Continuano gli attacchi all’agricoltura biologica e ai suoi numerosi benefici. Questa volta è il Consorzio Terroir Marche, l’associazione dei vignaioli biologici delle Marche, che risponde a questi numerosi attacchi.
“Non conosciamo le ragioni profonde di questi attacchi, forse a qualcuno dà fastidio il crescente successo dei prodotti agroalimentari bio (in Italia le vendite hanno segnato un +15% nel 2017e un +153% rispetto al 2008, mentre l’export del bio made in Italy vale quasi 2 miliardi grazie a un +408% rispetto al 2008 – Dati Nomisma). Possiamo anche ipotizzare una reazione del mondo del “biotech” alla bocciatura da parte della Corte di Giustizia Europea di tecniche come il genoma editing e la cisgenesi. Quel che è certo è che questi contributi sono pericolosi, a maggior ragione se provengono da personalità del mondo politico e accademico nei giorni della conferenza mondiale sul clima Cop24 in corso in Polonia, dove si discute di riscaldamento globale e futuro del pianeta” affermano i soci di Terroir Marche.
La ricerca scientifica, sottolinea il Consorzio, ha già dimostrato da anni che il metodo biologico è il più indicato ad affrontare i problemi del cambiamento climatico, del risparmio idrico e della fertilità del suolo.
Nel 2002, infatti, il giornalino della FAO “Organic agricolture, environment and food security” affermava che nei sistemi di agricoltura biologica:
- Le emissioni di CO2 per ettaro sono inferiori del 48%, rispetto al 66% dell’agricoltura convenzionale;
- Gli ecosistemi si adattano meglio agli effetti del cambiamento climatico, offrendo una soluzione per ridurre le emissioni dei gas serra agricoli;
- I suoli riescono a contrastare il degrado del terreno, in quanto si presentano più resistenti allo stress idrico e alla perdita di nutrienti;
- I prodotti mostrano un maggiore valore nutritivo, con maggiore conservazione di biodiversità.
Tra i numerosi attacchi, continuano quelli sull’uso del rame: “a questo proposito è bene fare chiarezza su alcuni punti. Prima di tutto il rame è utilizzato anche in agricoltura convenzionale, ma è solo in agricoltura biologica che viene assoggettato a limiti stringenti. La recente normativa europea ha ulteriormente ridotto i limiti di utilizzo del rame fino a 4 kg per ettaro all’anno. I vignaioli biodinamici già oggi hanno un limite di 3 Kg ed è innegabile che è nel settore della viticoltura naturale che si è sviluppata negli anni la maggior sensibilità verso una progressiva riduzione del rame”, risponde il Consorzio.
Una recente ricerca, ha infatti dimostrato che l’uso del rame in viticoltura non ha effetti tossici riscontrabili. Questo è dovuto principalmente dal fatto che i terreni, sui quali si pratica il metodo biologico, sono talmente ricchi di humus che riescono a immobilizzare il rame riducendone la tossicità. “Inoltre, come il ferro, anche il rame è un componente importante dei sistemi enzimatici del metabolismo respiratorio e della fotosintesi. Agisce sulla sintesi della lignina e sulla germinazione del polline, favorisce l’accrescimento apicale, aumenta la traspirazione ed è indispensabile nella formazione della clorofilla e dei complessi proteici che agiscono durante la fotosintesi. Eppure viene assimilato ai pesticidi di sintesi!”.
“Rigettiamo pertanto con forza il tentativo di equiparare convenzionale e biologico dal punto di vista dell’uso dei pesticidi e di ridurre il movimento biologico a nicchia di mercato che basa il suo successo solo su narrazioni rassicuranti o, peggio, a tendenza giovanilistica e radical chic. La viticoltura e l’agricoltura biologica sono un settore rilevante e trainante dell’agricoltura italiana e uno dei capisaldi della lotta al cambiamento climatico”.