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Category: Agricoltura

Carnemolla (FederBio): “Basta scomuniche contro il Biodinamico”

Campo di grano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si placano le polemiche sul settore agricolo biodinamico. Tutto è nato in occasione del 34esimo convegno internazionale sul comparto, organizzato nell’ateneo Federico II di Napoli. Una parte della comunità scientifica, in occasione dell’evento, si è infatti scagliata contro quella che considera come “stregoneria agricola”.

Le associazioni del settore, però, non ci stanno. E ribattono punto su punto. “L’agricoltura biodinamica è una risorsa economica e ambientale, pienamente inserita nel mondo più vasto del biologico, e chiede impegno nella ricerca e nella formazione”, è il commento di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, la federazione delle sigle del comparto agroalimentare che, in Italia, non fanno ricorso a prodotti chimici nei campi.

Il biodinamico come opportunità

In una lettera inviata al Corriere della Sera, Carnemolla ha ricordato in primis il grande successo del settore bio, che potrebbe avere un effetto trainante su tutto il comparto agroalimentare:

Il settore cresce al ritmo del 20% ogni anno e sono già diversi i Paesi del Nord Europa che guardano con interesse ai nostri prodotti. In molti infatti hanno manifestato la loro disponibilità ad accogliere un aumento del 25% di export bio dal nostro Paese”. Una richiesta che consentirebbe di aumentare di circa 300 milioni di euro il fatturato annuo dei prodotti biodinamici Made in Italy destinati all’export. “Vogliamo buttarli via per una questione di principio, come propongono di fare alcune società scientifiche?”, si chiede Carnemolla.

Il biodinamico, sottolinea inoltre, non è una parte marginale dell’agroalimentare biologico, ne è anzi componente fondamentale. Carnemolla parla apertamente di “scomunica” operata nei confronti di alcuni docenti universitari che hanno dato la propria disponibilità ad avviare un percorso di ricerca nel campo del biodinamico. “Una scomunica che nasce da pregiudizi e luoghi comuni, che nulla hanno a che vedere con la scienza, che invece dovrebbe indagare senza preconcetti”.

D’altro canto, il presidente di FederBio si dice convinto che “la gran parte dei ricercatori italiani non è disposta a istituire un nuovo indice delle pratiche proibite. Al contrario, la comunità scientifica vuole confrontarsi su numeri e fatti. Il settore biodinamico è pronto a rispondere: questo tipo di agricoltura non si oppone all’indagine scientifica, ma anzi la sollecita, per affinare le tecniche di coltivazione e scoprirne di nuove”.

E conclude sottolineando come il biologico non abbia “multinazionali alle spalle e che abbia invece bisogno di ricerca scientifica pubblica e libera”.

Il biodinamico per la protezione umana e ambientale

In Italia, secondo i dati snocciolati dal presidente di FederBio, vengono impiegati ogni anno quasi 1,5 milioni di quintali di pesticidi. Una quantità di prodotti chimici che viene poi distribuito sulle tavole di milioni di italiani.

Conosciamo gli effetti nefasti per la salute umana delle sostanze chimiche usate sui campi. E anche se sono pochi i singoli prodotti alimentari che risultano fuori norma, è anche vero che i residui chimici si accumulano di volta in volta: nessuno ha mai indagato su cosa fa lo zero-virgola-qualcosa di residuo di pesticidi aggiunto allo zero-virgola-qualcosa aggiunto alla zero-virgola-qualcosa e così via”.

Ecco perché, secondo Carnemolla, ci si dovrebbe occupare di questo tipo di problemi e non del fatto che “il biodinamico sia o non sia una pseudoscienza.

Tra l’altro questa tecnica di coltivazione ha anche importanti ricadute ambientali: migliora la tenuta idrogeologica dei terreni, incrementa la capacità di assorbimento dei gas serra, rallenta il processo di desertificazione, interviene positivamente nella difesa del paesaggio.

Biodinamico “progenitore” del bio

Sullo stesso argomento, Carnemolla è poi intervenuto con un articolo sull’Huffington post. Dove ha sottolineato che il biodinamico è il primo in ordine di tempo dei metodi agricoli biologici. Una pratica agricola ecologica che porta con sé un bagaglio di esperienze e conoscenze quasi secolare.

Concludendo, il presidente FederBio ricorda anche l’importante riconoscimento che le istituzioni comunitarie hanno conferito al settore già 25 anni fa:

L’agricoltura biodinamica dal 1991 è normata e certificata nell’Unione Europea al pari di quella biologica, di cui condivide quindi tutte le basi scientifiche e tecniche e l’impianto normativo, oltre che il sistema di certificazione”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1099

http://www.huffingtonpost.it/paolo-carnemolla/quanto-accanimento-contro-il-biodinamico-e-se-invece-si-facesse-piu-ricerca_b_13281816.html

http://www.ilfoglio.it/scienza/2016/11/12/news/universita-biodinamica-la-federico-ii-si-occupa-di-stregoneria-agricola-106578/

http://www.suoloesalute.it/lagroecologia-la-rinascita-del-sud-convegno-napoli/

GDO: accordo Federbio e Federdistribuzione sul mercato dei prodotti bio

prodotti-biologiciI dati parlano chiaro. I numeri del mercato dei prodotti biologici sono in costante crescita. E cresce in particolare l’acquisto di tali prodotti nella Gdo, la Grande distribuzione organizzata. La dinamicità del settore spinge gli attori in campo a organizzarsi e a far nascere sinergie importanti. Come quella tra Federbio e Federdistribuzione, avviata proprio in questi giorni.

GDO: un’intesa per il bene dei consumatori

Federdistribuzione, federazione che si compone di 5 associazioni nazionali nel settore delle imprese distributive, e Federbio, federazione di agricoltura biologica e biodinamica, hanno stretto un protocollo di intesa con l’obiettivo di collaborare sul fronte della GDO e della commercializzazione dei prodotti biologici.

Nello specifico, l’intesa è volta a rafforzare le garanzie per i consumatori e l’integrità del mercato del biologico italiano.  Si tratta, annunciano in un comunicato congiunto, di una collaborazione “stretta e fattiva” che porterà all’attivazione di un coordinamento operativo permanente.

Nel concreto, l’intesa porterà a maggiori controlli per prevenire le situazioni di rischio all’interno del mercato bio. L’obiettivo è, inoltre, di migliorare i sistemi attuati dalle imprese per quanto concerne la conformità dei prodotti biologici. Si cercherà, infine, di incrementare l’adozione dei sistemi di tracciabilità della filiera e accrescere la qualificazione dei fornitori. Tutte operazioni che richiederanno la definizione di standard condivisi da entrambe le parti.

Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione, parla di “un accordo importante che mira a prevenire le frodi in cui possono incorrere inconsapevolmente anche gli operatori commerciali. La collaborazione con FederBio darà a noi la possibilità di ricevere un costante flusso informativo sul mercato dei prodotti biologici. Di conseguenza, potremo meglio tutelare i consumatori e salvaguardare la garanzia di prodotti che costituiscono un valore aggiunto negli assortimenti della GDO”.

L’intesa è motivo di soddisfazione anche per Paolo Carnemolla, presidente Federbio. “La firma”, dichiara, “è un passaggio importante di una collaborazione che va avanti già da tempo. Il nostro impegno è di rendere sempre più reali e stringenti le garanzie per i consumatori che acquistano prodotti biologici certificati anche sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata”. L’obiettivo, conclude, è di “prevenire al meglio le frodi, con l’aiuto di tutti gli attori della filiera e del mercato”.

I numeri del bio nella GDO

Nell’incremento dei volumi di vendita fatto registrare negli ultimi anni dai prodotti biologici, quello che concerne la GDO è ancora più imponente. Nel 2015, il bio è cresciuto del 21% nella Grande Distribuzione Organizzata. Un dato che diventa ancora più importante se confrontato con il periodo antecedente. Dal 2010 al 2014, infatti, la crescita è stata di “appena” l’11% (dati: Nielsen). L’anno scorso, le vendite bio nella GDO hanno toccato gli 872 milioni di euro.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1094

http://www.myfruit.it/biologico/2016/06/biologico-boom-dei-consumi-gdo-nel-dettaglio-specializzato.html

Fitofarmaci contenenti Glyphosate: nuova proroga di 3 mesi dal Governo

oms-fao-glifosatoNell’agosto e nel settembre scorsi, il Governo italiano emanava due decreti riguardanti la revoca di autorizzazione all’immissione in commercio e la modifica delle condizioni d’impiego di alcuni prodotti chimici destinati alle coltivazioni. In particolare, veniva limitato fortemente l’utilizzo di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate.

I due decreti, il primo del 9 agosto 2016 (modificato il 22 agosto) e il secondo del 6 settembre 2016, intervenivano in attuazione del regolamento di esecuzione UE 2016/1313 della Commissione europea. Entrambi contenevano una lista di prodotti con principio attivo glyphosate associato al coformulante ammina di sego polietossilata (n. Cas 61791-26-2).

Con un nuovo decreto emanato il 21 Novembre, il Ministero della Salute ha prorogato la commercializzazione e  l’introduzione dei limiti sui prodotti indicati nei due decreti.

Prodotti con glyphosate: proroga di 90 giorni

Il provvedimento è stato preso dalla Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione, dopo aver sentito la Sezione Consultiva per i Fitosanitari del Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale.

Nel decreto è contenuta una proroga di 90 giorni sia per la commercializzazione che per l’utilizzo dei prodotti inseriti nelle due liste. L’intervento dell’ufficio ministeriale è stato reso necessario a causa “dell’impossibilità di smaltire le scorte degli stessi entro i termini precedentemente stabiliti in relazione al periodo stagionale di diserbo”, si legge sul sito del Ministero.

Le nuove scadenze sono fissate al 22 febbraio per quanto riguarda la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita operata da rivenditori e distributori; e al 22 maggio 2017 per quanto riguarda gli utilizzatori finali.

Oltre allo stop alla commercializzazione dei prodotti indicati, i due decreti intervenivano a limitarne l’utilizzo. Si faceva divieto di utilizzare i diserbanti indicati nelle aree molto frequentate, in particolare da gruppi vulnerabili (neonati, bambini, astanti). Si limitava poi l’utilizzo non agricolo di agenti chimici contenenti glyphosate in determinate aree definite vulnerabili e nelle zone di rispetto. Veniva infine vietato l’impiego delle sostanze in fase di pre-raccolta, durante l’ottimizzazione del raccolto e della trebbiatura.

Il divieto era stato reso necessario, oltre che dall’intervento della Commissione UE, anche dal parere dell’EFSA, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che aveva evidenziato gli effetti tossici significativi dell’ammina di sego polietossilata, quando associata al glyphosate.

Glyphosate: diritto all’informazione prevale su segreto industriale

Un altro importante aggiornamento sul tema glyphosate è arrivato in questi giorni dalla Corte di Giustizia Ue.

La questione è nata quando due associazioni, Stichting Greenpeace Nederland e Pesticide Action Network Europe (Pan Europe), hanno presentato alla Commissione europea una richiesta di accesso ad alcuni documenti riguardo la sostanza attiva e alla sua prima autorizzazione al commercio.

In risposta alla richiesta, la Commissione autorizzava sì l’accesso alla documentazione, ma ne censurava una parte, dal momento che al suo interno, spiegava, erano presenti informazioni riservate sulle aziende che richiedevano l’autorizzazione per l’erbicida.

La Corte di Giustizia Europea ha accolto il ricorso delle due associazioni, dal momento che la parte nascosta del documento contiene informazioni sulle emissioni in ambiente causate dalla sostanza. In casi simili, la Commissione non può vietare l’accesso alle informazioni, nemmeno giustificando la scelta con la regola del segreto industriale.

FONTI:

http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=2756

http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2016&codLeg=56802&parte=1%20&serie=null

http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2016&codLeg=55812&parte=1%20&serie=null

http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf;jsessionid=Hv+WuKkIVrSIZv5wO0QLXg__.sgc4-prd-sal?anno=2016&codLeg=55680&parte=1%20&serie=null

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2016-11-23/ambiente-informazioni-emissioni-prevalgono-segreto-industriale–133849.shtml?uuid=ADwqiN0B&refresh_ce=1

Parlamento UE: nuove regole per proteggere le piante da Xylella e altri parassiti

Il Parlamento Europeo ha approvato in seconda lettura una nuova serie di regole sulla protezione di piante e coltivazioni, in modo tale da prevenire la diffusione in Europa di parassiti come la Xylella fastidiosa negli oliveti e arginare nuovi focolai potenziali.

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Ecco tutti i punti della riforma.

  • Viene introdotto un meccanismo di valutazione preliminare, atto a identificare le piante e i prodotti vegetali importati da Paesi terzi. In questo modo saranno rapidamente verificati potenziali nuovi rischi legati alla diffusione di parassiti.
  • La richiesta del certificato fitosanitario è estesa a tutte le piante e i prodotti vegetali provenienti dai Paesi Terzi. La nuova regola sarà applicata in tutti i casi di importazione: sia per gli operatori professionali del settore, che per i clienti dei servizi postali, i clienti di Internet o i passeggeri con prodotti sensibili nel proprio bagaglio. L’unica esenzione prevista è per i privati che viaggiano trasportando piccole quantità di piante a basso rischio.
  • Il cosiddetto “passaporto delle piante” è esteso a tutti i movimenti di piante per la coltivazione interna all’Unione Europea. La documentazione sarà richiesta anche ai vegetali ordinati tramite vendita a distanza. I prodotti forniti a utenti finali non professionisti saranno gli unici esentati.
  • Gli Stati membri devono istituire indagini pluriennali per l’individuazione tempestiva di parassiti pericolosi. Devono inoltre stabilire piani di emergenza specifici per ogni parassita capace di entrare nel proprio territorio di competenza.
  • Le autorità degli Stati membri potranno imporre misure di eradicazione anche in luoghi privati, per eliminare le fonti di infestazione. Le misure dovranno in ogni caso tutelare l’interesse pubblico.
  • Viene stabilito un equo compenso per i coltivatori che subiscono misure di eradicazione.

I parassiti e le malattie non rispettano i confini nazionali! Ecco perché è così importante avere norme in tutta l’Ue per la protezione della nostra agricoltura, orticoltura e silvicoltura”, ha dichiarato Anthea McIntyre (ECR, UK), relatrice del nuovo regolamento.  Le nuove norme hanno l’obiettivo di istituire “un più rapido processo decisionale, un’azione più rapida e una migliore cooperazione tra gli Stati membri, attraverso un approccio proporzionato e basato sul rischio”.

Secondo Paolo De Castro PD, coordinatore del settore Ricerca e Sviluppo della Comagri (Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale), “la progressiva apertura dei mercati può generare aspetti positivi ma porta con sé anche l’inevitabile globalizzazione delle malattie e dei parassiti, un rischio per la biodiversità europea”. Il nuovo regolamento dovrebbe quindi garantire “un alto livello di protezione e sicurezza per tutta l’Ue, una protezione delle frontiere sempre più indispensabile”.

FONTI:

http://www.europarl.europa.eu/news/en/news-room/20161020IPR47871/plant-health-meps-step-up-fight-against-influx-of-pests-to-the-eu

http://www.ilvelino.it/it/article/2016/10/26/salute-delle-piante-eurodeputati-intensificano-lotta-conto-afflusso-di/76ef0110-633a-4ee1-ae1c-5c8dd09ac459/

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/vivaismo-e-sementi/2016/10/27/l-europa-mette-la-salute-delle-piante-al-primo-posto/51662

 

Forage4Climate: il progetto italiano per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti

Un progetto per la mitigazione del cambiamento climatico grazie a innovativi sistemi agricoli da introdurre nella catena produttiva del latte. È questo in sintesi l’intento di Forage4Climate, programma italiano di respiro internazionale che, attraverso l’innovazione tecnologica, desidera ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti in diverse zone del Mediterraneo.

Le attività sono partite il primo settembre 2016 e proseguiranno fino alla fine del 2020. Nell’iniziativa, che interesserà 3 regioni della Pianura Padana (Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna), la Sardegna e 4 regioni della Grecia, sono coinvolti il Crpa (Centro di ricerche per le produzioni animali di Reggio Emilia), che riveste il ruolo di coordinatore scientifico e le Facoltà di Agraria di alcuni dei più prestigiosi atenei del nostro Paese (Milano, Torino e Sassari) e dell’Università di Atene.

Forage4Climate è finanziato da fondi dell’Unione Europea, attraverso il programma Life + Climate change mitigation project (LIFE15 CCM/IT/000039). Gli obiettivi specifici del progetto sono di elaborare nuove tecniche agricole a basso impatto ambientale, nonché di preservare e accrescere le riserve di carbonio nei terreni. Tra le apparecchiature che gli scienziati metteranno a disposizione di circa 60 aziende locali, sono compresi degli innovativi strumenti di misurazione del suolo e di misurazione e analisi dei gas emessi dalle bovine da latte e dal bestiame ovocaprino.

Le innovazioni introdotte saranno applicate in particolar modo su suoli seminativi, prati e pascoli destinati al foraggiamento degli animali da allevamento, soprattutto vacche da latte, pecore e ovini. Si interverrà sui capi che producono latte per la trasformazione casearia: Parmigiano Reggiano, innanzitutto.

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Durante la presentazione del progetto, presso il Comune di Bibbiano, sono intervenuti gli ideatori e organizzatori di Forage4Climate.

In base alla normativa europea”, ha spiegato Maria Teresa Pacchioli, ricercatrice Crpa, “gli Stati membri dovranno produrre i dati relativi alla contabilizzazione delle emissioni e agli assorbimenti di carbonio nel suolo derivanti da attività zootecnica”. Un’attività che diventerà effettiva a partire dal 2021. Da qui il senso del progetto di Forage4Climate:Era importante iniziare un percorso che, coinvolgendo gli Istituti scientifici più all’avanguardia nel campo della produzione di latte vaccino e ovicaprino, arrivasse a delineare quelle cosiddette buone pratiche agricole destinate a mitigare i cambiamenti climatici con ricadute economiche positive per le aziende”. È opportuno inoltre ricordare “il ruolo centrale dell’agricoltura nella tutela ambientale e del clima”.

I primi risultati del progetto saranno disponibili tra settembre e ottobre 2017, mentre le sessioni dimostrative saranno inaugurate nella primavera 2018.

FONTI:

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/zootecnia/2016/10/26/forage4climate-le-buone-pratiche-per-limitare-le-emissioni/51643

http://www.reggioemilia.confcooperative.it/LINFORMAZIONE/LE-NOTIZIE/ArtMID/482/ArticleID/1401/FORAGE4CLIMATEPROGETTO-COORDINATO-DAL-CRPA

La FAO: il settore agricolo fondamentale per contrastare fame e climate change

Il CFS, il Committee on World Food Security (Comitato sulla Sicurezza Alimentare Mondiale), si è riunito dal 17 al 21 Ottobre a Roma, nel Quartier Generale della FAO. Durante il primo giorno del meeting internazionale, la FAO (Food and Agriculture Organization), organizzazione delle Nazioni Unite, ha annunciato la pubblicazione del report “The State of Food and Agriculture 2016”. Il report, quest’anno è stato incentrato sul climate change, i cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro pianeta.

Secondo il rapporto, se l’umanità vuole sradicare fame e povertà deve mettere immediatamente in campo una trasformazione rapida dell’agricoltura, degli allevamenti e dei sistemi di produzione e distribuzione degli alimenti. Non c’è dubbio, ritengono gli esperti FAO, che il climate change avrà effetti anche sull’alimentazione.

Se il sistema produttivo dovesse continuare “business as usual”, cioè come ha sempre fatto, milioni di persone sarebbero a rischio fame, soprattutto nell’Africa sub-sahariana e nel Sud-Est Asiatico.

Il clima sta cambiando e quindi deve cambiare anche l’agricoltura”, ha dichiarato Rob Voss, direttore della divisione Agricultural Development Economics della FAO. “Affermiamo questo perché l’agricoltura sta già subendo l’impatto del climate change, in particolare nelle aree tropicali. L’agricoltura sta inoltre contribuendo, per circa un quinto del totale, alle emissioni globali di anidride carbonica e altri gas serra”.

Occorre quindi cambiare passo, per affrontare le sfide climatiche e sostenere le necessità alimentari globali.

Secondo Voss, sono 4 i principali cambiamenti che devono essere messi in campo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Innanzitutto, bisogna convertire i campi a pratiche agricole più sostenibili, anche dal punto di vista economico, scegliendo varietà di raccolti che siano più tolleranti alle elevate temperature e alla siccità.

In secondo luogo, “dobbiamo lavorare per incrementare la capacità del suolo e delle foreste di sequestrare il carbone. La deforestazione per creare nuovi terreni agricoli è una delle principali fonti fonti di emissioni nel settore agricolo”, spiega Voss.

La terza parte del piano FAO riguarda lo spreco alimentare: circa un terzo di tutto il cibo prodotto dall’agricoltura viene perso durante il processo di lavorazione o buttato via dai consumatori.

La quarta azione, che è anche la più impegnativa, è quella di cambiare la dieta delle persone. Stiamo assistendo a un chiaro cambiamento nella domanda alimentare: sempre più spesso osserviamo un aumento nella richiesta di prodotti che interferiscono con le risorse naturali”. La sfida in questo caso è di spingere le persone a selezione alternative alimentari vegetali, piuttosto che animali: questo darebbe un forte contributo a un settore alimentare più sostenibile. E in più, “avrebbe benefici anche sulla salute umana”, conclude Voss.

Durante il meeting del Comitato, sono stati presentati altri documenti che hanno messo al centro del dibattito il ruolo dell’agricoltura biologica come modalità di coltivazione sostenibile. In una dichiarazione, inoltre, la FAO ha detto di “promuovere il biologico, il commercio equo e lo slow food come strade concrete per creare un’agricoltura sostenibile”.

FONTI:

https://www.ifoam.bio/en/news/2016/10/24/committee-world-food-security

http://www.fao.org/3/a-i6030e.pdf

http://www.bbc.com/news/science-environment-37671825