Suolo e Salute

Autore: admin

Testo Unico sul biologico a un passo dall’approvazione


Martedì 18 aprile, il Testo Unico sul biologico è arrivato nell’Aula di Montecitorio. Il provvedimento era stato approvato dalla Commissione Agricoltura della Camera il 16 marzo scorso.

Il testo, che prende il nome di “Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico”, propone norme innovative finalizzate a supportare un settore che ha superato nel 2016 i 4,8 miliardi di euro, di cui 1,6 legati all’export. Numeri importanti, ma comunque attualmente inferiori ai mercati di Francia e Germania.

Cosa prevede il Testo Unico

«Con questa legge, che riconosce il valore economico e sociale del settore prevedendo incentivi per le organizzazioni interprofessionali e le intese di filiera vogliamo portare il mercato nazionale del biologico ai livelli di Germania e Francia». Ha spiegato il deputato Pd Massimo Fiorio, primo firmatario della proposta di legge.

Tra le novità più importanti introdotte dal Testo Unico, il riordino degli strumenti di governance amministrativa, attraverso un Tavolo tecnico finanziato dal Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica; l’incremento della ricerca nel settore; l’attuazione di misure che incentivino la conversione delle aziende al biologico e l’avvio di campagne educative; l’istituzione di distretti biologici e un disciplinare per le organizzazioni di produttori e interprofessionali.

«Il provvedimento, per il quale ringrazio il Governo per la collaborazione, è un altro tassello del Parlamento nell’opera di riforma del nostro sistema agroalimentare. Penso alla legge sulla biodiversità agraria, sull’agricoltura sociale, sul contrasto ai fenomeni del caporalato, sugli sprechi alimentari, sul testo unico sul vino, e i numerosi interventi di carattere fiscale e organizzativo». Questo l’intervento in aula di Nicodemo Oliverio, capogruppo Pd in commissione Agricoltura, durante l’esame della pdl sull’agricoltura e l’agroalimentare biologico.

Bio sempre più forte in Italia

L’esame del Testo Unificato è iniziato nel 2013. La speranza è che, a breve, l’Italia possa finalmente avere un provvedimento organico in grado di disciplinare e sostenere un settore in continua crescita.

Gli operatori presenti nel nostro Paese sono 59.959 (dati SINAB 2015). La superficie coltivata con metodo biologico occupa 1.492.579 ettari, più del 7,5% dell’anno precedente. Sono invece oltre 104.000 gli ettari convertiti. In percentuale sul totale della superficie coltivata in Italia, il biologico arriva quindi ad interessare il 12% della SAU nazionale (ISTAT SPA 2013), dato che cresce, rispetto allo scorso anno, quasi di un punto percentuale. Infine, le vendite del settore (dati Ismea-Nielsel) sono aumentate del 20% rispetto al 2014.

Fonti:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3293

http://www.agi.it/economia/2017/04/18/news/agricoltura_bio_oliverio_pd_non_e_nicchia_bene_provvedimento-1694233/

http://www.sinab.it/sites/default/files/share/ANTICIPAZIONI%20SINAB%202015_01%208def_0.pdf

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/mondo_agricolo/2017/03/16/agricoltura-comagri-approva-testo-unico-su-biologico_5752f6c8-93b5-4feb-ad9e-230927bf2efc.html

Vino biologico sempre più apprezzato dai consumatori italiani

Il vino biologico sarebbe più buono di quello realizzato con tecniche di coltivazione tradizionali.

È questo quanto emerso dal corso del convegno “Il successo del vino biologico in Europa e nel mondo” tenuto da Federbio in occasione di Vinitalybio.

La certificazione biologica, quindi, sarebbe collegata a un incremento significativo della qualità.

Vino biologico interprete autentico del terroir

La superiorità qualitativa del vino biologico sarebbe emersa grazie all’analisi di oltre 74 mila rating di vini di diverse vendemmie, varietà e regioni di produzione, pubblicati da the Wine Advocate, Wine Enthusiast e Wine Spectator.

Il perché è stato spiegato durante il convegno negli interventi tecnici di Enzo Mescalchin della Fondazione Mach di San Michele all’Adige e di Leonardo Valenti dell’università di Milano. Dati a conferma delle ricerche effettuate dall’Università della California e di Bordeaux.

All’interno di un vigneto coltivato senza l’ausilio di pesticidi chimici, i microrganismi aumentano di vigore. Il mancato uso di fertilizzanti comporta anche un contenimento della resa e un conseguente profilo organolettico migliore. Le uve che crescono in contesti del genere rappresentano così le interpreti più autentiche del terroir.

Trend in crescita

Sono sempre di più i produttori vitivinicoli che scelgono di abbracciare il biologico. Un trend che ha portato a una crescita a tre cifre del settore: +295% in Europa e +280% nel mondo, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2015 (analisi Wine Monitor Nomisma su dati FIBL).

A detenere il primato come maggiore superficie (293mila ettari) vitata bio nel mondo è l’Europa, con l’88% della superficie globale. Primato europeo anche per l’incidenza delle coltivazioni bio sul totale: nel 2015 hanno superato il 7% (mentre la quota mondiale si fermava al 5%).

Primo tra tutti i Paesi per incidenza sul totale della vite coltivata con tecniche bio è l’Italia, con l’11,9%. Seguono l’Austria, con l’11,7%, e la Spagna, con il 10,2%.

«Nel nostro Paese da 52mila ettari nel 2010, si è raggiunta quota 83mila ettari nel 2015 sui 332.000 totali a livello mondiale, e si prevede di superare la soglia dei 90 mila per il 2016. In Sicilia gli ettari sono oltre 32.000, in Toscana sono 11.500, quasi 11mila in Puglia, più di 4mila nelle Marche e nel Veneto e più di 3.500 in Abruzzo: non c’è una denominazione d’origine per la quale non ci sia un’offerta di vino biologico da parte di qualcuna delle 1.500 cantine». Spiega Paolo Carnemolla, presidente Federbio.

Tra le regioni italiane con una conversione maggiore troviamo la Lombardia. Qui, le superfici destinate a vino biologico sono salite a 2.570 ettari, quasi tre volte in più il numero di 10 anni fa.

Vendite del settore e preferenze dei consumatori

Rispetto al 2015, le vendite di vino biologico hanno registrato una crescita del 53%. Decisamente meglio rispetto a un contenuto +1% delle vendite di vino in generale. I mercati più forti ed esigenti si confermano quelli esteri.

Secondo l’indagine Nomisma –ICE, il 25% della popolazione compresa tra i 18 e i 65 anni (circa 12 milioni di persone) ha avuto almeno un’occasione di consumare vino biologico nell’ultimo anno.

Ma cosa scelgono i consumatori?

Le preferenze vanno per il 69% al vino bio venduto in GDO. Il comparto ha fatto registrare una crescita del 42% rispetto al 2015. A registrare il margine di crescita maggiore sono i vini bianchi (+93%) e i vini spumanti e frizzanti (+162%).

I vini più apprezzati sono il Montepulciano d’Abruzzo, seguito dal Nero d’Avola e dalle diverse tipologie di Chianti.

Naturalità (24%), salubrità (20%) e qualità (17%) sono le tre proprietà distintive che i consumatori associano al vino biologico e per le quali sono disposti a pagare di più.

I mercati che offrono maggiori prospettive di crescita per il nostro Paese sono Germania e Regno Unito. Il 42% dei consumatori inglesi e il 40% di quelli tedeschi considerano il vino biologico italiano mediamente superiore rispetto a quello di altri Paesi.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1148

http://www.ilvelino.it/it/article/2017/04/10/vino-1-su-4-consuma-vino-bio–1-mln-user-rispetto-al-2015/582c572a-e236-407d-9f71-cea29179bfc7/

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11188

http://www.meteoweb.eu/2017/04/vino-il-biologico-allunga-il-passo-la-lombardia-triplica-i-vigneti/884535/

 

Riso, il Ministro Martina annuncia: “Introdurremo obbligo per l’indicazione di origine in etichetta”

«Vogliamo introdurre l’obbligo di indicazione dell’origine del riso in etichetta»: il Ministro per le Politiche Agricole, Maurizio Martina, ha annunciato così un piano d’azione in 5 punti per tutelare il reddito dei produttori risicoli del nostro Paese e per valorizzare le produzioni italiane ed europee.

Un provvedimento a lungo sollecitato dalle principali organizzazioni agricole, dall’Ente nazionale risi e dalla filiera tutta.

Ecco cosa c’è all’origine della crisi del comparto e come il Mipaaf intende affrontare il problema, introducendo l’obbligo di indicazione dell’origine del prodotto.

L’abbattimento dei dazi e la crisi del riso

Nel 2009, nella Comunità Europea entrava in vigore l’Eba, “Everythingbutarms”, un accordo tra l’Unione e 49 Paesi cosiddetti Pma (Paesi meno avanzati), che sopprimeva i dazi precedentemente in vigore per quei pasi in via di sviluppo che volevano esportare il proprio riso in Europa. Una scelta che ha spianato la strada alle importazioni del prodotto nel nostro continente. Secondo alcune stime di Confagricoltura, il riso importato in Ue dai Pma sarebbe passato dalle circa 10mila tonnellate del biennio 2008/2009 alle più di 500mila tonnellate del 2016/2017. Secondo l’Anga (Associazione nazionale giovani agricoltori), le stime sarebbero ancora più preoccupanti: i chicchi introdotti nel mercato comunitario dai Pma arriverebbero a quasi 1,4 milioni di tonnellate solo nel 2016.

Oggi i consumi di riso in Europa sarebbero coperti al 50% da prodotti importati. Prodotti che per i due terzi del totale non pagherebbero alcun dazio per l’ingresso in Ue. L’Italia, in questo senso, è il Paese più esposto. Su un fatturato di circa 3 miliardi di euro che la filiera europea produce ogni anno, l’Italia pesa infatti per circa un terzo del totale. È, il nostro, il principale produttore comunitario, con le sue 1,8 milioni di tonnellate annue, i suoi 234mila ettari coltivati e le più di 4mila aziende risicole.

Tra gli altri Paesi europei produttori di riso, troviamo Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria. I rappresentanti di queste nazioni, si sono riuniti a Milano a febbraio, nel “Primo forum del riso europeo”, per fare il punto della situazione e proporre alcune soluzioni per fronteggiare la crisi. Nello scorso mese di marzo, invece, era la Commissione politiche agricole – costituita dagli assessori regionali all’Agricoltura di tutti gli enti locali italiani – a riunirsi per lanciare l’allarme sul comparto, chiedendo l’introduzione dell’origine obbligatoria in etichetta.

Rilanciare la filiera del riso: i 5 punti del Ministro Martina

Qualche giorno fa, a Roma, alla presenza del Ministro Martina si è svolta la riunione del tavolo di filiera del riso. Oltre al titolare del dicastero, erano presenti l’assessore all’agricoltura della regione Piemonte, Giorgio Ferrero, l’assessore all’agricoltura della regione Veneto, Giuseppe Pan, le principali organizzazioni agricole, i rappresentanti dell’industria e l’Ente nazionale risi. Dopo aver analizzato l’andamento del mercato, Martina ha proposto un piano in 5 punti per affrontare la crisi.

  1. Decreto per l’etichettatura d’origine obbligatoria

Insieme al Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, il Mipaaf ha preparato uno schema di decreto «per la sperimentazione dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta per il riso». Il provvedimento dovrebbe prevedere l’obbligo di indicare in etichetta sia il Paese di coltivazione che quello di trasformazione. Indicazioni che dovranno essere apposte in maniera evidente, «in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili».

  1. Clausola di salvaguardia

Visto l’andamento dei prezzi e l’aumento delle importazioni a dazio zero, il Ministero si dice «pronto ad integrare il dossier già aperto con la Commissione per rinnovare la richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia prevista dal regolamento UE n. 978/2012». Gli ultimi trend negativi verranno quindi integrati nel «dossier per il rinnovo della richiesta di attivazione della clausola».

  1. Lettera a Hogan

Terzo provvedimento previsto: il ministro Martina ha già «disposto l’invio di comunicazioni al Commissario Ue Phil Hogan e ai Paesi Produttori», per richiedere
«una revisione del regolamento 978/2012 in modo da prevedere meccanismi più forti di tutela dei redditi dei produttori». Il Ministro chiede inoltre il sostegno formale da parte dei Paesi che hanno partecipato al Forum milanese di febbraio.

  1. La polizza ricavi

Avviata già per il settore del grano, Martina si impegna a «estendere la sperimentazione della polizza ricavi» anche al settore risicolo. Si tratta di un indennizzo per la perdita di reddito degli agricoltori, corrisposto dalla compagnia assicurativa nel caso in cui il ricavo scenda del 20% rispetto alla media triennale del ricavo per ettaro. Il premio alle assicurazioni per la sottoscrizione della polizza sarà coperto al 65% dal Ministero stesso.

  1. Due milioni di euro per la promozione

Ultimo punto del piano ministeriale, la creazione di «campagne di comunicazione dedicate da sviluppare in coordinamento con l’Ente risi». L’obiettivo? Diffondere «maggiore conoscenza delle caratteristiche del prodotto» e rilanciare i «consumi di riso, valorizzando il lavoro dei produttori agricoli». Allo scopo, il Mipaaf si impegna a stanziare due milioni di euro.

Martina: appello all’Ue sul riso

A margine dell’incontro Martina ha rilasciato una dichiarazione in cui auspica il coinvolgimento della Commissione europea nelle strategie di rilancio dei prodotti risicoli italiani e comunitari:

«Vogliamo introdurre l’obbligo di indicazione dell’origine del riso in etichetta. Lo chiediamo a livello europeo e, in accordo con il Ministro Calenda, siamo pronti a sperimentare questo strumento in Italia. Oltre l’80% dei cittadini che hanno partecipato alla nostra consultazione pubblica ci chiede informazioni chiare sulla provenienza di questo prodotto. Per rispondere alla crisi del riso che sta mettendo in difficoltà migliaia di agricoltori in tanti nostri territori chiediamo alla Commissione Ue di fermare le importazioni a dazio zero che hanno creato uno squilibrio di mercato evidente, peraltro senza generare effetti positivi per i piccoli produttori dei paesi asiatici dai quali importiamo. Chiediamo l’attivazione urgente della clausola di salvaguardia. Allo stesso tempo siamo pronti ad estendere anche al settore risicolo la sperimentazione dell’assicurazione agevolata salva ricavi, come fatto per il grano. Può essere uno strumento concreto di protezione del reddito a fronte di forte oscillazioni dei prezzi delle materie prime. Per sostenere il settore investiremo 2 milioni di euro sulla promozione delle qualità del riso».

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11196

http://www.lastampa.it/

http://www.ansa.it/

Prima pagina

 

PSR Lombardia: pronti 12 milioni di euro per l’agricoltura biologica

Nell’ambito del PSR Lombardia 2014-2020, la Regione guidata da Roberto Maroni ha stanziato 12 milioni di euro per lo sviluppo della produzione agricola secondo il metodo biologico.

Il bando, i cui termini sono stati aperti il 3 aprile, si riferisce all’anno 2017 e sarà chiuso il 15 maggio. Prevista una proroga fino al 9 giugno, dietro pagamento di una penale.

Ecco tutti i dettagli per partecipare alla misura di sostegno regionale.

PSR Lombardia e agricoltura bio: due sottomisure

Il bando rientra nel Programma per lo Sviluppo Regionale con riferimento all’anno in corso e relativamente alla misura 11, recante “Agricoltura biologica”. Come accennato, la dotazione complessiva è pari, per il 2017, a 12 milioni di euro.

Sono due le tipologie di operazioni attivabili dal richiedente che rientrano nel bando:

  • La sottomisura 11.1.01 che riguarda la conversione all’agricoltura biologica
  • La sottomisura 11.2.01 che si occupa invece del mantenimento dell’agricoltura biologica

Il valore dell’operazione sarà dipendente dal tipo di coltura praticata dall’agricoltore che fa richiesta di indennizzo. La somma corrisposta avrà un valore variabile tra i 345€ per ettaro di superficie sotto impegno e i 900€/ettaro.

I termini per la richiesta di accesso alle agevolazioni sono stati aperti il 3 aprile. Le domande potranno essere presentate fino al 15 maggio 2017. Oltre questa data, e fino al 9 giugno 2017, i richiedenti potranno presentare la propria richiesta dietro pagamento di una penale.

Per presentare la domanda, è necessario accedere alla piattaforma regionale Sis.Co. (Sistema delle conoscenze), al link: https://agricoltura.servizirl.it/PortaleSisco/

Bando per l’agricoltura bio in Lombardia: i criteri

Possono richiedere l’aiuto tutti gli imprenditori agricoli che risultano “agricoltore in attività”. Devono cioè possedere i requisiti previsti dal regolamento (UE) n. 1307/2013, dagli artt. 10 e ss del reg. (UE) n. 639/2014, dall’art.3 del Decreto Ministeriale n. 6513/2014, dall’art. 1 del DM 1420/2015 e dall’art. 1 comma 1 delDM n. 1922/2015 nonché dalla Circolare AGEA Coordinamento n. 140/2015.

Oltre a questo criterio, obbligatorio, i richiedenti devono dimostrare di soddisfare almeno uno dei due seguenti requisiti:

  • Devono aver presentato notifica di attività per l’iscrizione all’elenco regionale degli operatori biologici entro la fine dello scorso anno e al momento di presentare la domanda devono risultare già iscritti;
  • Oppure, qualora avessero presentato notifica d’attività per l’iscrizione, ma non risultino iscritti, dovranno essere in possesso di un documento giustificativo rilasciato dall’Organismo di Controllo. Nel caso in cui l’iscrizione all’elenco avvenga oltre il 30 giugno 2017, i richiedenti non saranno ammissibili.

Il bando non prevede punteggi di selezione. Esistono invece dei criteri di accesso preferenziali dedicati alle operazioni in aree più sensibili dal punto di vista ambientale.

PSR Lombardia: gli obiettivi attesi

Con la Misura 11 del PSR Lombardia, la Regione intende «promuovere il sostegno al mantenimento e allo sviluppo dell’agricoltura biologica e alla conversione dall’agricoltura convenzionale». L’obiettivo è di incrementare la SAU agricola «condotta con tecniche colturali sostenibili»e «conservare ed aumentare la qualità e la fertilità dei suoli agricoli e dell’acqua».

Il bando intende infine«rispondere alle nuove esigenze espresse dai consumatori, sempre più orientati ed attenti ad acquistare prodotti ottenuti attraverso sistemi di produzione più sostenibili».

FONTI:

https://www.fasi.biz/it/notizie/novita/16075-psr-lombardia-contributi-per-agricoltura-biologica.html

http://www.psr.regione.lombardia.it/wps/portal/PROUE/FEASR/Bandi/DettaglioBando/Agevolazioni/bando-misura-11-2017/bando-misura-11-2017

http://www.psr.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/96dd0432-52cc-4f07-9182-c292cec672c1/Burl+n.+14+del+7+aprile+2017+-+Decreto+n.+3601+del+31+marzo+2017+-+bando+Misura+11+Agricoltura+Biologica.pdf?MOD=AJPERES&CONVERT_TO=url&CACHEID=96dd0432-52cc-4f07-9182-c292cec672c1

Mipaaf: 485 milioni di euro per garanzie in agricoltura e agroindustria

Con una nota, il Mipaaf, Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali, ha reso nota l’istituzione della piattaforma italiana multiregionale di garanzia.

Con il contributo di diversi enti pubblici, italiani e comunitari, sarà stanziato un impegno finanziario per complessivi 485 milioni di euro. In base alle stime dei proponenti, i fondi stanziati potranno mobilitare circa un miliardo di euro di investimenti privati nei settori dell’agricoltura e dell’agroindustria, nei prossimi anni.

Tutti i dettagli dell’operazione.

L’annuncio del Mipaaf in occasione dei 60 anni della PAC

L’annuncio della costituzione della piattaforma multiregionale di garanzia, è arrivato a Verona, presso il Palazzo della Gran Guardia, lo scorso 8 aprile, in occasione della conferenza “Sessant’anni di Europa, sessant’anni di Politica agricola comune – L’agricoltura europea dalle radici al futuro”. Erano presenti il Ministro per le politiche agricole, Maurizio Martina, e il Commissario europeo per l’agricoltura, Phil Hogan. Hanno partecipato, inoltre, rappresentanti degli altri enti coinvolti nell’istituzione della piattaforma: Dario Scannapieco, Vice Presidente della BEI (Banca Europea per gli Investimenti), Leonardo Di Gioia, Coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni, Pier Luigi Gilibert, CEO del Fondo Europeo per gli Investimenti, Fabio Gallia, CEO di Cassa Depositi e Prestiti, ed Enrico Corali, Presidente di Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare.

Come spiega la nota del Mipaaf, la piattaforma rappresenta il «primo esperimento in assoluto nel quale sono coinvolte le Amministrazioni regionali, gli Enti nazionali e le istituzioni finanziarie europee».

Sono 8, per ora, le regioni italiane che aderiscono all’iniziativa: Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto.

In sostanza, l’accordo tra le parti prevede la costituzione di un «portafoglio multiregionale di garanzie, per proteggere prestiti destinati a finanziare gli investimenti connessi ai Programmi di Sviluppo Rurale».

L’obiettivo finale dell’iniziativa è di sostenere le scelte delle piccole e medie imprese operanti nel settore della produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti agroalimentari. Uno scopo da raggiungere attraverso l’impiego ottimale del FEASR, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, con cui saranno istituiti strumenti di garanzia per le PMI del settore.

Un impegno finanziario da 485 milioni

Come accennato, l’impegno finanziario totale previsto nell’ambito del programma è pari a 485 milioni di euro, così ripartiti:

  • 165 milioni da parte del Fondo Europeo per gli Investimenti
  • 150 milioni da Cassa Depositi e Prestiti
  • 150 milioni dalla BEI
  • 20 milioni da Ismea

I fondi stanziati dovrebbero contribuire, secondo le stime del Mipaaf e degli altri proponenti, a mobilitare un miliardo di euro di investimenti per agricoltura e agroindustria, nel corso dei prossimi anni.

Soddisfazione è stata espressa dal Ministro Martina durante la presentazione della piattaforma:

«Ancora una volta l’Italia si pone alla testa di una sperimentazione utile per le imprese agricole. L’obiettivo è quello di stimolare e rendere più semplice l’utilizzo dei fondi di sviluppo rurale. Con l’impegno della Bei, del Fei e delle nostre Ismea e Cassa depositi e prestiti realizziamo un’operazione che non ha precedenti. Le Regioni capofila potranno così essere un vero laboratorio di un’Europa che dà risposte concrete alle sue imprese e ai cittadini».

FONTE:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11178

 

Europarlamento dice stop agli OGM: “No al Mais geneticamente modificato”

L’Europarlamento si è espresso sulla possibilità di importare sul territorio dell’Unione cibo e sementi che contengono o derivano da mai geneticamente modificato: 426 voti a favore, 230 contrari e 38 astensioni.

La risoluzione approvata dai deputati era di netta contrarietà a tale possibilità.

Malgrado il parere Efsa, che esprimeva invece favore verso l’importazione, i deputati europei hanno bloccato 5 varietà di mais OGM. La parola definitiva spetta in ogni caso alla Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, dal momento che il provvedimento votato non ha valore vincolante.

La decisione dell’Europarlamento: le motivazioni

Sono 5 le varietà di mais OGM su cui l’Europarlamento ha dichiarato la propria contrarietà all’importazione: Bt11, 59122, MIR604, 1507 e GA21. Si tratta di varietà resistenti agli erbicidi a base di glufosinato ammonio, allo glifosato, nonché ad alcune specie di parassiti, come lepidotteri e coleotteri potenzialmente nocivi.

La motivazione principale allo stop, è da individuare nella presunta mancanza di sufficienti informazioni e dati sulle varietà considerate.

«Durante il periodo di consultazione di tre mesi», si legge nella risoluzione approvata, «gli Stati membri hanno presentato centinaia di osservazioni»: si tratta perlopiù di segnalazioni riferite «alla mancanza d’informazioni e di dati, studi mal eseguiti o mancanti». Si sottolinea inoltre come siano carenti alcuni dati riguardo «la digeribilità, alla mancata considerazione degli effetti combinati delle diverse proteine della tossina Bt nel valutare il potenziale di allergenicità e tossicità».

E ancora: la richiesta di autorizzazione da parte di Syngenta non prevedrebbe relazioni sulle attività di monitoraggio, sugli effetti negativi sull’ambiente, sulla valutazione «delle differenze statisticamente significative, ad esempio nella composizione nutrizionale». Mancherebbero infine «prove immunologiche in riferimento a un potenziale allergenico potenzialmente più elevato».

In definitiva, l’Europarlamento ritiene che l’approvazione di «varietà per le quali non siano stati forniti dati sulla sicurezza, che non siano neppure state sottoposte a test, o non siano ancora state create, contravvenga ai principi generali della legislazione alimentare».

Per queste ragioni, come già accaduto in passato, i parlamentari europei richiedono una riforma della procedura di autorizzazione per gli OGM. Come abbiamo accennato, infatti, la risoluzione approvata non è in alcun modo vincolante per la Commissione. Qualora quest’ultima approvi l’autorizzazione al mais OGM, malgrado il parere contrario dei deputati, gli Stati membri potranno però a loro volta vietarne la coltivazione sul proprio territorio.

Il parere EFSA e la “relazione di minoranza”

Il parere contrario dell’Europarlamento è arrivato malgrado l’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, abbia espresso nell’agosto 2016 una valutazione favorevole sulle domande di autorizzazione.

Come sottolineano gli eurodeputati, infatti, è lo stesso provvedimento dell’Efsa a riconoscere la carenza di informazioni, quando «riconosce che non sono stati presentati dati specifici sulle 20 sottocombinazioni(del granturco OGM, ndr), molte di queste non sono state ancora create e l’esame della letteratura specialistica non ha permesso di recuperare informazioni scientifiche su tali combinazioni».

Esiste inoltre un parere di minoranza, contrario a quello favorevole dell’Efsa, a firma di Jean-Michael Wal, membro del gruppo di esperti OGM della stessa Agenzia europea. Wal sottolinea che Syngenta «non ha addotto giustificazioni soddisfacenti per spiegare» la mancanza delle informazioni, né ha indicato per quale ragione ritenga che tali dati «non siano necessari ai fini della valutazione del rischio».

Nella risoluzione, gli europarlamentari concludono dunque che tale carenza possa «generare un rischio incontrollato per la salute di alcuni segmenti di popolazione».

La posizione dell’Italia

Sul mais OGM, negli ultimi mesi l’Italia ha avuto una posizione ondivaga. Il 27 gennaio, infatti, quando gli Stati membri dell’UE si sono riuniti per approvare l’ingresso nel continente di 3 tipologie di mais geneticamente modificato resistente ai parassiti, il nostro Paese ha votato per la prima volta a favore dell’autorizzazione. Poche settimane dopo, però, il governo italiano – rappresentato dai ministri della Salute, delle Politiche Agricole e dell’Ambiente –recuperava la sua posizione originaria, di netto rifiuto agli organismi geneticamente modificati.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3282

http://www.ilfattoalimentare.it/ogm-parlamento-ue-autorizzazioni-mais.html

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2017-0123+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT

http://www.agi.it

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-italia-vota-favore-le-reazioni-carnemolla-greenpeace/

http://www.suoloesalute.it/mais-ogm-nuova-impasse-sulle-concessioni-litalia-vota/