacustico, forniti dal partner tecnico Rainforest Connection (RFCx).

Il canto rassicurante degli uccelli

Nei 16 terreni agricoli, metà dei quali coltivati con metodo biologico e altrettanti coltivati con la stessa varietà di coltura ma con metodo convenzionale, i dispositivi hanno permesso di raccogliere oltre 500.000 registrazioni audio di 60 secondi ciascuna (oltre 8.000 ore totali), fornendo uno sguardo dettagliato sulla presenza e variazione della biodiversità nelle diverse aree agricole gestite con metodo biologico o convenzionale. La piattaforma Arbimon, basata su Cloud e IA, ha analizzato questa enorme mole di dati sonori e riconosciuto all’interno delle registrazioni 57 delle 63 specie di uccelli target rispetto alle quali era stato allenato l’algoritmo, ottenendo un campione di studio composto da 8.420 singole identificazioni validate di specie.

L’ESORDIO DELLA RETE NAZIONALE DEI BIODISTRETTI

L’ESORDIO DELLA RETE NAZIONALE DEI BIODISTRETTI

Insieme il bio cresce di più e meglio: si parte con sette sodalizi di sei regioni, dal Veneto alla Calabria. Il primo presidente è Andrea Campurra del Distretto Bio Sardegna

È nata la Rete nazionale dei Distretti biologici d’Italia con l’adesione di sette associazioni appartenenti a sei regioni (Sardegna, Calabria, Lombardia, Veneto, Marche e Lazio) che hanno firmato la costituzione della Rete, che avrà sede a Roma.

Presto nuovi ingressi

L’iniziativa prevede l’ingresso di altri otto distretti che hanno manifestato il loro interesse. La Rete, informa una nota, ha l’obiettivo di rappresentare i distretti biologici riconosciuti e promuovere azioni condivise per la promozione del bio e delle buone pratiche in agricoltura, di salvaguardare e tutelare il patrimonio ambientale e di sviluppare le filiere puntando ai mercati esteri.

«Con l’intesa raggiunta – si legge nel comunicato – e partendo dalle esperienze dei Distretti biologici nei vari territori e le novità sia nella nuova Pac sia nella legislazione nazionale in tema di agricoltura biologica, la Rete vuole lavorare insieme per portare avanti forti azioni a favore delle filiere biologiche e dei territori potendo contare, facendo sistema, delle importanti risorse messe in campo col Pnnr con la Pac».

Orizzonte Green Deal

Gli aderenti all’iniziativa sostengono inoltre che «la sfida del Green Deal con la quale i Paesi dell’Ue si sono impegnati a conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e con il Farm to Fork, che tra i diversi obiettivi, punta a trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica entro il 2030, non può essere vinta se non impegnandoci tutti in azioni di sistema».

Il consiglio direttivo

L’assemblea costituente ha eletto all’unanimità come presidente Andrea Campurra del Distretto Biologico regionale “Sardegna Bio”, affiancato nel consiglio direttivo da Sara Tomassini del Distretto Bio “Terre Marchigiane” e Giovanni Gatti, tra i principali animatori dell’iniziativa, titolare dell’azienda Libero Gatti a Copanello (Cz), certificata da Suolo e Salute e presidente del Biodistretto del cibo bio di Calabria – Copanello.

«Lavorare in rete è sempre una bella sfida –afferma il presidente Andrea Campurra –. Abbiamo da subito contattato gli uffici del ministero per presentare il nostro progetto ma agiremo immediatamente su tutto il territorio nazionale organizzando manifestazioni, seminari e convegni per rilanciare il biologico e le aziende dei Distretti della Rete».

L’ETICHETTA UNICA VALORIZZA TUTTO L’OLIO DI CALABRIA IGP

L’ETICHETTA UNICA VALORIZZA TUTTO L’OLIO DI CALABRIA IGP

Un grande traguardo per la produzione Igp certificata da Suolo e Salute: l’iniziativa del Consorzio di tutela presieduto da Massimino Magliocchi mira ad aumentare la riconoscibilità della qualità della produzione regionale sui mercati nazionali e internazionali

Un’etichetta unica per identificare tutte le bottiglie dell’olio di Calabria Igp. La svolta, voluta dal Consorzio di tutela, è stata ufficializzata con l’evento di presentazione presso la Cittadella Regionale Jole Santelli a Catanzaro.

Una qualità da riconoscere

«Si tratta di una scelta importante – spiega Massimino Magliocchi, presidente del Consorzio Olio di Calabria IGP- condivisa con i produttori, che ci permette di affrontare con un umore nuovo la campagna olivicola di quest’anno e di presentare un’etichetta unica che darà maggiore visibilità ad un prodotto eccezionale come il nostro olio di oliva calabrese».

«L’obiettivo è quello di essere recepiti dal consumatore come prodotto di qualità del quale essere sicuri al 100%».

«Inoltre, la certificazione Igp rappresenta la garanzia di consumare un olio genuino, di qualità e calabrese in ogni goccia».

L’olio di Calabria è una delle indicazioni geografiche protette certificate da Suolo e Salute, la cui attività di Ente di controllo e certificazione è basilare per la valorizzazione dell’origine, qualità e reputazione di queste produzioni. Suolo e Salute è stato designato fin dalla prima autorizzazione, dal 30/07/2015 che ha riguardato la protezione nazionale transitoria. Il coordinamento delle attività di controllo sono affidate direttamente alla sede regionale di Suolo e Salute di Caraffa di Catanzaro.

Un’immagine da valorizzare

«Poter fare riferimento a un’etichetta unica – commenta Gianluca Gallo, Assessore all’Agricoltura della Regione Calabria – consente di valorizzare la nostra immagine e di avviare un percorso di riconoscibilità per il nostro olio di qualità al di fuori dei confini regionali».

«L’etichetta unica del Consorzio Olio di Calabria Igp sarà indice di una tendenza sempre più improntata alla ricerca assoluta della qualità, unica ambizione da coltivare oltre a quella delle olive».

Cinque Province unite

Sull’etichetta, oltre al marchio di Indicazione Geografica Protetta, è presente il logo dell’olio di Calabria IGP, caratterizzato dall’immagine stilizzata di un ulivo, il cui tronco è composto da cinque tratti che conducono alle cinque province della Regione (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia). Un simbolo che vuole rendere il prodotto facilmente riconoscibile e accattivante per i consumatori, promuovendo contemporaneamente l’intero territorio calabrese e mettendo in risalto la secolare tradizione olivicola della Regione.

L’impegno del Consorzio va così a premiare la dedizione e il sacrificio degli agricoltori nell’offrire prodotti di qualità. Mettendo in rilievo un prodotto unico e distintivo che racconta una storia, ha un’origine e segue una tradizione.

VIA LIBERA DELLA CAMERA ALLA LEGGE SULL’IMPRENDITORIA GIOVANILE IN AGRICOLTURA

VIA LIBERA DELLA CAMERA ALLA LEGGE SULL’IMPRENDITORIA GIOVANILE IN AGRICOLTURA

156 milioni all’anno fino al 2030 per agevolare l’accesso alla terra. Il biologico è la scelta più gettonata dagli agricoltori under 40

La Camera dei Deputati ha dato il suo ok alla proposta di legge per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel settore agricolo. Il provvedimento prevede interventi volti a favorire: il primo insediamento degli under 40, la permanenza e il ricambio generazionale.

Il provvedimento è passato con 135 voti favorevoli, 79 contrari e 6 astenuti e prevede lo stanziamento di 156 milioni di euro dal 2024 al 2029 e 27,76 milioni annui dal 2030.

«Si tratta –dichiara Mirco Carloni , presidente della Commissione Agricoltura della Camera e primo firmatario della legge – di una riforma strutturale che punta a invertire l’attuale tendenza all’invecchiamento del comparto agricolo». «L’Italia, con questa pronuncia, riconosce l’agricoltore come veicolo per il futuro del Paese».

Le principali agevolazioni

La legge prevede agevolazioni sull’ampliamento delle produzioni; il diritto di prelazione sui terreni confinanti; un contributo a fondo perduto per il primo insediamento».

Viene concesso anche un credito d’imposta per le spese relative alla partecipazione a corsi di formazione e l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’imprenditoria e il lavoro giovanile nell’agricoltura. Tale organismo è composto da rappresentanti del Masaf, Ismea e Crea, e dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore agricolo e delle associazioni dei giovani operanti nei settori agricolo e agroalimentare.

Per i primi insediamenti dei giovani agricoltori è prevista una dotazione di 15 milioni di euro annui dal 2024 destinati al cofinanziamento di programmi predisposti dalle regioni e dalle province autonome.

Previsto anche un regime fiscale agevolato per l’insediamento delle imprese giovanili, con aliquota del 12,5% alla base imponibile costituita dal reddito d’impresa prodotto nel periodo d’imposta, a patto che i beneficiari non abbiano esercitato nei tre anni precedenti altra attività d’impresa agricola e che abbiano regolarmente adempiuti gli obblighi previdenziali, assicurativi e amministrativi previsti dalla legge.

I nodi dell’accesso al credito e alla terra

Il testo di legge non contiene riferimenti per favorire l’accesso al credito, problema centrale per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile.

«Stiamo però lavorando con il Governo e le agenzie dello Stato  – informa Carloni – per fare in modo che anche gli intermediari finanziari riconoscano questo settore e la sua funzione sociale e ne tengano in considerazione quando devono fare la valutazione del merito creditizio, che spesso vede svantaggiate le aziende giovanili».

Dal testo arrivano agevolazioni anche in materia di compravendita dei terreni agricoli. Previsto un minor costo per gli oneri di passaggio di proprietà in caso di successione e funzioni agevolate per i mercati locali. Da oggi, con questa pronuncia chiara, diamo centralità al ruolo dell’impresa agricola giovanile e inizia un’era in cui l’agricoltore è un protagonista su cui l’Italia deve puntare per il proprio futuro».

Il testo licenziato da Montecitorio è stato riformulato nel corso dell’esame in sede referente e ridimensionato, in termini di dotazione finanziaria, a seguito delle condizioni poste dalla commissione Bilancio.

Il biologico scelta numero uno dei giovani

Positive le valutazioni del presidente di Aiab Giuseppe Romano: «Occorre puntare sempre di più sui giovani, soprattutto nell’agricoltura biologica con strumenti mirati e nuovi incentivi».

«Il 14,5% delle aziende agricole – continua- gestite da titolari under 40 coltiva biologico contro il 5,8% delle aziende portate avanti da persone più anziane, 15 mila imprese su 104 mila under 40, contro 60 mila su 1.025.642 over 40″. «In generale – conclude Romano – il 20% delle aziende che coltivano biologico ha un titolare con meno di 40 anni». Per la definitiva approvazione il provvedimento deve passare dal Senato.

BIO E NUOVI OGM, SI ACCENDE LO SCONTRO A STRASBURGO

BIO E NUOVI OGM, SI ACCENDE LO SCONTRO A STRASBURGO

La relatrice del provvedimento presso la Commissione Ambiente dell’EuroParlamento propone l’ammissione delle Ngt anche nel bio. Una proposta ampiamente contestata dai gruppi di sinistra

Biologico e nuovi ogm. Il dibattito presso l’EuroParlamento sul nuovo progetto di legge sulle Ngt (New genomic techniques) anticipa il clima che si potrebbe instaurare in Europa dopo la loro liberalizzazione. Jessica Polfjärd, capo negoziatrice del Parlamento sul dossier Ngt, membro della corrente di centro destra del Partito popolare europeo (Ppe) è stata infatti accusata di voler allentare eccessivamente le regole durante il recente dibattito presso la Commissione Ambiente del Parlamento europeo (Envi).

Genome editing e cisgenesi

La proposta di regolamento della Commissione riguarda l’editing genetico e la cisgenesi, tecniche che consentono di intervenire su punti precisi del genoma delle specie da modificare.

Una proposta criticata aspramente a Strasburgo da parte dei Verdi e degli altri gruppi di sinistra, mentre la relatrice Polfjärd non solo accoglie con favore gran parte della posizione della Commissione, ma propone anche di andare oltre, in particolare riguardo all’etichettatura degli Ngt e la loro coesistenza con l’agricoltura biologica.

In gioco i principi dell’agricoltura biologica

Nello specifico, Polfjärd propone che le piante basate su Ngt siano consentite non solo nell’agricoltura convenzionale, ma anche in quella biologica, cosa che la proposta della Commissione aveva escluso.

Il rapporto tra l’editing genetico e l’agricoltura biologica è pieno di controversie: l’uso degli Ogm è infatti espressamente vietato dal Regolamento 2018/848 e la nuova disciplina europea non supererà la sentenza della Corte di Giustizia Ue che ha equiparato gli Ngt agli Ogm.

Per questo Ifoam Eu, la rete dei movimenti biologici europei, chiede che la loro liberalizzazione sia accompagnata da un valido sistema di tracciabilità (leggi qui) che metta al riparo i prodotti biologici dalle contaminazioni, in mancanza di sistemi per verificare analiticamente la loro presenza. Un problema che, se passasse la posizione della Polfjärd, sarebbe reso ininfluente dall’ammissione degli Ngt anche nell’agricoltura biologica.

LO SVILUPPO DI UNA FILIERA VIVAISTICA VITICOLA DI QUALITÀ

LO SVILUPPO DI UNA FILIERA VIVAISTICA VITICOLA DI QUALITÀ

I risultati del progetto di ricerca VitisBio, sostenuta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, sono stati divulgati in occasione di un recente webinar organizzato dalla rivista mensile VVQ

Puntare, nel comparto viticolo, allo sviluppo di una filiera vivaistica sostenibile e biologica. È l’obiettivo del progetto di ricerca VitisBio, sostenuto dalla misura 16 del Psr 2014-2020 della Regione Friuli – Venezia Giulia. I risultati finali del progetto sono stati divulgati in occasione di un recente webinar organizzato dalla rivista VVQ, Vigne, Vini & Qualità e si sono rivelati utili non solo per il bio, ma per l’intero settore vitivinicolo italiano.

La gestione delle malattie del legno

Oggi infatti i viticoltori sono alle prese con la diffusione di malattie del legno, batteriosi, fitoplasmosi, nuove virosi. Gli studi effettuati da Laura Mugnai e Sara Falsini dell’Università di Firenze e da Elisa Angelini del Crea Viticoltura ed enologia di Conegliano (Tv) hanno dimostrato che una differente gestione della fase vivaistica, in particolare nella gestione agronomica dei portinnesti e della fase di innesto, può contribuire a contenere l’espansione di queste problematiche sul vigneto Italia.

Oggi la produzione di barbatelle biologiche è molto limitata, visto il sistema di deroghe in vigore, assai permissivo, che consente ancora di utilizzare materiale vivaistico convenzionale per i vigneti certificati bio. Si tratta tuttavia di un comparto economico sicuramente promettente (anche perché le deroghe non durano in eterno).

«Il Progetto VitisBio – ha commentato Cristina Micheloni di Aiab Friuli Venezia Giulia – dimostra che anche nel vivaismo viticolo il bio può assumere il ruolo di “corridore in fuga”, testando e applicando nuove tecniche sostenibili che poi vengono rincorse e adottate anche nel comparto convenzionale».+

Deroghe troppo permissive

La vite bio continua infatti ad essere in forte crescita «nonostante il clima, il mercato e le difficoltà fitosanitarie». Nel 2022 ha superato 135mila ettari, pari al 20% della Sau vitata nazionale.

«La possibilità di superare alcuni limiti normativi che oggi frenano il vivaismo bio viticolo, chiudendo il ciclo che va dalla barbatella alla bottiglia, può consentire di raggiungere di slancio gli obiettivi di sostenibilità della Farm to Fork».