Il settore chiede correttezza d’informazione
“C’è questo sport italiano per cui hai una cosa in cui vai bene, l’Italia è leader in Europa e secondo esportatore al mondo di prodotti biologici, abbiamo tecnici qualificati, una produzione presente negli scaffali dei supermercati di tutto il mondo, ma l’italiano fa harakiri: deve per forza esserci qualcosa di fraudolento”. Parole, queste, di Roberto Pinton, segretario di Assobio, che torna all’attacco contro la disinformazione sul mondo del biologico.
Sono un milione 300 mila le famiglie italiane in più che hanno cominciato ad acquistare prodotti biologici regolarmente, le vendite sono aumentate dal 18 al 19% negli ultimi tre anni, mentre solo i primi quattro mesi di quest’anno sono aumentate intorno all’11%. Eppure mentre il consumatore sceglie responsabilmente prodotti biologici, l’informazione ufficiale, diffusa dalle forze dell’ordine, con comunicati stampa “esuberanti”, e rilanciata senza un vero fact checking dai giornalisti, sembra voler demonizzare il biologico.
Di recente Assobio, associazione delle imprese di trasformazione e distribuzione di prodotti biologici, ha iniziato una campagna di denuncia all’allarmismo che troppo superficialmente accompagna sulla stampa alcuni casi di falso bio, a partire dai comunicati ufficiali delle forze dell’ordine per finire con i lanci di Coldiretti. Uno dei casi riguardava 11 tonnellate di arance egiziane. “Non si trattava affatto di una frode biologica – spiega Pinton – Si trattava di arance egiziane convenzionali che un operatore siciliano spacciava per arance siciliane convenzionali. Il bio non c’entrava nulla. Da questo è uscito un titolo sullo ‘scandalo’ del biologico. Gli unici prodotti che non erano in regola, citati in un comunicato che dava notizia di 50 interventi in tutta Italia, erano 22 vaschette di sardine che erano biologiche ma etichettate in modo non perfetto. Il pesce pescato non può essere biologico. Bisogna dire “sardine in olio extravergine biologico” mentre l’azienda aveva contrassegnato le sardine col marchio “Mare bio”. Erano sardine non fraudolente, ma etichettate male. Nessun consumatore è stato a rischio. È un errore sanabile con una multa”.
Il biologico certamente non è una truffa, ribadisce Pinton, contrariamente a come sembra voler lasciare intendere una certa “informazione”: “Ho i dati del Ministero della Salute I prodotti biologici che presentano residui di fitofarmaci e sostanze chimiche di sintesi rappresentano lo 0,6% di quelli che sono analizzati.Dal Ministero, non da me. Sulla frutta convenzionale è il 60% che ha residui. E nello 0,6% ci può essere anche l’agricoltore che riceve incolpevole i trattamenti del vicino. Le notizie false costruiscono la base per una cultura del sospetto. L’anno scorso è uscito un articolo in cui si diceva che avevano sequestrato due tonnellate e mezzo di legumi biologici. Due giorni dopo sono diventate due chili e mezzo. Sono cinque sacchetti da mezzo chilo etichettate male”.
“La gente si preoccupa per le uova alla diossina, la mucca pazza, il latte in polvere, i fitofarmaci, e ha mitizzato il biologico. È ovvio che se c’è una qualsiasi stupidaggine che riguarda il Giardino dell’Eden questa si vede di più. Lo sa che oltre il 10% dei prosciutti di Parma e San Daniele erano non in regola? Hanno commissariato e sciolto gli organismi di controllo. Ci sono decine di migliaia di prosciutti sequestrati e smarchiati. E li svendono come prosciutti normali. Ne ha saputo qualcosa? Lo trova sul Fatto alimentare – continua Pinton – Guai a parlar male dell’agroalimentare convenzionale, I biologici sono pochi, sono il 5% degli agricoltori italiani, sono strani, sono laureati, parlano le lingue, hanno siti internet, fanno vendita diretta, sono un agricoltore diverso da quello del mondo agricolo italiano”.
Le famiglie italiane sono sempre più attente a quello che portano in tavola, una scelta dettata dalla salute in primis, ma anche di responsabilità, di fronte a un paesaggio impoverito da quasi mezzo secolo di coltura intensiva, come spiega bene Pinton: “Il consumatore non vuole prodotti ogm, non vuole prodotti chimici, ai suoi bambini non vuole dare pesticidi. C’è già un legge che rende obbligatorio almeno il 40% di prodotti biologici nelle mense scolastiche e domani c’è una riunione per spostare questa percentuale al 60%. Il domani è già scritto. Abbiamo acque della Pianura Padana contaminate, suoli sterili, troviamo ancora nelle acque di falda DDT e atrazina, l’acqua che si beve in Italia è diventata potabile solo perché hanno aumentato di dieci volte i limiti per i contaminanti… per forza bisogna smetterla. Ci sono condizioni ambientali e di salute pubblica che impongono di cambiare. Noi non facciamo il prodotto bio per fare il senza chimica per i fighetti. La nostra è un’attività necessaria dal punto di vista ambientale. Abbiamo un ambiente compromesso. In due terzi delle acque italiane ci sono pesticidi”.
E per chi si lamenta del costo? Per tutte quelle famiglie che non possono permettersi prodotti biologici? “Non è il bio che costa troppo. È il resto che costa troppo poco – spiega Pinton – Se per avere un prodotto che costi poco mi fai lavorare schiavi, mi fai chiudere le aziende, mi inquini il territorio, siamo sicuri che questo prodotto costi davvero poco? C’è un senso di repulsione da parte dei consumatori per questo modo di fare agricoltura. Cresce anche il commercio equo e solidale. Perché preferisco pagare le banane dieci centesimi in più e che questi vadano a favore di chi lavora”.
Preso atto di ciò, siamo sicuri che Il prezzo del biologico rimanga comunque superiore a quello degli altri prodotti? Sostiene Pinton: “Non posso prendere come termine di paragone un prodotto agricolo ottenuto facendo lavorare schiavi nel 70% dei casi e facendo chiudere le aziende agricole perché il prezzo è troppo basso. Chi paga per disinquinare il glifosato nell’acqua? Paghiamo tutti con le tasse. Se il prezzo che serve per disinquinare l’acqua contaminata dagli insetticidi dei diserbanti realizzati per coltivare il pomodoro fosse aggiunto al prezzo del pomodoro, vedrebbe che non c’è differenza significativa. I problemi di resistenza agli antibiotici secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità sono la più grande preoccupazione di salute pubblica e derivano dal fatto che negli allevamenti si usano antibiotici in quantità industriale. La salute pubblica ha un costo? L’ambiente, il trattare le persone da schiavi ha un costo? Aggiunga tutti questi costi al prezzo di un prodotto convenzionale e vediamo se è diverso di tanto dal prodotto biologico”.