In un articolo apparso su “Il Fatto Alimentare”, il presidente FederBio Paolo Carnemolla torna sulla questione vino bio vs vino “naturale” o “libero”, chiarendo le sostanziali differenze tra le due produzioni. «I vigneti di vino “libero” saranno anche liberi da fertilizzanti e diserbanti», queste le parole del presidente FederBio, «ma non lo sono da insetticidi e antricrittogamici. I solfiti saranno anche il 40% in meno di quanto consentito dalla normativa generale, ma per gli altri coadiuvanti e processi c’è – appunto – libertà. Tenuta Fontanafredda ha anche annunciato il progetto “Riserva bio” in cui il termine “bio” è associato soltanto alla “CO2 neutral” (a emissioni zero di CO2), mentre per il resto rimane una normale grande azienda, basata sull’agricoltura integrata, non certo un’azienda biologica». Proseguendo nella sua analisi, Carnemolla pone l’accento sull’incertezza e la vaghezza della definizione di vino “libero”: «Nei fatti, si tratta di una pura e semplice operazione di marketing che, contando sulla scarse conoscenze agricole e dei processi di trasformazione da parte del pubblico, tenta di accreditare una nuova categoria di prodotto a scapito di altre. La comunicazione al pubblico sul vino “libero” è assai poco trasparente e oscilla tra l’ingannevole e l’insidioso; è anche condita da affermazioni quali “Il biologico è un concetto confuso e farmaceutico che non piace a noi gourmet“. “Farinetti (patron, tra l’altro, della catena Eataly, NdR) sta lavorando per introdurre un sistema di certificazione alternativo a quello dei sistemi di qualità regolamentati dalla UE; possiamo quindi concludere che operi anche per disorientare il consumatore, causando grave danno al comparto vitivinicolo biologico». Senza dubbio, il vero vino “libero”, naturale, privo di fertilizzanti, diserbanti, fungicidi e insetticidi chimici di sintesi è, come ricorda la recente campagna di FederBio, solo il vino biologico.
Fonte: il Fatto Alimentare