Suolo e Salute

Autore: admin

MADE IN NATURE AL MACFRUT DI RIMINI

MADE IN NATURE AL MACFRUT DI RIMINI

L’iniziativa di promozione animata da sei player dell’ortofrutta italiana e coordinata dal Cso interviene nel corso di una manifestazione romagnola

Al Macfrut di Rimini, la fiera dedicata all’ortofrutta che si tiene nel capoluogo romagnolo dall’8 al 10 maggio, spazio all’internazionalizzazione, focus sull’uva da tavola e sulle piante officinali, ma poco bio. L’evento, inaugurato dal ministro Francesco Lollobrigida ha incrementato nella prima giornata le presenze di visitatori e di espositori, con la conferma del numero crescente di player nel comparto dei biostimolanti.

Poco risalto al bio

Poca evidenza invece per la frutta e le orticole bio. Unica eccezione è rappresentata dalle iniziative di promozione di “Made in Nature, scopri i valori del biologico europeo”. Il progetto dedicato all’ortofrutta biologica di Cso Italy e finanziato dalla Unione Europea è andato infatti in scena al Macfrut, la più importante rassegna italiana dedicata al settore con oltre 1400 espositori dell’intera filiera, il 40 % dei quali provenienti da Paesi esteri, e 1.500 buyer da tutto il mondo.

Nuove collaborazioni

Made in Nature è partecipato dalle seguenti aziende: Brio, Canova, Ceradini, Conserve Italia, Orogel e Verybio. Giunto al suo terzo e ultimo anno (il progetto si concluderà il 31 Gennaio 2025), Made in Nature prosegue il suo programma di promozione e informazione dell’ortofrutta biologica in Italia, Danimarca, Francia e Germania.

Tra le novità di rilievo per questa edizione del Macfrut, la collaborazione con Life Gate, il punto di riferimento della sostenibilità con una community di oltre 5 milioni di persone interessate e appassionate ai temi legati alla sostenibilità, che racconterà il progetto Made in Nature prima durante e dopo la Fiera sul proprio portale, in fiera e sui social.

 

VERSO IL VINO BIOLOGICO DEALCOLATO?

VERSO IL VINO BIOLOGICO DEALCOLATO?

La Commissione UE vuole espandere le opportunità dei produttori di entrare nel mercato dei vini a bassa o nulla gradazione alcolica

Vini no o low alcohol. Una nuova categoria di vini che coniugano tipicità e salute e che stanno ottenendo un grosso successo in particolare nei mercati di lingua anglosassone. Anche l’Italia sta imparando a conoscerli. Nel corso dell’ultima edizione del Vinitaly erano infatti una decina i produttori che li proponevano e Veronafiere sta valutando se dedicare a queste produzioni uno spazio specifico. Uno spazio da cui per ora sarebbero esclusi i produttori bio, ma qualcosa potrebbe presto cambiare.

Una categoria sdoganata dall’ultima Pac

Nella riforma della politica agricola comune (PAC) del 2021, l’Unione europea ha infatti adottato norme per riconoscere due nuovi termini: “vino Il vino dealcolato” (fino a 0,5% vol) e “vino parzialmente dealcolato” (oltre 0,5% vol).

«Si tratta  – afferma Pierre Bascou, vicedirettore generale della direzione generale dell’Agricoltura della Commissione europea (DG AGRI) – di potenziali nicchie che possono offrire prospettive per il futuro ai produttori di vino che affrontano sfide come il calo dei consumi e il cambiamento climatico».

Distillazione sottovuoto anche per il bio?

La dealcolazione viene ottenuta sui vini finiti attraverso distillazione in assenza di pressione o attraverso osmosi inversa. L’applicazione di queste tecnologie fisiche non è autorizzata per il vino bio, ma qualcosa potrebbe presto cambiare.

Su richiesta di Germania e Austria, la Commissione europea ha infatti annunciato che sta attualmente studiando la possibilità di autorizzare l’evaporazione sottovuoto anche per il bio.

GIORNATA DELLA TERRA, D’ELIA (SUOLO E SALUTE): IL BIO È PARTE DELLA SOLUZIONE AL CLIMATE CHANGE

GIORNATA DELLA TERRA, D’ELIA (SUOLO E SALUTE): IL BIO È PARTE DELLA SOLUZIONE AL CLIMATE CHANGE

Il cambiamento climatico è la più grave minaccia per la nostra sopravvivenza. «Cambiamo modello produttivo e di consumo, l’obiettivo della neutralità climatica dipende dalle nostre scelte»

Scatta la 54° Giornata della Terra e il nostro Pianeta è più malato che mai. Lunedì 22 aprile si rinnova infatti l’appuntamento con l’Earth day voluto nel 1970 dal senatore americano ambientalista Gaylord Nelson. Oggi le “giornate dedicate” sono diventate inflazionate, non c’è giorno del calendario che ne sia esente, allora si trattava invece di una scelta originale per riflettere sulla responsabilità della specie umana nella tutela dell’unico ecosistema in grado di garantirci la sopravvivenza. È infatti l’umanità ad essere a rischio non il Pianeta: senza l’uomo la Terra starà benissimo per i prossimi miliardi di anni.

Orizzonti offuscati

Guerre ed epidemie globali offuscano di nuovo i nostri orizzonti, la minaccia termonucleare è tornata improvvisamente di attualità, ma il pericolo maggiore per la vita sulla Terra è di gran lunga quella rappresentata dal cambiamento del clima. Il nostro modo di produrre è il maggiore imputato e questo vale anche per l’agricoltura.

Suolo e Salute, 55 anni di impegno

Suolo e Salute è attivamente coinvolta in questo importante appuntamento di portata mondiale: il nostro organismo di controllo e certificazione ha preso origine dall’esperienza dell’omonima Associazione fondata dal professor Francesco Garofalo a Torino il 31 marzo del 1969.  «Eravamo una voce fuori dal coro – ricorda Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute-, impegnata a comunicare la necessità di cambiare il modello di agricoltura per produrre alimenti sani nel rispetto e salvaguardia dell’agroecosistema, mantenendo la fertilità del terreno e preservando le risorse naturali, in primis le falde acquifere». Erano tempi in cui si faceva un largo uso di diserbanti, fungicidi e di insetticidi ad ampio spettro d’azione, molecole oggi bandite per l’impatto sulla salute umana, sulla biodiversità e sull’ambiente.

«L’appuntamento con l’Earth day – testimonia D’Elia –  ha assunto una portata internazionale solo a partire dai primi anni ’90, facendoci capire che non eravamo soli sul fronte della tutela dell’ambiente e spingendoci a fare ancora di più per diffondere un modello produttivo sostenibile come quello dell’agricoltura biologica».

«Un modello agroecologico che, come dimostrano numerose ricerche scientifiche, è quello più efficace nel contrastare e mitigare l’impatto del global warming, costituendo il miglior strumento per raggiungere l’obiettivo europeo della neutralità climatica entro il 2050».

Meno malaburocrazia, ma non meno controlli

Un obiettivo che purtroppo sembra improvvisamente allontanarsi. Chi critica oggi il Green Deal europeo vorrebbe infatti meno vincoli nell’utilizzo degli input produttivi.

«Siamo convinti anche noi – commenta D’Elia – che occorra snellire la politica agricola comune perché gli eccessi burocratici finiscono per frenare la voglia di fare impresa».

«Non possiamo però fare a meno dei progressi fatti in questi anni sul fronte dei controlli, anche grazie al ruolo degli organismi di certificazione». «La qualità è nulla senza il controllo: da una deregulation su questo tema il nostro Paese, leader nelle produzioni biologiche e a origine tutelata, avrebbe solo da rimetterci».

Una folle corsa verso il baratro

Ma a rimetterci sarebbe l’intera comunità internazionale e l’intero Pianeta. «Cogliamo l’occasione della Giornata della Terra per riflettere, tutti insieme, sul ruolo che vogliamo avere nella tutela dell’ambiente in cui viviamo». «Oggi consumiamo più del 160% delle risorse prodotte ogni anno dal nostro Pianeta, cambiamo modello di produzione e di consumo, scegliendo il bio, per invertire questa folle corsa verso il baratro».

CINQUE MOSSE PER RILANCIARE IL VINO BIO

CINQUE MOSSE PER RILANCIARE IL VINO BIO

L’ultima edizione del Vinitaly ha dedicato ampi spazi al vino biologico. Anabio e Cia hanno lanciato un memorandum in cinque punti per tutelare la distintività del bio e superare l’incongruenza tra vigneto (22% bio) e cantina (solo 6%)

Biologico e vino, un’accoppiata vincente da dodici anni. È infatti dall’8 marzo 2012, giorno di pubblicazione del Reg. Ue 203/2012, che è possibile porre sulle bottiglie il logo della fogliolina verde, prima si poteva solo dichiarare di aver utilizzato uve prodotte con metodo bio, un vantaggio differenziale che in cantina veniva disperso.

Dodici anni di fogliolina verde

Per dodici anni il logo del bio ha evidenziato l’impegno delle aziende vitivinicole più impegnate sul fronte ambientale, rappresentando per tante piccole realtà il passaporto per raggiungere mercati lontani caratterizzati dalla forte attenzione sul fronte etico e ambientale.

Una distintività che oggi viene diluita dalla concorrenza di brand che si rifanno all’ampio concetto della sostenibilità con standard e procedure di controllo meno rigorose del bio.

Per questo, nonostante i vigneti italiani siano sempre più green (lungo la Penisola vengono coltivati a biologico oltre 133mila ettari, vale a dire il 22% delle superfici vitate nazionali), la quota della produzione rimane limitata (3 milioni di ettolitri il volume di vino biologico, pari al 6% del totale nazionale).

Un’incongruenza che l’ultima edizione de Vinitaly ha voluto risolvere attraverso i numerosi appuntamenti dedicati al bio.

L’enoteca di Anabio

Cia-Agricoltori Italiani, ad esempio, insieme alla sua associazione di riferimento Anabio, ha scelto di portare al Vinitaly 2024 l’Enoteca Bio, una mostra permanente dei vini delle aziende biologiche associate. L’associazione ha anche organizzato il ciclo di incontri “I vini biologici… un racconto diVino”: momenti di confronto pubblico con i produttori tra storie e degustazioni. Una doppia iniziativa realizzata nell’ambito del progetto “Il biologico tra tradizione e innovazione”, finanziato dal Masaf, proprio con l’obiettivo di valorizzare e promuovere le produzioni bio nazionali.

Cinque marce da innestare

Nel corso dell’’evento Anabio e Cia hanno lanciato un memorandum in cinque mosse per superare le difficoltà attuali e rilanciare lo sviluppo del settore:

  • favorire la conversione al bio delle aziende;
  • attivare campagne informative e di comunicazione mirate a incentivare i consumi dei prodotti bio:
  • prevedere sgravi fiscali per i protagonisti del settore
  • maggiori sostegni a ricerca, innovazione e formazione:
  • assicurare l’uniformità delle regole all’interno dell’Ue riguardo la produzione e la commercializzazione del bio.
VINO BIO PREFERITO DAL 52% DEGLI ITALIANI

VINO BIO PREFERITO DAL 52% DEGLI ITALIANI

I dati diffusi dall’Osservatorio Wine monitor di Nomisma al Vinitaly bio rilevano che oltre la metà dei consumatori abituali di vino concede la sua preferenza al bio come garanzia di qualità, sicurezza e sostenibilità ambientale. Un dato che trova conferma nell’aumento del 6,5% delle etichette bio vendute nel 2023 nella grande distribuzione

A oltre la metà degli italiani il vino piace biologico. È quanto emerge dalla survey effettuata dall’osservatorio Wine Monitor di Nomisma i cui risultati sono stati diffusi nel corso dell’ultima edizione di Vinitaly.

Il richiamo del vino bio

Secondo il campione intervistato, negli ultimi 12 mesi, il 52% degli acquirenti abituali di vino ha infatti preferito optare per un vino bio, che ritiene garanzia di qualità, sicurezza, sostenibilità e tutela ambientale. Un trend che, secondo Wine Monitor, trova conferma nell’incremento del 6,5% delle vendite di vino biologico italiano registrata nel 2023 rispetto all’anno precedente, considerando la globalità dei canali distributivi, una crescita superiore rispetto al convenzionale che nello stesso periodo si è attestato al + 2,8%.

Le masterclass nell’Organic hall

L’attenzione di Veronafiere per le produzioni bio è stata confermata anche dalla conferma del salone specializzato di Vinitaly bio. Dove molte piccole cantine hanno potuto farsi conoscere grazie alle MasterClass organizzate da FederBio nell’Organic Hall di Vinitaly. Tra le regioni con la maggior superficie a uva da vino bio sul totale della viticoltura regionale spiccano la Sicilia, la Toscana e le Marche con il 38%, seguite dalla Calabria con il 32%. Mentre la Valle d’Aosta, con un incremento del 31%, il Trentino con + 22% e la Sicilia + 20% sono le regioni che hanno ampliato maggiormente la viticoltura bio.

DIECI MILIONI PER IL BIO IN LOMBARDIA

DIECI MILIONI PER IL BIO IN LOMBARDIA

Tempo fino al 15 maggio per aderire al bando regionale del Pirellone per chi si converte al bio

L’assessora agricoltura della Regione Lombardia ha annunciato il via al nuovo bando del Programma di sviluppo rurale per il sostegno all’agricoltura biologica, che si concluderà il prossimo 15 maggio.

Gli stanziamenti

Quest’anno sono stati stanziati 10 milioni di euro da erogare sotto forma di contributi a chi decide di adottare un metodo di produzione biologica su tutta la sua superficie agricola. Il contributo è una compensazione dei costi più elevati e dei ricavi minori connessi a questo tipo di produzione, potranno accedervi le imprenditrici e gli imprenditori iscritti all’elenco nazionale degli operatori biologici.

Aiuti concreti

«Si tratta -dichiara Floriano Massardi , consigliere regionale e presidente della Commissione agricoltura – di un contributo concreto, risorse importanti per aiutare gli agricoltori impegnati nelle produzioni innovative e sostenibili».