Suolo e Salute

Autore: admin

Sostanze nocive ammesse nella produzione agricola integrata. Associazioni scrivono a Oliverio

oliverio calabria

Nei giorni scorsi, tre associazioni del settore agricolo, Agricoltura biologica Calabria, medici per l’ambiente Isde-Italia e Apicoltori professionali della Calabria (Aprocal), hanno scritto al governatore della regione Calabria, Mario Oliverio, per lamentare la scarsa sostenibilità ambientale dei sistemi di produzione agricola integrata, in cui sarebbe ancora ammesso un elenco interminabile di sostanze nocive.

Nonostante tale tipo di produzione sia qualificata come un sistema di coltivazione finalizzato a rendere “minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi”, all’interno del bando e dei disciplinari non sarebbe prevista alcune “reale strategia di diminuzione dell’uso dei presidi chimici di sintesi, con parametri misurabili in grado di dare dimostrazione di una graduale riduzione a vantaggio dell’ambiente e della salute pubblica“.

Fra i principi attivi ammessi, lamentano le associazioni, destano particolare preoccupazione il glifosato e il clorpirifos (etile e metile). Lo stesso glifosato, è stato indicato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro come ‘probabile cancerogeno per l’uomo’.

Proprio sul rinnovo dell’utilizzo di questa sostanza, l’Unione Europea ha avviato una discussione e il ministro Maurizio Martina ha preso posizione a favore della sua esclusione dall’elenco delle sostanze ad uso agricolo. Nonostante tutto, riferiscono le associazioni, in Calabria risultano finanziate pratiche colturali che fanno uso di glifosato, con dosi anche di 9 litri per ettaro di superficie coltivata. Il clorpirifos – continuano – è un pesticida molto pericoloso, tanto che l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti di America lo ha bandito per l’uso domestico.

Parte della pericolosità del clorpirifos è dovuta al fatto che è disponibile in formulati altamente volatili, che possono determinare contaminazioni accidentali anche a notevoli distanze, mettendo a rischio non solo gli abitanti dei territori agricoli, ma anche le aziende biologiche.

I disciplinari inoltre – si legge in una nota stampa di Federbio che riporta alcuni stralci della lettera – contengono un lungo elenco di principi attivi che sono stati esclusi dalle principali catene della grande distribuzione europea. È il caso ad esempio del diserbante linuron, dell’anticrittogamico meptyldinocap, dell’insetticida fosmet. Per non parlare poi del neonicotinoide imidacloprid, la cui tossicità sulle api e gli insetti pronubi è stata già ampiamente dimostrata e denunciata“.

La richiesta è dunque che il presidente della Regione Calabria attui un’attenta riflessione sulle reali compatibilità ambientali e sociali del sistema di produzione agricola “integrata”, prima che siano messe in atto misure di aiuto economico.

Le proposte avanzate sono queste:

  • revisione dell’impostazione della produzione integrata, in modo che possa diventare veramente un primo passo per la conversione bio-ecologica dell’agricoltura calabrese;
  • finanziamento alle aziende agricole vincolato all’attuazione di reali obiettivi di riduzione dell’uso della chimica di sintesi, che devono essere quantificati e garantiti alla Regione Calabria ed ai consumatori;
  • esclusione delle pratiche del diserbo con prodotti chimici di sintesi all’interno dei sistemi e delle tecniche di produzione integrata;
  • verifica delle molecole chimiche di sintesi consentite, per una sostanziale limitazione dei principi particolarmente dannosi;
  • immediata esclusione dell’utilizzo del glifosato e del cloripirifos;
  • proibizione dell’uso di diserbanti e di insetticidi chimici di sintesi estesa alla pulizia e alla disinfestazione delle strade e delle aree pubbliche su tutto il territorio regionale;
  • intensificazione dei monitoraggi ambientali sulle molecole chimiche di sintesi utilizzate in agricoltura, attraverso criteri e modalità chiare e trasparenti, in grado di attivare la conoscenza e la partecipazione di produttori, tecnici e consumatori, nonché delle rispettive organizzazioni di rappresentanza.
  • un confronto aperto, che coinvolga anche le organizzazioni mediche e le associazioni agrobiologiche e ambientaliste.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1017#sthash.yIld6Wsg.dpuf

Psr Calabria, le associazioni del settore agricolo scrivono al governatore Oliverio: “Scarsa la sostenibilità ambientale dei sistemi di produzione agricola integrata. Ancora ammesse sostanze nocive”

http://www.strettoweb.com/2016/05/reggio-calabria-nicolo-oliverio-non-puo-non-ascoltare-le-rivendicazioni-del-comparto-dellagricoltura-biologica/406373/

 

Francia: stop all’importazione di ciliegie trattate con dimetoato

ciliegie franciaVietato importare ciliegie dai Paesi in cui è autorizzato il trattamento con dimetoato. È la decisione del governo francese che, lo scorso 21 aprile, ha pubblicato un decreto che sospende l’importazione e la commercializzazione di prodotti potenzialmente contaminati dall’insetticida.

Il dimetoato è un insetticida appartenente alla classe dei fosforganici ed è ampiamente adoperato contro diverse tipologie di insetti fitofagi.

Già lo scorso febbraio, la Francia aveva deciso di vietare l’uso del prodotto sugli alberi di ciliegio presenti sul proprio territorio. Ora, arriva il blocco anche per gli alimenti potenzialmente trattati e importati dai Paesi in cui il dimetoato è attualmente consentito. Sono escluse dal divieto le ciliegie biologiche.

La decisione è stata motivata in parte dal fatto che i residui del dimetoato attualmente consentiti, “non sono probabilmente sufficienti per assicurare la protezione dei consumatori”.

A metà aprile, il Comitato permanente dell’Ue per le piante, alimenti e mangimi, si è riunito per discutere la richiesta della Francia di vietare l’utilizzo della sostanza su frutta e verdura in tutta l’Unione Europea e bloccare la vendita delle ciliegie trattate.

La discussione si è conclusa con un nulla di fatto, dato che la Commissione si è dichiarata contraria alla richiesta di misure di emergenza, non ritenendo sufficienti le argomentazioni francesi.

Alla base della richiesta vi era l’incertezza sulle proprietà tossicologiche di tre metaboliti e sulla loro azione sul sistema nervoso centrale e su quello periferico.

La Francia ha comunque sostenuto la propria posizione, forte del parere emesso due giorni prima dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)  secondo cui “i dati non sono sufficienti per escludere chiaramente un rischio per i consumatori”.

Così, il 21 aprile scorso, ha deliberato il divieto d’importazione di ciliegie da Paesi in cui il dimetoato è autorizzato. La Francia, il primo e attualmente l’unico ad aver adottato tale provvedimento, importa ciliegie principalmente da Italia, Spagna e Turchia.

Il ministro dell’agricoltura, Stéphane Le Foll, ha spiegato che il provvedimento mira a protegge i consumatori e a difendere l’interesse dei produttori. In un comunicato, ha inoltre aggiunto che, ad oggi, anche Spagna, Italia, Grecia e Slovenia hanno annunciato l’intenzione di non autorizzare il dimetoato sulle ciliegie.

Fonti:

http://www.ilfattoalimentare.it/francia-ciliegie-dimetoato.html

https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=E9D9902D98E511F3C9008094BC70505C.tpdila09v_3?cidTexte=JORFTEXT000032439552&dateTexte=&oldAction=rechJO&categorieLien=id&idJO=JORFCONT000032438891

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/04/29/prodotti-fitosanitari-niente-dimetoato-contro-la-mosca-del-ciliegio/48521

http://agriculture.gouv.fr/suspension-de-limportation-des-cerises-traitees-au-dimethoate

Perché le pecore potrebbero far bene all’agricoltura biologica

pecore bioLe pecore potrebbero rivelarsi una risorsa preziosa nella lotta alle piante infestanti in agricoltura biologica. Ad affermarlo, i ricercatori della Montana State University che hanno avviato uno studio per verificare l’utilità di questi animali, in sostituzione alle comuni attrezzature agricole.

Una soluzione, affermano i ricercatori, che potrebbe ridurre i costi di gestione dei terreni sostenuti dagli agricoltori biologici.

La lavorazione meccanica, a lungo andare, rischia di ridurre l’integrità del suolo, alterandone la resa. Per risolvere questo problema, il progetto della Montana State University  suggerisce di adoperare le pecore domestiche al posto dei macchinari tradizionali. Farle pascolare sui terreni agricoli potrebbe infatti aiutare a tenere sotto controllo la proliferazione delle piante infestanti, senza danneggiare il terreno.

Lo studio avrà il compito di determinare se un sistema di produzione integrato possa essere un metodo economicamente fattibile per ridurre il dissodamento nelle aziende biologiche certificate.

Il progetto coinvolgerà docenti, laureati e studenti universitari provenienti da vari settori.

Patrick Hatfield, uno dei docenti che fanno parte del gruppo di ricerca, afferma: “Il nostro obiettivo è quello di ridurre il dissodamento nei sistemi biologici. La soluzione ideale è probabilmente quella dove sia il pascolo che la coltivazione sono impiegati strategicamente per portare a termine una specifica attività“.

L’azione delle pecore, inoltre, potrebbe fornire concime naturale a costo zero e aiutare nella gestione della vegetazione di copertura, oltre che nell’eliminazione delle piante infestanti.

Una pecora digerisce il 30-40 per cento di 100 chili di paglia consumata. Ciò significa 60-70 chili di piccole particelle di materia organica che vengono restituite alla terra“, fanno sapere i ricercatori.

Credo che una delle cose principali che abbiamo imparato è che c’è un uso preciso, sostenibile ed economicamente vantaggioso per l’ambiente di ogni metodo (lavorazione del terreno, pascolo, e diserbanti). Le pratiche agricole più sostenibili includono probabilmente l’uso strategico di tutti questi strumenti “, ha affermato Hatfield.

Determinare i metodi migliori per utilizzare in maniera integrata le risorse a disposizione sarà la fase successiva del lavoro dei ricercatori.

Fonte:

http://blogs.usda.gov/2016/04/20/organic-study-uses-domestic-sheep-to-facilitate-sustainable-farming/

 

IFOAM a Roma per parlare di Linee Guida internazionali per una gestione insostenibile del suolo

IFOAM_400x400L’Open Ended Working Group sulle Linee Guida volontarie per la gestione sostenibile del suolo (VGSSM) si è riunito a Roma, dall’11 al 13 aprile, presso la sede della Fao.

Il VGSSM è nato con lo scopo di facilitare l’attuazione della Revised World Soil Charter. Il progetto è stato sviluppato dall’Intergovernmental Technical Panel on Soils (ITPS), che fa parte del Global Soil Partnership, un’iniziativa globale lanciata dalla FAO per promuovere la gestione sostenibile del suolo.

L’Open Ended Working Group è una delle fasi del processo che determinerà la stesura delle linee guida che saranno discusse dai governi a maggio.

Le Linee Guida volontarie per la gestione sostenibile del suolo (VGSSM) si basano su due documenti della FAO sviluppati durante il 2015, l’anno che l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di dedicare al Suolo.

I due documenti principali sono la Revised World Soil Charter e lo Status of the World’s Soil Resources, una sintesi tecnica sviluppata dall’Intergovernmental Technical Panel on Soils e dal Global Soil Partnership.

L’incontro che si è tenuto a Roma ha visto la partecipazione di 40 scienziati, indipendenti e governativi, esperti del settore. Inoltre, erano presenti dei rappresentanti delle compagnie produttrici di fertilizzanti e delle organizzazioni internazionali, nello specifico, IFOAM – Organics International e World Farmers Organization (WFO).

Durante l’evento, Livia Ortolani, membro del Consiglio europeo di IFOAM, ha sottolineato la necessità di concentrarsi sulla conservazione e valorizzazione della materia organica nel suolo. Ha anche parlato dell’agricoltura biologica come pratica consigliata per la gestione sostenibile delle risorse.

Dal suolo dipende il 95% del nostro approvvigionamento alimentare. L’utilizzo indiscriminato di fertilizzanti chimici nell’agricoltura convenzionale sta esaurendo le risorse dei terreni a una velocità insostenibile. Gli agricoltori biologici, invece di utilizzare prodotti che depauperano il suolo delle sue sostanze, preservano la salute del terreno e la sua fertilità, garantendo la sopravvivenza delle generazioni future.

Fonti:

http://www.ifoam.bio/en/news/2016/04/20/international-guidelines-sustainable-soil-management

http://www.fao.org/fileadmin/user_upload/soils/Concept_Note_VGSSM.pdf

 

25milioni in più per l’agricoltura biologica

Toscana: saranno 25 milioni le risorse in più stanziate per l’agricoltura biologica. La decisione è stata presa in questi giorni dalla giunta, su iniziativa dell’assessore Marco Remaschi.

La Regione Toscana ha deciso di aumentare i fondi messi a disposizione dell’agricoltura biologica di altri 25 milioni di euro. La decisione, presa nei giorni scorsi su un’iniziativa partita dall’assessore regionale all’agricoltura e foreste Marco Remaschi, è apparsa necessaria per far fronte all’ampia risposta degli operatori di settore alla pubblicazione del bando del 2015. A fronte di una dotazione finanziaria della misura di 17 milioni di euro, infatti, sono pervenute richieste di poco inferiori ai 23 milioni di euro per 2.059 aziende, a dimostrazione dell’interesse delle imprese agricole nei confronti del metodo di coltivazione biologico.

Per poter soddisfare tutte le domande ammesse, dunque, la giunta ha deciso di aumentare l’impegno finanziario di ulteriori 25milioni di euro rispetto a quanto previsto.

Come afferma lo stesso Remaschi, la decisione è stata “assunta in considerazione del fatto che la valorizzazione dell’agricoltura biologica ha un ruolo fondamentale per favorire e incentivare un processo di cambiamento delle pratiche agricole, puntando come obiettivo sulla conservazione della biodiversità a livello di agroecosistema, sulla conservazione dei paesaggi, sulla riduzione dell’inquinamento delle risorse idriche, sul contenimento dell’erosione e della perdita di fertilità dei suoli, contribuendo anche alla riduzione dell’emissione dei gas serra“.

I vigneti del Chianti - Toscana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In Toscana – aggiunge Remaschi – sono circa 4.500 le aziende biologiche che fanno parte del sistema agricolo regionale e che contribuiscono quindi all’immagine della Regione Toscana quale territorio attento al vivere sano, alla cultura e alla tutela del paesaggio. Di qui l’impegno della Regione a incentivarle e sostenerle, in quanto valore aggiunto del settore“.

La conferma del crescente interesse della Regione nei confronti del settore arriva anche da un’analisi di Coldiretti Toscana effettuata sulla base dell’ultimo rapporto Sinab. Dai dati diffusi emerge infatti un aumento del 12,3% dei produttori e del 15,8% di superfici e colture, in particolare olivicoltura, cereali e vite.

Come afferma il presidente Tulio Marcelli: “È un exploit da ricondurre all’attenzione per il benessere, la forma fisica e la salute, oltre che la crescente diffusione di intolleranze alimentari. In Toscana le aziende agricole hanno scommesso, già da molto tempo, sulle produzioni biologiche ed i risultati di oggi dimostrano che hanno avuto ragione. È stata importante, per incentivare il bio, anche la politica della Regione Toscana che ha messo a disposizione delle imprese risorse importanti”.

Fonti:

http://www.lanazione.it/agricoltura-biologica-1.2078974

http://www.askanews.it/regioni/toscana/agricoltura-biologica-da-giunta-toscana-25-milioni-in-piu_711790419.htm

http://www.toscanamedianews.it/il-balzo-bio-della-toscana.htm

Vino biologico: consumi raddoppiati negli ultimi 2 anni

Sono 10,6 milioni le persone che negli ultimi 12 mesi hanno bevuto in almeno un’occasione vino biologico certificato. Un numero in forte crescita, che può aiutarci a comprendere solo in minima parte la portata di un settore che sta letteralmente esplodendo.

Nel 2015, le vendite di vino biologico hanno raggiunto complessivamente un valore di 205 milioni di euro. In dieci anni (dal 2004 al 2014), la viticoltura biologica è cresciuta del 259% in Europa e del 261% a livello globale. Nel nostro Paese, negli ultimi due anni, il numero di persone che beve vino bio è raddoppiato.

I dati, più che incoraggianti, sono stati snocciolati durante la Tavola Rotonda “Il mercato europeo del vino biologico, strategie per lo sviluppo e l’internazionalizzazione“, organizzata da FederBio in occasione di Vinitalybio (il salone all’interno di Vinitaly 2016, interamente dedicato ai vini biologici certificati).

L’analisi è stata realizzata da Wine Monitor-Nomisma, su dati Fibl.

La viticoltura biologica dell’Unione Europea rappresenta l’84% della superficie bio del mondo.

Weinkorken

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La classifica mondiale per Paese vede al primo posto il Messico (con uno share del 15,6%), seguito dall’Austria (10,7%) e dall’Italia (10,3%), che si piazza così al terzo posto.

In Europa, il Bel Paese guadagna invece il secondo posto per superfici vitate bio, con 72.361 ettari, preceduto solo dalla Spagna, con i suoi 84.381 ettari.

In Italia, la regione con il maggior quantitativo di ettari destinati alla coltivazione di vino biologico è la Sicilia (27.105 ettari nel 2014, 38% sul totale italiano e +43% rispetto al 2011), seguita da Puglia (10.269 ettari, +22%) e Toscana (9.243 ettari, +46%).

Il vino bio conta un giro di affari che nel 2015 ha raggiunto i 205 milioni di euro. Di questi, un terzo ha interessato il mercato interno, la restante parte i mercati internazionali.

I consumatori italiani apprezzano sempre di più il vino di qualità, riconoscendone la naturalità (44% degli user riconosce tale fattore distintivo) ma anche la qualità (17%). Elementi che portano il 75% dei consumatori ad accettare di spendere di più per acquistare vini bio certificati.

Silvia Zucconi, Survey Coordinator di Wine Monitor-Nomisma, spiega: “Il successo non si ferma ai confini nazionali: l’export di vino bio nell’ultimo anno cresce del 38% a fronte di una crescita complessiva del vino italiano del 5%. Questo significa che la qualità dei vini biologici italiani ha un ottimo posizionamento anche all’estero, soprattutto in Germania (38% dell’export), primo mercato di destinazione per l’Italia“.

Ottimo anche il posizionamento nella Gdo dove, come precisa Roberto Pinton consigliere delegato di FederBio, “il gradimento è giustificato dal fatto che il vino bio è di qualità superiore; i produttori devono prestare la massima attenzione alla qualità delle uve non essendoci trattamenti chimici in vigneto“.

Il settore, dunque, è caratterizzato da numeri importanti che, secondo i produttori nazionali, sono destinati ad aumentare ancora: il 79% delle cantine biologiche italiane è convinto che l’export continuerà a crescere nei prossimi tre anni; il 21% si attende un mercato stabile, nessuno si attende una contrazione delle vendite. Le aree geografiche ritenute più promettenti sono gli Usa, l’Europa, il Giappone e il Canada.

Fonti:

http://www.adnkronos.com/sostenibilita/tendenze/2016/04/11/boom-del-vino-bio-due-anni-raddoppiati-consumatori-italia_hdTAW1oJoNeekPm3EGTapI.html?refresh_ce

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/vino/2016/04/11/vinitaly-in-2-anni-raddoppio-consumatori-vino-bio-106-mln_53c4bb9f-9e50-4d5c-9f98-fc57771938a9.html