Suolo e Salute

Autore: admin

Bio: enorme potenziale ma senza il giusto supporto

Bio: enorme potenziale ma senza il giusto supporto

Il biologico: un mercato che traina la crescita dei consumi in Italia, ma che letteralmente non riceve i giusti accorgimenti per potersi sviluppare.

 

Questa è la situazione del bio in Italia, che vale ben 5 miliardi di euro l’anno e viene inserito tra le attività di interesse economico nazionale.

 

Giorgio Balestra, docente all’Università della Tuscia a Viterbo, spiega quanto sia importante investire in conoscenza e sperimentazione. Innanzitutto per fronteggiare le emergenze fitosanitarie che possono creare danni irreparabili alle specie ospiti ma anche per non perdere un treno economicamente importante. Lo scorso anno ha portato ad un incremento del 10% del consumo dei prodotti biologici.

 

Il biologico potrebbe diventare una vera e propria chiave di volta della società tramite politiche sempre più ecosostenibili. Industria, agricoltura e benessere potrebbero avere un picco notevole se giustamente supportati, in particolare nell’ambito della ricerca e dell’innovazione tecnologica.

 

Eliminando la chimica dalle coltivazioni si riduce l’inquinamento delle terre, delle acque ed in prospettiva aumenta la qualità della vita.

 

fonte: https://it.businessinsider.com/lindustria-bio-puo-salvare-il-pianeta-ma-senza-investimenti-in-ricerca-non-ha-futuro/?refresh_ce

Suolo e Salute e Biodiversity.Bio: patrocinio dell’organismo di controllo e certificazione all’hub della biodiversità

Suolo e Salute e Biodiversity.Bio: patrocinio dell’organismo di controllo e certificazione all’hub della biodiversità

Andiamo a presentare Biodiversity.Bio

Hub che mira all’approfondimento dell’informazione bio sul nostro territorio, valorizzando le esperienze di coloro che condividono la mission di Suolo e Salute.

Fulcro dell’hub sarà la comunicazione tramite grafiche, video, live blogging e dirette sui social che permetteranno di dare un taglio visual storytelling particolarmente dinamico ed accattivante.

Il successo di questo progetto si lega inevitabilmente all’esperienza con il Parco delle Biodiversità di Expo 2015, che promuove idee e progetti che sostengono la biodiversità e che ha portato ad avere una media di 400 mila visualizzazioni in diretta al mese.

I partners potranno usufruire di contenuti editoriali speciali tramite un portale ufficiale, dati e schede informative e gli articoli del magazine online.

 

fonte: http://www.biodiversity.bio/

Siccità 2017: mai così poca pioggia in 200 anni

Siccità 2017: mai così poca pioggia in 200 anni

Riscaldamento climatico, innalzamento dei mari, climate change, gas serra, inquinamento. 

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E non è necessario andare nei ghiacciai dell’artico o su un atollo del Pacifico per rendersene conto. Basti pensare che nel 2017, la siccità in Italia ha toccato un record spaventoso: sulla penisola non ha mai piovuto così poco dal 1800 a oggi.

Lo spiega in una nota sull’anno meteorologico 2017 l’istituto Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), parte del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).

2017: anno peggiore per la siccità in Italia

Innanzitutto facciamo una precisazione. I dati snocciolati dall’Istituto si riferiscono al cosiddetto anno meteorologico: convenzionalmente, questo particolare anno comincia con dicembre e finisce a novembre. E quindi l’anno meteorologico 2017 va dal primo dicembre 2016 al 30 novembre 2017.

Considerando quindi l’anno meteorologico, i ricercatori hanno concluso che il 2017 è stato l’anno peggiore per la siccità in Italia. È dal 1800 che vengono registrati i dati sulle precipitazioni nella penisola. Una Banca dati enorme che ci consente di comprendere l’andamento del clima.

Secondo i ricercatori di Isac-Cnr, non è mai stato registrato un anno peggiore, dal punto di vista delle piogge. Da più di due secoli, 217 anni, in Italia non ha mai piovuto così poco.

Nella nota vengono elencate, mese per mese e stagione per stagione, le anomalie registrate dal punto di vista delle precipitazioni:

  • Dicembre -58% – 15esimo
  • Gennaio +23% – 144esimo
  • Febbraio -15% – 90esimo
  • Marzo -56% – 20esimo
  • Aprile -37% – 40esimo
  • Maggio -50% – 15esimo
  • Giugno -53% – 12esimo
  • Luglio -43% – 39esimo
  • Agosto -82% – quarto
  • Settembre +27% – 164esimo
  • Ottobre -79% – secondo
  • Novembre +10% – 109esimo

 

  • Inverno -21% – 41esimo
  • Primavera -48% – terza
  • Estate -61% – quarta
  • Autunno -20% – 39-esimo

Come risulta evidente, le piogge sono state scarse in tutte le stagioni dell’anno. E in particolare in primavera, quando sono calate del 48% rispetto al periodo di riferimento, e in estate, con una punta del -61%.

E le temperature?

Se le precipitazioni sono in forte calo, lo stesso non si può dire delle temperature, risultate ancora una volta in crescita rispetto al periodo di riferimento convenzionale (1971-2000). Il termometro ha fatto segnare +1,3°C, rendendo il 2017 il quarto anno più caldo dal 1800.

Come per le precipitazioni, anche sulle temperature i ricercatori Isac hanno stilato la lista delle variazioni mensili e stagionali:

  • Dicembre +1.00°C – 23esimo
  • Gennaio -1.69 – 135esimo
  • Febbraio +2.12 – sesto
  • Marzo +2.51 – quarto
  • Aprile+1.64 – 17esimo
  • Maggio+1.55 – 14esimo
  • Giugno +3.22 – secondo
  • Luglio +1.69 – decimo
  • Agosto +2.53 – terzo
  • Settembre -0.45 – 101esimo
  • Ottobre+0.96 – 28esimo
  • Novembre +0.40 – 43esimo

 

  • Inverno +0.48 – 21esimo
  • Primavera +1.90 – seconda
  • Estate +2.48 – seconda
  • Autunno +0.30 – 50esimo

Se escludiamo gennaio e settembre, le temperature sono incrementate durante tutto l’anno meteorologico. Con picchi significativi a marzo, agosto e giugno. L’estate è risultata estremamente più calda, mentre gli aumenti minori si sono registrati in autunno.

Siccità in Italia, Isac-Cnr: “2017 anomalo”

Insomma, il climate change si fa sentire. Lo confermano le anomalie registrate sia nelle temperature che nelle precipitazioni. Un fatto confermato dalle dichiarazioni dei ricercatori di Isac-Cnr che così commentano i dati pubblicati:

«Dal punto di vista termometrico il 2017 ha fatto registrare, per l’Italia, un’anomalia di +1.3°C al di sopra della media del periodo di riferimento convenzionale 1971-2000, chiudendo come il quarto più caldo dal 1800 ad oggi, a pari merito agli anni 2001, 2007 e 2016. Più caldi del 2017 sono stati solo il 2003 (con un’anomalia di +1.36°C), il 2014 (+1.38°C rispetto alla media) e il 2015 che resta l’anno più caldo di sempre con i suoi +1.43°C al di sopra della media del periodo di riferimento».

Ancora peggiore risulta lo scenario sul fronte delle precipitazioni, che delinea il quadro della forte siccità in Italia:

«Più significativa è risultata l’anomalia pluviometrica del 2017, che verrà sicuramente ricordato per la pesante siccità che lo ha caratterizzato. A partire dal mese di dicembre del 2016 si sono susseguiti mesi quasi sempre in perdita: fatta eccezione per i mesi di gennaio, settembre e novembre, tutti gli altri hanno fatto registrare un segno negativo, quasi sempre con deficit di oltre il 30% e, in ben sei mesi, di oltre il 50%. A conti fatti, gli accumuli annuali a fine 2017 sono risultati essere di oltre il 30% inferiori alla media del periodo di riferimento 1971-2000, etichettando quest’anno come il più secco dal 1800 ad oggi. Per trovare un anno simile bisogna andare indietro al 1945, anche in quell’anno ci furono 9 mesi su 12 pesantemente sotto media, il deficit fu -29%, quindi leggermente inferiore”, conclude l’Isac-Cnr».

Migliori risultati per la produzione biologica rispetto ai loro omologhi convenzionali

Migliori risultati per la produzione biologica rispetto ai loro omologhi convenzionali

Uno studio “Gli attori economici e l’ambiente”, appena pubblicato in Francia dall’INSEE, l’ Institut national de la statistique et des études économiques , indica, in tre settori di attività – vino, orticoltura e produzione di latte – che gli agricoltori biologici hanno la meglio sui loro omologhi convenzionali in termini di risultato delle loro aziende.

Questo punto di vista è tanto più interessante in quanto il soggetto è ancora poco trattato. La sfida consiste nel disporre di un campione sufficientemente rappresentativo per poter assicurare un’analisi corretta. L’istituto ha scelto di lavorare sui dati del 2013 e concentrarsi su tre produzioni in cui la percentuale di aziende biologiche è significativa: l’orticoltura (11%), la viticoltura (6%) e il latte vaccino (3%). Si tratta di prodotti tra i più popolari nel paniere dei consumatori: il campione scelto dall’INSEE comprende 1.800 aziende biologiche, che sono state confrontate con 28.000 aziende “convenzionali”. Tra queste aziende, i viticoltori biologici hanno un fatturato annuo medio di 17.000 euro per ettaro, il 46% in più rispetto al convenzionale. Un divario che può essere spiegato in primo luogo da una migliore valorizzazione dei vini bio, con prezzi più alti dal 10% al 40%. Ma anche da una presenza più forte di questi viticultori nelle zone di denominazione di origine protetta (DOP). E, nonostante i costi del personale di una volta e mezzo più elevati , il risultato lordo di gestione è in media di 6.400 euro per ettaro, contro i 3.700 euro del viticoltore convenzionale. In orticoltura, il giro d’affari dei produttori biologici è in media inferiore a quello dei loro omologhi convenzionali (10.900 euro, contro 12.500 euro per ettaro), ma il risultato lordo di gestione è più alto (3.300 euro contro 2.500 euro per ettaro). Il fatto di utilizzare meno fertilizzanti e pesticidi riduce i costi.  Ugualmente il minor costo dell’alimentazione  e una migliore valorizzazione del prezzo del latte (+ 18%) permettono di compensare la differenza di fatturato dei produttori di latte biologico nonostante un calo di circa un quarto della produttività. Anche gli aiuti all’agricoltura biologica calcolati per ettaro sostengono gli allevatori bio. Di conseguenza, il loro risultato lordo di gestione è, in media, superiore del 20% rispetto ai colleghi convenzionali. Un altro elemento che spiega poi la migliore performance economica delle aziende agricole ‘verdi’ è un maggiore utilizzo (90% degli orticoltori e 70% dei viticoltori biologici) della filiera corta per commercializzare i propri prodotti.

Fonte Sinab

I benefici dell’agricoltura biologica sulla biodiversità

I benefici dell’agricoltura biologica sulla biodiversità

L’agricoltura biologica è veramente benefica per la biodiversità, è questo quanto viene affermato su una recente ricerca pubblicata su Global Change Biology.

Prendendo in considerazione dati provenienti da tutto il mondo, la ricerca ha rilevato che, in generale, le aziende e i terreni condotti biologicamente aumentano progressivamente sia l’abbondanza che il numero di specie di insetti utili come impollinatori e predatori.

Un altro studio pubblicato sulla rivista scientifica Agriculture, Ecosystems & Environment ha rilevato che i vigneti bio in Spagna ospitano più farfalle e piante rispetto alle loro omologhi convenzionali.

Infine, un ulteriore studio dal Giappone conferma che la diversità degli uccelli è maggiore nei meleti biologici rispetto a quelli convenzionali.

Fonte: The Organic Center

Federbio e Assobio ribadiscono al Senato l’urgenza del DDL sul Bio

Federbio e Assobio ribadiscono al Senato l’urgenza del DDL sul Bio

Federbio e AssoBio esprimono il loro profondo disappunto per la mancata calendarizzazione in aula al Senato, entro la fine della legislatura, della discussione del ddl sull’agricoltura biologica già approvato dalla Camera e dalla Commissione Agricoltura di Palazzo Madama.

“Siamo consapevoli delle difficoltà legate al grande numero di provvedimenti in attesa del voto dell’Aula e dei tempi molto stretti della legislatura corrente, tuttavia riteniamo che la Legge Nazionale sul settore biologico debba rientrare nelle priorità di voto per motivi che attengono l’interesse del Paese”, fa sapere il presidente della federazione interprofessionale del settore Federbio, Paolo Carnemolla (nella foto a fianco) per il quale “la sola riforma del sistema di certificazione, affidata con delega al Governo ma ancora in itinere, non può essere considerata sufficiente se nel contempo non si interviene anche su tutti gli aspetti toccati dal provvedimento già approvato a larghissima maggioranza alla Camera e in Commissione al Senato. Fallire anche in questa legislatura questa opportunità di supporto e organizzazione per uno dei settori più dinamici e promettenti per la crescita dell’Italia significherebbe indurre sfiducia nelle Istituzioni, un messaggio assai grave e pericoloso, proprio perché del tutto incomprensibile, visto che manca solo un voto in Aula per chiudere un percorso partecipato e lungo.”

“Sollecitiamo quindi le forze politiche responsabili presenti in Senato a chiedere l’inserimento del disegno di legge nel calendario dei lavori dell’Assemblea: si tratta di uno strumento per sviluppare la sostenibilità di cui il sistema agroalimentare del Paese ha assoluto bisogno”, aggiunge Roberto Zanoni, presidente di AssoBio, l’associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici (cui aderiscono le maggiori aziende italiane con un fatturato di oltre un miliardo di euro l’anno) che non nasconde il disappunto dell’Associazione. “La mancata approvazione entro l’imminente fine della legislatura di un testo – continua infatti Zanoni – che è pacificamente condiviso da tutte le forze parlamentari rinvierà sine die gli investimenti nella ricerca, la valorizzare delle produzioni dei nostri territori e il benefico impatto dello sviluppo dell’agricoltura sostenibile sul nostro ambiente, ormai pesantemente inquinato da un’agricoltura intensiva che non può più costituire il modello di produzione e di consumo”.

“Francamente non se ne può più – rilancia il presidente di Federbio Carnemolla – da vent’anni i ministri alle politiche agricole che si sono succeduti han fatto a gara nel definirci la punta di diamante dell’agroalimentare italiano e prometterci che avrebbero reso più forte il comparto con scelte concrete. La scelta concreta che vediamo è quella della mancata calendarizzazione della discussione al Senato di una votazione che si risolverebbe in mezz’ora, tanto è diffuso il consenso. Questa precisa scelta politica non è certamente il trattamento da riconoscere a un’attività che si definisce d’interesse nazionale e rischia di dimostrare per l’ennesima volta la lontananza delle istituzioni dal Paese reale”.

Zanoni ricorda inoltre che “il settore biologico italiano è al primo posto in Europa per numero di aziende, oltre il 14% della superficie agricola nazionale è coltivata con metodo biologico, senza un grammo di pesticidi chimici di sintesi. Siamo l’unico settore dell’agroalimentare in crescita: solo l’anno scorso il numero delle aziende e delle superfici è cresciuto del 20%, creando occupazione, gettito fiscale, salvaguardia ambientale. Siamo al primo posto in Europa per l’export, e sul mercato interno, mentre i consumi alimentari convenzionali ristagnano, da una decina d’anni il consumo di prodotti biologici aumenta a doppia cifra” .

Mentre Carnemolla sottolinea chel’agroalimentare biologico ormai dal 2008 e ancor più negli ultimi due anni ha dato un contributo fondamentale alla crescita dei consumi alimentari in Italia (secondo i dati AC NIELSEN gli si deve circa il 40% della ripresa nella GDO nel 2016), all’insediamento di giovani nelle imprese agricole, all’immagine e alla crescita del Made in Italy all’estero e quindi anche all’occupazione. Tutto questo garantendo qualità alimentare e ambientale, dunque salute, biodiversità e paesaggio.”

A differenza degli altri sistemi di qualità regolamentati a livello europeo – vini e prodotti tipici – che possono contare su un quadro normativo nazionale ormai consolidato, il settore biologico attende ormai da tre legislature un inquadramento legislativo che consenta di risolvere le molte criticità che, altrimenti, rischiano di minare una delle poche opportunità di futuro per l’agricoltura del nostro Paese.

 

fonte: http://www.corriereortofrutticolo.it/2017/12/14/ddl-sul-bio-non-calendario-al-senato-federbio-assobio-tuonano/