Suolo e Salute

Autore: admin

L’AGRICOLTURA BIO MIGLIORA LA FERTILITÀ E LA BIODIVERSITÀ DEL SUOLO

L’AGRICOLTURA BIO MIGLIORA LA FERTILITÀ E LA BIODIVERSITÀ DEL SUOLO

L’agroecologia va incentivata perché è la chiave per fare fronte al climate change: l’auspicio di Maria Grazia Mammuccini presidente di FederBio in occasione della giornata mondiale del suolo

È sempre più urgente una svolta verso l’agroecologia per la tutela della salubrità dei terreni. «Non utilizzando sostanze chimiche di sintesi, ma basandosi su pratiche agroecologiche rispettose dell’ambiente, l’agricoltura biologica e biodinamica contribuiscono, infatti, a migliorare la struttura e la fertilità del suolo e a mitigare i cambiamenti climatici». Lo fa sapere Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, lo scorso 4 dicembre in occasione della Giornata mondiale del suolo .

Una bocciatura autolesionistica

«Bocciare – aggiunge- il regolamento per la riduzione dei fitosanitari chimici nei campi e quindi la strategia Farm to Fork che ne prevedeva il dimezzamento entro il 2030 – è stata una decisione autolesionistica, che comporterà conseguenze molto gravi». L’uso prolungato di pesticidi fatto in questi anni dall’agricoltura intensiva è, infatti, tra le principali cause che hanno portato al degrado di molti terreni sempre più vicini allo stato di desertificazione.

Degenerazioni preoccupanti anche perché, come attesta la Fao, il 95% del cibo proviene dai campi. Il suolo è una risorsa naturale preziosa, dove si concentra il 90% della biodiversità del pianeta in termini di organismi viventi, ecco perché è fondamentale tutelarne la fertilità.

Una garanzia anti-erosione

FederBio sottolinea, inoltre, come la maggior quantità di materia organica presente nei campi biologici li renda in grado di trattenere grandi quantità di acqua, prevenire l’erosione e accrescere il sequestro di carbonio favorendo una maggiore presenza di animali e microrganismi benefici come batteri, funghi, insetti e lombrichi.

 

 

ADDIO ALL’USO SOSTENIBILE DEI PESTICIDI

ADDIO ALL’USO SOSTENIBILE DEI PESTICIDI

L’EuroParlamento in sessione plenaria boccia senza appello la proposta di regolamento sugli usi sostenibili degli agrofarmaci, uno dei principali strumenti per l’obiettivo Green deal del loro dimezzamento entro il 2030. Mammuccini: «Si rischia di tornare all’anno zero delle politiche di sostenibilità agricola»

Green deal, un orizzonte che rischia di allontanarsi sempre di più. Il 22 novembre scorso il Parlamento europeo, convocato in Assemblea plenaria a Strasburgo, ha infatti respinto la proposta di riforma della regolamentazione Ue sugli usi sostenibili dei pesticidi (Sustainable Use of Plant Protection Products Regulation, SUR), principale strumento per arrivare a un loro dimezzamento entro il 2030. La proposta di regolamento voluta da Frans Timmermans, ex vicepresidente della Commissione europea, è stata respinta con 299 voti a favore 207 contrari e 121 astenuti.

Un clima da restaurazione di fine legislatura

Si tratta di un clamoroso stop per uno dei testi legislativi più ambiziosi della Strategia Farm to Fork: lo stop è infatti definitivo, non rimanda alle Commissioni competenti per l’elaborazione di un nuovo testo di compromesso. Obbliga invece la Commissione Ue a decidere se rilanciare la proposta con un testo alternativo e tempi di approvazione che si allungherebbero enormemente (un’ipotesi davvero poco plausibile, dopo il ritorno di Timmermans in Olanda per un confronto elettorale che ha visto il suo partito arrivare secondo dietro all’estrema destra di Geert Wilders) o se gettare la spugna.

In teoria, il Consiglio Ue potrebbe decidere di andare avanti comunque, «ma l’approssimarsi delle elezioni europee della prossima primavera – commenta Pascal Canfin, presidente della Commissione Ambiente –  rende impossibile l’approvazione di alcun regolamento in questo mandato».

«Difendere gli agricoltori non significa difendere i pesticidi»

A Strasburgo ha infatti prevalso l’idea che il regolamento Sur fosse una mannaia per la produttività agricola del vecchio continente (che è ancora oggi il primo esportatore agroalimentare al mondo). «Un’idea sbagliata – assicura Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio – difendere gli agricoltori non significa difendere i pesticidi». «Il voto contro il regolamento finalizzato alla riduzione progressiva dei pesticidi di sintesi chimica nei nostri campi e altre decisioni di fine legislatura come il mancato stop alla proroga del discusso erbicida glifosate costituiscono un colpo di spugna che rischia di riportarci all’anno zero delle politiche di sostenibilità agricola».

SEMINE BIO, SOSPESO IL VINCOLO DELLA “MANIFESTAZIONE D’INTERESSE”

SEMINE BIO, SOSPESO IL VINCOLO DELLA “MANIFESTAZIONE D’INTERESSE”

Il criterio del tempo utile risulta inapplicabile. Una circolare ministeriale disattiva il controllo bloccante per la richiesta di deroga per le varietà delle specie inserite nella “lista rossa” ovvero frumento, orzo, farro o erba medica

Era uno dei tanti cavilli burocratici architettati per complicare la vita ai produttori bio. L’adempimento della manifestazione d’interesse entro giugno/luglio riguardo alle varietà in lista rossa da impiegare nella successiva campagna di semina è stato sospeso.

La nuova circolare

La circolare applicativa N. 613313 emanata dal Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare lo scorso 6 novembre blocca infatti l’adempimento pensato per evitare il ricorso sistematico alle per l’impiego di semente non bio per specie come frumento, orzo, farro o erba medica.

Si legge nella circolare: «…a seguito delle istanze pervenute dal settore produttivo, constatata la loro fondatezza attraverso incontri di approfondimento e ritenuto opportuno perfezionare lo strumento della manifestazione di interesse tramite lo specifico servizio della Banca dati sementi biologiche, si è provveduto a disattivare, per la corrente campagna agraria, il controllo bloccante per la richiesta di deroga per le varietà delle specie inserite nella “lista rossa”».

Il commento di Aiab

«Come Aiab – commenta il presidente Giuseppe Romano – abbiamo sempre sostenuto l’inutilità del provvedimento, ancorché indicato nel Reg UE 848/2018, ma mal gestito a livello nazionale e diventato solo un ulteriore onere burocratico che grava sul sistema bio». «Ricordo – continua Romano – che quando fu emesso tale obbligo la sanzione prevista per le eventuali non conformità era addirittura la soppressione, poi corretta in diffida». Sempre troppo per una norma mal pensata e difficile da attuare. Ora, dopo una campagna segnata da difficoltà economiche e climatiche, il Masaf prende atto dell’errore e sospende l’adempimento almeno per un anno. Un preludio ad una possibile rivisitazione dell’intera gestione del sistema delle deroghe per le semine.

BIOLOGICO, UN TOCCASANA PER LA BIODIVERSITÀ

BIOLOGICO, UN TOCCASANA PER LA BIODIVERSITÀ

Un progetto congiunto tra WWF e Huawei ha stimato l’impatto dei diversi modelli di agricoltura sulla presenza di specie animali  attraverso monitoraggio acustico, cloud e intelligenza artificiale. È emerso che nelle coltivazioni bio è presente il 10% di animali in più rivelandosi una preziosa risorsa per il futuro del pianeta

Nelle aree coltivate con il metodo di agricoltura biologica è presente in media quasi il 10% di specie in più rispetto alle aree gestite in agricoltura convenzionale.

Guardiani della natura

Lo rivela uno studio presentato in occasione della seconda edizione del progetto congiunto di WWF Italia e Huawei “Guardiani della Natura” che si è tenuto a Roma il 21 novembre. In Europa infatti l’agricoltura è la prima causa di perdita di biodiversità , fattore determinante per la salvaguardia del pianeta e il benessere delle generazioni future.

Tecnologia al servizio della sostenibilità

Da qui nasce la brillante idea di WWF e Huawei di misurare la biodiversità nelle aree agricole attraverso dispositivi di monitoraggio bioacustico e di piattaforma cloud e IA (intelligenza artificiale).

All’interno e nei pressi di otto Oasi WWF di sette regioni italiane, dal Trentino Alto-Adige alla Sicilia, sono stati così installati 48 dispositivi “Edge Audiomoth” per il monitoraggio bioacustico, forniti dal partner tecnico Rainforest Connection (RFCx).

Il canto rassicurante degli uccelli

Nei 16 terreni agricoli, metà dei quali coltivati con metodo biologico e altrettanti coltivati con la stessa varietà di coltura ma con metodo convenzionale, i dispositivi hanno permesso di raccogliere oltre 500.000 registrazioni audio di 60 secondi ciascuna (oltre 8.000 ore totali), fornendo uno sguardo dettagliato sulla presenza e variazione della biodiversità nelle diverse aree agricole gestite con metodo biologico o convenzionale. La piattaforma Arbimon, basata su Cloud e IA, ha analizzato questa enorme mole di dati sonori e riconosciuto all’interno delle registrazioni 57 delle 63 specie di uccelli target rispetto alle quali era stato allenato l’algoritmo, ottenendo un campione di studio composto da 8.420 singole identificazioni validate di specie.

L’ESORDIO DELLA RETE NAZIONALE DEI BIODISTRETTI

L’ESORDIO DELLA RETE NAZIONALE DEI BIODISTRETTI

Insieme il bio cresce di più e meglio: si parte con sette sodalizi di sei regioni, dal Veneto alla Calabria. Il primo presidente è Andrea Campurra del Distretto Bio Sardegna

È nata la Rete nazionale dei Distretti biologici d’Italia con l’adesione di sette associazioni appartenenti a sei regioni (Sardegna, Calabria, Lombardia, Veneto, Marche e Lazio) che hanno firmato la costituzione della Rete, che avrà sede a Roma.

Presto nuovi ingressi

L’iniziativa prevede l’ingresso di altri otto distretti che hanno manifestato il loro interesse. La Rete, informa una nota, ha l’obiettivo di rappresentare i distretti biologici riconosciuti e promuovere azioni condivise per la promozione del bio e delle buone pratiche in agricoltura, di salvaguardare e tutelare il patrimonio ambientale e di sviluppare le filiere puntando ai mercati esteri.

«Con l’intesa raggiunta – si legge nel comunicato – e partendo dalle esperienze dei Distretti biologici nei vari territori e le novità sia nella nuova Pac sia nella legislazione nazionale in tema di agricoltura biologica, la Rete vuole lavorare insieme per portare avanti forti azioni a favore delle filiere biologiche e dei territori potendo contare, facendo sistema, delle importanti risorse messe in campo col Pnnr con la Pac».

Orizzonte Green Deal

Gli aderenti all’iniziativa sostengono inoltre che «la sfida del Green Deal con la quale i Paesi dell’Ue si sono impegnati a conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e con il Farm to Fork, che tra i diversi obiettivi, punta a trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all’agricoltura biologica entro il 2030, non può essere vinta se non impegnandoci tutti in azioni di sistema».

Il consiglio direttivo

L’assemblea costituente ha eletto all’unanimità come presidente Andrea Campurra del Distretto Biologico regionale “Sardegna Bio”, affiancato nel consiglio direttivo da Sara Tomassini del Distretto Bio “Terre Marchigiane” e Giovanni Gatti, tra i principali animatori dell’iniziativa, titolare dell’azienda Libero Gatti a Copanello (Cz), certificata da Suolo e Salute e presidente del Biodistretto del cibo bio di Calabria – Copanello.

«Lavorare in rete è sempre una bella sfida –afferma il presidente Andrea Campurra –. Abbiamo da subito contattato gli uffici del ministero per presentare il nostro progetto ma agiremo immediatamente su tutto il territorio nazionale organizzando manifestazioni, seminari e convegni per rilanciare il biologico e le aziende dei Distretti della Rete».

L’ETICHETTA UNICA VALORIZZA TUTTO L’OLIO DI CALABRIA IGP

L’ETICHETTA UNICA VALORIZZA TUTTO L’OLIO DI CALABRIA IGP

Un grande traguardo per la produzione Igp certificata da Suolo e Salute: l’iniziativa del Consorzio di tutela presieduto da Massimino Magliocchi mira ad aumentare la riconoscibilità della qualità della produzione regionale sui mercati nazionali e internazionali

Un’etichetta unica per identificare tutte le bottiglie dell’olio di Calabria Igp. La svolta, voluta dal Consorzio di tutela, è stata ufficializzata con l’evento di presentazione presso la Cittadella Regionale Jole Santelli a Catanzaro.

Una qualità da riconoscere

«Si tratta di una scelta importante – spiega Massimino Magliocchi, presidente del Consorzio Olio di Calabria IGP- condivisa con i produttori, che ci permette di affrontare con un umore nuovo la campagna olivicola di quest’anno e di presentare un’etichetta unica che darà maggiore visibilità ad un prodotto eccezionale come il nostro olio di oliva calabrese».

«L’obiettivo è quello di essere recepiti dal consumatore come prodotto di qualità del quale essere sicuri al 100%».

«Inoltre, la certificazione Igp rappresenta la garanzia di consumare un olio genuino, di qualità e calabrese in ogni goccia».

L’olio di Calabria è una delle indicazioni geografiche protette certificate da Suolo e Salute, la cui attività di Ente di controllo e certificazione è basilare per la valorizzazione dell’origine, qualità e reputazione di queste produzioni. Suolo e Salute è stato designato fin dalla prima autorizzazione, dal 30/07/2015 che ha riguardato la protezione nazionale transitoria. Il coordinamento delle attività di controllo sono affidate direttamente alla sede regionale di Suolo e Salute di Caraffa di Catanzaro.

Un’immagine da valorizzare

«Poter fare riferimento a un’etichetta unica – commenta Gianluca Gallo, Assessore all’Agricoltura della Regione Calabria – consente di valorizzare la nostra immagine e di avviare un percorso di riconoscibilità per il nostro olio di qualità al di fuori dei confini regionali».

«L’etichetta unica del Consorzio Olio di Calabria Igp sarà indice di una tendenza sempre più improntata alla ricerca assoluta della qualità, unica ambizione da coltivare oltre a quella delle olive».

Cinque Province unite

Sull’etichetta, oltre al marchio di Indicazione Geografica Protetta, è presente il logo dell’olio di Calabria IGP, caratterizzato dall’immagine stilizzata di un ulivo, il cui tronco è composto da cinque tratti che conducono alle cinque province della Regione (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia). Un simbolo che vuole rendere il prodotto facilmente riconoscibile e accattivante per i consumatori, promuovendo contemporaneamente l’intero territorio calabrese e mettendo in risalto la secolare tradizione olivicola della Regione.

L’impegno del Consorzio va così a premiare la dedizione e il sacrificio degli agricoltori nell’offrire prodotti di qualità. Mettendo in rilievo un prodotto unico e distintivo che racconta una storia, ha un’origine e segue una tradizione.