La manifestazione della Task force “Liberi da OGM” ha fornito l’occasione per tornare a riflettere sugli organismi geneticamente modificati e sul loro impatto sul consumatore italiano. Un consumatore fortemente contrario al loro utilizzo, come risulta da un’indagine condotta da Ipr Marketing secondo la quale il 76% dei nostri concittadini (quasi 8 su dieci, in pratica) non vuole OGM sulle proprie tavole, con un aumento del “partito anti-OGM” del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
“Con il crescere dell’opposizione degli italiani agli OGM in agricoltura – si legge in un comunicato della Coldiretti, tra le associazioni che hanno aderito alla manifestazione – si riducono ad appena il 10% i favorevoli, ma diminuiscono anche coloro che non hanno una opinione o non rispondono al 14%. Bastano questi dati per spiegare le ragioni della richiesta al governo di esercitare la clausola di salvaguardia che vieterebbe la messa a coltura di piante biotech, formulata dalla task force”, della quale fa parte, tra le altre associazioni, la Coldiretti.
In merito alla clausola di salvaguardia, la Coldiretti sottolinea che già 8 paesi europei (Francia, Germania, Lussemburgo, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Polonia, Austria) hanno scelto di adottarla, e che nel nostro paese una mozione votata all’unanimità ha sollecitato analoga adozione del provvedimento da parte di tutti i gruppi parlamentari del senato. Una scelta che non può essere rimandata ancora.
“La non definitiva risoluzione della vicenda OGM – ribadisce Stefano Masini coordinatore della Task force “liberi da OGM” e responsabile ambiente della Coldiretti – va avanti ormai da troppo tempo e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, regioni ed il parlamento si sono espressi già tantissime volte”.
Anche per evitare che abbiano spazio vicende come quella recentemente occorsa in Friuli, con la semina di mais geneticamente modificato. “Gli organismi geneticamente modificati in agricoltura – ricorda la confederazione – non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che e’ il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distinti vita’ e del Made in Italy.
Posizione ripresa anche dalla Cia, la Confederazione Italiana Agricoltori, che in un comunicato ribadisce che “gli OGM sono incompatibili con l’agricoltura italiana, che e’ fortemente legata alla molteplicità di territori e tradizioni e l’omologazione a cui gli organismi geneticamente modificati conducono mette a rischio gli oltre 5.000 prodotti tipici che rappresentano la spina dorsale dell’enogastronomia italiana”. “Tipico – prosegue la nota – vuol dire sano e di qualità: questo vale soprattutto per il nostro paese che custodisce tra le pieghe del paesaggio rurale un patrimonio di prodotti unici, inimitabili e soprattutto inscindibili dal territorio”, veri punti di forza ed eccellenza del turismo enogastronomico, un comparto che in Italia vale la ragguardevole somma di 5 miliardi di euro l’anno.
Ad oggi, fortunatamente, in Europa gli OGM sono coltivati solamente in cinque paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) on 129mila ettari di mais transgenico piantati nel 2012, una percentuale comunque minima rispetto alla superficie agricola comunitaria, pari a molto meno dello 0,001 % dei 160 milioni di ettari coltivati in Europa, secondo quanto rivelano le elaborazioni Coldiretti su dati Isaaa. E’ quindi questo il momento giusto perché il nostro Paese ribadisca pienamente la sua contrarietà agli OGM, lavorando al contrario nella direzione della valorizzazione delle grandi eccellenze agroalimentari del Bel Paese.
Fonte: Agrapress