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Biologico: chimica o natura?

Su Il fatto Alimentare è stato pubblicato un articolo nel quale si sostiene che all’agricoltura biologica aspettano solo le briciole dei finanziamenti europei e italiani: questo ha scatenato numerosi commenti che puntano il dito contro il bio.

“Il bio inquina tanto quanto il convenzionale”, “non è sostenibile”, “bisogna affidarsi alla scienza”: questi sono alcuni dei commenti rilasciati sotto l’articolo.

Per rispondere alle critiche sono intervenuti Roberto Pinton, segretario di AssoBio, e Daniela Fichera di FederBio, i quali hanno analizzato nel dettaglio le specificità tecniche che differenziano l’agricoltura bio da quella convenzionale.

  1. “l’ISPRA ricerca solo certe molecole nell’acqua”

Le indagini 2016 (ultimo dato disponibile) hanno riguardato 398 sostanze, cercate su 17.275 campioni prelevati da 4.683 punti di campionamento (nelle acque superficiali si sono trovati pesticidi nel 67%dei 1.554 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 33,5% dei 3.129 punti. Questo indica come le acque possano essere contaminate anche con concentrazioni basse di sostanze nocive. Dal monitoraggio sono escluse 42 sostanze considerate pericolose: solo una di questa è utilizzabile anche nell’agricoltura biologica, le piretrine. “Non è quindi esatta l’affermazione che il monitoraggio coordinato dall’ISPRA non ricerchi le molecole delle sostanze autorizzate in agricoltura biologica: tutt’al più ne trascura una soltanto, per cui non è affatto opportuno “lasciar perdere i dati ISPRA”, quasi fossero una spesa inutile”.

  1. Le piretrine: un’insetticida, noto anche come “Polvere persiana” o “polvere dalmata”, presente nelle case di tutti sotto forma di zampironi, un repellente che serve ad allontanare le zanzare.
  • Effetto rapido verso alcuni insetti (afidi, cavolaia, tignole…);
  • Bassa tossicità;
  • Persistenza limitata: luce e temperature elevate azionano un processo di veloce degrado;
  • Non hanno effetto sistemico;
  • Funzionano solo per contatto.

In agricoltura, è autorizzato l’uso su agrumi, barbabietola da zucchero, cereali, foraggere leguminose, fragola, frutta a guscio, girasole, olivo, ortaggi, patata, pomacee, vite e poi su floreali, ornamentali, forestali e vivai. In agricoltura biologica viene usata principalmente per contenere l’attacco dei fitofagi. Possono però essere nocive per la fauna acquatica: la scheda tecnica, infatti, riporta le opportune misure che l’operatore deve seguire per non inquinare le acque.

  1. La difesa delle colture: in agricoltura biologica si deve rispettare l’art. 12 del Reg. 834/07 “la prevenzione dei danni provocati da parassiti, malattie e infestanti è ottenuta principalmente attraverso la protezione dei nemici naturali, la scelta delle specie e delle varietà, la rotazione delle colture, le tecniche colturali … in caso di determinazione di grave rischio per una coltura, l’uso di prodotti fitosanitari è ammesso solo se tali prodotti sono stati autorizzati per essere impiegati nella produzione biologica”. Una legge che in agricoltura convenzionale non esiste.
  1. Il rame: sono presenti 743 prodotti commerciali basati su 86 sostanze attive registrate. In agricoltura biologica sono utilizzate solo 5 di queste sostanze: tre sono a base di rame (rame, rame + zolfo, rame + olio minerale), le altre due sono olii essenziali di arancio dolce ottenuti da spremitura a freddo (funziona, devitalizza le zoospore riducendone il potere infettante). Poi c’è un induttore di resistenza che deriva dal lievito di birra non OGM, riconosciuto dall’Ue come sostanza a basso rischio ed efficace su iodio, peronospora e botrite, i principali patogeni della vite. La differenza sull’uso in agricoltura biologica e convenzionale? Nel biologico sono presenti dei limiti massimi di 6 Kg per anno, mentre nel convenzionale solo a partire dal 2019 è stata imposto un limite.

La Camera ha riconosciuto il disegno di legge che qualifica l’agricoltura biologica come “attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale, in quanto settore economico basato prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale, sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e sulla salvaguardia della biodiversità, che concorre alla tutela della salute e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’intensità delle emissioni di gas a effetto serra (…) e fornisce in tale ambito appositi servizi eco-sistemici, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (…)”e indica con chiarezza “Lo Stato favorisce e promuove ogni iniziativa volta all’incremento delle superfici agricole condotte con il metodo biologico (…)”.

Tutto ciò ha creato allarmismo: chi fa agricoltura convenzionale si è sentito attaccato e spaventato dal biologico, puntando il dito contro di esso.

 

Fonte: https://ilfattoalimentare.it/agricoltura-biologica-questioni.html

Serena Leonetti:
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