Suolo e Salute

Autore: admin

CALIFORNIA, UN PATTO DI FILIERA PER AFFRONTARE L’EMERGENZA SANITARIA E CLIMATICA

CALIFORNIA, UN PATTO DI FILIERA PER AFFRONTARE L’EMERGENZA SANITARIA E CLIMATICA

Accordo tra una catena di distribuzione di trasformati ortofrutticoli bio e due associazioni di produttori per condividere conoscenze tecniche, sostegni finanziari e favorire l’accesso al mercato premium

L’unione fa la forza e la conferma arriva dalla California. Dove tre realtà come la catena distributiva Daily Harvest ,  l’associazione American Farmland Trust (AFT) e California Certified Organic Farmers Foundation (CCOF ) hanno sottoscritto un accordo pluriennale per aiutare oltre 100 agricoltori “svantaggiati” a implementare pratiche agricole rigenerative biologiche rafforzandone la redditività a lungo termine. Un patto che mira a condividere conoscenze tecniche, sostegni finanziari e accesso diretto al mercato per imprese agricole californiane di piccole dimensioni, gestite in larga parte da imprenditori di origine latino-americana o di colore. La strategia, come dicono gli americani, è win-win: promuovere la competitività di un modo di coltivare più sostenibile e al tempo rendere più accessibile per i consumatori frutta e verdura sana e di qualità.

Doppia emergenza

Un’iniziativa che mira a dare una risposta concreta per una doppia emergenza climatica e sanitaria. Più di un terzo delle verdure e due terzi di frutta e noci per il consumo statunitense vengono coltivate infatti in California. Dove molti agricoltori hanno dovuto negli ultimi due anni affrontare una pandemia che ha sconvolto i mercati, ridotto la disponibilità di manodopera e fatto impennare i prezzi dei fattori di produzione. Oltre a ciò il bilancio in California è stato ulteriormente peggiorato dagli effetti di una storica siccità e da frequenti incendi.

No Farms, No Food, No Future

AFT, il cui motto è “No Farms, No Food, No Future”, e CCOF, un’organizzazione no-profit fondata nel 1973 da agricoltori californiani che aderiscono al programma di biologico certificato di questo Stato americano, hanno trovato un alleato in Daily Harvest, un servizio di consegna dei pasti con vuole puntare su prodotti biologici.

L’assistenza finanziaria include un sostegno economico fino 10.000 dollari all’anno per tre anni per favorire la convesione al bio. I partecipanti al programma beneficiano anche dell’opportunità di entrare a far parte della catena di delivery di Daily Harvest in modo da poter vendere i loro raccolti con garanzie di prezzo premium.

BRUXELLES LANCIA GLI OSCAR DEL BIOLOGICO

BRUXELLES LANCIA GLI OSCAR DEL BIOLOGICO

Premi al miglior produttore, regione, distretto, rivenditore e ristorante bio. L’iniziativa parte dalla Commissione per dare seguito al Piano d’azione per il bio. Adesioni dal 25 marzo, premiazione il 23 settembre nella giornata europea del bio

And the winner is…

L’obiettivo del 25% di superficie agricola bio entro il 2030 è uno degli obiettivi più ambiziosi del New Green Deal europeo (oggi la media dei 27 Paesi membri è 8%) e per riuscirci Bruxelles si inventa….gli Oscar bio. Un’iniziativa che è frutto di una collaborazione tra la Commissione europea, Comitato economico e sociale europeo (CESE), Comitato europeo delle regioni (CdR), Copa-Cogeca e Ifoam Organics Europe.

Il ruolo del bio

Le adesioni saranno aperte dal 25 marzo all’8 giugno 2022 (clicca per maggiori dettagli) . La cerimonia di premiazione è prevista per la prossima giornata europea del biologico, il 23 settembre 2022.

«La produzione biologica – dichiara Janusz  Wojciechowski , Commissario Ue per l’Agricoltura – svolge un ruolo chiave nella transizione verso sistemi alimentari sostenibili. Questi premi sono una grande opportunità per promuovere migliori pratiche agricole in tutta l’Ue».

«Sosteniamo questa iniziativa paneuropea -aggiunge Jan Plagge, presidente di Ifoam Organics Europe -ma  dobbiamo assicurarci che il resto del Piano d’azione biologico europeo sia pienamente attuato e che il nostro movimento riceva il giusto sostegno per contribuire agli obiettivi ambiziosi ma realizzabili della Commissione».

Otto premi per sette categorie

I riconoscimento puntano a stimolare l’eccellenza lungo la catena del valore del biologico, premiando gli attori migliori e più innovativi nella produzione biologica nell’UE. Otto i premi da assegnare in sette categorie: la migliore agricoltrice biologica, il miglior agricoltore biologico, la migliore regione biologica, la migliore città biologica, il miglior bio-distretto biologico, la migliore PMI biologica, il miglior rivenditore di alimenti biologici e il miglior ristorante biologico.

Si tratta del primo esempio di promozione effettuata in questi termini nell’Unione Europea, concepito per dare seguito al piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica, adottato dalla Commissione il 25 marzo 2021.

UNA GAMMA DI BIRRE BIO NELLA VAL DI VARA

UNA GAMMA DI BIRRE BIO NELLA VAL DI VARA

La tipicità del primo storico Biodistretto della Val di Vara si arricchisce con le tre birre biologiche create da Elisa Lavagnino, de ”La taverna della Val di Vara” prodotte con luppolo e altri ingredienti bio locali

Luppolo e altri ingredienti tipici del biodistretto della Val di Vara per produrre la prima birra 100% bio e made in Liguria. È la scommessa vincente di un piccolo birrificio, La Taverna del Vara a Torza, piccola frazione del Comune di Maissana (Sp) nell’entroterra ligure.

Piccoli produttori che fanno rete

«Un progetto che prende forma quest’anno – spiega Elisa Lavagnino, fondatrice del birrificio e ideatrice delle birre – dopo la conclusione nel 2021 del percorso di conversione al biologico, certificato da Suolo e Salute».

La Val di Vara, nel Levante ligure, territorio montuoso attraversato dalla statale 523 che collega l’Emilia con le Cinque Terre, è la patria del biologico italiano, dove è partita la prima vera esperienza di biodistretto, con l’aggregazione di un elevato numero di aziende bio, quasi tutte certificate, fin dal 1998, da Suolo e Salute.

«L’aggregazione – spiega Lavagnino- è la carta vincente che ha dato visibilità al nostro territorio, consentendoci di affermarne le peculiarità». «La nostra vocazione è quella di produrre birre che rappresentino questa tipicità. Per questo abbiamo costituito sin dal 2015 una rete informale di piccoli produttori come noi che producono le materie prime dei nostri prodotti».

La gamma bio

Saranno tre le birre messe a punto entro la fine del 2022 da Elisa per la gamma bio de la “Taverna della Val di Vara”.

Vaise è la prima e sarà pronta per i primi di giugno. «È il nome con cui nel dialetto locale viene chiamato Varese ligure, il capoluogo del Biodistretto. Una golden ale biologica chiara, con sentori luppolati e i malti della malteria Monferrato».

Lampo, una pale ale aromatizzata con lamponi biologici della vicina Lunigiana verrà spillata in luglio.

Per la Castelu occorrerà invece aspettare ottobre e sarà una birra ambrata, calda e speziata prodotta con il miele bio della Val di Vara (Cascina le Bosche), e della Val Susa (Granja Farm).

La produzione di luppolo

“I Paloffi” è il nome dell’azienda agricola nata sempre a Torza assieme al birrificio. Qui Elisa Lavagnino, ex ricercatrice universitaria, coltiva il luppolo. «Dopo aver recuperato nel 2015 – ricorda- l’antico meleto famigliare composto da un centinaio di piante, ci siamo dedicati alla coltivazione del luppolo».

«Abbiamo iniziato testando 23 piante di diverse varietà. Oggi sono 500 quelle che costituiscono l’impianto, principalmente di varietà Cascade».

Il luppolo viene direttamente trasformato in azienda e riutilizzato nel birrificio, nato sempre nel 2015 convertendo il laboratorio dove i nonni di Elisa producevano spume e vino.

Tra i progetti di cui Elisa va fiera ci sono anche le birre prodotte “conto terzi” come quella alla castagna, la Casta, creata per l’agriturismo lunigianese Montagna Verde del borgo di Apella.

PROSEGUE LO SCONTRO SULL’ACQUAPONICA BIO NEGLI STATES

PROSEGUE LO SCONTRO SULL’ACQUAPONICA BIO NEGLI STATES

Una pratica che mette insieme acquacoltura e coltivazione idroponica, non certificabile in Europa, mentre negli Usa sì, nonostante i continui ricorsi. Ma il fronte dei contrari inizia a disgregarsi

In Europa non è bio, negli Usa sì ma a costo di continui scontri a suon di ricorsi. L’acquaponica è una particolare tecnica che coniuga l’acquacoltura, ovvero l’allevamento di pesci e crostacei, alla coltivazione idroponica di vegetali (ne avevamo già parlato qui).

Risparmio di fertilizzanti e di suolo

In un impianto acquaponico l’acqua della vasca dove vengono allevati i pesci viene utilizzata per irrigare speciali letti di crescita, privi di terra e concime, dove si trovano le piante risparmiando fertilizzanti e senza occupare terreno. Le piante a loro volta purificano l’acqua delle vasche, garantendo il benessere degli animali e determinando un continuo scambio reciproco di benefici. Questo sistema porta con sé diversi vantaggi, perché si traduce in un risparmio idrico del 90% e la fertilizzazione costante accelera notevolmente la crescita dei vegetali.

Cinque anni fa il governo federale statunitense ha messo in discussione la certificazione biologica di questo sistema senza suolo.

Le pronunce della Corte

Lo scorso anno il giudice Richard Seeborg del tribunale distrettuale della California del Nord ha stabilito che la “certificazione in corso dei sistemi idroponici conformi a tutte le normative applicabili da parte del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti va considerata saldamente inserita nella Legge federale sulla produzione di alimenti biologici”.

Una decisione che ha innescato numerosi ricorsi alla Corte d’Appello degli Stati Uniti, a causa della forte diffuzione di questo sistema di allevamento che metterebbe a rischio il comparto agricolo tradizionale. Ma ora un’importante associazione biologica americana, la coalizione per il biologico sostenibile si è unita ad Aquaponics Association, Western Growers Association, International Fresh Produce Association, Mulch & Soil Council e The Scotts Co in favore della “biologicità” e sostenibilità ambientale di questa pratica.

NASCE COLDIRETTI BIO, MARIA LETIZIA GARDONI PRESIDENTE

NASCE COLDIRETTI BIO, MARIA LETIZIA GARDONI PRESIDENTE

Promozione, trasparenza e tutela del made in Italy bio: il programma della neopresidente per un settore che vale 7,5 miliardi di euro

Nasce Coldiretti Bio la task force di aziende ed esperti per un settore che a livello nazionale vale 7,5 miliardi di euro tra consumi interni ed export. È quanto annuncia la Coldiretti in riferimento alla nuova associazione guidata dalla presidente Maria Letizia Gardoni.

Classe 1988, giovane imprenditrice, Gardoni ha un’azienda di ortofrutta bio proprio a Osimo, in provincia di Ancona, città dove è nata. Laureata in Scienze e tecnologie agrarie all’Università Politecnica delle Marche, ha ricoperto l’incarico di Delegata Nazionale di Coldiretti Giovani Impresa. È presidente di Coldiretti Marche e membro della giunta nazionale di Coldiretti.

 La promozione di Campagna Amica

«Con 70mila produttori -dice la neopresidente – siamo il Paese leader in Europa per numero di imprese impegnate nel biologico e che vanta ancora ampie opportunità di crescita economica ed occupazionale».

«La nascita di Coldiretti Bio sancisce l’attenzione che abbiamo sempre dimostrato nei confronti di un’agricoltura in linea con gli indirizzi europei di sostenibilità e complementare all’agricoltura tradizionale del nostro Paese».

«Campagna Amica sarà per noi il primo strumento di promozione del biologico italiano che saprà garantire tracciabilità, identità e riconoscibilità del marchio».

 I dati del settore

Nell’ultimo decennio – spiega Coldiretti – le vendite bio totali sono più che raddoppiate (+122%) secondo dati Biobank. Il successo nel carello sostiene l’aumento della produzione nazionale su 2 milioni di ettari di terreno coltivati, fornendo una spinta al raggiungimento degli obiettivi della strategia Farm to Fork del New Green Deal dell’Unione Europea che punta ad avere – riferisce la Coldiretti – almeno 1 campo su 4 (25%) dedicato al bio in Italia. Un obiettivo strategico per raggiungere il quale – ricorda Coldiretti – è importante l’approvazione del disegno di legge sull’agricoltura biologica non ha ancora concluso il suo iter parlamentare.

Trasparenza negli acquisti

Con quasi due italiani su tre (64%) che mettono prodotti bio nel carrello occorre difendere i consumatori e garantire la trasparenza degli acquisti – sottolinea la Coldiretti – con anche l’introduzione di un marchio per il bio italiano per contrassegnare come 100% Made in Italy solo i prodotti biologici ottenuti da materia prima nazionale. Bisogna assicurare una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti – continua Coldiretti – con una delega al Governo per rivedere la normativa sui controlli e garantire l’autonomia degli enti di certificazione.

 La forza dell’origine

Un passo importante per dare la possibilità di distinguere sullo scaffale i veri prodotti biologici Made in Italy – sottolinea Coldiretti – dinanzi all’invasione di prodotti biologici da Paesi extracomunitari, che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei. Infatti – conclude Coldiretti – i cibi e le bevande stranieri sono sei volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Efsa.

FRUMENTO, UNA FILIERA BIO E EQUA DAL CAMPO ALLO SCAFFALE

FRUMENTO, UNA FILIERA BIO E EQUA DAL CAMPO ALLO SCAFFALE

Cia-Agricoltori Italiani e ItalMopa siglano un protocollo d’intenti per sviluppare progetti dedicati che garantiscano qualità, sostenibilità e giusto prezzo per tutti gli operatori coinvolti delle filiere del grano tenero e duro biologici

Collaborare per sviluppare e promuovere insieme progetti di filiera del grano 100% biologico italiano, con l’obiettivo di soddisfare i requisiti di qualità e sostenibilità e di garantire il giusto prezzo a tutti i soggetti coinvolti. È il senso del protocollo d’intenti siglato da Cia-Agricoltori Italiani e Italmopa.

Gdo da coinvolgere

Lo scopo delle due organizzazioni è di costruire una “filiera bio equa italiana”, partendo dai primi anelli, vale a dire produttori agricoli e industria molitoria, per poi allargarlo agli altri attori, fino alla Gdo.

 

Alla base del protocollo, la consapevolezza della centralità del settore biologico, sia per i consumatori, sia per le nuove politiche comunitarie e nazionali, dalla Pac al Green Deal al Pnrr, in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale.

 

«D’altra parte – ricorda Dino Scanavino, presidente di Cia – in Italia l’agricoltura biologica conta 2 milioni di ettari coltivati, il 16% circa (330.284 ettari) destinato ai cereali, di cui il 34% al grano duro e il 10% al frumento tenero; oltre a impegnare 80.000 operatori per un valore alla produzione di 3,5 miliardi di euro». «Anche nella sfida europea, ovvero arrivare entro il 2030 a destinare il 25% dei terreni agricoli al bio, l’Italia risulta in vantaggio, con una percentuale di coltivazioni dedicate al 16% contro l’8% della media Ue».

La ricerca del giusto prezzo

Nasce con questi obiettivi il protocollo d’intenti di Cia e Italmopa, per promuovere equi accordi commerciali fra i soggetti coinvolti, improntati al giusto prezzo, con l’impegno a collaborare per la definizione dell’opportuno meccanismo di definizione dei prezzi, della tipologia di contratti e della loro durata.

 

Inoltre, le due organizzazioni vogliono condividere gli obiettivi di qualità, dai requisiti della materia prima agli sfarinati al prodotto finito, nonché valorizzare la trasparenza e la tracciabilità delle filiere, l’origine italiana del grano biologico ovvero le specifiche aree territoriali regionali vocate del Paese.

 

L’obiettivo finale resta quello di comprendere, in tali accordi di filiera, tutti i soggetti coinvolti, dai produttori agli stoccatori, dai primi e secondi trasformatori alla Gdo. Con due considerazioni sullo sfondo: pagare il giusto prezzo ad agricoltori e molini è indispensabile per permettere la programmazione della produzione di grano, mentre oggi il ruolo della Grande distribuzione è sempre più centrale per poter valorizzare i prodotti biologici sul mercato.

Contratti di filiera e di coltivazione

In particolare, Cia e Italmopa si impegnano a favorire, tra le proprie strutture, modalità quali Contratti di Filiera e Contratti di Coltivazione, con dettagliati disciplinari di produzione tracciati, particolarmente avanzati dal punto di vista ambientale e sociale, promuovendo al contempo la ricerca e i processi innovativi, per esempio l’utilizzazione di strumenti digitali come la Blockchain.

 

«Questo protocollo d’intenti – conclude Nicola De Vita, presidente della Commissione Prodotti biologici di Italmop a- è un contributo importante per consolidare e rafforzare i rapporti nella filiera del grano bio Made in Italy e costruire percorsi sempre più green e di qualità, riconoscendo contemporaneamente il giusto reddito a tutte le componenti della catena produttiva, dal campo allo scaffale».