Gli interessi ricreativi che il 2020 ha dato la possibilità di esperire, in quanto anno della pandemia da Covid-19, sono stati pochi, ma tra questi spicca certamente l’attenzione alla salute e alla qualità, riservata da parte dei consumatori alla spesa alimentare e alla preparazione degli alimenti.
A confermarlo sono i dati raccolti da Nomisma e Nielsen, pubblicati sulla rivista Food, in merito alla crescita del consumo di prodotti biologici.
Il settore ha conosciuto un’impennata del 20% durante l’anno 2020, crescita che alla fine del primo semestre dell’anno, rappresentava il 3,9% della vendita totale di cibi e bevande.
Tra i prodotti alimentari più consumati durante il periodo di pandemia, troviamo le uova, la cui quota ha raggiunto i 110 milioni di euro. L’incremento economico non è stato l’unico risultato, infatti i consumatori hanno mostrato maggiore sensibilità riguardo alla provenienza delle uova e al tipo di allevamento da cui provengono.
La GDO si è mossa di conseguenza ampliando l’offerta di uova biologiche. Infatti, le uova certificate biologiche mantengono oltre il 10% dei volumi venduti, mostrando incrementi del 4% rispetto al 2019.
Le farine bio, sono diventate un “tormentone” della spesa durante il lockdown. Favorite dalla preparazione di dolci e alimenti fatti in casa, la loro vendita ha riscontrato un aumento del 44% durante l’anno 2020, cioè circa 25 milioni di euro in più rispetto alla media dell’anno precedente; con un consequenziale calo commerciale del 10% rispetto a prodotti come biscotti e merendine, penalizzati dal ritrovato gusto dell’hand made.
Anche frutta e verdura biologica sono stati tra gli alimenti più acquistati, con un incremento del 12% della prima e del 7% rispetto agli ortaggi.
I discount, gli e-commerce e i negozi specializzati si distinguono invece per essere stati i canali preferenziali di acquisto durante il periodo di pandemia.
La vendita nei discount è cresciuta del 12% circa, mentre quella online è risultata strategica per i produttori che vi hanno abbinato la consegna a domicilio, favorendo una relazione diretta con il consumatore, in queste circostanze meno scontata da realizzare.
I negozi specializzati sono stati agevolati dall’impossibilità allo spostamento da parte delle persone, costrette a rivolgersi ai commercianti nelle immediate vicinanze per l’acquisto di beni primari.
Se poniamo lo sguardo alla percentuale di suolo coltivato a metodo biologico in Italia, questo si aggira intorno al 15%. Di cui almeno la metà è distribuito tra Sicilia, Puglia, Calabria ed Emilia Romagna. La regione che accoglie la più alta concentrazione di terreno coltivato a bio è la Sicilia, con circa 400 mila ettari coltivati dedicati prevalentemente ad agrumi e olivi.
Fuori dal confine italiano, l’Italia emerge per essere il primo esportatore di alimenti bio in Europa, per un ammontare di 2 miliardi e mezzo di euro – di cui il 30% commercializzati attraverso le private label dei distributori stranieri -.
Tra i prodotti maggiormente esportati: frutta e verdura e bevande vegetali alternative al latte tradizionale. Seguono il riso, la pasta, gli oli, le carni e il vino. L’80% del fatturato del settore, deriva proprio dall’export.
Per quanto riguarda il vino, quest’ultimo nella produzione a metodo biologico ha conosciuto un’ulteriore crescita non soltanto in termini quantitativi. Chianti Classico e Franciacorta sono tra le maggiori produzioni, che ammontano relativamente al 30 e 50%.
Ad essere importate invece, sono materie prime come caffè, tè, cacao, spezie, banane, ananas, zucchero di canna, riso basmati proveniente dall’India e grano tenero di derivazione canadese.
Poco distante da noi, con un giro economico di 12 miliardi di euro, vi è la Germania, dove un consumatore su due acquista quotidianamente prodotti bio.
Durante il lockdown la vendita attraverso i discount è stata la corsia preferenziale, questi – Lidl è un esempio – si coordinano sul lavoro con l’associazione Bioland, nota per sottoporre i prodotti a un controllo di certificazione estremamente rigoroso. Controllo che attrae a sé fette di consumatori inedite.
La Francia è tra i paesi più attivamente impegnati nella transizione ecologica. Si prevede che nei prossimi anni il mercato bio incrementerà notevolmente, grazie alla strategica fusione tra la GDO e alcuni marchi specializzati. Supermercati e Ipermercati infatti, detengono il 55% del dominio sul mercato bio d’Oltralpe.
Oltre i confini europei: il Regno Unito ha registrato un aumento nel settore durante il 2020 del 6%, percentuale che durante il lockdown ha raggiunto il 18,7. Tra gli alimenti più venduti in questo paese, le banane Fairtrade e le uova biologiche.
Oltreatlantico il mercato biologico non delude: in Canada la quota dei prodotti bio ha superato i 3 miliardi di euro, di cui 780 milioni derivano dalla vendita di alimenti importati dall’estero, come caffè, pomodori, spinaci e fragole.
Negli Stati Uniti ad avere il controllo delle vendite sono le multinazionali come Walmart e i discount, che puntano sulle promozioni per favorire l’ampliamento della clientela. Il settore biologico in America, equivale oggi al 5,8% della vendita alimentare.
In Cina questo tipo di mercato è alimentato soprattutto dai Millennials, forti consumatori di spuntini freschi biologici. Si prevede che entro tre anni il mercato cinese del bio superi i 13 milioni di dollari di fatturato.
L’India ha visto schizzare alle stelle il consumo di riso e legumi bio durante il lockdown. Il fatturato di prodotti biologici del paese ammonta a circa un miliardo di dollari (860 milioni di euro). Inutile dire che Amazon ha alimentato l’attrazione delle persone per il settore, incentivando il consumo con generosi sconti su marchi di rilievo.
In uno stato come quello russo invece, il biologico è una categoria d’acquisto riservata alle élite, perché comporta rincari fino al 300%. Il mercato bio, rappresenta solo lo 0,1% delle vendite alimentari, sebbene negli ultimi dieci anni la catena healty VkusVill abbia aperto ben 1200 punti vendita all’interno del paese.
Il caso australiano è fuori dall’ordinario per regolamentazione: l’utilizzo della dichiarazione biologica del prodotto sembra infatti non essere ancora stato rigorosamente tarato secondo requisiti specifici. Tuttavia anche qui il settore risulta prolifico con prospettive di ampia crescita.
Il panorama generale legato alla tendenza dei mercati del settore bio nell’anno 2020 è stato sorprendente e seppure in condizioni attualmente differenti, ci auguriamo continui a prosperare per grandezza.
Fonte: Great italian food trade