ALL’ITALIA IL RECORD DELL’INCIDENZA DEL BIO

Superfici in crescita del 4,4% con una quota che arriva al 17,4% del totale della Sau italiana e la promessa di bruciare le tappe per arrivare all’obiettivo del 25% richiesto dalla Farm to Fork

Cala la superficie agricola convenzionale, cresce quella bio. Un processo che non si ferma e che è emerso anche nel corso dell’evento promosso da Mipaaf, Ismea, Ciheam a Roma lo scorso 6 luglio. Dai dati presentati da Fabio del Bravo di Ismea è infatti emerso che la superficie biologica italiana è aumentata del 4,4% nel 2021 (monitoraggio Sinab-Ismea), arrivando a sfiorare i 2,2 milioni di ettari. Il mantenimento di questo ritmo di crescita permetterebbe di raggiungere i 2,7 milioni di ettari al 2027, ultimo anno della Pac 2023-2027, e toccare i 3 milioni al 2030, valore prossimo al target Farm to Fork del 25% di superficie bio, da raggiungere entro la fine del decennio.

Già oggi l’incidenza sulla SAU nazionale è del 17,4%,  la più alta in ambito Ue. E’ apparso in crescita anche il numero degli operatori, giunti a 86.144 (+5% rispetto al 2020, cresciuti del 78,5% negli ultimi 10 anni), mentre il fatturato del settore ha raggiunto circa 4 miliardi di euro, (+11% su base annua).

Il traino di Campania, Toscana e Friuli

Un quadro nazionale che non è tuttavia omogeneo tra le diverse regioni, con alcuni territori come Campania (+55%), Toscana (+25%) e Friuli-Venezia Giulia (+23%) in cui le superfici biologiche crescono a ritmi mai visti finora; e altri come la Sicilia che, pur mantenendo il suo primato, ha perso in un anno più superficie biologica di quanta ne conti l’Abruzzo ( vedi il documento sui dati del Biologico del 2021 -Anticipazioni di “BIO IN CIFRE  2022”) .

Alla base di queste dinamiche molto differenziate, le diverse scelte operate dalle Regioni relativamente agli impegni agroambientali dei PSR 2014-2020 e in particolare l’uscita di nuovi bandi della Misura 11.

Crescono le colture permanenti

Tra le diverse coltivazioni bio crescono soprattutto le colture permanenti (+3,5% nel complesso), con andamenti diversificati tra le diverse tipologie: si riducono gli agrumeti (arance -17,2% e limoni -0,8%) e rimangono sostanzialmente stabili i meleti bio (-0,4%) e gli oliveti (+0,5%) mentre aumentano i vigneti (+9,2%) e i noccioleti (+12,5%). Crescono anche le superfici investite a cereali (+2,8%) trainate soprattutto dai maggiori investimenti a grano duro e tenero, mentre risultano stabili le colture foraggere (-0,7%) e i prati e pascoli (-0,8%).

La zootecnia segna il passo

L’analisi della zootecnia biologica fa invece emergere alcune rilevanti criticità, con una incidenza dei capi allevati che nel complesso rimane inferiore al 10%. Nell’ultimo triennio le consistenze dei bovini, suini, ovini e caprini mostrano livelli pressoché stabili mentre il comparto degli avicoli (con particolare riferimento ai polli da carne e alle galline ovaiole) mostra una dinamica positiva più marcata, tanto da guadagnare ogni anno circa mezzo milione di capi. A rallentare la conversione degli allevamenti sono le difficoltà tecniche che la gestione del biologico comporta, dalla reperibilità e l’alto costo dei mangimi biologici, dalla bassa richiesta del mercato agli alti oneri che comporta la riconversione delle strutture d’allevamento a un modello più estensivo.

 

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