Suolo e Salute

Category: Agricoltura

Inea presenta l’annuario dell’agricoltura italiana

Un’ampia raccolta di dati e riflettori puntati sulle dinamiche del settore agricolo nel volume “Annuario dell’agricoltura italiana 2013”, che verrà presentato dall’INEA, a Roma il prossimo 23 dicembre alle ore 11: 30, presso la Sala Cavour del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, via XX settembre 20. Giunto ormai alla LXVII edizione, l’Annuario dell’INEA presenta, al fianco degli andamenti delle principali componenti del sistema agroalimentare nazionale, analisi più originali sui processi di diversificazione e di ampliamento dell’attività agricola nella direzione della fornitura di beni e servizi alla collettività, sull’evoluzione del mercato fondiario, sull’impiego di lavoro straniero in agricoltura e sulla dimensione del sostegno pubblico agli operatori del settore primario. Durante l’incontro verranno presentati anche i risultati della monografia di approfondimento dell’Annuario, La cooperazione: una nuova centralità nello sviluppo del sistema agroalimentare italiano, che approfondisce la  tematica nella sua dimensione produttiva, distributiva e sociale. Introdurrà i lavori Giovanni Cannata, Commissario Straordinario dell’INEA, seguirà la relazione tecnica di Roberta Sardone e di Gaetana Petriccione. E’ attesa la partecipazione del Ministro Maurizio Martina.

Clima, nuovo allarme Coldiretti

Torna a farsi sentire, preoccupata, la voce di Coldiretti, che sottolinea l’eccezionalità dell’anno in corso da un punto di vista meteorologico e climatico e in particolare le temperature insolitamente alte registrate negli ultimi tempi. Con conseguenze molto serie sui cicli vitali delle piante e degli animali. In un comunicato infatti la Confederazione ribadisce che “gli effetti del caldo si fanno sentire sulla natura, con le piante che quest’autunno hanno ancora le foglie perché non sono entrate nella fase di riposo vegetativo caratteristico della stagione, che aiuta a difenderle dal freddo”. Ma a preoccupare, in apparente contraddizione, ora è il freddo, che rischia di cogliere impreparate ai rigori invernali le piante, “con pesanti effetti sui raccolti”. “L’autunno più caldo dal 1800 con temperature superiori alla media di 2,1 gradi ha mandato la natura in tilt con gli insetti che prolificano come dimostra la presenza insolita di zanzare e mosche in gran quantità ma ha anche ritardato il letargo di molti animali”. E ora “l’arrivo del grande freddo troverà dunque le piante indebolite ed impreparate con il rischio di pesanti danni, soprattutto se la temperatura scenderà abbondantemente sotto lo zero come annunciato”.

Fonte: Agrapress, Coldiretti

Banca della Terra, in Toscana si celebra il primo anno di vita e di risultati

Ad un anno dalla nascita, è stato presentato lunedì scorso a Firenze presso la sede della Regione il primo bilancio della “Banca della Terra”. L’iniziativa, come recita la legge istitutiva (LR 80/2012), nasce con lo scopo di “rafforzare le opportunità occupazionali e di reddito delle aree rurali”, promuovere l’agricoltura e tutelare il paesaggio e la biodiversità mantenendo la risorsa forestale anche con azione preventiva contro i dissesti idrogeologici, grazie ad uno “strumento che comprende anche un inventario completo e aggiornato dell’offerta dei terreni e delle aziende agricole di proprietà pubblica e privata disponibili per essere immessi sul mercato tramite operazioni di affitto o concessione, nonché terreni agricoli resi temporaneamente disponibili in quanto incolti”. Grande soddisfazione è stata espressa dall’Assessore regionale all’Agricoltura Gianni Salvadori che, nel corso di una conferenza stampa, ha sottolineato l’impegno profuso nell’iniziativa, prima di questo genere in Italia e anche in Europa, sottolineando che “oggi i risultati ci danno ragione e premiano il nostro impegno”. “Sono orgoglioso perché – ha proseguito Salvadori – non solo la “Banca della Terra” funziona e serve, come dimostrano i dati, a recuperare alla coltivazione, all’attività di allevamento e in genere alle attività agroalimentari, terreni e fabbricati che erano stati abbandonati, ma anche perché si è dimostrata uno strumento importante per dare la terra ai giovani che vogliono fare gli agricoltori, ma finora non avevano i mezzi per procurarsela”. “Questi risultati sono così positivi che la ‘banca “Banca della Terra” entra ufficialmente a far parte delle misure del progetto ‘Giovanisì’ della regione Toscana”.

Salvadori ha sottolineato il ruolo importante svolto dalla “Banca2 anche in chiave di prevenzione del dissesto idrogeologico: tramite il recupero dei terreni abbandonati e incolti infatti “è possibile contenere il degrado ambientale, salvaguardare il suolo e gli equilibri idrogeologici, limitare gli incendi boschivi, favorire l’ottimale assetto del territorio”. La legge attribuiva ai Comuni l’onere di censire i terreni abbandonati e/o improduttivi, azione propedeutica alla creazione della Vanca vera e propria: tramite il lavoro di dieci operatori, uno per provincia, l’operazione è stata portata a compimento e grazie alla Banca ad oggi sono già stati assegnati oltre 270 ettari di terreni pubblici, ed altri proseguiranno nei prossimi mesi.

Fonte: Agrapress, Regione Toscana

Dalla Puglia la prima petizione anti-pesticidi

Parte dalla Puglia la prima petizione in Italia contro i prodotti chimici di sintesi. A promuovere l’iniziativa “No alla chimica in agricoltura. Vietiamo i pesticidi nel Salento” l’associazione “Casa delle agricolture Tullia e Gino”, di Castiglione d’Otranto, che in poco meno di un anno e mezzo ha raccolto oltre 2.000 firme, consegnandola lunedì scorso al presidente della Regione Puglia Vendola, e all’assessore all’Agricoltura, Fabrizio Nardoni. Un’iniziativa nata a Capo di Leuca dall’iniziativa dell’associazione (che si occupa di riconversione naturale di terreni incolti concessi in comodato d’uso gratuito da privati) con l’intento di sensibilizzare maggiormente la popolazione riguardo i rischi nell’utilizzo di questi prodotti, ma che in breve tempo ha valicato i confini locali conquistando anche un rilievo a livello nazionale.

La petizione è stata accolta con grande favore da Vendola, secondo il quale “meno chimica e più biologico fa bene all’ambiente e fa bene persino al portafoglio”. Il presidente della Regione Puglia ha indicato due ragioni principali alla base del suo sostegno alla petizione: “La prima è una ragione di natura ambientale: i pesticidi e l’abuso della chimica contribuiscono a intensificare il processo di desertificazione. L’impoverimento dei terreni è una grande tragedia, significa sfruttarli soffocandoli. I terreni hanno bisogno di respirare, cominciano a non respirare più. In una situazione in cui i gas alteranti e la mutazione climatica sono il contesto anche drammatico in cui viviamo , lottare per l’agricoltura biologica significa lottare contro quello che sta accadendo in termini di catastrofe dal punto di vista ambientale. E c’è anche una seconda ragione perché oggi sui mercati mondiali si cerca di leggere sempre di più l’etichetta di un prodotto per comprenderne la qualità, la tracciabilità e anche come è stato coltivato. Sta crescendo cioè un pubblico sempre più colto ed esigente. Ecco perché l’ingrediente del biologico e della sua qualità significa un valore aggiunto che cresce di giorno in giorno dal punto di vista dell’economia e della competizione”.

Il percorso della petizione però non si ferma qui: dopo aver interessato diversi enti locali, tra cui diversi Comuni della zona e la provincia di Lecce, il testo arriverà presto al Ministero delle politiche Agricole, con lo scopo “di inibire l’uso di fitofarmaci chimici, in particolar modo di quelli classificati come tossici, molto tossici e nocivi, e di regolamentare in maniera restrittiva l’utilizzo di quelli catalogati come irritanti e non classificati e dei fertilizzanti sintetici”. Anche perché nonostante convegni medici e nei rapporti dell’Oms e dell’Ispra, l’associazione puntualizza come manchi ancora una consapevolezza diffusa sui rischi. Secondo i promotori della petizione i tempi sono maturi per portare avanti con successo una battaglia di questo genere: “le tante firme raccolte tra la gente comune dimostrano che il problema inizia a essere più sentito tra i cittadini che tra le istituzioni. A noi spetta il compito di portarlo anche alla loro attenzione. E di chiedere conto delle decisioni, coerenti, che devono essere prese”.

E, per una volta, veniamo copiati anche all’estero: “In Francia, proprio qualche mese dopo la presentazione della nostra petizione, ne è stata lanciata una simile a livello nazionale. A firmare “l’appello di Montpellier” sono stati intellettuali, medici e ricercatori. In Italia non se ne parla. Eppure, qualcosa inizia a cambiare”. Anche in Italia sta cambiando qualcosa in maniera rapida e significativa: è il caso per esempio di Malles Venosta, primo Comune italiano “zero pesticidi, in una zona in cui tradizionalmente le mele vengono trattate con prodotti chimici. Segno che consapevolezza, volontà e costanza possono portare lontano. Diverse le adesioni provenienti dal mondo istituzionale e della cultura: da Maurizio Pallante, presidente del Movimento per la decrescita felice, alla famiglia Girolomoni (storico nome del biologico italiano e fondatrice del marchio Alce Nero), la regista Cecilia Mangini, ma anche il direttore generale dell’Asl di Lecce, Valdo Mellone e i sindaci dei Comuni di Andrano, Montesano e Galatina.

Una situazione, quella italiana, che è stata recentemente affrontata dalla prestigiosa rivista “Science” che nel 2013 ha pubblicato dati che rivelano l’abuso di pesticidi nelle nostre terre: basti pensare che il nostro paese risulta il maggior utilizzatore di pesticidi per unità di superficie coltivata di tutta l’Europa occidentale, con un consumo doppio rispetto a Francia e Germania. La petizione, dunque, ha il grande merito di portare all’attenzione nazionale un problema che riguarda l’intero sistema-agricoltura italiano, con conseguenze molto significative sull’ambiente e con potenziali, importanti rischi per la salute umana.

Fonte: ADNKronos, Lecceprima.it

Coldiretti: effetti preoccupanti del caldo record di novembre

In un comunicato basato sugli ultimi dati Ucea, Coldiretti sottolinea i rischi connessi alle insolite temperature registrate nel corso del mese novembre, decisamente superiori alle medie stagionali, e che hanno determinato “un caldo record in Italia, con la colonnina di mercurio che è stata superiore di oltre 3 gradi alla media della temperature minime, con effetti sui comportamenti degli uomini, degli animali e delle piante”. Tali effetti, prosegue la nota della Confederazione, “si fanno sentire sulle persone, ma in generale sulla natura, con le piante che a causa del caldo non sono entrate nella fase di riposo vegetativo caratteristico della stagione mantenendo ancora le foglie”. “Anche gli insetti prolificano, come dimostra la presenza insolita delle mosche in gran quantità e con il caldo i parassiti rimangono attivi e attaccano più facilmente le colture mentre anche il letargo degli animali e’ ritardato dalle temperature insolite”. “A preoccupare ora e’ l’arrivo brusco del freddo, che potrebbe trovare le piante impreparate a difendersi con pesanti effetti sui raccolti”.

Fonte: Coldiretti, Agrapress

Francia, una nuova ricerca premia il biologico

L’INRA, l’Istituto Nazionale Francese per la Ricerca in Agricoltura, ha condotto recentemente presso Mirecourt, nei Vosgi, una sperimentazione mettendo a confronto due diversi sistemi di colture miste e allevamento del bestiame da latte condotti secondo i criteri dell’agricoltura biologica. I risultati, presentati la settimana scorsa nel corso di un incontro con diversi rappresentanti del mondo agricolo, dimostrano chiaramente che è possibile mantenere dei sistemi agricoli autonomi, utilizzando poco o per nulla fertilizzanti e altri prodotti chimici di sintesi, preservando quindi la biodiversità ma al tempo stesso mantenendo elevati livelli di redditività economica. Dal 2004 infatti l’unità di ricerca Aster (acronimo per Agrosistemi, Territorio e Risorse) del centro Inra di Nancy ha messo a punto due diversi sistemi di produzione biologica del latte (un sistema di pascolo e un sistema agricolo misto) costituiti da un appezzamento di 240 ettari di seminativi e pascoli permanenti e da una mandria di 100 mucche da latte, utilizzando nel proprio protocollo principi molto semplici ma estremamente significativi: valorizzare la diversità ambientale, massimizzare l’area coltivata destinata al consumo umano, limitare l’impoverimento dei terreni e ridurre al minimo l’uso di fertilizzanti o altri prodotti. Il risultato è stato il raggiungimento di livelli di autonomia molto elevati dei sistemi agricoli sperimentali, pur mantenendo alti i livelli di produzione agricola. Per ottimizzare tale produzione in base alle potenzialità del suolo,è stata infatti condotta un’analisi preliminare dei territori che ha contribuito a definire le aree più idonee ad ospitare coltivazioni e quelle al contrario più vocate al pascolo. Il successivo monitoraggio delle popolazioni di coleotteri e delle piante erbacee ha dimostrato che la biodiversità si è conservata rivelandosi una vera risorsa per l’agricoltura, fornendo cioè dei servizi eco sistemici di grande rilievo per il mantenimento della produttività dei terreni. Entrambi i sistemi oggetto della sperimentazione sono ecologici, le emissioni di gas serra in atmosfera basse, altrettanto quelle di azoto e le perdite e gli sprechi idrici. Non solo: al termine della sperimentazione la sostenibilità economica dei sistemi si è rivelata più alta rispetto agli anni in cui il campo era coltivato secondo i principi dell’agricoltura convenzionale:il prodotto lordo è aumentato del 25% in 10 anni e i costi dimezzati, grazie soprattutto alla significativa riduzione dei prodotti (fertilizzanti, coadiuvanti etc.) utilizzati. In definitiva, un’ulteriore dimostrazione, frutto di 10 anni di ricerche, della grande efficacia dell’agricoltura biologica non solo per quanto riguarda la salubrità dei suoi prodotti e la sostenibilità ambientale, ma anche (ed è qui la vera novità della ricerca francese) da un punto di vista della sostenibilità economica. Non vi sono pertanto vere ragioni produttive alla base della scelta di non convertirsi al biologico da parte dei produttori, ma al contrario ostacoli, diffidenze e barriere culturali che solo un’adeguata informazione potrà infine piegare alle ragioni di un’agricoltura veramente sostenibile quale quella biologica.

Fonte: Inra France