Suolo e Salute

Anno: 2024

DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

DOPO L’ALLUVIONE LA ROMAGNA RIPARTE DAL BIO

Cab Massari, la cooperativa di Conselice (Ra) tra le più colpite dagli effetti degli allagamenti, annuncia il raddoppio del pereto allevato con metodo bio e l’investimento su sostenibilità ed elettrificazione

La Romagna riparte e punta sul bio. La Cab (Cooperativa agricola bracciantile) Massari di Conselice (Ravenna) ha infatti annunciato un piano aziendale coraggioso che punta, tra l’altro, a dribblare la crisi della pericoltura. Il pereto biologico sarà infatti raddoppiato con l’intenzione di valorizzare la sostenibilità certificata.

Il sacrificio per salvare l’abitato di Conselice

Cab è stata uno dei simboli dell’alluvione in Emilia-Romagna: quando arrivò la piena la cooperativa acconsentì ad abbassare il livello degli argini, per far sfogare l’acqua nei propri campi e alleggerire la pressione verso l’abitato di Conselice, che fu comunque duramente colpito.

 

Un territorio ancora ferito

Vigneti, campi e frutteti sono rimasti sotto l’acqua per settimane. Le strade che collegano le coltivazioni non sono ancora del tutto ripristinate e il 95% della produzione annuale è andato perso. Il pereto del Cab Massari è l’esempio vivente degli effetti del cambiamento climatico: prima flagellato nei primi mesi del 2023 dalle gelate che hanno compromesso le gemme, poi dall’alluvione di maggio lo ha sommerso due volte e da una tromba d’aria a luglio che ne ha completato la distruzione. Tutte le piante sono state strappate e ripiantate, si spera in una raccolta tra almeno 4 anni.

Il piano di investimento sostenuto da Coop

Ma la Cab Massari non si è arresa: «Rilanciamo – spiega il direttore Giampietro Sabbatani – con un ambizioso piano di investimenti che prevede la ricostituzione del pereto biologico di 8,2 ettari distrutto nel 2023 e l’impianto di ulteriori 7,5 ettari di pereto biologico che andranno a sostituire altrettanti pereti che stanno finendo il loro ciclo produttivo».

«Abbiamo programmato ulteriori 4,5 ettari di noceto che andrà ad alimentare la filiera di produzione italiana di frutta secca di Coop Italia». A ciò si aggiungono altri investimenti in tecnologie avanzate e rispettose dell’ambiente, come l’introduzione di tre carri raccolta ad alimentazione elettrica e un sollevatore telescopico elettrico per la movimentazione dei box contenenti le pere biologiche. Investimenti da 1,3 milioni, a cui ha contribuito Coop che ha destinato al Cab parte delle risorse ottenute dalla raccolta fondi avviata a maggio 2023, che si è conclusa con 2,1 milioni donati da 81 mila tra soci, fornitori, dipendenti e consumatori.

BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

BIOLOGICO VUOL DIRE FIDUCIA

In un momento di crisi inflattiva come l’attuale occorre evitare incidenti mettendo al riparo il settore da tentativi di diffamazione, tentazioni di frode e cattive interpretazioni di vincoli normativi come quelli inerenti all’applicazione delle misure previste dal Reg. 848/2017 per evitare la presenza di sostanze non autorizzate. A Bruxelles l’Organic integrity network ha organizzato un convegno su questo tema nell’ambito dell’iniziativa comune anti-frode

Biologico vuol dire fiducia. La reputazione del settore è un capitale da difendere, mettendolo al riparo da tentativi di diffamazione e tentazioni di frode. Gli addetti ai lavori sanno che il biologico si caratterizza in Europa, grazie all’impegno degli organismi di certificazione terzi e alla collaborazione tra pubblico e privato, per il miglior sistema di gestione della qualità dell’intero comparto agroalimentare.

La difesa della reputazione

Tuttavia, per evitare di incrinare l’immagine del bio, le aziende del settore, come dimostrano alcuni recenti fatti di cronaca, non possono derogare dall’esigenza della massima correttezza nel rispetto non solo degli impegni di sostenibilità, ma anche di qualsiasi altro vincolo dichiarato in etichetta, come ad esempio quello della provenienza nazionale o locale delle materie prime utilizzate. Qualsiasi incidente che sottenda una pratica commerciale scorretta in questo campo inquinerebbe infatti non solo l’azienda interessata, ma tutta la filiera del biologico, obbligando il settore a reagire con prontezza.

Norme che introducono elementi di incertezza

Il legislatore dovrebbe aiutare il comparto in questo sforzo, agevolando il compito degli organismi di certificazione e controllo, vero baluardo di difesa del bio. Capita invece che alcune recenti riforme normative introducano elementi di incertezza che rischiano di aggiungere confusione in un momento di estrema difficoltà commerciale.

È il caso della complessità con cui il settore sta affrontando l’attuazione degli articoli 28 e 29 del Reg. 848/2018, da poco entrato in vigore, che riguardano le misure precauzionali da adottare per evitare la presenza di prodotti e sostanze non autorizzate.

L’iniziativa anti-frode

Al riguardo l’Iniziativa anti-frode dell’Organic integrity network assieme al Büro Lebensmittelkunde und Qualität (BLQ) hanno organizzato a Bruxelles il 25 e 26 gennaio la conferenza ” Chiavi, maniglie e leve da utilizzare nelle indagini sui casi di residui nella produzione biologica”. In particolare si è discusso sull’efficacia delle analisi sui residui per determinare l’uso di sostanze non autorizzate e la valutazione dell’efficacia delle misure precauzionali degli operatori. Nell’occasione è stato anche presentato un nuovo manuale di buone pratiche per corrispondere agli obblighi prescritti dai discussi articoli della legge di riferimento del bio in Europa.

NUOVI OGM E BIO, L’EUROPARLAMENTO NON RISOLVE

NUOVI OGM E BIO, L’EUROPARLAMENTO NON RISOLVE

A Strasburgo la Commissione Ambiente approva un testo che esclude per il biologico le Ngt di entrambe le categorie, ma non prevede obblighi di etichettatura e tracciabilità per quelli di categoria 1. La votazione in plenaria è prevista a breve

Nuovi Ogm, l’EuroParlamento non si ferma. Le votazioni sulla normativa di registrazione più permissiva riguardo all’attuale direttiva Novel food proposta dalla Commissione vanno infatti avanti nonostante lo stallo del Consiglio Ue, che sotto la presidenza spagnola non è riuscito a trovare una posizione di compromesso riguardo alle Ngt (leggi quanto avevamo riportato qui).

L’esito delle votazioni

La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo (Envi) ha invece approvato mercoledì 24 gennaio un testo emendato del nuovo regolamento sulle nuove tecniche genomiche (Ngt) con 47 voti a favore, 31 contrari e 4 astensioni.

Il testo approvato dagli eurodeputati conferma la distinzione in due categorie in base alla complessità delle modifiche genetiche, ribadisce l’esclusione di entrambe le categorie dell’agricoltura biologica e punta a introdurre un divieto totale sulla possibilità di brevettare gli Ngt «per evitare l’aumento dei costi e nuove dipendenze per agricoltori e allevatori».

Il rischio frodi

Un’esclusione importante quella per il bio. IFOAM Organics Eu ha infatti recentemente ribadito il suo no ad ogm vecchi e nuovi. Negli Stati Uniti le frodi sugli ogm sono infatti considerate la più grande minaccia per il biologico (leggi al riguardo qui). La bozza approvata dalla Commissione Envi rischia però di non mettere il biologico europeo al riparo da questi rischi perché non prevede alcun obbligo di tracciabilità e di etichettatura per gli Ngt di categoria 1.

La votazione da parte dell’assemblea plenaria dell’Europarlamento è prevista per il prossimo 6 febbraio, ma restano dubbi sulla possibilità di approvare una legge prima delle elezioni europee. I paesi membri devono infatti ancora trovare una posizione comune sotto la presidenza belga del Consiglio UE

BIO E GDO, UN ABBRACCIO CHE PUÒ ESSERE SOFFOCANTE

BIO E GDO, UN ABBRACCIO CHE PUÒ ESSERE SOFFOCANTE

Cresce la presenza di aziende bio a Marca, la fiera dei prodotti a marchio del distributore. Quasi il 60% del fatturato di settore viene realizzato sugli scaffali di iper, supermercati e hard discount, ma la quota di consumo relativa non cresce e il rischio omologazione è dietro l’angolo

Sostenibilità ambientale, neutralità climatica, benessere sociale, economia circolare a fianco dei claim, quasi scontati, sulla qualità nutrizionale ed organolettica. Temi sparati sulle etichette delle anteprime dei nuovi prodotti alimentari, confezionati e freschi, e sulle pareti degli stand. Promesse virtuose di un mondo – food e non food-  migliore che hanno portato l’edizione 2024 della Fiera Marca, a Bologna il 16 e 17 gennaio, a superare il record sia dei visitatori che degli espositori. Attirando per la prima volta l’attenzione delle massime istituzioni italiane.

L’evasione della Meloni

La premier Giorgia Meloni si è infatti concessa un fuori programma con la sua visita nel corso della seconda giornata della manifestazione, una piccola evasione nel bel mezzo del vertice sul post alluvione dell’Emilia-Romagna con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il governatore Stefano Bonaccini. Assicurandosi un caloroso bagno di folla tra i variopinti stand dei 1.100 espositori che hanno portato la superficie espositiva dedicata da BolognaFiere a 26mila metri quadrati (+26% rispetto al 2023).

Se c’è più bio a Marca che a Sana…

Molti di questi occupati da produttori bio che ormai, ed è un vero paradosso, sono più presenti a Marca che al Sana (tanto che si moltiplicano le voci di un prossimo abbinamento delle due manifestazioni fieristiche felsinee, con la prima a cercare di fare da traino alla seconda).

Il paradosso più vistoso è però quello relativo al fatto che Marca è il salone dedicato ai prodotti a marchio del distributore, organizzato da BolognaFiere in collaborazione con Adm – Associazione Distribuzione Moderna, ma la maggior parte delle aziende presenti in fiera non sono fornitrici delle private label (anche se a quasi tutte piacerebbe esserlo).

Alla ricerca di sicurezza

Perché in un’epoca di forte crisi inflattiva e di strenua difesa da parte dei consumatori della propria capacità di spesa, essere rappresentati dalla voce e dal brand del più forte diventa un fattore di sicurezza. O almeno così può sembrare.

Perché l’abbraccio della grande distribuzione organizzata può rincuorare, ma anche strangolare.

Ne sa qualcosa il biologico, le cui vendite, con la flessione del canale specializzato, sono ormai concentrate soprattutto negli scaffali di iper e supermercati (ma anche hard discount). Secondo i dati presentati da Nomisma nel convegno “L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico del biologico nella Distribuzione Moderna”, che si è tenuto il 17 gennaio nella galleria sospesa sopra i padiglioni 21 e 22 (leggi il resoconto nel prossimo articolo) è infatti nella gdo che viene realizzato quasi il 60% del fatturato del bio in Italia, con una crescita in valore del 4,7% rispetto al 2023 (effetto inflazione) e una leggera flessione in volume (-0,3%).

Isole inaridite

Per i consumatori più attenti e motivati è però evidente che le isole di vendita del bio stanno diventando sempre più omologate, spesso con prodotti di un solo fornitore (soprattutto nel fresco) e scarsa differenziazione nel packaging e nell’offerta rispetto alle referenze convenzionali che le circondano.

Tanto che la quota del bio sull’agroalimentare totale continua a mantenersi ad un livello non superiore al 3%. Senza dubbio insufficiente a sostenere l’obiettivo Green deal di una produzione che deve rappresentare il 25% delle terre agricole europee entro il 2030.

COSÌ IL BIOLOGICO CERCA DI DRIBBLARE L’EFFETTO INFLAZIONE

COSÌ IL BIOLOGICO CERCA DI DRIBBLARE L’EFFETTO INFLAZIONE

La ricerca di sostenibilità alimenta un nuovo rapporto tra consumatore e distribuzione moderna. Le performance 2023 del mercato del bio e le prospettive per il 2024 nell’analisi di Nomisma

«La gdo (grande distribuzione organizzata) ha un ruolo determinante per lo sviluppo del biologico, dal momento che veicola quasi il 60% della spesa domestica degli italiani e sviluppa assortimenti a marchio proprio in grado di conquistare una quota di mercato significativa, oltre alla fiducia del consumatore».

È quanto sostiene Silvia Zucconi, Chief Operating Officer Nomisma, commentando l’analisi sul mercato del bio in Italia presentata alla fiera Marca nel corso del workshop “L’Italia di oggi e di domani: il ruolo sociale ed economico del biologico nella Distribuzione Moderna”, organizzato nell’ambito del progetto Being Organic in Eu promossa da FederBio in collaborazione con Naturland.

«Ma il supporto allo sviluppo – continua – non si ferma ai numeri di vendite e assortimenti: la distribuzione moderna rappresenta, infatti, un veicolo formidabile per garantire al consumatore un flusso informativo che consenta di costruire una completa mappa valoriale del biologico declinata sia sul prodotto che sul metodo produttivo nonché le relative implicazioni ambientali e sociali». «E le attività sul punto vendita rappresentano certamente un vettore determinante in tal senso».

2,4 miliardi di vendite a scaffale (su 4,2 totali)

Secondo lo studio realizzato da Nomisma, il biologico si conferma infatti come categoria d’interesse per il consumatore italiano. Nel 2023 gli acquisti bio nella distribuzione moderna si sono infatti attestati a 2,4 miliardi di euro ( +4,7% a valore rispetto al 2022). Paragonata al totale del paniere agroalimentare (+8,7%) la crescita del bio a valore è più contenuta, ma la dinamica a volume del bio segnala una sostanziale tenuta della categoria (-0,3%), viceversa nell’agroalimentare nel complesso si registra una frenata più marcata del carrello (-1,2%).

La distribuzione moderna si conferma quindi il canale di acquisto di riferimento per il biologico in Italia, con un peso pari al 58% del totale delle vendite (mentre i negozi specializzati scendono al 23% e il commercio di vicinato al 19%). La private label (marca del distributore) oggi rappresenta il 47,5% delle vendite a valore veicolate della distribuzione moderna, con un numero medio di referenze vendute pari a 130 unità in iper e super e 70 nei discount.

Nuovi stili alimentari

Nel 2023 la consumer base di prodotti bio è risultato l’indicatore di maggior interesse per il bio: il 90% della popolazione di età compresa tra 18 e 65 anni ha acquistato consapevolmente almeno un prodotto alimentare bio nell’ultimo anno. La composizione dei carrelli alimentari è però sempre più complessa, riflettendo l’affermazione di differenti stili alimentari, con:

  • 86% di user di prodotti 100% vegetali,
  • 55% di prodotti “free from” (64% senza lattosio, 45% senza glutine);
  • 33% di prodotti ricchi di proteine.

L’interesse per altre caratteristiche di prodotto ha così determinato l’orientamento degli assortimenti del bio, che ad oggi concentrano gran parte della proposta presente nella gdo verso prodotti espressioni dell’italianità (34,5% delle referenze della categoria bio) e “rich in” (23,5%) con maggior offerta relative a referenze ricche di fibra (14,2%) o integrali (7,8%) piuttosto che di proteine ( 5,3%) che rimane l’area di maggiore sviluppo dei prodotti convenzionali.

Inoltre, il bio rappresenta ancora per la maggior parte degli acquirenti (58%) la prima scelta, soprattutto per alcune categorie come frutta e verdura fresca, uova (12%) e olio extra vergine di oliva.

Consumatori motivati

Tra le principali motivazioni che spingono i consumatori italiani ad acquistare prodotti bio rimane il benessere personale. Il 27% ritiene infatti prodotti bio più sicuri per la salute rispetto all’opzione convenzionale, il 23% li ritiene invece più rispettosi dell’ambiente, il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende sostenere i piccoli produttori.

Il monitoraggio di Nomisma evidenzia alcune aree di lavoro fondamentali per la categoria, coerentemente con gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 – con particolare riferimento al Goal 12.8 che ambisce entro il 2030, ad abilitare tutte le persone, in ogni parte del mondo, ad accedere ad informazioni rilevanti e ad acquisire giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura.

Richiesta di maggiore informazione

In questa logica la richiesta di conoscenza del consumatore arriva direttamente dal consumatore: il 28% ritiene di non avere informazioni sufficienti per valutare le caratteristiche del prodotto bio e un ulteriore 57%, nonostante abbia una buona consapevolezza di prodotto, vorrebbe comunque avere maggiori informazioni.

In particolare il consumatore richiede di entrare nel merito della comprensione delle differenze esistenti tra il prodotto bio e quello convenzionale (per l’85% degli intervistati), del profilo di sostenibilità collegato al metodo di produzione biologica (72%), dei vantaggi concreti del metodo bio per l’ambiente (75%).

Impatto del caro-vita

A condizionare i risultati del 2023 è stato ancora lo scenario inflattivo, nonostante il suo progressivo rallentamento. L’anno scorso la crescita dei prezzi è stata infatti pari al 5,7%, (il 2022 aveva registrato un +8,1%), ma l’impatto è ancora rilevante per le famiglie italiane.

Situazione che, nonostante il rallentamento nella crescita dei prezzi, ha spinto gli italiani ad adottare strategie di salvaguardia del potere di acquisto. In questo contesto, circa 9 italiani su 10 hanno messo in atto strategie per gestire la spesa alimentare: nello specifico, il 71% ha rinunciato all’acquisto di prodotti superflui, il 64% ha effettuato la spesa guardando in primis alle promozioni mentre più di 6 italiani su 10 hanno acquistato prodotti a marchio del distributore. Per il 2024 sembrano migliorare le intenzioni di spesa degli italiani.  Un segnale di ottimismo arriva infatti dall’ inversione di tendenza dell’ortofrutta che, dopo le rinunce registrate nel periodo estivo, è ora tra i prodotti con maggiore incremento nelle vendite.

I commenti della filiera

«In questo scenario critico – commenta Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio – è confortante l’incremento del 4,7% a valore registrato dalle vendite di prodotti bio nella Distribuzione Moderna e soprattutto che 24 milioni di famiglie, il 93% del totale, abbiano acquistato biologico». «Si tratta di un’ulteriore conferma di come i consumatori si stiano sempre più orientando verso scelte alimentari sostenibili che contribuiscono a preservare la biodiversità e a contrastare i cambiamenti climatici».

«Il fatto che nella gdo – evidenzia invece Nicoletta Maffini, presidente di Assobio-  la vendita del prodotto biologico sia ferma al 3% è un dato che non ci soddisfa e ci auguriamo di poter raggiungere quanto prima almeno il 10%. Per far questo è necessario che le associazioni di categoria facciano sinergia tra di loro ma anche con la politica e con la gdo stessa per supportare i progetti di filiera e il giusto prezzo».

BIOLOGICO, STRATEGIE OPERATIVE PER UN RILANCIO VINCENTE

BIOLOGICO, STRATEGIE OPERATIVE PER UN RILANCIO VINCENTE

Suolo e Salute porterà il suo contributo al convegno organizzato da Edagricole alla prossima Fieragricola di Verona mercoledì 31 gennaio

Alla prossima Fieragricola di Verona, il 31 gennaio, Suolo e Salute parteciperà al convegno “Biologico, strategie operative per un rilancio vincente” organizzato da Edagricole. L’appuntamento è alle ore 15:30 nell’Area Forum del Padiglione 5.
L’evento affronterà le problematiche di un mercato che attraversa le turbolenze innescate dalle crisi geopolitiche e inflattive. I numeri del comparto dell’agricoltura biologica parlano infatti chiaro: crescono superfici e operatori ma in Italia calano le vendite. Il convegno affronterà la questione con gli interventi di alcuni dei maggiori protagonisti di questo tipo di produzione.

 

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