Suolo e Salute

Autore: admin

MENSE BIO, RIVOLUZIONE IN CALABRIA

MENSE BIO, RIVOLUZIONE IN CALABRIA

Linee guida per incentivare l’adesione di tutti i Comuni calabresi ad un’iniziativa in favore di uno stile alimentare più salutare e sostenibile

«Il miglioramento della qualità della vita passa da un sano stile alimentare che deve essere assicurato sin da piccoli». È la convinzione che accomuna Giusi Princi, vicepresidente della Regione Calabria con delega all’Istruzione e Gianluca Gallo, Assessore all’Agricoltura. I due hanno annunciato il 30 gennaio, d’intesa con il presidente Roberto Occhiuto, un’iniziativa in programma alla Cittadella regionale a Catanzaro alla quale sono invitati tutti i sindaci per illustrare le linee guida di accesso ai contributi per l’attivazione delle mense scolastiche biologiche, realizzabili in ogni Comune della regione.

Dieta mediterranea e chilometro zero

«Quella che la Regione Calabria si appresta a realizzare – affermano – è una vera e propria rivoluzione alimentare, che incentiva la dieta mediterranea ed il consumo dei prodotti biologici a chilometro zero».

Il Ministero dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, di concerto con il Ministero dell’Istruzione ha infatti finanziato, anche per il corrente anno, il Fondo per promuovere la diffusione delle mense scolastiche biologiche al quale possono accedere tutti i comuni d’Italia. «Siamo certi – affermano i due – che i primi cittadini parteciperanno numerosi al bando, perché non vorranno privare i loro territori di questo importante servizio».

L’impegno del Governo regionale

«Intendiamo incontrarli personalmente con l’auspicio di intraprendere insieme una vera e propria rivoluzione alimentare in tutti i Comuni della Regione Calabria, finalizzata a salvaguardare la salute dei nostri giovani e, a cascata, a sensibilizzare le famiglie sui corretti stili alimentari». Il Governo regionale di recente ha attivato percorsi didattici laboratoriali e di degustazione di prodotti naturali a km 0, presso le fattorie indicate dall’Arsac, per tutti gli studenti del primo ciclo d’istruzione.

SVEZIA E DANIMARCA, MERCATI TOP PER IL BIO ITALIANO

SVEZIA E DANIMARCA, MERCATI TOP PER IL BIO ITALIANO

Per il 38% degli scandinavi il Made in Italy è al top della qualità e per il vino l’Italia è leader sia in Svezia che in Danimarca. I riscontri del report di Nomisma presentato in occasione del quarto webinar Ita.Bio

La Danimarca e la Svezia sono i mercati più promettenti per gli alimenti biologici Made in Italy. Dove pasta, olio extravergine, formaggi e vino sono le categorie del settore di maggiore interesse per i consumatori.

Le cifre

In particolare l’Italia è leader per il mercato del vino bio in Svezia (quota di mercato del 42%). Alta, poi, la percezione dei consumatori scandinavi della qualità del bio italiano: per il 38% dei danesi e per il 37% degli svedesi è al primo posto.

Danimarca e Svezia, rispettivamente ottavo e nono mercato al mondo per vendite di prodotti bio, hanno fatto registrare un incremento rispettivamente del +183% e del +176% negli ultimi 10 anni ed un tasso di penetrazione del bio dell’87%. Questo quanto emerge dalla survey originale sui consumatori danesi e svedesi presentata in una diretta streaming, moderata da Edagricole, in occasione del quarto forum Ita.Bio, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio.

Mercati nordici promettenti

«In Scandinavia – dichiara Andrea Mattiello, direttore dell’ufficio ICE di Stoccolma – l’attenzione ai prodotti biologici è molto elevata e le vendite di prodotti bio superano il valore di 2 milioni di euro sia in Svezia che in Danimarca».

«L’export italiano nel settore è in costante crescita negli ultimi anni ed ha superato i 3 miliardi di euro nel 2022».

Il commento di D’Eramo

«I risultati della ricerca di Nomisma – commenta Luigi D’Eramo, sottosegretario Masf con delega per il bio – confermano il successo del bio Made in Italy«. «E gli ampi margini di crescita in Nord Europa, con buona pace di chi vorrebbe puntare su latte e carne sintetici o far passare il messaggio che tutti gli alcolici, a prescindere da dose e gradazione, fanno male alla salute».

 

FATTORIA NICODEMI, PARTE DAL BIO IL RILANCIO DEI VINI ABRUZZESI

FATTORIA NICODEMI, PARTE DAL BIO IL RILANCIO DEI VINI ABRUZZESI

Valorizzare il territorio: la ricetta indicata da Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio di tutela per rilanciare i vini d’Abruzzo. Proprio come viene fatto nella sua azienda sulle colline Teramane, biologica e certificata da Suolo e Salute

Il rilancio dei vini d’Abruzzo parte dall’impegno di produttori come Alessandro Nicodemi. Il presidente del Consorzio di tutela dei vini d’Abruzzo è tra gli artefici della recente modifica del disciplinare che punta a rafforzare il legame territoriale della produzione enologica di questa Regione attraverso 4 appellazioni territoriali (Colline Teramane, Colline Pescaresi, Terre de L’Aquila, Terre di Chieti) che da quest’anno in poi rappresenteranno il vertice della piramide della qualità delle doc abruzzesi. Ne parla un recente articolo del mensile VVQ, Vigne, Vini & Qualità che mette in luce il ruolo di battistrada che può giocare Nicodemi in questo nuovo percorso.

La tutela della tipicità

Fattoria Nicodemi, l’azienda di Notaresco (Te) che Alessandro dirige assieme alla sorella Elena è infatti una realtà vitivinicola famigliare impegnata nella tutela della tipicità, della biodiversità e paladina del biologico, legata a Suolo e Salute per il servizio di certificazione.

Una tenuta di 38 ettari complessivi, di cui 30 vitati a corpo unico, che beneficia di una fortunata esposizione verso sud-est a un’altitudine media di 300 metri. «Qui i filari di Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo – spiega Alessandro Nicodemi -, protetti dal massiccio del Gran Sasso alle spalle e spettinati dall’umida brezza dell’Adriatico lontano solo 10 km, godono di un’escursione termica e di una ventilazione salutari per la maturazione dell’uva». «E il suolo ricco di calcare e argilla imprime ai nostri vini una forte personalità distintiva».

Alessandro ed Elena hanno ereditato dal padre Bruno, scomparso prematuramente più di venti anni fa, la stessa passione per la salvaguardia dell’ambiente e degli elementi che caratterizzano la tipicità di un territorio unico.

Paladini del biologico

Per questo hanno scelto di gestire i vigneti seguendo i dettami del metodo biologico senza l’impiego di erbicidi, agrofarmaci o fertilizzanti chimici. «L’agricoltura biologica – dice Alessandro citando Jeremy Rifkin – tratta il terreno come una comunità vivente e la nostra attenzione è massima nella tutela della biodiversità di quello che sta sopra e sotto il suolo».

Da qui la scelta coerente dell’inerbimento spontaneo permanente dell’interfila, riducendo al massimo le lavorazioni e lasciando che siano gli apparati radicali delle specie erbacee a garantire la necessaria ossigenazione del suolo e l’arricchimento della fertilità organica. E per la gestione della chioma Nicodemi punta su una progressiva adozione della pergola modificata, dove la copertura delle strisce di chioma orizzontale sorrette da fili e bracci metallici montati su pali è alternata a strisce di terreno scoperto. Una soluzione che aumenta la circolazione dell’aria tra i filari, preservando l’uva dalle alte temperature e dagli attacchi dei patogeni fungini come la peronospora, assicurando anche migliori condizioni di lavoro agli operatori.

Vini che parlano la lingua del territorio

Una filosofia aziendale che si ritrova anche nella gestione della fase di cantina. Dove, tra le diverse linee di Montepulciano Colline Teramane Docg e Trebbiano d’Abruzzo Doc si stanno facendo largo le lunghe macerazioni nel Cocciopesto, uno degli ultimi progetti di Nicodemi. Una piccola produzione da 1.200 bottiglie l’anno ottenuta da una vinificazione in giare di cocciopesto che consente di rispettare l’espressione territoriale riducendo al minimo gli interventi enologici.

APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

APPUNTAMENTO A BOLOGNA CON IL VINO “SLOW”

La seconda edizione dell’evento dedicato al vino buono, pulito e giusto organizzato da BolognaFiere e Slowfood dal 26 al 28 febbraio 2023

Il vino slow torna a Bologna. Dopo il successo dell’anno scorso (con 500 cantine da 18 Paesi) torna dal 26 al 28 febbraio 2023 Slow Wine Fair, l’evento internazionale dedicato al vino buono, pulito e giusto, organizzato da Bologna Fiere con la collaborazione di Slow Food.

Il manifesto del vino buono, pulito e giusto

Le cantine che si riconoscono nei criteri stabiliti dal manifesto di Slowfood devono adottare una filosofia produttiva positiva e sostenibile.

Una filosofia che mira a creare vini che siano lo specchio del terroir di provenienza, che valorizzino la biodiversità e rispettino il paesaggio, che siano il frutto di una rete di collaborazione con la comunità agricola del territorio in cui sono prodotti. Che siano amici dell’ambiente, e dunque prodotti secondo un uso sostenibile e cosciente delle risorse ambientali e senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi.

Le novità

Durante i tre giorni della manifestazione si riuniranno centinaia di produttori da tutto il mondo in laboratori, dibattiti, degustazioni e con l’esposizione di migliaia di etichette provenienti da ogni parte del globo.

Tra le novità del 2023, lo spazio dedicato alle bevande spiritose e l’area dei partner della sostenibilità, con soluzioni tecnologiche, impianti, attrezzature e servizi connessi alla filiera del vino. #SlowWineFair2023

«IL BIOLOGICO È ANCORA UNA STRATEGIA DI INTERESSE NAZIONALE?»

«IL BIOLOGICO È ANCORA UNA STRATEGIA DI INTERESSE NAZIONALE?»

Appello congiunto di Aiab e Federbio al ministero della sovranità alimentare. I fondi per la conversione al biologico sono infatti messi a rischio da un “codicillo temporale”. Assicurazioni di pronto intervento dal dicastero di via XX Settembre

«All’avvio della nuova programmazione del Piano Strategico Nazionale della PAC  si rischia una trappola per il bio: un codicillo temporale potrebbe rendere inaccessibili i finanziamenti per molte nuove imprese che hanno deciso di scommettere sul futuro green dell’agricoltura italiana».

La lettera delle associazioni

È quanto dichiarano Mariagrazia Mammuccini e Giuseppe Romano, presidenti rispettivamentedi FederBio ed Aiab, le due associazioni di rappresentanza del settore biologico, che alla fine di dicembre hanno inviato una lettera al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) e per conoscenza agli assessori regionali all’agricoltura.

«Abbiamo voluto evidenziare – spiegano i Presidenti – che fissare una scadenza al 31 dicembre per la presentazione delle notifiche biologiche, in un quadro di totale incertezza, sarebbe stato assolutamente inopportuno e controproducente per il conseguimento degli obiettivi del Piano Strategico per la PAC, nel quale è previsto che, entro il 2027, i terreni coltivati con metodo di produzione bio devono arrivare al 25% della superficie agricola totale nazionale». «Tale imposizione avrebbe limitato fortemente l’accesso di nuove realtà agricole che in questo periodo stanno valutando le informazioni sulla nuova PAC al fine di programmare le proprie scelte future».

Il Masaf si muove

«Il Masaf – aggiungono – a tal riguardo ha attivato una serie di interlocuzioni con gli uffici della Commissione Europea, che auspichiamo diano quanto prima un esito positivo con una proroga dei termini di presentazione delle notifiche biologiche». Le associazioni sono determinate nel continuare a fare pressione fino a quando non sarà trovata una soluzione. «La crisi economica dovuta al caro energia e la lotta contro il cambiamento climatico richiedono scelte politiche coraggiose che tengano conto dell’importanza della riconversione green nell’ottica di semplificazione degli iter burocratici: il biologico è uno strumento importantissimo per l’uscita dalle crisi del comparto agricolo. Sarebbe stato assurdo che un cavillo burocratico fermasse la crescita dell’agricoltura biologica nazionale».

GIRASOLE BIO, COLTURA “DA REDDITO”

GIRASOLE BIO, COLTURA “DA REDDITO”

Uno studio pubblicato sulla rivista L’Informatore Agrario mette in evidenza le potenzialità di una coltura che unisce vantaggi ambientali ed economici

Più 34% di fatturato e addirittura +69% di ricavi. Uno studio pubblicato sulla rivista l’Informatore Agrario mette in evidenza i vantaggi del girasole alto oleico coltivato secondo i dettami dell’agricoltura biologica.

La sperimentazione, che ha coinvolto un nutrito team di ricercatori (L. Dalla Costa, P. Belvini, L. Masaro, M. Vianello, L. Marcon, A. Leoni, D. Carnio, G. La Malfa, A. Dalla Riva, M. Galazzo), svolta presso l’azienda di Castelfranco Veneto (Treviso) dell’Istituto agrario «Isiss Domenico Sartor» ha verificato la fattibilità tecnico-economica della conduzione bio, a confronto con convenzionale, del girasole.

I risultati produttivi

Secondo i ricercatori: «il livello produttivo raggiunto dal girasole è risultato buono, considerando che si trattava di quasi un secondo raccolto, avendolo seminato l’11 giugno». La tesi «biologico» ha fornito, nella media dei due ibridi, una produzione inferiore dell’8%. Tale minore prestazione è imputabile alla minore produzione media per pianta. All’analisi dei caratteri del seme, solo l’acidità è risultata superiore nel bio.

Conto economico

Le differenze emergono però con clamore nel conto economico. I costi di produzione sono infatti risultati superiori nelle tesi biologiche (+ 26%). La plv è risultata superiore nella coltura biologica (+34%), grazie al migliore prezzo di commercializzazione del girasole biologico (+44%). La differenza tra PLV e costi evidenzia un margine migliore nella coltivazione biologica di quasi il 70%.