Suolo e Salute

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Rapporto Ismea-Qualivita 2013, i commenti

In occasione della presentazione del rapporto 2013 Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari di qualità avvenuto il 5 dicembre scorso alla presenza dei presidenti delle commissioni agricoltura del parlamento europeo Paolo De Castro e della camera Luca Sani, è intervenuto il presidente Ismea Semerari che ha voluto commentare i dati del rapporto. “Guardando i numeri è evidente che il sistema qualità nell’agroalimentare continua a dare i suoi frutti, preservando i redditi dei produttori e premiando soprattutto gli sforzi, anche in termini di maggiori costi, legati all’appartenenza a un circuito certificato che si dimostra premiante anche nelle fasi cicliche negative, come quella attuale. Buona la performance all’estero, con l’export che ha fatto registrare l’anno scorso una crescita di circa il 5% del giro d’affari. Inoltre il mercato domestico per l’insieme dei prodotti Dop e Igp ha fatto segnare nel 2012, in un’annata cioè di forte recessione per l’intera economia nazionale, una sostanziale tenuta. Un risultato che appare comunque significativo e incoraggiante se si considera che in altri ambiti, compreso quello alimentare al di fuori dei marchi tutelati, il mercato interno ha accusato una dinamica più sfavorevole”. “continuiamo a rilevare – ha proseguito Semerari – una forte concentrazione del fatturato su poche denominazioni, con circa l’84% del valore della produzione riconducibile alle prime 10 Dop-Igp. il fenomeno appare però meno accentuato rispetto a qualche anno fa, seppure in un comparto che mostra asimmetrie ancora evidenti sia nei potenziali di produzione che nei valori di mercato”.

Fonte: Agrapress

Ismea: buone performances dei prodotti Dop e Igp Made in Italy

E’ stato presentato oggi alla presenza del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Nunzia De Girolamo, il Rapporto 2013 Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari di qualità. Secondo quanto emerge dal rapporto, il 2012 è stato un altro anno positivo per i prodotti italiani a marchio Dop e Igp, con un fatturato in crescita di oltre il 2% rispetto al 2011 che ha toccato i 7 miliardi di euro. Bene in particolare le vendite all’estero, mentre il giro d’affari al consumo ha raggiunto i 12,6 miliardi di euro, con una crescita del 5% rispetto all’anno precedente. Crescono in particolare gli ortofrutticoli (+25% il fatturato alla produzione, +22% al consumo) e le carni fresche (+23% alla prima fase di scambio e +13% a prezzi finali), mentre resta quasi invariato il settore dei formaggi (circa l’1% in più risetto al 2011), con un incremento del 6% sui prezzi finali. In calo invece gli extravergini d’oliva (-4% alla produzione, -9% sul prezzo dinale). Complessivamente, l’intero comparto delle produzioni Dop e Igp ha registrato un incremento nel 2012 del 5%. Sostanzialmente invariato l’export, in lieve flessione rispetto al 2011 (-1% circa), con un fatturato pari a 2,5 miliardi di euro: nel corso del 2012 circa un prodotto made in Italy certificato su tre è stato venduto all’estero, per un export di oltre 418 mila tonnelate. Positivo il commento del Presidente dell’Ismea, Arturo Semerari: “l’insieme dei prodotti Dop e Igp ha fatto segnare nel 2012, in un’annata cioè di forte recessione per l’intera economia nazionale, una sostanziale tenuta. Un risultato che appare comunque significativo e incoraggiante se si considera che in altri ambiti, compreso quello alimentare al di fuori dei marchi tutelati, il mercato interno ha accusato una dinamica più sfavorevole”. “Continuiamo a rilevare – ha osservato Semerari – una forte concentrazione del fatturato su poche denominazioni, con circa l’84% del valore della produzione riconducibile alle prime 10 Dop-Igp. Il fenomeno appare però meno accentuato rispetto a qualche anno fa, seppure in un comparto che mostra asimmetrie ancora evidenti sia nei potenziali di produzione che nei valori di mercato”. Un abstract del rapporto è disponibile sul sito Ismea servizi a questo link.

Fonte: AIOL

Coldiretti, una foto preoccupante della situazione del Made in Italy

Secondo un rapporto Coldiretti diffuso in occasione della “Battaglia di Natale: scegli l’Italia”, “circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio Made in Italy, contiene materie prime straniere all’insaputa dei consumatori e a danno delle aziende agricole”. “Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non e’ stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere”, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato – prosegue Moncalvo – il valore aggiunto della trasparenza e dare completa attuazione alle leggi nazionale e comunitaria che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma e’ necessario che sia anche resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero, venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola e diventi operativa la legge che vieta pratiche di commercio sleale, tali da permettere di pagare agli allevatori e agli agricoltori meno di quanto essi spendono per produrre”. Il problema, secondo Coldiretti, nasce dalla “ricerca sul mercato mondiale di materie prime di minor qualità pur di risparmiare:  dal concentrato di pomodoro cinese all’olio di oliva tunisino, dal riso vietnamita al miele cinese (…). Peraltro l’80 per cento degli allarmi alimentari e’ stato provocato da prodotti a basso costo provenienti da paesi fuori dall’Unione Europea. La questione, continua la lunga analisi Coldiretti, è trasversale, e riguarda moltissimi prodotti agroalimentari, dai succhi di frutta (in etichetta, sottolinea la Coldiretti, viene indicato solo il luogo di confezionamento: la maggioranza del succo di arancia consumato in Europa proviene dal Brasile sotto forma di concentrato al quale viene aggiunta acqua una volta arrivato nello stabilimento di produzione) al pomodoro da industria, passando per il latte a lunga conservazione (sui 2,05 milioni di tonnellate consumati l’anno scorso solo mezzo milione e’ di provenienza italiana mentre il resto e’ stato semplicemente confezionato in Italia o addirittura e arrivato già confezionato), fino ai semilavorati (cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati), utilizzati per produrre all’insaputa del consumatore formaggi di fatto senza latte. Il falso Made in Italy colpisce anche i formaggi più tipici con la crescita esponenziale delle importazioni di similgrana dall’estero e anche un settore, come quello olivicolo, tra i più importanti dell’intera produzione nazionale. “l’italia e’ il più grande importatore mondiale di olio di oliva nonostante una produzione nazionale di alta qualità (…) Le importazioni di olio dell’Italia superano la produzione nazionale e sono rappresentate per il 30 per cento da prodotti ottenuti da procedimenti di estrazione non naturali (…): pratica la qualità del nostro olio viene “contaminata” dalle importazioni e in media la metà dell’olio di oliva consumato in Italia proviene da olive straniere, ma l’etichetta di provenienza che per questo prodotto obbligatoria risulta di fatto non leggibile perché scritta in caratteri minuscoli posizionati nel retro della bottiglia mentre si fa largo uso di immagini e nomi che richiamano all’italianità”. Ancora peggiori i dati legati alla suinicoltura, in cui la mancanza di un obbligo chiaro di indicazione della provenienza in etichetta mette a rischio alcune straordinarie eccellenze nostrane, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma. Solo nel 2012 sono state importate 57 milioni di cosce di maiali dall’estero destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto italiano, a fronte di una produzione nazionale di 24,5 milioni. Il problema, conclude la Coldiretti, risiede anche nel fatto che “ in Italia l’obbligo di indicare la provenienza è in vigore per carne bovina (dopo l’emergenza mucca pazza), pollo (dopo l’emergenza aviaria), ortofrutta fresca, uova, miele, latte fresco, passata di pomodoro, extravergine di oliva, ma ancora molto resta da fare e l’etichetta e’ anonima per circa la metà della spesa dalla pasta ai succhi di frutta, dal latte a lunga conservazione ai formaggi, dalla carne di maiale ai salumi fino al concentrato di pomodoro e ai sughi pronti”.

Fonte: Coldiretti, Agrapress

Migliaia al Brennero per la “Battaglia di Natale” a difesa del Made in Italy

Sono oltre 10.000, secondo i dati diffusi dalla Coldiretti, gli agricoltori e gli allevatori che “dalle prime ore della mattina, sfidando il freddo intenso, hanno invaso la frontiera del Brennero tra Italia e Austria” aderendo alla mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”. Per Coldiretti, promotrice dell’iniziativa, obiettivo dell’iniziativa è quello di “difendere l’economia e il lavoro delle campagne dalle importazioni di bassa qualità che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane” – e di “smascherare il falso Made in Italy alimentare, aiutare i consumatori a fare scelte di acquisto consapevoli in vista del Natale e sollecitare le istituzioni a rendere operativo l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei prodotti agricoli e alimentari”. “Autobotti, camion frigo, container – si legge nel comunicato la confederazione – saranno verificati dagli agricoltori e dagli allevatori, guidati dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ed in stretta collaborazione con le forze dell’ordine presenti in frontiera, per smascherare il ‘finto Made In Italy’ diretto sulle tavole in vista del natale, all’insaputa dei consumatori per la mancanza di una normativa chiara sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti”. “attraverso il valico Brennero – spiega ancora la Confederazione – giungono in Italia miliardi di litri di latte, cagliate e polveri ma anche milioni di cosce di maiale per fare i prosciutti, conserve di pomodoro, succhi di frutta concentrati e altri prodotti” che, come dimostra il dossier elaborato dalla Coldiretti per l’occasione, stanno provocando gravi danni all’economia italiana. “Solo nell’ultimo anno – denuncia infatti l’associazione – sono scomparse 32.500 stalle e aziende agricole e si sono persi 36mila occupati nelle campagne”. Adesso la “battaglia” incruenta della Coldiretti approda a Roma, dove è attesa per la giornata di oggi, a partire dalle 10, in Piazza Montecitorio, dove “in migliaia porteranno le schifezze del finto Made in Italy smascherate sui tir e camion in transito alla frontiera nell’ambito della  mobilitazione “la battaglia di natale: scegli l’Italia” per difendere l’economia e il lavoro delle campagne dalle importazioni di bassa qualita’ che varcano ogni giorno i confini per essere spacciate come italiane”. Provocatoriamente, oggi Coldiretti porterà anche i maiali che, secondo Coldiretti, “gli allevatori non riescono più a mantenere nelle stalle per la concorrenza sleale di prosciutti e salami provenienti dall’estero che vengono spacciati come italiani”. “Ai rappresentanti delle istituzioni verrà chiesto di ‘adottare un maiale’, assunto a simbolo della protesta, con l’impegno a sostenere gli allevamenti italiani e di difenderli dalle imitazioni promuovendo l’obbligo di un corretto sistema di etichettatura”.

Fonte: Coldiretti, Agrapress

Rapporto WWF, le dieci proposte alle istituzioni

In occasione della presentazione del rapporto sulla biodiversità in Italia, il WWF ha proposto un’agenda in 10 punti rivolta alle istituzioni, per porre finalmente il capitale naturale al centro di un nuovo modello di sviluppo, finalmente, autenticamente sostenibile. Ecco le dieci proposte in dettaglio:

1) L’istituzione di un Comitato per il capitale naturale. Un comitato in cui entrino a far parte sia esperti del settore che rappresentazioni delle istituzioni  composto da istituzioni (tra i quali i ministri dell’ambiente, dell’economia, del lavoro e delle politiche sociali, delle infrastrutture e trasporti, delle politiche agricole, Governatore della Banca d’Italia, il presidente dell’Istituto nazionale di statistica e quello del Cnr).

2) Una legge capace di superare il semplice indice del Pil, assolutamente insufficiente a “contabilizzare” anche le risorse naturali, ambientali e paesaggistiche del paese, introducendo una contabilità ecologica da affiancarsi a quella “classica” economica, in linea con le metodologie proposte e definite dall’ONU

3) Un Pon (Programma Operativo Nazionale) “Ambiente” che fornisca gli strumenti operativi concreti per dar seguito alla Strategia Nazionale per la Biodviersità (Sbn), come già previsto dal Ministero dell’Ambiente. 4) L’identificazione univoca delle responsabilità a tutti i livelli amministrativi (nazionali, regionali e locali) per l’attuazione degli obiettivi individuati nelle 15 aree di lavoro della Strategia Nazionale per la Biodiversità.

5) La definizione, da parte del Ministero dell’Ambiente, di obiettivi specifici e indicatori in grado di supportare l’attività delle aree protette nazionali

 6) L’introduzione di un capitolo specifico nel bilancio del ministero dell’ambiente per finanziare  l’attuazione della Sbn. Stessa

7) La promozione e divulgazione delle attività connesse alla Snb

8) Una costante verifica di compatibilità tra qualunque piano e programma economico sia nazionale che regionale con gli obiettivi della Snb, tramite la rigorosa applicazione delle procedure di Vas (Valutazione Ambientale Strategica) per ognuno .di questi piani e programmi

 9) L’introduzione di strumenti per il Pagamento dei Servizi Ecosistemici (Pes) nei bilanci pubblici e nei settori privati in grado di sostenere e facilitare investimenti, produzioni e attività certificate.

 10) L’istituzione da parte del del Ministero dell’Ambiente, di un Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e di quelli ambientalmente favorevoli, in linea con quanto previsto dalle raccomandazioni Ocse all’Italia e dalla dichiarazione della conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile Rio+20.

In sostanza, un cambio di rotta deciso, senza compromessi, chiaro e solido, in grado una volta per tutte di porre l’ambiente al centro di ogni valutazione e scelta di pianificazione e governance, partendo dal presupposto che il capitale naturale è la prima, vera e inalienabile ricchezza che dev’essere messa al centro di un modello di sviluppo moderno e capace di una visione.

Fonte: Greenplanet, WWF

Rapporto WWF su biodiversità in Italia e nel mondo

E’ stato presentato martedì scorso 3 dicembre il primo rapporto WWF sulla biodiversità in Italia e nel mondo, realizzato con il contributo della Società Italiana di Ecologia. L’immagine che scaturisce è quella di una Terra davvero “esausta”. Il nostro, recita il testo, è “un pianeta ricchissimo di vita, abitato da circa 5 milioni di specie animali e vegetali, con 18.000 nuove specie di piante e animali descritte ogni anno e 49 scoperte al giorno negli angoli più remoti del pianeta, a formare un sistema che supporta la vita, non solo della natura ma anche dell’uomo, insieme ai nostri sistemi economici e sociali.”. Ma il quadro attuale è davvero “drammatico (…) con un tasso di estinzione dovuto alle attività umane di 1.000 volte superiore al tasso di estinzione naturale, con popolazioni di vertebrati diminuite di un terzo negli ultimi quarant’anni, 21.286 specie a rischio estinzione su 71.576 considerate dall’Iucn, e un’ “impronta” fisica dell’uomo sul pianeta pari a quasi il 50% di tutte le terre emerse, con ormai solo un quarto della biosfera in una situazione ancora “selvatica”, quando nel 1700 più della metà della biosfera era in condizioni selvatiche e il 45% in uno stato seminaturale”. Proprio per questo il WWF con l’occasione lancia due appelli. Il primo alle istituzioni, “per dare finalmente valore al capitale naturale, in vista della Conferenza Nazionale sulla Biodiversità organizzata dal Ministero dell’Ambiente per l’11 e 12 dicembre”: 10 proposte concrete per proteggere la natura e renderla economicamente “visibile”. Il secondo invece direttamente dalla voce di Gianfranco Bologna, direttore scientifico Wwf Italia e curatore del rapporto, che chiede un’autentica, profonda e convinta svolta che coinvolta tutti i livelli della società, dalle stesse istituzioni ai singoli cittadini: «iIl mondo ha perseguito modelli di sviluppo basati sulla crescita continua che hanno intaccato drammaticamente il capitale naturale del pianeta, senza il quale non può esistere né benessere né sviluppo per l’intera umanità. Mettere “in conto” la natura è la nostra vera legge di stabilità. Alle istituzioni chiediamo di porre al centro dei sistemi politici ed economici  il capitale naturale e gli straordinari servizi che gli ecosistemi ci offrono, gratuitamente, tutti i giorni, perché solo così potremo avere una politica sana che mira al benessere e allo sviluppo delle persone. Ai cittadini chiediamo di sostenere il nostro impegno quotidiano perché questo capitale naturale sia sempre al sicuro e vitale, a beneficio della natura e del nostro futuro sul pianeta».

Fonte: Greenplanet