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Category: Agricoltura

Coltivazione biologica: 300mila ettari convertiti nel 2016

L’Italia si conferma leader nel settore bio. Lo confermano i dati snocciolati durante il Sana di Bologna, la più importante manifestazione del comparto, di rilievo internazionale.

Chiuso il Salone, andato in scena da venerdì 8 a lunedì 11 settembre, resta la fotografia del settore.

Un dato su tutti, quello sugli ettari di terreno convertiti in coltivazione biologica nel 2016: un balzo in avanti del 20% rispetto all’annata precedente.

A fare il punto sul settore, anche il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, in visita presso il Salone bolognese.

Coltivazione biologica: +20% nel 2016

Trainata dai consumi, la coltivazione biologica nel nostro Paese cresce a due cifre ormai da alcuni anni. La conferma arriva con i dati 2016, estremamente positivi. Dati che il ministro Martina ha così commentato:

«L’Italia – ha dichiarato– conferma la leadership nel settore biologico in Europa: 300mila ettari convertiti in Italia nel 2016, una superficie pari a tutta la provincia di Bologna, case e uffici compresi. Il tasso di crescita è del 20% nelle superfici coltivate, negli operatori impegnati e nei consumi. Un patrimonio che si basa sulla fiducia e sulla voglia dei consumatori di sostenere un sistema produttivo col minor impatto sull’ambiente possibile».

Martina si sofferma poi sugli operatori del settore: imprenditori, agricoltori e giovani che, spiega, sono “le colonne portanti di questo successo”. Colonne con cui il ministero sta “lavorando per rendere più forte il comparto con scelte concrete”. Scelte, elenca il ministro, come le mense scolastiche biologiche certificate, l’aggiornamento del sistema dei controlli e l’apporto italiano nell’ambito della discussione della riforma europea del comparto. Ma serve un cambio di passo:

«Serve un salto di qualità con l’approvazione al Senato del testo unico sul biologico, che ha già passato il vaglio della Camera. Una legge utile per investire di più nella ricerca, organizzare meglio i produttori e valorizzare le produzioni sui territori attraverso i distretti del biologico. Un intervento necessario per un settore che ormai ha superato i 5 miliardi di euro di valore e che fa sempre più parte del carattere distintivo del modello agricolo italiano».

Coltivazione biologica trainata dai consumi

Gli importanti dati emersi durante il Sana sulla coltivazione biologica, riflettono un settore dinamico sul fronte della domanda. Secondo le elaborazioni Ismea/Nielsen, infatti, i prodotti bio sono in crescita nelle preferenze dei consumatori. E appartengono a settori merceologici anche molto diversi tra loro.

Ad esempio la carne, il cui consumo è incrementato nel 2016 del 42%, seguita a breve distanza da vini e spumanti: +41%. A seguire, ottime le performance per frutta (+20,3%), ortaggi (+16%), latticini (+13,5%) e olio (+11%). Anche nel primo semestre 2017 si confermano dati incoraggianti: +15% le vendite bio. Un numero che ‘vale’ ancora di più se confrontato con la crescita nello stesso periodo dei prodotti non bio confezionati: +3,2%. Ancora una volta, protagonisti vini e spumanti, con uno strabiliante +110%, e carni, +85%.

Ma il Made in Italy da coltivazione biologica si conferma forte anche all’estero. L’export ha infatti sfiorato i 2 miliardi di euro nel 2016, il 5% delle esportazioni agroalimentari italiane. Sui mercati internazionali, i prodotti bio italiani sono cresciuti in 10 anni del 408%.

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11635

http://www.giornaledibrescia.it/economia/reddito-medio-alto-e-con-figli-il-consumatore-bio-%C3%A8-servito-1.3202695

http://www.ilvelino.it/it/article/2017/09/08/sana-tutti-i-numeri-del-bio-italiano-focus-di-nomisma/46967103-f4cc-40cd-8daa-2edbccafe26f/

Continua la crescita del mercato bio

Mercato bio perennemente in crescita.

Continua imperturbabile la crescita delle vendite dei prodotti certificati da agricoltura biologica, che nell’anno terminante a marzo 2017 soltanto nel canale iper+super hanno incassato oltre 1,27 miliardi di euro, in crescita del 19,7% rispetto all’anno precedente (fonte Nielsen).

Il che è già piuttosto sorprendente in termini assoluti, dato che dal 2008 a oggi, in barba alla crisi, il comparto bio ha saputo triplicare il proprio valore di mercato (411 milioni di euro era il fatturato nel 2008 nello stesso canale).

Il dato più eclatante emerso dalla ricerca di Nielsen riguarda il contributo del bio alla crescita dell’alimentare nel suo complesso.

Nell’ultimo anno, le vendite dell’intero comparto hanno registrato un incremento di 419 milioni di euro, per il 40% imputabile alla crescita realizzata dal biologico (166 milioni). Da 20 anni la crescita è costante.

Una rivoluzione strisciante quella compiuta dai prodotti derivati dall’agricoltura senza chimica, una volta relegati nelle bottegucce alternative, frequentate da un target altrettanto alternativo o nella migliore delle ipotesi bollato come radical-chic.

Poi l’ingresso, graduale e senza dar fiato alle trombe, nei pdv della grande distribuzione, in una prima timida fase su appositi scaffali dedicati al benessere (nel segno del proseguimento della ghettizzazione) e poi via via a integrare le varie merceologie per arrivare, oggi, a rappresentare un ampliamento irrinunciabile per tutte le linee mdd delle insegne della gdo, oggi quasi tutte presenti con gamme dedicate che assorbono più del 40% del totale vendite bio e registrano un incremento annuo a valore superiore al 16%.

Il principale driver delle vendite in gdo è dato dalla crescita assortimentale: con una media di 191 referenze a scaffale (erano 146 un anno fa) gli assortimenti bio presenti, in incremento del 30%, rappresentano il 23% dei nuovi inserimenti effettuati sul totale alimentare. E se le vendite promozionali segnano solo un leggero aumento (21,6% contro il 20 dello scorso anno), in netta crescita sono invece le inserzioni relative ai prodotti bio presenti nel 59% dei casi sui volantini delle catene.

A conferma del fatto che l’offerta bio, oltre a fare immagine, rappresenta un fattore determinante per incrementare le vendite e fidelizzare quella che non è più soltanto una nicchia. Del resto, l’offerta si sa per sua natura cresce di pari passo con l’aumento della domanda ed è ormai evidente anche ai più scettici che non si può più parlare del biologico come di un fenomeno di moda. Ad accompagnare oltre un ventennio di crescita continua del gradimento dei prodotti bio si possono citare tutta una serie di cambiamenti economico/sociali, nonché di eventi topici (citiamo Cernobyl per tutti), che hanno lentamente, ma progressivamente, cambiato il nostro rapporto con l’ambiente, l’alimentazione, la salute. E, vuoi per convinzione vuoi per costrizione, gran parte dei consumatori ha adottato tutta una serie di comportamenti (dalla raccolta differenziata all’abbandono degli shopper di plastica) che testimoniano uno stile di vita e di consumo più consapevole. Più attento al benessere e alla salute, ma anche, e finalmente, all’ambiente.
Un dato interessante emerso dalla ricerca di Nielsen per Assobio riguarda il consolidamento degli acquirenti abituali. Su un campione di 20,5 milioni di famiglie acquirenti ben 5,2 milioni (in crescita di oltre 800mila unità) hanno effettuato almeno un atto d’acquisto alla settimana, il che significa che il 76% degli acquisti bio si concentra sul 25%  delle  famiglie,  le  quali negli ultimi 12 mesi hanno contribuito per il 91% alla crescita complessiva degli acquisti bio.
Insomma, il terreno è pronto e sembra arrivato il momento per i retailer più coraggiosi di osare un poco di più per sostenere e incentivare la crescita di un comparto più che promettente. Certo occorrerà ancora tempo per arrivare a scelte più radicali come quelle già effettuate da insegne generaliste in Paesi dove la consapevolezza sui temi del green è più avanzata, ma sarebbe sbagliato dormire sugli allori.
Benessere sì, ma anche gusto e servizio: i consumatori bio non sono marziani, come dimostra il fatto che anche loro abbracciano le nuove tendenze alimentari e i nuovi stili di vita. Nel ranking dei prodotti che nel 2016 hanno evidenziato la maggior crescita a valore, troviamo anche le creme spalmabili dolci (+7%) guidate da un prodotto cult quale è la Nocciolata di Rigoni, recentemente proposta anche nella versione senza lattosio, che in poco tempo dal lancio si è posizionata al secondo posto dietro al leader storico della categoria. Seguono le bevande sostitutive del latte uht (+6,4%); la frutta secca senza guscio (6,4%), le insalate pronte (+6,3%), lo yogurt intero (+6,2%), i cereali prima colazione (+4,7%), i primi piatti pronti (+4,5%), la pasta senza glutine (4%). (Fonte: Nielsen Trade*Mis).

Pif Toscana: 30 milioni di euro per progetti integrati di filiera

Il 19 luglio, il Bollettino Ufficiale della Regione Toscana (BURT) ha pubblicato un bando di gara relativo ai “Progetti Integrati di Filiera Agroalimentare”, i cosiddetti Pif, per l’annualità 2017. Prevista una dotazione complessiva di 30 milioni di euro.

La possibilità di presentare domanda è stata aperta il 25 luglio. C’è tempo fino alle ore 13 di venerdì 10 novembre 2017. Vediamo quali sono le finalità e a chi è rivolto.

Pif, strumento del Psr per progetti integrati in agricoltura

Produttori primari, imprese di trasformazione, aziende di commercializzazione e così via: i Progetti Integrati di Filiera rivolti al settore agroalimentare sono lo strumento aggregativo per coinvolgere questi e altri attori delle filiere agricole.

L’obiettivo della Regione è di “superare le principali criticità delle filiere stesse, per favorire i processi di riorganizzazione e consolidamento”, nonché “realizzare relazioni di mercato più equilibrate”. I PIF sono inoltre uno strumento per sostenere la redditività delle aziende del settore e incentivare l’innovazione.

I Progetti rientrano nell’ambito del PSR, il Piano di Sviluppo Regionale. Nello specifico gli investimenti previsti nel PIF devono riferirsi ad almeno due tra le seguenti sottomisure/operazioni del PSR:

  • Sottomisura 1.2: “Progetti dimostrativi e azioni informative“;
  • Sottomisura 4.1: “Sostegno agli investimenti alle aziende agricole“; all’interno di tale sottomisura sono previste le operazioni 4.1.3 “Partecipazione alla progettazione integrata da parte delle aziende agricole” e 4.1.5 “Incentivare il ricorso alle energie rinnovabili nelle aziende agricole“;
  • Operazione 4.2.1: “Investimenti nella trasformazione, commercializzazione e/o lo sviluppo dei prodotti agricoli“, rientrante nella Sottomisura 4.2;
  • Sottomisura 16.2: “Sostegno a progetti pilota e di cooperazione“;
  • sottomisura 16.3: “Cooperazione tra piccoli operatori per organizzare processi di lavoro in comune e per condividere strumenti e risorse“.

Le operazioni 4.1.3 e 4.2.1 devono essere obbligatoriamente presenti.

Pif Toscana 2017: modalità di partecipazione

Come accennato, la domanda per partecipare al Progetto deve essere presentata entro le 13 del 10 novembre 2017. Bisogna necessariamente impiegare la modulistica presente su www.artea.toscana.it, piattaforma gestita dall’Anagrafe Regionale delle aziende  agricole (ARTEA). L’id identificativo della domanda è il numero 210.

Alla domanda vanno allegati obbligatoriamente:

  • Progetto
  • Accordo di Filiera
  • Progetto informativo
  • Progetti di cooperazione, se attivati

Possono essere ammessi al Programma tutti i soggetti definiti come beneficiari dai vari tipi di sottomisura/operazione previsti dal PSR citati precedentemente. Gli aderenti devono inoltre essere partecipanti diretti a un Accordo di filiera.

Il numero minimo di partecipanti al PIF è di 12, di cui almeno 5 diretti. 3 di loro devono inoltre svolgere un ruolo nell’ambito della fase di produzione primaria.

La presentazione dei Progetti è consentita a chi opera in una delle seguenti filiere:

  • Vitivinicola
  • Olivo-oleicola
  • Florovivaistica
  • Ortofrutticola (inclusi piccoli frutti, funghi e tartufi, castagne e marroni)
  • Cerealicola (per alimentazione umana, per zootecnia)
  • Colture industriali (incluse colture proteoleaginose, da fibra, aromatiche e officinali)
  • Apistica
  • Bovina (compreso bufalini)
  • Ovi-caprina
  • Suinicola
  • Altra zootecnica (avicunicola, equina).

L’importo minimo di contributo complessivo ammissibile è di 150mila euro, mentre il contributo massimo concedibile è di 2,25 milioni di euro. La dotazione complessiva del bando è pari a 30 milioni di euro.

Remaschi, assessore Agricoltura Toscana: “PIF strategici per rilancio investimenti”

L’Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschi, ha commentato la pubblicazione della gara per i Progetti Integrati di Filiera.

«Bandi come questo sono strategici per il rilancio degli investimenti. I Pif sono uno strumento per aggregare tutti gli attori di una filiera, in questo caso agroalimentare, per superare le principali criticità della filiera stessa, favorire i processi di riorganizzazione e consolidamento e realizzare relazioni di mercato più equilibrate. I progetti integrati di filiera consentono l’attivazione, nell’ambito dello stesso progetto, di una molteplicità di sottomisure/operazioni del Psr, il Piano di sviluppo rurale, che vanno da quelle di investimento aziendale a quelle specifiche per attività di promozione, innovazione tecnologica, diversificazione delle attività agricole, anche a scopi energetici».

FONTI:

http://www.regione.toscana.it/-/psr-feasr-2014-2020-bando-condizionato-relativo-ai-progetti-integrati-di-filiera-pif-agroalimentare-annualita-2017-

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/07/24/toscana-pronti-per-i-nuovi-pif/55079

http://www.ansa.it/toscana/notizie/2017/07/19/fondi-europei-30-mln-per-agroalimentare_e04452fb-535a-49f8-b25d-28f866eba0b2.html

Emergenza Xylella: la Commissione Ue pronta a sanzioni contro l’Italia

La Commissione europea alza la voce sull’emergenza Xylella che imperversa in Puglia.

Il 13 luglio, da Bruxelles è arrivato un “parere motivato. Si tratta del secondo step verso la procedura d’infrazione. Una procedura che arriverà tra due mesi se il nostro Paese non si conformerà alle regole imposte.

Secondo la Commissione, l’Italia non avrebbe preso le misure necessarie, decise dall’Ue, per eradicare completamente o quantomeno contrastare la diffusione del batterio. La situazione, intanto, resta grave e da più parti si levano appelli e inviti a prendere in mano la situazione e salvare ciò che resta del patrimonio degli ulivi pugliesi.

Emergenza Xylella: l’aut aut di Bruxelles

Obbligo di espiantare tutti gli alberi o arbusti, tra cui gli ulivi, infettati da Xylella nella cosiddetta “zona di contenimento” e nella “fascia cuscinetto”. Questo è quanto chiede la Commissione, prima di passare alla misura definitiva di infrazione: l’appello presso la Corte europea di Giustizia.

Le due aree segnalate riguardano rispettivamente le provincie di Lecce, Brindisi e Taranto (in un lembo di terra largo 20 chilometri) e i terreni confinanti a questa “zona di contenimento”. Secondo il protocollo Ue, l’espianto sarebbe dovuto avvenire immediatamente dopo la conferma della presenza di Xylella fastidiosa. Ciò non è successo e “nuovi focolai in Italia sono stati notificati”, scrive la Commissione.

«Il calendario comunicato dalle autorità italiane è stato inefficace a garantire l’immediato espianto degli alberi infetti come richiesto dalla legislazione Ue», spiegano da Bruxelles. Le istituzioni italiane hanno tempo due mesi per mettersi in regola.

Commenta il provvedimento, il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele. Che spiega come l’aut aut dell’Ue “non deve essere sottovalutato: la Puglia rischia di mettere a repentaglio i passi in avanti, anche in termini di ritrovata credibilità, fatti dalla Regione in sede comunitaria”.

Cantele punta il dito contro le attività di monitoraggio in regione che sono ferme da febbraio. “Avrebbero dovuto ripartire ad aprile”, spiega. E le nuove campagne che erano state fissate per il 17 luglio hanno subito un ulteriore slittamento.

«Eppure l’apertura dell’Ue al reimpianto era stata “facilitata” dalla prima seria campagna di monitoraggio, invocata da Coldiretti Puglia fin dall’estate del 2014, che ha individuato, con la migliore precisione possibile, il margine più settentrionale del contagio».

Cantele conclude rinnovando “la richiesta all’assessore regionale alle Risorse agroalimentari di convocare un tavolo permanente” sull’emergenza Xylella.

Emergenza Xylella: rimandato l’impianto

Nel frattempo, l’autorizzazione per l’impianto di ulivi nella zona infetta sarebbe stata nuovamente rimandata. La messa a dimora di 28 specie suscettibili alla Xylella fastidiosa era stata già rimandata di un mese dalla data originaria, il 19 giugno. Secondo La Gazzetta del Mezzogiorno, l’impianto slitterà ulteriormente, per arrivare a settembre. La decisione, di competenza del Comitato fitosanitario permanente Ue, rappresenta un’ulteriore “doccia fredda per i tanti agricoltori, soprattutto del Leccese, che rincuorati dalla comprovata resistenza di varietà come Leccino e Favolosa (Fs17) erano pronti a sostituire distese di piante ridotte ormai a scheletri”, scrive la Gazzetta.

Emergenza Xylella: non si placa la diffusione

Nel frattempo si teme per la continua diffusione del batterio. Tra le località turistiche di Rosa Marina e Monticelli, in provincia di Bari, è stato infatti individuato un ulivo colpito da Xylella. A poco meno di 10 chilometri da quella zona, si trova Fasano, un’area che secondo gli esperti dispone di un patrimonio incalcolabile di ulivi monumentali. Gli agricoltori temono che sia solo una questione di tempo: presto il batterio potrebbe estendersi a tutta l’area nord del barese.

Per far fronte alla situazione si moltiplicano appelli e richieste di aiuto. Enzo Lavarra, presidente di Federparchi Puglia, lancia il grido d’allarme:

«Non abbiamo tempo, non abbiamo tempo, non abbiamo tempo», ripete con enfasi. E chiede che l’Assessore pugliese all’Agricoltura si porti in pianta stabile nelle zone colpite e di contenimento. L’assessore, spiega Lavarra, deve “fare da regia per rendere finalmente operative le decisioni previste dai protocolli per i patogeni da quarantena”. In questo modo, continua, sarà possibile “negoziare con la Ue più indennizzi, varare sostegni e misure ad hoc”. A rischio ci sono “6 milioni di ulivi secolari, 1 milione di plurisecolari: storia mediterranea e unicità di paesaggio. Principale fattore identitario e fonte di reddito e occupazione per la Puglia di oggi e di domani”.

Sull’emergenza Xylella è intervenuto con forza anche il professor Riccardo Valentini, Premio Nobel per la Pace 2007, riconoscimento ottenuto per le ricerche relative ai cambiamenti climatici, insieme agli altri scienziati dell’IPCC.

«Il dramma Xylella fastidiosa nel Salento– dichiara Valentini – èun problema di portata storica.Per questo lancio l’appello ai colleghi di tutto il mondo affinché vengano qui a vedere cosa sta succedendo e provino, ciascuno per le proprie competenze, a collaborare nella ricerca di una soluzione. Si tratta della fitopatia più spaventosa e devastante mai vista a livello internazionale a memoria d’uomo».

FONTI:

http://www.askanews.it/cronaca/2017/07/13/ue-d%C3%A0-due-mesi-a-italia-per-espiantare-ulivi-affetti-da-xylella-pn_20170713_00112/

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/911691/xylella-non-ripartono-i-monitoraggi-nei-campi.html

http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/906115/xylella-bruxelles-rimanda-il-salento-a-settembre-per-nuovi-impianti-di-ulivi.html

http://www.brindisireport.it/cronaca/xylella-non-c-e-tempo-da-perdere-a-rischio-sei-milioni-di-ulivi-secolari.html

http://www.ansa.it/puglia/notizie/2017/07/18/xylella-premio-nobel-e-dramma-epocale_78648b05-1b07-4c42-9fc5-becbe5e43286.html

Digestato da biogas in agricoltura biologica: presto un vademecum per l’utilizzo

Federbio, la Federazione italiana agricoltura biologica e biodinamica, ha trovato un accordo con il Consorzio Italiano Biogas per l’impiego di digestato da biogas in agricoltura biologica.

Emersa nel corso del festival Ecofuturo, la proposta prevede la creazione di un vademecum sul corretto utilizzo agronomico del prodotto come fertilizzante. Ecco cosa prevede l’accordo.

Digestato in agricoltura come biofertilizzante

Partiamo da una definizione. Il digestato è il risultato del processo di digestione anaerobica. Può derivare essenzialmente da 5 fonti: effluenti zootecnici, biomasse vegetali, sottoprodotti di origine animale, fanghi di depurazione, frazione organica dei RSU.

Da qualche tempo il particolare digestato derivante dalla produzione di biogas tramite biomassa viene utilizzato come ammendante naturale nelle produzioni biologiche e biodinamiche. Una pratica lecita almeno dal 2014, anno in cui l’Ue ha dato il via libera all’utilizzo. In particolare, l’intervento è stato ammesso con l’emendamento del regolamento CE 889/2008, che ha modificatola lista di fertilizzanti impiegabili nelle produzioni biologiche nel caso in cui le norme di base non siano sufficienti per soddisfare le esigenze nutrizionali delle colture.

Nell’elenco delle sostanze ammesse, la Comunità europea ha inserito anche il “digestato da biogas contenente sottoprodotti di origine animale codigeriti con materiale di origine vegetale o animale”, come specificato dall’Allegato I della norma. In sostanza, il regolamento riconosce il valore agronomico del sottoprodotto, considerato organico e naturale, sottolineandone la capacità di riportare al suolo determinati elementi nutritivi, come azoto, fosforo e potassio.

Digestato in agricoltura bio: la proposta

Come accennato, durante il festival Ecofuturo, in corso a Padova presso il Fenice Green Energy Park, Cib (Consorzio Italiano Biogas) e Federbio hanno annunciato una possibile collaborazione per creare “un gruppo tecnico integrato per l’elaborazione di un vademecum che indirizzi al corretto utilizzo del digestato da biogas in agricoltura biologica”, scrive FederBio in una nota.

Nelle intenzioni dei proponenti, l’accordo potrebbe rappresentare uno stimolo all’impiego del biofertilizzante. Una sostanza che, scrive ancora FederBio, ha anche “un’importante funzione nel contrasto ai cambiamenti climatici”. L’idea è quindi di individuare delle linee guida per una produzione di biogas che sia coerente con i principi dell’agricoltura biologica.

Come spiega Maria Grazia Mammuccini, consigliere Federbio, è strategico per la Federazione “attivarenuove alleanze con chi adotta i principi dell’economia circolare”, vista soprattutto la grande crescita che il settore bio sta sperimentando negli ultimi anni.

Se verranno promossi i principi di sostenibilità già adottati dal Cib, la produzione di biogas potrà “favorire la restituzione di sostanza organica al terreno, uno dei principi fondamentali delle coltivazioni biologiche”, prosegue Mammuccini.

Il gruppo tecnico immaginato dalle due organizzazione rappresenta quindi “una preziosa occasione per lo studio, l’approfondimento e la diffusione di tecniche e pratiche sostenibili per la produzione di biogas e per il corretto utilizzo del digestato nelle coltivazioni biologiche”.

Piero Gattoni, presidente del CIB, conferma l’interesse verso la collaborazione. Una partnership che, spiega, “potrebbe essere estesa anche ad altre associazioni e rafforzerebbe gli sforzi legati a iniziative già avviate”. Il Consorzio, spiega Gattoni, “sta già lavorando alla redazione di un manuale sul corretto utilizzo del digestato secondo i principi del Biogasfattobene® e sta dialogando con il Mipaaf per ampliare e rafforzare la normativa in materia”.

FONTI:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1198

http://www.crpa.it/media/documents/crpa_www/Settori/Ambiente/Download/Archivio_2014/IA_2014_suppl27_p8.pdf

http://www.ilbiogas.it/biogas-ricerche-e-studi/il-digestato.pdf

Agrumeti caratteristici: pronti 3 milioni di euro dal Mipaaf

Il Ministero delle politiche agricole rende noto, attraverso un comunicato, dell’approvazione di una legge alla Camera che promuove interventi di ripristino, recupero e salvaguardia degli agrumeti caratteristici.

Previsto un fondo di 3 milioni di euro per l’implementazione della norma. Vediamo tutti i dettagli.

Agrumeti caratteristici: le caratteristiche

Cosa si intende per agrumeto caratteristico? Per il Mipaaf, si tratta di aree che “hanno particolare pregio varietale paesaggistico, storico e ambientale”. Gli agrumeti interessati sono inoltre localizzati “in aree vocate alla coltivazione di specie agrumicole dove le caratteristiche climatiche e ambientali siano capaci di conferire al prodotto specifiche caratteristiche”.

In particolare, leggiamo nella comunicazione della XIII Commissione Agricoltura, “le zone interessate dagli interventi svolgono un importante presidio del territorio in zone territoriali a rischio di spopolamento e di dissesto idrogeologico”.

La maggior parte delle aree interessate riguarda le arance, che coprono quasi il 60% degli agrumeti. Seguono le clementine al 19% e i limoni al 17.

Nello specifico, le varietà di arance più diffuse in Italia (dati Ismea), sono:

  • Tarocco Comune: 42,5% delle superfici totali
  • Navelina: 18,2%
  • Tarocco Gallo: 10,4%
  • Moro: 9,3%
  • Sanguinello: 5,1%
  • Tarocco nocellare: 4,5%
  • Washington Navel: 2,6%

Agrumeti caratteristici: l’intervento della Camera

La legge, approvata definitivamente dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, nasce dall’unificazione dei testi di varie norme presentate negli scorsi mesi (C. 55 Cirielli, C. 341 Catanoso, C. 440 Mongiello, C. 741 Oliverio, C. 761 Russo, C. 1125 Caon e C. 1399 Catanoso). Approvata all’unanimità, la proposta ha trovato il favore di tutte le forze politiche in campo.

Nello specifico, il decreto istituisce un Fondo per la salvaguardia degli agrumeti caratteristici. La dotazione del Fondo, per il 2017, è di 3 milioni di euro.  L’assegnazione dei contributi darà priorità alle tecniche di allevamento tradizionale e all’agricoltura integrata e biologica. Gli interventi ammessi, inoltre, devono essere rispettosi del paesaggio e puntare al mantenimento delle identità locali.

Per l’implementazione effettiva del provvedimento, devono ora intervenire il Mipaaf, le Regioni e i Comuni interessati.

Il Ministero, in particolare, deve individuare “i territori nei quali sono ubicati gli agrumeti caratteristici e [definire] i criteri e le tipologie degli interventi ammessi ai contributi”. I contributi potranno essere richiesti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali e saranno destinati alla copertura parziale degli investimenti necessari per il ripristino delle coltivazioni.

Sono però le Regioni, sentiti i Comuni competenti per territorio e i consorzi di tutela delle produzioni agrumicole, a dover assegnare i fondi. In particolare, gli enti regionali definiscono modalità e tempi per la presentazione delle domande e l’assegnazione dei contributi. Provvedono infine alla formazione della graduatoria e all’erogazione degli aiuti.

Alle Regioni sono anche demandate le necessarie misure di controllo e le eventuali sanzioni comminate.

Agrumeti caratteristici: Sud protagonista

Buona parte degli agrumeti interessati dal provvedimento sono ubicati nel Meridione. Principalmente, “nella riviera ionica della Sicilia, nella riviera ionica e tirrenica della Calabria, nella penisola sorrentina, nella costiera amalfitana e nelle isole del Golfo di Napoli, nel Gargano”. L’unica area dislocata nel centro-nord è quella intorno al lago di Garda.

D’altronde sono 3 regioni del Sud quelle con la più alta quota di produzione di agrumi. La Sicilia, con più di 85mila ettari investiti. La Calabria, con 37mila. La Puglia con 10mila. Insieme, i 3 territori rappresentano più del 90% del totale delle aree coltivate ad agrumi.

Un aspetto, questo, sottolineato anche da Pietro Molinaro, presidente regionale di Coldiretti Calabria, che plaude al provvedimento:

«Questo– commenta –èun ottimo esempio di riconoscimento dell’agricoltura sostenibile e di salvaguardia della distintività delle nostre ricchezze naturali poiché riconosce agli agrumicoltori un ruolo fondamentale nella tutela ambientale e paesaggistica soprattutto in alcune aree ad alto rischio di dissesto idrogeologico».

Il Ministro Martina: “Italia Paese a vocazione agrumicola”

Anche il Ministro Martina esprime soddisfazione per l’approvazione definitiva della legge:

«L’approvazione di questo provvedimento– hacommentato –èmolto importante per questo settore perché consentirà di sostenere e salvaguardare i territori a particolare vocazione agrumicola del nostro Paese che negli ultimi anni hanno dovuto attraversare una fase complicata. Riconoscere l’importanza di queste aree significa compiere un importante passo in avanti per lo sviluppo sostenibile».

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11483

http://www.camera.it/leg17/465?tema=salvaguardia_degli_agrumeti_caratteristici#m

http://www.italiafruit.net/dettaglionews/40369/mercati-e-imprese/agrumeti-caratteristici-coldiretti-calabria-legge-ok