Suolo e Salute

Autore: admin

LA RICERCA DI NATURALEZZA SPINGE LA RIPRESA DEL COMPARTO ENOLOGICO

LA RICERCA DI NATURALEZZA SPINGE LA RIPRESA DEL COMPARTO ENOLOGICO

Cresce del 10% la domanda di vino bio, spinta soprattutto dalle preferenze delle consumatrici e soprattutto dal Centro Sud. Lo rileva il rapporto di Sace, Mediobanca e Ipsos

Anche la domanda, interna e internazionale, premia il vino bio. Dopo il calo nel 2020 per la pandemia, nei primi sette mesi del 2021 il comparto del vino in generale ha registrato infatti una crescita robusta con un +14,5% (addirittura +23,2% quella degli spirits). Lo attesta il rapporto elaborato da Sace, Mediobanca e Ipsos, illustrato a Verona nell’ambito del Vinitaly Special Edition.

Export a gonfie vele

Per i vini, il traino è dato dai mercati extraeuopei, in particolare gli Usa. A livello regionale, la ripresa dell’export è ben diffusa, con tassi a doppia cifra nelle prime 5 Regioni produttrici, capeggiate dal Veneto, che rappresenta da solo un terzo delle esportazioni totali. Dall’analisi del mercato emerge che la pandemia del 2020 ha consolidato alcune tendenze in atto.

L’exploit del vino bio

Il rapporto elaborato dai tre colossi finanziari stigmatizza infatti la forte crescita del vino biologico (+10,1%), ma anche di particolarità come i vini vegani e naturali (il 2% del mercato). Forte anche la tendenza all’acquisto di prodotti locali, con un aumento dell’attenzione online.

L’identikit dei consumatori

Particolare la dinamica di crescita del vino bio. Secondo Sace, Madiobanca e Ipsos la spinta alla naturalezza e l’attenzione al vino ‘bio’, viene infatti in maggioranza delle donne residenti nei territori del CentroSud. È forte però anche l’impatto della crisi economica post covid: le tendenze riscontrate al settembre 2021 indicano una spinta maggiore verso la convenienza rispetto alla qualità, che riguarda per il 25% dei consumatori di vini fermi e il 31% degli spumanti. E il tasso di “infedeltà” riguarda il 65% dei consumatori per i fermi e il 72% per gli spumanti, segno che la voglia di cambiare è molto alta.

Fonte: ANSA

IL VINO BIO TRAINA LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

IL VINO BIO TRAINA LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

Lo mette in evidenza il sottosegretario Francesco Battistoni (Mipaaf) commentando a Vinitaly Special Edition il record che vede l’Italia leader per superficie vitata bio con un’incidenza del 19% secondo Ismea

L’Italia, secondo i dati Ismea, è leader europea e mondiale per superficie vitata bio. Nel 2019, infatti, si contavano oltre 107mila ettari di vigneto biologico con un’incidenza sulla superficie vitata complessiva del nostro Paese di quasi il 19%, la più alta in Europa e nel mondo.

Ismea e Oiv, il succo non cambia

Più cauta l’Oiv: secondo l’ultimo rapporto dell’Organisation internationale de la vigne et du vin (Oiv), il nostro Paese registra infatti la maggiore incidenza di vigneti bio a livello mondiale, con il 15% del totale nazionale, seguito da Francia (14%) e Austria (14%). Una notizia che è stata enfatizzata da Francesco Battistoni, sottosegretario alle Politiche agricole, nel corso della sua partecipazione al Vinitaly Special Edition. «Un dato – evidenzia Battistoni – che spinge la forte domanda di biologico e che rende l’Italia del settore vitivinicolo sempre più green».

Gli investimenti delle aziende

Nel 2020, 4 bottiglie di vino su 100 vendute erano biologiche e questi numeri sono in costante aumento, tanto che gli operatori complessivi del settore vitivinicolo biologico raggiungono quasi le 25mila unità. «A VeronaFiere ho potuto apprezzare – commenta Battistoni – i grandi investimenti che le cantine stanno adottando per diversificare i prodotti, unendo alla bottiglia tradizionale sempre più etichette biologiche e sostenibili. Un impulso che va ad incidere positivamente sui consumi interni ma anche e soprattutto sull’export». «Il contributo del vino biologico – continua – sarà fondamentale per accelerare il processo di transizione ecologica permettendo all’Italia di essere in linea con gli obiettivi europei, offrendo ai consumatori sempre un prodotto di assoluta eccellenza e qualità». «Anche perché come diceva Goethe – è la chiosa di Battistoni – La vita è troppo breve per bere vini mediocri».

Fonte: Ansa

FORTE IMPULSO DEL BIO SULLE POLIZZE PER I RISCHI CLIMATICI

FORTE IMPULSO DEL BIO SULLE POLIZZE PER I RISCHI CLIMATICI

Nel triennio 2017-19 la platea delle aziende bio assicurate è aumentata del 35% anno manifestando una maggiore sensibilità rispetto alla prevenzione dei danni da gelo, siccità e alluvione

Cresce a doppia cifra nel biologico l’adesione al sistema assicurativo agricolo agevolato. Nel triennio 2017-2019, in base ai dati elaborati da Ismea e pubblicati nel Rapporto sulla gestione del rischio nell’agricoltura biologica 2021, la platea delle aziende bio che hanno sottoscritto polizze agevolate contro gli eventi atmosferici è aumentata al ritmo del 35% l’anno (contro il +2% medio annuo registrato per le aziende convenzionali), arrivando a sfiorare i 500 milioni di euro di valore assicurato nel 2019.

La propensione assicurativa

Rispetto al totale delle aziende bio, quelle assicurate rappresentano oggi una quota dell’8% (nel 2016 era del 3,5%), mentre le superfici coinvolte hanno raggiunto il 4,2% del totale, a fronte del 2,2% di quattro anni prima. In pratica, una fotografia della propensione assicurativa del mondo produttivo biologico, che si sta avvicinando, anno dopo anno, a quella dei produttori convenzionali che annoverano una quota assicurata di circa il 10% di aziende e di superfici sul totale nazionale.

Minore polarizzazione Nord-Sud rispetto al convenzionale

Rispetto al mercato assicurativo agevolato nel suo complesso, il settore del biologico presenta però una polarizzazione a livello geografico meno marcata. Il ruolo del Nord è sempre preponderante, con oltre il 67% del valore assicurato, ma lo squilibrio con le altre macro-ripartizioni del Paese (16,4% il Centro, 16,2% il Sud) è meno accentuato rispetto all’intero mercato, in coerenza con la più equilibrata distribuzione per macroaree del biologico.

Forte crescita nel Sud

Un divario che, sulla base delle dinamiche attuali, è destinato peraltro a ridursi ulteriormente, data la forte crescita osservata nelle regioni del Mezzogiorno con il più 59% del valore nel 2019 e il più 34% del tasso di crescita medio annuo dal 2016. Dal confronto con il mercato assicurativo nel suo complesso, da notare che i rischi catastrofali sono relativamente più assicurati nel biologico, segmento che sembra di conseguenza mostrare una maggiore sensibilità e attenzione alle implicazioni di gelo e brina, siccità e alluvione, eventi che i cambiamenti climatici stanno rendendo più frequenti e impattanti in termini di danni alle coltivazioni.

Fonte: Terra e Vita

LA COP26 TENGA CONTO DELL’IMPEGNO DEL BIO NEL MITIGARE L’EFFETTO SERRA

LA COP26 TENGA CONTO DELL’IMPEGNO DEL BIO NEL MITIGARE L’EFFETTO SERRA

D’Elia (Suolo e Salute): «A Glasgow occorre premiare gli sforzi degli agricoltori biologici». «L’attenzione che pongono alla fertilità organica e alla biodiversità dei suolo consente di sequestrare fino a mezza tonnellata di carbonio ad ettaro all’anno»

«La Cop26 è l’ultima spiaggia di fronte alla sfida dei cambiamenti climatici che incombono sul pianeta». È l’ammonimento con cui il Principe Carlo, erede al trono del Regno Unito, pioniere del biologico in Inghilterra, ha aperto i lavori della 26a Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, presieduta da Gran Bretagna e Italia, che si tiene in questi giorni a Glasgow, in Scozia. Un appello, quello di Carlo, che vuole scongiurare che anche questo appuntamento con la storia termini con un nulla di fatto.

L’assist del G20

L’ultimo accordo importante sul clima è stato infatti siglato a Parigi nel 2015. L’obiettivo era fermare il riscaldamento globale, ed è un traguardo più che mai urgente anche oggi, alla luce dei guasti causati dal climate change, prima di tutto sull’agricoltura. Il G20 di Roma presieduto dal Premier Mario Draghi ha lanciato un assist alla Cop26 fissando l’obiettivo di contenere a 1,5° l’aumento delle temperature medie nel 2050. Mezzo grado in meno rispetto a quanto fissato prima, e soprattutto un limite temporale a dimensione più umana rispetto alla fine del secolo tracciata in precedenza. Può bastare? Sicuramente no, soprattutto se “i mezzi non giustificano il fine”. Piantare mille miliardi di alberi entro il 2030, uno degli slogan lanciati dal G20, può sembrare un obiettivo concreto, ma di difficile contabilità. E nonostante la grandezza del numero, non è paragonabile all’impegno degli agricoltori di tutto il mondo nel piantare e coltivare un numero ben maggiore di piante.

La rilevanza strategica della buona agricoltura

«La Cop 26 – è l’augurio di Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – deve porre l’accento sulla rilevanza strategica della buona agricoltura nelle azioni di contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici».

Il comparto primario è infatti, allo stesso tempo, il settore più colpito dagli effetti dei cambiamenti climatici ma anche la possibile cura. Tra nubifragi e siccità, in Italia è salita del 60%, nel corso del 2021 l’incidenza degli eventi estremi. In estate a causa della perdurante siccità si è raggiunto il record di incendi, con più di 103 mila ettari bruciati in soli 8 mesi. Terreni che diventano fortemente esposti all’erosione innescata dai nubifragi di questi giorni. «Ma l’agricoltura – afferma D’Elia –quella biologica soprattutto, è la più importante alleata contro inquinamento ed effetto serra». Oggi l’attenzione dei decisori politici si è incentrata sul suolo, per il suo importante ruolo di “carbon sink” (pozzo di carbonio). «Il biologico lo ha capito per primo: l’attenzione a pratiche in grado di aumentare la fertilità organica e la biodiversità microbica dei suoli ha un ruolo fondamentale nell’assorbimento dell’anidride carbonica, arrivando a sequestrare oltre mezza di tonnellata di carbonio equivalente ogni anno». «La Cop26 deve tenere conto di questo impegno degli agricoltori biologici».

RIVOLUZIONE BIO: L’APPUNTAMENTO DI CONFRONTO SUL FUTURO DELLA FILIERA LASCIA UNA ECO

RIVOLUZIONE BIO: L’APPUNTAMENTO DI CONFRONTO SUL FUTURO DELLA FILIERA LASCIA UNA ECO

Si è tenuto poco più di un mese fa, l’evento protagonista di SANA – Salone del biologico e del naturale. Ma i dibattiti, la sintesi dei dati e i contenuti che hanno attraversato questo appuntamento, hanno lasciato un segno che attende di essere messo a frutto.

Realizzato in collaborazione con FederBIO e AssoBIO, il sostegno di ICE e la segreteria tecnico-scientifica di Nomisma, le due giornate che hanno aperto l’appuntamento di SANA 2021, nella cornice di Rivoluzione BIO, hanno raccolto la densità che l’attesa di un nuovo appuntamento in presenza aveva accumulato.

Policy maker, esperti e attori della filiera e del comparto, hanno trovato interazione diretta, attorno ai temi più caldi e attuali che animano il dibattito intorno al Biologico e alla sua gestione nazionale, nell’ottica della più ampia prospettiva europea.

La sintesi dei dati, nella restituzione di una panoramica numerica del settore, è stata il centro degli appuntamenti della prima giornata di Rivoluzione BIO.

L’Osservatorio SANA ha esposto una carrellata di numeri chiave della filiera biologica; a cui sono seguiti gli interventi di altri attori tra i quali ICE Agenzia, SINAB, ISMEA e NOMISMA.

 

Alcuni dati

  • Superficie utilizzata a biologico: 2,1 milioni di ettari, ovvero il 16,6% sul totale delle superfici coltivate in Italia;
  • Operatori bio: l’aggiornamento al 2020, indica essere circa 82mila;
  • Dimensione mercato interno: l’aggiornamento a luglio 2021, indica 4,6 miliardi di euro di vendite bio (+5% rispetto al 2020);
  • Export: indica l’Italia secondo paese esportatore al mondo, con un valore economico di 2,9 miliardi di euro;
  • Importazioni: l’aggiornamento al 2020, indica 231.716,5 le tonnellate di prodotto biologico importato dai Paesi terzi (dall’Asia la quota maggiore, quanto a provenienza);
  • Consumatori: l’89% delle famiglie italiane ha acquistato biologico almeno una volta nell’ultimo anno.

 

La seconda giornata dell’appuntamento ha trovato fulcro attorno al tema delle policy del settore.
Al centro del dibattito è emersa l’urgenza di un Piano d’azione italiano per lo sviluppo del biologico, argomento che è stato sviscerato nell’ambito di una Tavola Rotonda con istituzioni e protagonisti della filiera, tra cui Edoardo Cuoco – Direttore IFOAM Organics Europe, Dino Scanavino – Presidente CIA, Maria Grazia Mammuccini – Presidente di FederBIO e taluni altri. Azioni, percorsi, iniziative sono state individuate, al fine di stimolare una crescita del mercato interno del comparto.

 

Anche il tema del packaging ha avuto uno spazio importante, durante i due appuntamenti dedicati, dal titolo: “Food: Packaging and Bio Indagine AssoBio sul packaging sostenibile” e “Organic food, la scelta di un packaging coerente – i materiali”.

 

Ersilia Di Tullio, di Nomisma, ha esposto i dati raccolti e relativi all’argomento, al quale sono seguite riflessioni e contributi di professionisti delle realtà del settore che hanno portato la loro esperienza e animato il dibattito.

Durante la Tavola Rotonda dedicata al mondo del packaging, si sono susseguite considerazioni di rappresentanti del mondo dei materiali, tra cui: Elisabetta Bottazzoli – Direttrice Generale di Assobioplastiche, Cosimo Messina – Vice Presidente di Assoimballaggi, ma anche Jenny Campagnol – Responsabile dell’area tecnica del Consorzio italiano compostatori.

 

L’appuntamento merita di essere ripetuto l’anno prossimo, sebbene l’eco della sua terza edizione stia ancora viaggiando per cercare un canale di concretezza. C’è lo spazio di diversi mesi, per rinforzare le basi della rivoluzione (Bio).

Fonte: Nomisma

 

SISTEMA ALIMENTARE E CAMBIAMENTO CLIMATICO: IL CIRCOLO VIZIOSO CHE CERCA LA VIRTÙ

SISTEMA ALIMENTARE E CAMBIAMENTO CLIMATICO: IL CIRCOLO VIZIOSO CHE CERCA LA VIRTÙ

Un anno difficile il 2021 per l’agricoltura italiana. A evidenziarlo è il WWF, che racconta come le ripercussioni del cambiamento climatico abbiano agito sull’agricoltura italiana e il sistema alimentare.

È stato pubblicato il 16 ottobre, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, il report del WWF dal titolo: “2021 effetto clima: l’anno nero dell’agricoltura italiana”.

Il report parla chiaro, le ripercussioni della crisi climatica sul mercato dell’ortofrutta nel nostro paese, sono state importanti e si riflettono oltre che sulla tavola, nelle tasche.

I dati riportati dall’Organizzazione, parlano di un danno sulla produzione di miele fino al 95% rispetto al 2020 e dell’olio d’oliva fino all’80%, penalizzato in particolare in alcune regioni del centro nord.

Negli ultimi 10 anni l’affacciarsi di eventi climatici estremi nel nostro paese, – come il riscaldamento: con un incremento del 20% rispetto alla temperatura media della regione mediterranea – sono costati al comparto agricolo circa 14 miliardi e questo inizia ad avere conseguenze evidenti anche per alimenti alla base della nostra dieta sostenibile, come frutta e verdura.

La frutta ha incontrato nel 2021 un calo medio del 27% della produzione, con picchi del 69% in meno, come nel caso delle pere. Un frutto su quattro è andato perduto, racconta il report; a causa delle gelate, della siccità e della grandine.

Gravi difficoltà le hanno riscontrate anche le filiere di trasformazione, che a causa del caldo torrido dell’ultima estate, hanno assistito a un’accelerazione della maturazione del pomodoro che ha generato una perdita del 20% del raccolto, data da una difficoltà nel trasporto e nella trasformazione di questo.

Il nostro sistema alimentare sta vivendo una sorta di circolo vizioso, nel quale è condizionato dal cambiamento climatico, – produzione e costi risentono del manifestarsi di calamità estreme -, ma al contempo, la sua stessa produzione, distribuzione e il consumo di cibo, lavorano come cause dirette del cambiamento climatico.

Non a caso, il 37% delle emissioni di gas serra, deriva dal sistema alimentare e un terzo di questo, è causato dallo spreco.

Ma come trasformare il circolo vizioso in virtuoso?

La FAO tratteggia alcune soluzioni e pone l’accento sul cuore della faccenda, scegliendo il tema della Trasformazione dei sistemi alimentari in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione. Ma non è la sola:

«L’agricoltura biologica rappresenta una soluzione duratura non solo alla produzione sostenibile di cibo, ma anche alla riduzione della produzione di gas serra da parte del comparto agricolo: lo stoccaggio di carbonio nel suolo, indotto dalla concimazione organica, potrebbe ridurre drasticamente le emissioni dell’intero comparto» aggiunge Eva Alessi, Responsabile dell’area Sostenibilità del WWF.

«L’approccio agroecologico è un elemento imprescindibile. L’agricoltura bio può offrire a livello globale un contributo fondamentale per rafforzare il ruolo svolto dagli agricoltori nella produzione di cibo e nella tutela e salvaguardia dell’ambiente, dei suoli e della biodiversità» aggiunge Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio.

Intanto, molti sono stati gli eventi in Italia e nel mondo, per celebrare e innescare piccoli grandi circoli virtuosi durante il pretesto della Giornata mondiale dell’Alimentazione. Il capoluogo dell’Emilia Romagna, non si è smentito in quanto a creatività e ingegno in chiave sostenibile, organizzando tra gli altri, eventi di Showcooking con chef impegnati in ricette rigorosamente antispreco alimentare.

Scintille diffuse a livello globale, per dipanare consapevolezza e azioni propositive, verso un sistema alimentare che intende smarcarsi dai vizi, per conquistare le virtù di una vera transizione agroecologica.

Fonte: My fruit