Suolo e Salute

Autore: admin

LA STRADA BIO CONVINCE LE GRANDI MAISON DELLO CHAMPAGNE

LA STRADA BIO CONVINCE LE GRANDI MAISON DELLO CHAMPAGNE

La storia della produzione vinicola biologica in Francia ha una lunga storia, risale infatti al 1962 la creazione dell’AFAB – Associazione francese per l’agricoltura biologica, seguita dalle prime leggi approvate negli anni ’80 e dalla vinificazione bio vera e propria, ufficializzata nel 2010.

Non desta dunque sorpresa che talune realtà stiano scegliendo di aprirsi a questo metodo e aderirvi, proprio negli ultimi tempi, un po’ in ritardo rispetto alla media, ma con particolare slancio e velocità nella realizzazione del processo.

È il caso della regione della Champagne, quella famosa per l’abate benedettino Dom Pierre Pérignon. Il metodo di produzione bio sembra aver interessato nel 2019, 1148 ettari di vigneto di cui 618 ettari di terreno in conversione, per una produzione portata avanti da 260 maison in tutta la regione.

A comunicarlo è l’Association Des Champagnes Biologiques, che rileva l’aumento della superficie al 24% rispetto al 2018, per un totale del 3,4% della superficie della denominazione.

I dati sorprendono, poiché se facciamo riferimento all’annata 2020: 137 nuove cantine sembrano aver iniziato il processo di conversione, ovvero 685 nuovi ettari di terreno, comunica l’Agence Bio. Un supplemento di superfici di quasi il 70% ha virato verso il metodo biologico, per un totale del 6% della superficie della denominazione, praticamente il doppio dal 2018 se l’Observatoire Régional de l’AB confermerà i dati.

Una nuova scelta quella del biologico, che restituisce riconoscimenti anche sul mercato. Esempi di rilievo sono Drappier – situato a Urville, possessore di un vasto vigneto, di cui un terzo della superficie è coltivata a bioe Leclerc Briant certificato biologico e biodinamico nella totalità del vigneto.

Roederer, di proprietà della stessa famiglia di fondazione dal 1776, sta agendo invece in maniera più graduale: con dieci ettari certificati Demeter già dal 2004 – certificazione del metodo biodinamico – e i restanti 122 in conversione al biologico già dall’anno 2018.

La prima annata dell’etichetta Roederer simbolo di questa rivoluzione è il Cristal 2012. Dalla struttura corposa seppure morbida, il perlage delicato e i profumi di limone candito, con note di mandorla e fiori bianchi.

Vranken-Pommery, uno dei vigneti più influenti, vasti e diffusi oltre il territorio della Champagne, ha comunicato la sua conversione ad oggi effettuata per il 60% delle sue tenute, con promessa del 100%. La sua scelta è stata contagiosa nel settore, a causa della sua fama appunto. Canard-Duchêne ad esempio, ha lanciato tra le sue linee la P181 extra brut bio prodotta con uve acquistate da sette viticoltori, una cuvée semi-fidentiel.

La Champagne sembra quindi aver intrapreso con energia la strada della sostenibilità, ma perché rispetto alle altre regioni, appare come l’ultima ad aver affrontato questo tipo di cambiamento?

Soggetta a un clima favorevole alle malattie della vite, come per esempio la muffa grigia, al frequente rischio di congelamento per l’uva nelle ore notturne di primavera e a un prezzo al kg di questa fortemente elevato (intorno ai 7 euro circa, a seconda dell’annata), non partiva come la regione con caratteristiche più congeniali a un’evoluzione di questo tipo; si sta tuttavia emancipando.

È certamente da considerare che gli approcci di conversione che la coinvolgono sono differenti: molti dei produttori che intraprendono il cambiamento infatti, non lo fanno per ottenere l’etichetta AB, ma la VDC – la Certificazione di viticoltura sostenibile in Champagne, creata dal CIVC – Comité interprofessionnel du vin de Champagne, che oggi certifica la bellezza di 335 aziende ovvero il 15% della superficie totale.

La molteplicità degli approcci non finisce qui, poiché molte delle 335 aziende nominate, sono al contempo certificate HVE – High Environmental Value, che presenta parametri di valutazione similari a VDC per la certificazione. 70 sono le aziende certificate solo HVE (per un totale di 400 maison HVE), e circa 40 quelle certificate Terra Vitis (certificazione indipendente riconosciuta dal Ministero dell’Agricoltura); si giunge così al 2,5% della superficie totale coltivata in modo sostenibile.

L’HVE è una certificazione francese creata e supervisionata dal Ministero dell’Agricoltura Agroalimentare e Forestale per promuovere la produzione di aziende agricole che si impegnano volontariamente in pratiche rispettose dell’ambiente”, racconta Franck Moussié della Maison Guy Méa, riconosciuta HVE appunto, sottolineando come l’obiettivo sia la valorizzazione della biodiversità il buon senso nel sostenerla.

D’altro canto, Pierre Lermandier, noto produttore, ha dichiarato nel 2019 al giornale Le Monde, come il logo AB sulla bottiglia, rimanga di fatto una garanzia di certificazione bio per chi consuma il prodotto e un gesto di riconoscimento e solidarietà verso i colleghi produttori.

Nonostante i rallentamenti e i multiformi approcci, l’intenzione alla base sembra essere l’univoco prendersi cura in modo efficiente e sostenibile dei preziosi vigneti di una regione che ha fatto la storia per successo e tradizione.

E per non rimanere nella sola narrazione, ecco infine un’accorta selezione di champagne biologici facilmente reperibili in Italia, direttamente consigliati da Fabio Pelliccia, esperto e appassionato sommelier per Antonello Colonna Resort: André Beaufort, Benoit Lahaye, Fleury, Claude Cazals, Francis Boulard, Jacquesson, Laherte Frères, Larmandier Bernier, Marie Courtin, Maurice Vesselle, Michel Gonet, Tarlant, Vilmart, Vouette & Sorbee.

Fonte: Repubblica

BIORGANICLIFESTILE: LA NARRAZIONE DEL BENESSERE ANIMALE NELLA PRODUZIONE BIO

BIORGANICLIFESTILE: LA NARRAZIONE DEL BENESSERE ANIMALE NELLA PRODUZIONE BIO

Il tema alimentare è sempre più cruciale nell’esperienza quotidiana del popolo europeo, favorendo una crescita del settore bio senza precedente alcuno in termini di velocità.

Al fine di favorire consapevolezza nell’acquirente-consumatore ma anche nell’operatore commerciale, BiOrganicLifestyle.eu, progetto internazionale presentato dai principali enti del settore agroalimentare biologico italiano e olandese – le organizzazioni proponenti sono EOP – European Organic Partners e BioNextha l’intento di potenziare l’identità e la diffusione dei prodotti del settore bio europeo sul mercato tedesco, italiano e francese.

L’idea alla base è quella di raccontare le caratteristiche specifiche dei metodi di produzione agricola dell’Unione, aiutando inoltre il consumatore a riconoscere il logo del bio europeo senza cadere in etichette ingannevoli. Il logo biologico UE è difatti caratterizzato dalla fogliolina verde, tratteggiata nella sagoma, dalle stelle che compongono la bandiera dell’Unione.

Con lo scopo di narrare il benessere animale alla base della produzione bio, BiOrganicLifestyle.eu propone brevi filmati, a narrazione di aspetti centrali degli allevamenti. Il primo attraversa un allevamento di polli e lo stile di vita di questi animali all’interno di una fattoria europea. Le ovaiole si nutrono solamente di alimenti bio, in parte tratti da colture proprie. Viene sottolineato come in questo tipo di produzione, sia assolutamente vietata la pratica dell’allevamento senza terra, e sottolineato come ovaiole felici, siano poi generatrici di moltissime uova.

Fonte: Il fatto alimentare

INQUINAMENTO GENETICO: A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DELLE API AUTOCTONE

INQUINAMENTO GENETICO: A RISCHIO LA SOPRAVVIVENZA DELLE API AUTOCTONE

Pesticidi e un ambiente agricolo sempre più semplificato sembrano essere le cause alla base della difficile sopravvivenza delle api autoctone, a segnalarlo sono gli agricoltori biologici di UPBIO – Unione Nazionale Produttori Biologici e Bioninamici.

L’avvento dell’industrializzazione infatti e il suo modello culturale di riferimento, ha  contribuito ad alterare anche questo settoreIl Sud America per esempio, ormai un secolo addietro, ha vissuto l’importazione di una sottospecie di ape di origine africana: l’Apis mellifera scutellata. Questa, incrociandosi con le api locali, ha generato a un ibrido talmente aggressivo da mettere k.o. per molti anni l’apicoltura di quel territorio. Ma il caso sudamericano non è il solo, poiché l’illusione di una maggiore produzione, conduce aziende apistiche italiane all’abbandono di api autoctone in favore di quelle ibride appunto, o non locali.

La credenza è legata al fenomeno dell’eterosi, che se nella prima generazione apporta in effetti una generosa produzione, già nella seconda l’effetto scompare, in favore di un incremento dell’aggressività delle api.

Poiché gli ibridi non sono stabili e smarriscono la loro produttività nelle generazioni successive, gli apicoltori, per mantenere il livello di performance sostenuto, applicano il trucco di sopprimere le regine figlie per poi sostituirle con nuovi ibridi.

A causa della modalità di accoppiamento delle api regine, che ha luogo in volo, con numerosi maschi e a una distanza significativa dall’alveare di origine, l’inquinamento genetico si diffonde fortemente, con la perdita di sottospecie autoctone. Questa ragione assieme alle altre citate, rende difficoltoso agli apicoltori più volenterosi e rispettosi di un metodo sostenibile, continuare ad allevare le api del proprio territorio salvaguardandone l’equilibrio originario.

Per salvarle dunque, è necessario che ogni soggetto implicato compia un suo pezzo: gli apicoltori dovrebbero concentrarsi sull’allevamento delle sole  api locali, al fine di favorire l’equilibrio con l’ambiente – queste ultime inoltre, risultano a studi scientifici, più resistenti in situazioni di stress ambientale oltre ad avere la caratteristiche di essere più docili e generose nella produzione di miele -.
Gli agricoltori convenzionali invece, dovrebbero contribuire alla messa in atto di pratiche più sostenibili e friendly per le stesse api, iniziativa che favorirebbe per altro una migliore impollinazione delle proprie colture.

Infine i consumatori farebbero la loro parte, selezionando la scelta, con l’acquisto di cibi la cui produzione non danneggi l’ambiente e quindi le api autoctone. Nel rispetto di tutto l’ecosistema.

Fonte: Sassi Live

UNGHERIA AL DECIMO POSTO TRA I PAESI CON IL MAGGIORE INCREMENTO NEL SETTORE BIOLOGICO AL MONDO

UNGHERIA AL DECIMO POSTO TRA I PAESI CON IL MAGGIORE INCREMENTO NEL SETTORE BIOLOGICO AL MONDO

Spetta all’Ungheria il decimo posto nella lista dei paesi con maggiore incremento nel settore biologico, a presentare i dati l’ultimo rapporto di FiBL e IFOAM dal titolo “The World of Organic Agricolture – Statistics and emerging trends 2021”.

Benché nella superficie totale, lo stato comprenda una quota di agricoltura biologica del 6%, non molto alta rispetto a quella degli stati limitrofi, il rapporto segnala nell’anno 2020 un incremento elevato inedito dalle proporzioni non scontate.

I dati restituiscono nell’anno 2019, 93.800 ettari di superficie destinata all’agricoltura biologica nel paese, dato che legittima il decimo posto tra i paesi con crescita maggiore nel mondo, subito successivo al Brasile.

Proporzionale è risultata la crescita del numero di imprese registrate a metodo bio nel corso dello stesso anno, per un totale di 5600 unità registrate alla fine del 2019.

Lo stato risulta inoltre al dodicesimo posto tra i maggiori produttori di frutta biologica. A predominare le noci, con il 40% della produzione totale, accanto a sambuco e susine con una percentuale che oscilla tra 20 e 15 %. Bacche di olivello spinoso, ciliegie e amarene, tra le altre produzioni locali.

Fonte: Sinab

DICASTERO PATUANELLI, NUOVE LINEE PROGRAMMATICHE PER UNA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE

DICASTERO PATUANELLI, NUOVE LINEE PROGRAMMATICHE PER UNA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE

Ha avuto luogo Martedì 9 Marzo, la comunicazione da parte del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali

Stefano Patuanelli, sulle decisioni alla base delle linee programmati che saranno parte del suo dicastero. Le scelte di politica agricola, alimentare e forestale, devono essere integrate tra loro, sottolinea nel suo discorso, per rispondere in chiave innovativa ed ecologica alle sfide che la transizione ecologica pone innanzi.

Al fine di indirizzare l’azione di Governo e tradurla in modo mirato, ha fornito alcune parole chiave: equa distribuzione del valore lungo l’intera filiera produttiva, transizione ecologica, innovazione e infine trasparenza.

Tra i principali obiettivi della crescita post pandemica, il ministro ne elenca sei:  primo su tutti, il Rafforzamento della competitività del sistema in ottica sostenibile, attraverso l’organizzazione delle filiere e il miglioramento della connessione produttore-consumatore, investendo sull’integrazione dei settori verso un’economia realmente circolare.

La seconda priorità riguarda il Miglioramento delle performance climatiche e ambientali dei sistemi produttivi, favorendo una maggiore assistenza agli operatori del settore verso una gestione più sostenibile del capitale naturale e salvaguardando i paesaggi agrari in linea con l’ equilibrio ecologico.

Il terzo obiettivo, mira a un rafforzamento e a una rigenerazione dei territori rurali al fine di generare occasioni di nuova imprenditoria, senza l’esclusione delle zone ad alta marginalizzazione.

Il quarto punto intende promuovere il lavoro nella sua qualità, sia di tipo agricolo che forestale, a tutela di tutti i diritti dei lavoratori e nella creazione di condizioni che favoriscano l’emersione del lavoro “nero”.

La capacità di attivare scambi di conoscenza e innovazioni, è contenuta nel quinto obiettivo in gioco. L’intenzione è quella di accrescere la consapevolezza collettiva sulle implicazioni legate alla sostenibilità del settore e favorire partecipazione attiva di operatori e cittadini.

Il sesto e ultimo punto in evidenza, riguarda il miglioramento dell’efficienza del sistema di governance, a partire dalle strutture di gestione amministrativa (regionale e nazionale) per arrivare alla costruzione di un piano normativo adeguato alle nuove esigenze.

Questi punti, sono, secondo il Ministro, da perseguire all’interno del settore primario, strategico per lo stato italiano, in cui il valore dei prodotti agroalimentari nel mercato finale del consumo, ammonta al 13% del PIL totale.

Patuanelli sottolinea come la Pandemia abbia ancora più evidenziato la centralità di questo settore da un punto di vista geopolitico, registrando una crescita dell’export agroalimentare Made in Italy nell’anno 2020.

Ad aspettare il paese nei prossimi mesi quindi, scelte determinanti, per uno scenario completamente fuori dall’ordinario: la disponibilità di un pacchetto di risorse senza precedenti per il settore agricolo, chiamato a offrire un contributo centrale nella transizione verde dell’economia.

Circa 50 milioni di euro sono infatti i fondi stanziati per i prossimi sette anni da dedicare ad azioni finalizzate alla transizione ecologica, economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici e al dissesto idrogeologico. Nello specifico il Piano stanzia oltre 3 miliardi di Euro per progetti riguardanti il settore agricolo e agroalimentare e la gestione delle risorse irrigue. La linea d’azione “agricoltura sostenibile” invece ha una dotazione di 2,5 miliardi di Euro e si articola nei tre grandi progetti relativi a: contratti di filiera, parchi agrisolari, logistica.

Entrando più nel vivo in materia di sostenibilità, troviamo il tema del cambiamento climatico nella lotta per la sua mitigazione. Priorità trasversale, poiché le azioni correlate possono portare molteplici benefici.

Nella produzione di energia rinnovabile del settore agricolo e forestale, l’Italia compare al di sotto della media europea nonostante un potenziale significativo di produzione di biomassa, energia solare ed eolica non ancora sufficientemente sfruttato.

Secondo Patuanelli, lo sviluppo della funzione energetica dell’agricoltura è in grado di trainare il settore agricolo in un ciclo virtuoso, collegando le vantaggiose ricadute sociali, ecologiche ed agronomiche alle nuove opportunità economiche derivanti dalla valorizzazione dei sottoprodotti e residui organici; in questo modo verrà perseguita l’integrazione delle fonti di reddito del settore agricolo, protagonista nella nuova missione di fornitore di servizi energetici e agro-ambientali per la società.

Sarà necessario tutelare anche il patrimonio boschivo nazionale, con una corretta valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta e promuovere uno sviluppo del fotovoltaico sui tetti delle strutture agricole e dell’agro fotovoltaico, aggiunge.

Attraverso una strategia similare, le proposte del MIPAAF si sostanziano in una combinazione di progetti che si integrano tra loro, con lo sviluppo del biometano, secondo criteri di promozione dell’economia circolare (la proposta è stata presentata congiuntamente con il Ministero dello sviluppo economico), che consentirà di migliorare la gestione del letame e di ottenere il digestato, sottoprodotto da utilizzare in sostituzione degli input chimici.

La decarbonizzazione dell’economia dell’Unione europea è un’altra priorità in campo, che richiederà un intervento immediato per evitare le emissioni di metano, oltre che quelle di CO2. Le fonti antropiche rappresentano il 50-60% di tutte le emissioni di metano e comprendono anche l’agricoltura. Se intercettate, possono diventare fondamentali per la produzione di energia rinnovabile e per la diminuzione dei gas climalteranti.

Un’altra azione necessaria, è il contrasto e la prevenzione al dissesto idrogeologico, con interventi sul sistema irriguo e di gestione forestale sostenibile, riducendo i rischi idrogeologici e l’erosione del suolo.

Pur sottolineando il ruolo centrale dello stato italiano in Europa, per quanto riguarda la produzione biologica, il Ministro si concentra su una prospettiva futura e prospetta necessarie azioni di cura, quali rafforzare i controlli sul prodotto estero, favorire lo sviluppo dei rivoluzionari distretti biologici, incrementare il numero delle imprese. A tale fine il Mipaaf interverrà per agevolare l’approvazione della proposta di legge attualmente in discussione al Senato.

Sul fronte delle strutture di ricerca agricole, mette l’accento sul loro potenziamento. A partire dal CREA – il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, al fine di assicurare competitività al sistema agroalimentare, e innovazione e digitalizzazione nell’agricoltura e nelle aree rurali. Sempre in questo senso, andando inoltre incontro alla richiesta della Commissione europea di migliorare il sistema amministrativo e burocratico, è stata elaborata la proposta finalizzata alla digitalizzazione del SIAN – Sistema Informativo Agricolo Nazionale, per supportare in modo funzionale gli agricoltori italiani e gli abitanti delle aree rurali.

Nella consapevolezza che la Politica Agricola Comune resta un asse portante, sarà necessario accelerare i lavori per la predisposizione del Piano strategico nazionale da presentare alla Commissione europea entro fine 2021, dice, predisposizione che richiederà la più ampia partecipazione da parte di tutti i soggetti interessati. Il nuovo modello di attuazione infatti, intende riequilibrare le responsabilità tra Unione europea e Stati membri e prevede linsediamento del Tavolo di partenariato nazionale per il mese di marzo già in corso.

Per sbloccare il negoziato tra regioni invece, sul riparto dei FONDI FEASR 2021/27, è già stato avviato un contatto con l’Assessore Pentassuglia, aggiunge, coordinatore agricoltura della conferenza stato-regioni.

Un altro punto centrale delle linee programmatiche, riguarda l’attività anti frode e di prevenzione alle pratiche sleali del Made in Italy. Fondamentale è il recepimento della Direttiva UE n. 2019/633 sulle Pratiche Sleali, a danneggiamento dei consumatori come dei produttori. Altrettanto urgente è operare la riforma del quadro penale dei Reati Agroalimentari, ancora fermo alle norme del 1930 e alla legge sull’igiene degli alimenti risalente al 1962.

In tema di Etichettatura invece, deciso è il rifiuto del Nutriscore e dei modelli di etichettatura nutrizionale che distorcono le informazioni al consumatore. L’Italia si è fatta promotrice di un modello chiamato schema a batteria, più vantaggioso per quest’ultimo. In ogni caso tali schemi, devono restare – secondo il Ministro –volontari, non obbligatori.

Passando in rassegna il tema della Pesca, il Ministro manifesta di voler scommettere sull’economia del mare nell’assunzione di un ruolo centrale della pesca marittima come strumento politico di coesione con realtà economiche e politiche del Mediterraneo. In questo senso, sostenibilità, processi produttivi, innovazione tecnologica e formazione degli operatori sono i pilastri della strategia da perseguire nelle annualità 2021/27, indirizzata alla crescita blu.

Passando poi in rassegna l’importanza dei Tavoli di filiera, si è soffermato su quello relativo alla Canapa industriale, ancora molto giovane, ma di rilevante importanza considerando i molteplici utilizzi anche ambientali di questa coltura.

La lotta agli sprechi alimentari e la necessaria revisione del piano olivicolo nazionale nell’ambito del settore olivicolo oleario, sono stati altri due punti fondamentali passati in rassegna da Patuanelli. Seguiti dall’esigenza di riforma del settore ippico, cui deve essere dedicato un progetto di risanamento e rilancio.

Molteplici sono i punti evidenziati e forte lo slancio propositivo, reattivo nella ricerca di integrazioni e interconnessioni tra i vari strati del settore. Non resta che dare inizio alla trasformazione.

Fonte: Ruminantia

VERSO LA TRANSIZIONE ECOLOGICA CON UN CIBO BUONO, PULITO E GIUSTO, PER TUTTI

VERSO LA TRANSIZIONE ECOLOGICA CON UN CIBO BUONO, PULITO E GIUSTO, PER TUTTI

Ripartire da una narrazione nel tentativo di sfatare una bugia e scoprire così verità diverse. La bugia? Quella che con il cibo biologico, non si può alimentare tutti, ma solo un èlite.

Questo uno dei punti di partenza alla base de Il Grande trasloco. Progetto narrativo di prima nascita – promosso da Fa la cosa giusta e Terre di mezzo Editorecon l’ambiziosa finalità di aprire, per esplorare meglio, quegli ambiti della nostra vita che oggi abbiamo la preziosa possibilità di ripensare.

L’idea è quella di canalizzare questo ripensamento dentro parole scelte bene, nell’ambito di capitoli inseriti all’interno di un romanzo-evento on line che avrà vita di qui all’autunno 2021. Perché dentro le parole? Forse perché il linguaggio, come uno specchio, se scelto con cura può investire di nuova forma gli interstizi della società in cui viviamo.

Ad alimentare e contribuire al progetto con parole e pensieri accurati è il fondatore di Slow Food e Terra Madre Carlo Petrini, che il 10 marzo ha aperto Il Grande Trasloco con il primo di cinque capitoli dal titolo: Nutrire. Il prologo di questo è andato in onda il 3 marzo accompagnato da Michele Serra, che ha messo in luce una riflessione legata proprio alle parole e al loro potere.

La strada verso una Transizione legata all’agricoltura di tipo sostenibile, secondo Petrini, si apre dentro una scommessa dai presupposti limpidi: l’impostazione di nuovi paradigmi su cui appoggiarla. Il rispetto dell’ambiente e uno sguardo lucido nei confronti di una disuguaglianza tra gli esseri non più accettabile e di cui bisogna prendere in mano le cause, sono i principali.

Disuguaglianza nell’accesso al cibo dunque, ma come fare per aprire l’immaginario a un cibo buono, pulito e giusto che possa essere alla portata di tutti?

Il Grande Trasloco è diviso in cinque capitoli, racconta Petrini, che sono: Nutrire, Abitare, Viaggiare, Curare e Lavorare. Di queste parole chiave esalta la connessione e in particolare lo strettissimo rapporto tra Nutrizione e Cura. Cura è la conditio sine qua non di un’alimentazione sostenibile, perché non solo significa difesa della biodiversità dei suoli, ma la scelta di un pensiero legato alla coltivazione che possa essere connesso al giusto allevamento abbinato a un territorio piuttosto che a un altro. Poiché l’obiettivo al primo posto dell’umanità, secondo il gastronomo, è rendere veramente forte la produzione locale, in ogni angolo del Pianeta.

Ciascun territorio dovrebbe realizzare una propria, cospicua, sovranità alimentare compatibile nella produzione con l’ambiente circostante. Difatti l’intero sistema alimentare incide al 24% sulla produzione globale di gas climalteranti.

Lo sguardo di Petrini disvela senz’altro smarriti i valori della società e cultura contadina, ma non persi del tutto. La sua esperienza, infatti, affonda le radici a partire dalla Langa di Nuto Revelli, la fine di una società contadina di fine anni ’70, denunciata anche da Pierpaolo Pasolini. Queste importanti figure segnalavano come superficiale l’abbandono di determinati valori e principi; abbandono che si è verificato, ma che – sottolinea Petrini – non è perso.

Solo ricostruendo, riconoscendo e restituendo dignità al legame con i 500 milioni di aziende a conduzione familiare che partecipano significativamente al nutrimento del 75% dell’umanità, possiamo recuperare e ridisegnare veramente le geografie alimentari.

L’identikit del contadino del futuro? Un o una giovane che sappia valorizzare l’alleanza tra il proprio lavoro e quello del cittadino che lo consuma, affinché nasca un modello di Co-produzione dove il consumatore sia complice partecipe e consapevole del processo.

È rafforzando le economie locali della produzione alimentare che ci riapproprieremo della nostra capacità di favorire un’alimentazione sana diffusa. Senza contare che i nuovi ristoratori, possono fare molto in questo senso: difatti il mantenimento della memoria viva di una cucina distintiva locale, va di pari passo con la trasformazione e il mantenimento di materie prime di qualità. Per un cibo buono, pulito e giusto, dall’impronta caratteristica, ma destinato a tutti.

Fonte: Il Manifesto