Suolo e Salute

Autore: admin

BIOLOGICO ITALIANO, LA PANDEMIA CONFERMA L’IMPENNATA DI UNA TENDENZA GIA’ IN CRESCITA

BIOLOGICO ITALIANO, LA PANDEMIA CONFERMA L’IMPENNATA DI UNA TENDENZA GIA’ IN CRESCITA

Tra gli strascichi del Covid-19 ne esiste uno poco scontato: il miglioramento messo in atto dagli italiani delle loro abitudini di acquisto e consumo alimentare. Che l’attenzione del cittadino italiano al cibo fosse elevata è di poco dubbio, ma che l’aspetto del gusto, potesse andare di pari passo a quello della salvaguardia della salute, del rispetto ambientale e di una commisurata politica dei prezzi che ruotano intorno al settore, è tutto fuor che scontato.

La conferma a questo cambio di atteggiamento arriva grazie ai risultati elaborati da Nielsen e al contributo di AssoBio per gli altri canali. Raccontano di un 7% in più di acquisto di prodotti biologici in Italia realizzato nel 2020, rispetto ai dati del precedente 2019. Il valore complessivo degli acquisti di prodotti biologici ha avuto un riscontro superiore ai 4,3 miliardi totali.

A registrare il cambiamento e attribuirgli valore con tempestività, è stata senz’altro la Grande distribuzione organizzata (GDO), che ha aumentato numericamente la proposta dei prodotti biologici a proprio marchio, registrando un risultato del 48,7% delle vendite bio complessive. Questa è stata accompagnata dal canale dei supermercati, quello dei discount e dei negozi specializzati, che hanno realizzato il 6,5, 12,5 e 10% in più del 2019. Ma il climax delle vendite, lo ha generato l’online, in un’impennata senza precedenti del 150% rispetto all’anno precedente.

Il quadro generale desta sorpresa, facendo pensare a una più affinata sensibilità da parte dei cittadini, che a causa della pandemia sembrano ora più attenti al tema dell’alimentazione sana, e ad alcuni processi legati al rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali, al loro riconoscimento e forse anche tutela.

Fonte: Ansa

INSEDIAMENTO PATUANELLI, L’ASPETTATIVA DI UN CAMBIO DI ROTTA PER L’AGRICOLTURA ITALIANA

INSEDIAMENTO PATUANELLI, L’ASPETTATIVA DI UN CAMBIO DI ROTTA PER L’AGRICOLTURA ITALIANA

Grande attesa da parte della #Coalizione Cambiamo Agricoltura, nei confronti del nuovo Ministro alle politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli. L’organizzazione, composta da un insieme ampio di associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica e biodinamica, auspica infatti un rilancio della transizione agroecologica, che si configuri nella congiunzione tra una redditizia produzione di alimenti e una più sostenibile gestione delle risorse naturali.

In cima all’agenda, svetta per Patuanelli l’appuntamento per l’avvio del tavolo di concertazione per la redazione del Piano Strategico Nazionale PAC, politica comunitaria di rilevante importanza che coinvolge e regolamenta il comparto agricolo per gli Stati membri dell’Ue, attesa nella sua riforma da oltre un anno. Riforma che dovrebbe essere completata nel suo iter dal trilogo UE entro il mese di maggio.

Altro impegno che svetta in cima alla lista del nuovo Ministro, è l’approvazione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, non rinnovato dal febbraio 2018, strumento rilevante per l’attuazione della direttiva UE sui pesticidi presente anche all’interno delle priorità di Farm to Fork e Biodiversità 2030.

Questi ultimi, richiedono un cambio di rotta all’agricoltura italiana: la conquista della sostenibilità ambientale come punta di diamante per la nazione; ma la #Coalizione Cambiamo Agricoltura aggiunge ulteriori idee per il paese, certamente non meno ambiziose. Il 40% di suolo certificato a metodo bio entro il 2030, la ristrutturazione delle filiere della zootecnica intensiva realizzata attraverso gli aiuti PAC con particolare attenzione alla zona della Pianura Padana.

E più in generale, una virata decisa, verso la transizione agroecologica. Al fine di realizzare questi obiettivi, #Cambiamo Agricoltura richiederà al nuovo ministro un incontro, per un confronto costruttivo su aspettative e urgenze.

Fonte: Italiambiente

SUOLO E SALUTE AL BIOFACH 2021 IN VERSIONE DIGITALE

SUOLO E SALUTE AL BIOFACH 2021 IN VERSIONE DIGITALE

Si è chiuso, in versione digitale, la principale fiera del biologico internazionale, il BIOFACH. Una manifestazione che nel tempo si è accreditata come interprete e vetrina, a livello internazionale, di un mercato in continua crescita ed evoluzione. Il biologico negli anni è passato da settore di nicchia a driver di una nuova politica di sviluppo agricolo, coniugando la salvaguardia delle risorse naturali con la crescita socio-economica delle aree rurali, soprattutto quelle più svantaggiate. Un settore smart anche in questa fase di pandemia ha macinato consumi record: +6,5% prodotti bio al supermarket, +12,5% nei discount e un vero e proprio boom di vendite sui canali online (+150%)
Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute commenta: “Il Biofach di quest’anno lo ricorderemo come la più particolare delle edizioni, completamente in versione on line. Uno strano effetto per chi era abituato a vivere questa manifestazione anche come una grande festa collettiva del biologico mondiale che nonostante tutto è riuscita a captare l’interesse di oltre 1200 espositori da oltre 80 paesi, con decine di eventi e incontri di cui molti veramente attuali e interessanti. Da qui – continua Alessandro D’Elia – si capisce la resilienza del settore e la bravura di chi ci opera. Un applauso agli organizzatori che hanno dimostrato efficienza e realizzato il sogno di portare a compimento un’impresa non facile. In questo contesto non poteva mancare la presenza e il sostegno di Suolo e Salute.”
Il “BIOFACH / VIVANESS 2021 eSpecial” ha offerto format di discussione e dialogo tra aziende come tavole rotonde, nonché altri format per il networking con esperti del settore. Sofisticate funzioni di matchmaking, che hanno aiutato le parti interessate a trovare gli espositori giusti e viceversa, sono stati un’altra parte integrante del formato eSpecial. BIOFACH e VIVANESS 2021 ha offerto anche alla comunità che fa capo agli alimenti biologici ed ai cosmetici naturali e biologici un ampio accesso al trasferimento delle conoscenze grazie al Congresso BIOFACH e VIVANESS, sempre di portata internazionale. Il tema principale del congresso è stato:” Shaping Transformation. Stronger. Together – Plasmare la trasformazione. Più forti. Insieme”.

PAP, PRESENTAZIONE PROROGATA AL 15 MAGGIO 2021

PAP, PRESENTAZIONE PROROGATA AL 15 MAGGIO 2021

È stato prorogato dal 31 gennaio 2021 al prossimo 15 maggio il termine di presentazione dei PAP, i Programmi Annuali di Produzione vegetale, zootecnica, d’acquacoltura, delle preparazioni e delle importazioni con metodo biologico. A stabilirlo è il DM n. 42241 del 28 gennaio 2021, con il quale il Mipaaf, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, modifica le indicazioni introdotte dal precedente Decreto ministeriale n. 18321 del 9 agosto 2012.

 

Una decisione, questa, presa a seguito delle richieste avanzate dal mondo associativo e da alcune amministrazioni regionali in considerazione dell’emergenza sanitaria ancora in corso, oltre che di alcune questioni tecniche ancora sul tavolo. Tra queste, l’adozione del fascicolo aziendale in modalità grafica da parte dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), che ha comportato il riposizionamento dei limiti catastali e la conseguente ridefinizione della consistenza territoriale per ciascuna azienda agricola. Tale nuova consistenza territoriale potrebbe tra l’altro determinare il rischio di disallineamenti con i dati presenti nella notifica di attività biologica, e impedire pertanto l’inserimento delle informazioni previsionali contenute nei PAP nel Sistema Informativo Biologico (SIB).

 

Il PAP, che riporta infatti le produzioni previste per l’anno in corso, resta obbligatorio per tutte le aziende biologiche certificate, indipendentemente dal tipo di produzione: vegetale, zootecnica o di acquacoltura. Da presentare esclusivamente per via telematica, può essere effettuato in proprio dalle aziende che hanno accesso agli appositi servizi informatici regionali, o compilato tramite professionisti abilitati, o infine attraverso il supporto di un Centro di assistenza agricola (Caa).

“Le proroghe concesse per la presentazione dei PAP, creano non pochi problemi organizzativi per gli organismi di controllo e certificazione – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – soprattutto riguardo alla pianificazione dei controlli e per i prelievi campioni. E’ una situazione, purtroppo, che si ripete ogni anno e non si comprende il motivo di continuare a mantenere a livello normativo una data, quella del 31 gennaio, per poi cambiarla ogni anno. Si spera, almeno per quest’anno, che il Ministero non vada oltre la data del 15 maggio”.

Fonte: Suolo e Salute

IL BIOLOGICO ITALIANO CHE PIACE ALLA CINA

IL BIOLOGICO ITALIANO CHE PIACE ALLA CINA

Che le eccellenze italiane siano apprezzate nel mondo non è una novità. Ma nel biologico, in particolare, l’attenzione per il made in Italy non era affatto scontata. Non solo a causa delle abitudini e degli stili di consumo tipici di ciascun Paese, ma anche per gli scogli burocratici e i requisiti in vigore tra i diversi Stati che impongono controlli severi alle frontiere del pianeta, talora più stringenti di quelli europei. Ita.Bio, ha messo in luce, nel webinar dal titolo “Internazionalizzazione del bio made in Italy: focus Cina”, come le prospettive dei prodotti “organic” siano molto promettenti per i mercati internazionali, quello cinese su tutti.  Un comparto, quello del bio, che ha registrato vendite in crescita del 233% tra il 2013 e il 2018, e che nell’Impero di Mezzo si rivolge in particolare ai consumatori cosiddetti “di prima fascia”, ovvero con una elevata capacità di acquisto, abitanti nelle grandi città: Pechino, Shanghai, Canton.

 

Un Paese dal ricco potenziale, la Cina, che con un valore di 8 miliardi di euro, vanta il quarto posto del globo per consumi bio, con 3 milioni di ettari dedicati a tali coltivazioni (+188% in 8 anni). Otto prodotti biologici su 100 venduti nel mondo sono inoltre destinati allo Stato asiatico, che con una rete di 230 ispettori certificati per il controllo Cofcc (China Organic Food Certification Centre, il principale organismo ministeriale di controllo e certificazione per il bio in Cina), assegna a 4323 prodotti il marchio cinese del biologico. Oltre sette milioni le etichette bio autorizzate dallo stesso Cofcc, la metà di quelle presenti nel Paese.

 

Qualità da vendere, dunque, quella dei prodotti alimentari italiani, ritenuti al top della classifica mondiale per il consumatore cinese, sia per quanto riguarda il food & beverage in generale (il 17% indica l’Italia e il Giappone quando pensa ad un paese produttore di eccellenze del settore) che per i prodotti a marchio bio (18%). È il risultato di una cultura crescente per la buona alimentazione e per la sicurezza a tavola, che fa rima con salute, artigianalità e rispetto per l’ambiente, e che ha portato all’Italia esportazioni bio nel mondo per un valore di 2,61 miliardi di euro nel 2020, al secondo posto dopo i 2,98 miliardi degli USA (dato 2018).

 

Un ventaglio di preferenze, quelle che la Cina esprime verso il segmento “organic” made in Italy, che potrebbe affondare, almeno in parte, le proprie radici nello scandalo del latte contaminato da melamina, sostanza chimica normalmente utilizzata per produrre materie plastiche, aggiunta al latte stesso per mantenerne il contenuto proteico artificialmente alto. Lo dimostrerebbero le ricerche effettuate proprio su alimenti lattiero-caseari, compreso il latte per l’infanzia, e il baby food in generale, tra le referenze più cliccate assieme a carne e derivati, pasta e prodotti da forno.

 

Sempre maggiore, inoltre, in Cina, la sensibilità per la spesa online: gli acquisti in rete sono passati dal 3,4% del 2014 all’8,3% del 2019, con una quota del 26% che acquista agroalimentare bio made in Italy. Ma i margini di crescita, rispetto all’Occidente, sono ancora praterie. Un cinese spende infatti non più di 5,5 euro, contro i 57 euro dell’Italia, i 125 euro degli Stati Uniti e i 312 euro a testa della Danimarca, per il proprio carrello di prodotti biologici.

 

Ma quali sono i principali canali di vendita del bio in Cina? I supermercati fanno la parte del leone, con una distribuzione di oltre otto prodotti su dieci. Ciò non toglie che “in alcune grandi città – spiega Giampaolo Bruno di Ice Cina e Mongolia – i prodotti biologici siano venduti anche attraverso la vendita diretta con la consegna a domicilio e i servizi di ristorazione. È presente anche il canale dei negozi specializzati, che offrono naturalmente una gamma più ampia di prodotti rispetto ai produttori con vendita propria”.

 

Grande la propensione all’acquisto del nostro bio per chi ha assaggiato un pezzo di Stivale visitando la penisola italiana. Per loro, l’interesse ai prodotti biologici del Belpase raddoppia, come sottolinea Evita Gandini di Nomisma: “Il 19% dei consumatori cinesi dichiara di aver acquistato almeno una volta nell’ultimo anno alimentari o bevande made in Italy a marchio bio. E tra i turisti che negli ultimi anni sono stati in Italia, la quota di bio-users raggiunge il 28%”.

 

Fonte: Agronotizie

BIO-DISTRETTI, UNA LEVA PER LO SVILUPPO (ANCHE OLTRECONFINE)

BIO-DISTRETTI, UNA LEVA PER LO SVILUPPO (ANCHE OLTRECONFINE)

Sostenibilità come obiettivo e come impegno comune tra produttori, cittadini, operatori turistici e pubbliche amministrazioni: nasce da qui il concetto di bio-distretto, area dedicata al biologico e finalizzata alla gestione congiunta delle risorse a tutela dell’ambiente e dei territori: un’oasi di efficienza ed ecocompatibilità, in un equilibrio di rispetto per il pianeta ed efficacia socio-economica, che traina oggi lo sviluppo del comparto bio.

In Italia, esistono 40 bio-distretti, di cui 32 già operativi e 8 in fase di costituzione (fonte di IN.N.E.R), come emerge dalla pubblicazione “Distretti biologici e sviluppo locale. Linee guida per la programmazione 2021-2027” a cura della Rete Rurale Nazionale. Ma il loro numero è in continuo aumento, sull’onda delle attese per la programmazione 2021-2027 e dei progetti di legge in via di definizione.

Ma qual è l’identikit del bio-distretto? Si tratta di un modello agricolo e produttivo biologico, impiegato come strumento per valorizzare il territorio e dare impulso all’economia locale all’insegna di obiettivi ambientali e climatici. Tra questi, spicca la tutela della qualità del suolo, che subisce la minaccia dell’agricoltura intensiva e dell’uso massivo di fitofarmaci e fertilizzanti, responsabili del suo impoverimento. Un tema, la difesa del terroir, che è profondamente connesso alla salvaguardia delle specificità di ciascun territorio, e sta alla base dell’agricoltura biologica.

I bio-distretti sono dunque realtà nate dal basso, che vedono i produttori biologici protagonisti di una progettualità territoriale basata sulla creazione di reti di aziende biologiche. E nell’epoca del marketing territoriale e della valorizzazione delle aziende locali, rappresentano una concreta opportunità di sviluppo socio-economico, a tutto vantaggio della redditività su base – appunto – “distrettuale”.

Ma se i bio-distretti sono una realtà già consolidata e foriera di benefici per le aree in cui sono presenti, il loro quadro giuridico è ancora in fase di regolamentazione nel nostro Paese. È di alcune settimane fa infatti, l’avanzamento dell’iter della legge sul bio, quando il DdL 988 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico” è stato sbloccato in Commissione Agricoltura, al Senato, dopo uno stallo di oltre due anni. Dopo l’approvazione all’unanimità, il testo dovrà ora passare attraverso il voto in Aula, sempre a Palazzo Madama, e poi alla Camera per il vaglio definitivo. Tra le novità che saranno introdotte, quella sui bio-distretti (articolo 13) conferirà a tali realtà un riconoscimento formale importante all’attività di operatori, amministratori locali e cittadini coinvolti nei distretti biologici italiani. Si tratta di un contributo fondamentale per i territori locali, da arricchire con nuove filiere e prodotti di qualità che spingano verso la creazione di nuova occupazione. E il disegno di legge sul biologico va proprio in questa direzione, completo come è di misure essenziali volte a favorire lo sviluppo del settore, quella che riguarda l’introduzione di un marchio per il biologico italiano su tutte.

Occorre un incoraggiamento da parte del Governo e delle autorità regionali per l’istituzione dei distretti biologici in quanto rappresentano un valido strumento di governance territoriale e producono un impatto positivo in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale, anche nelle aree rivelatesi “insostenibili” con gli strumenti dell’economia convenzionale. In un’ottica di approccio condiviso alle produzioni e alle risorse agricole e artigianali, oltre che naturali e culturali, i bio-distretti permettono infine di ricomporre un tessuto sociale troppo spesso disgregato e di ridestare un rapporto di fiducia col cittadino, anche tramite la creazione di mercati di vicinato. Il loro è anche un ruolo educativo e didattico, che introduce, grazie alle mense pubbliche, ad esempio, un valido spunto di riflessione su abitudini alimentari sane. Ecco perché è importante, per il nostro Paese, sostenere lo sviluppo di queste realtà nate dall’aggregazione locale di soggetti della filiera, che offrono un elevato potenziale di competitività, anche nel rapporto con il mercato globale.

Fonte: Greenplanet