Non solo sostenibilità: la presenza di un marchio certificato come quello del bio o del biodinamico influenza anche il giudizio sulla qualità del vino. Un miglioramento oggettivo o solo suggestione? Debora Viviani (UniVr): «È il segnale che il bio fornisce risposte “personalizzate” alle esigenze e alle ansie di ogni classe di consumatore»
Oltre alla sostenibilità, c’è anche più “gusto” nel vino bio? Ovvero: il metodo produttivo scelto – e la sua comunicazione – incidono sulla percezione della qualità?
È il tema che ha tenuto banco in occasione del webinar “Bio c’è più gusto?” organizzato al Vinitaly special edition nell’ambito del progetto europeo Biols.eu. Una risposta arriva da due indagini già concluse, ricordate in occasione dell’incontro.
Le riviste Usa premiano il vino bio
“Il vino bio ha un gusto migliore?” è uno studio del 2016 realizzato dai ricercatori dell’Università della California che ha messo a confronto i giudizi di tre pubblicazioni molto seguite dall’universo del vino a stelle e strisce (The Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator). Dalle recensioni di 74.148 vini prodotti in California tra il 1998 e il 2009 è emerso che la certificazione bio ha un impatto statisticamente significativo sui punteggi assegnati ai vini, aumentando le valutazioni in media di 4,1 punti.
E lo stesso i critici francesi
Un secondo studio più recente è stato realizzato sempre dall’Università della California assieme a Sciences Po, centro universitario francese leader in scienze sociali che hanno testato l’impatto dei marchi di sostenibilità (bio, biodinamico, ma anche marchi “green” non certificati) sulle valutazioni degli esperti di tre importanti guide, questa volta francesi (Gault Millau, Gilbert Gaillard e Bettane Desseauve). I risultati, basati sull’analisi delle recensioni di 128.182 vini, indicano che le etichette biologiche e biodinamiche certificate da terze parti portano a un miglioramento delle valutazioni (rispettivamente +6,2 e +5,6 punti percentuali) rispetto ai vini convenzionali, mentre i marchi di naturalità auto-dichiarata, che includono pratiche sostenibili non certificate, hanno ricevuto, nei migliori dei casi, valutazioni simili a quelli dei vini convenzionali.
La certificazione è il punto di partenza
Risultati che hanno spinto i produttori presenti a sottolineare l’importanza della certificazione. «È il punto di partenza – ha sostenuto Silvano Brescianini, produttore del primo Franciacorta biologico e Presidente del Consorzio per la tutela del Franciacorta – di ogni discussione intorno al tema biologico. Solo il riconoscimento di un ente terzo può offrire le garanzie necessarie in tema di sostenibilità e qualità».
Per Brescianini il bio è la migliore strada per raggiungere il traguardo della qualità. «Dal 1991, anno della prima legge europea sul bio a oggi, c’è stata una netta evoluzione nelle pratiche sia di vigneto che di cantina». «La cura bio del vigneto è la migliore garanzia per esaltare le specificità di ogni territorio».
«A fronte della salvaguardia della complessità dell’ecosistema – ha concordato Ivo Nardi, pioniere del Prosecco Docg bio – occorre rispettare le condizioni per raggiungere una qualità ormai riconosciuta. L’azienda bio parla di sostenibilità a 360° coinvolgendo anche l’ambito economico, diventando un esempio virtuoso di remunerazione dello sforzo di chi opera in vigna e in cantina.
Nicola Venditti, storico produttore di vino biologico di qualità nella Dop Sannio nel territorio di Castelvenere (Benevento) ha messo in evidenza i passi in avanti fatti dalla viticoltura bio grazie all’apporto sempre più decisivo che la tecnologica offre a sostegno della cura della vigna in modo naturale. «Un elemento fondamentale – ha detto – per conservare nel corso degli anni una costanza qualitativa della produzione».
Un primato da difendere
Maria Grazia Mammuccini, viticoltrice nella zona del Chianti Colli Aretini ha sottolineato il primato del nostro Paese per la diffusione della viticoltura bio. «Un primato da sostenere – ha raccomandato – perché competitor europei come Francia e Spagna, hanno fatto segnare nel 2020 sul 2019 incrementi superiori a quello italiano sul lato produttivo (rispettivamente +23% e +8% contro +7%)».
Il bio come risposta alle esigenze di ogni consumatore
«La percezione– è stata l’analisi di Debora Viviani, Dipartimento di Scienze Umane, Università di Verona – dei consumatori, anche di quelli meno esperti, è condizionata da una rinnovata attenzione verso i temi della salute e della genuinità accentuata dalla pandemia». «E sotto questo punto di vista – ha concluso – il biologico s’innesta alla perfezione fornendo risposte “personalizzate” alle esigenze di ognuno».
Fonte: Beverfood