Un milione di euro per il progetto di ricerca della Penn State University che mira ad individuare le corrette rotazioni del mais in grado di ridurre le malerbe senza eccedere nelle lavorazioni meccaniche e rispettando così la salute del suolo
Produrre cibo nel rispetto dell’ecosistema, del territorio e del contesto sociale delle comunità rurali. Una filosofia zen che sembra lontana dal pragmatismo economico degli Stati Uniti. Invece l’agricoltura biologica è in crescita negli States e sdogana i precetti dell’agroecologia anche nel corn belt. Fino a spingere il potente Usda, il dipartimento federale dell’agricoltura, a guardare al futuro stanziando cospicui fondi per le ricerche sulla salute e la fertilità organica del suolo attraverso l’ Organic Transitions Program (Org). Un milione di dollari è ad esempio destinato alla Penn State University (Università statale della Pennsylvania) per trovare il giusto equilibrio tra la salvaguardia del suolo e l’eliminazione meccanica delle erbe infestanti nell’agricoltura biologica.
Meno lavorazioni, please
«La lavorazione del terreno – spiega Jason Kaye, professore di biochimica del suolo alla Penn State e coordinatore del progetto- è uno strumento comune per il controllo delle erbe infestanti, soprattutto nei sistemi biologici, ma disturba anche il suolo, degradandone la fertilità a lungo termine». «Il nostro obiettivo è informare gli agricoltori sul rischio di selezione di specie perenni e sulle rotazioni che sopprimono tali infestanti, migliorando la salute del suolo».
Sovesci e erbai perenni
La ricerca prevede il confronto di miscele di specie da sovescio per valutarne l’influenza sulla crescita delle erbe infestanti, valutando al contempo la salute fisica e biologica del suolo. Un altro aspetto in valutazione riguarda la redditività della rotazione del mais con erbai perenni e cover crop rispetto a due anni di colture annuali da reddito come soia e grano.