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Category: Agroalimentare

LA RIVOLUZIONE VERDE: L’ITALIA DEVE RIPARTIRE DALL’AGRICOLTURA

LA RIVOLUZIONE VERDE: L’ITALIA DEVE RIPARTIRE DALL’AGRICOLTURA

La crisi derivata dal Coronavirus non ha intaccato la poca attenzione nei confronti della natura e dell’agricoltura. Una forma mentis instillata nella gran parte di noi che pensa che il nostro “patrimonio agricolo” si possa sfruttare a pieno piacimento, senza doverne rispondere in un prossimo futuro.
L’Italia ha ancora molto da imparare, nell’agricoltura convenzionale è uno dei maggiori utilizzatori di pesticidi chimici, che sta portando ad un degrado dei terreni.

Lo scenario è preoccupante, ma non bisogna disperare. L’Italia si trova ad un bivio importante e può tramutare questa crisi in opportunità. Con i fondi che arriveranno dal Recovery Fund si può avviare una seria riforma dell’agricoltura, che porti a un uso più consapevole delle nostre risorse ed a una maggiore propensione verso il biologico.
Il piano che ne deriverebbe porterebbe a un forte investimento che gioverebbe a tutto il comparto agricolo/ambientale:

  • preservando la biodiversità
  • migliorando le condizioni di lavoro
  • riqualificando le superfici agricole

Va calcolato però, che dietro ad un forte investimento, ci sarà un ritorno di redditività nel tempo incalcolabile grazie a:

  • lotta al degrado con la ripopolazione delle zone agricole
  • maggiore manutenzione del territorio che arginerebbe il dissesto idrogeologico
  • un reddito dignitoso per i lavoratori agricoli

Se negli anni 70 l’industrializzazione del paese portò all’uscita della crisi del petrolio, ora i Distretti Biologici potrebbero traghettare il nostro paese verso una nuova era, che porti maggiore consapevolezza in ambito ambientale e negli sprechi: una vera e propria rivoluzione verde.

 

Fonte: il manifesto
Foto di photoAC da Pixabay

Siccità 2017: mai così poca pioggia in 200 anni

Siccità 2017: mai così poca pioggia in 200 anni

Riscaldamento climatico, innalzamento dei mari, climate change, gas serra, inquinamento. 

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. E non è necessario andare nei ghiacciai dell’artico o su un atollo del Pacifico per rendersene conto. Basti pensare che nel 2017, la siccità in Italia ha toccato un record spaventoso: sulla penisola non ha mai piovuto così poco dal 1800 a oggi.

Lo spiega in una nota sull’anno meteorologico 2017 l’istituto Isac (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), parte del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).

2017: anno peggiore per la siccità in Italia

Innanzitutto facciamo una precisazione. I dati snocciolati dall’Istituto si riferiscono al cosiddetto anno meteorologico: convenzionalmente, questo particolare anno comincia con dicembre e finisce a novembre. E quindi l’anno meteorologico 2017 va dal primo dicembre 2016 al 30 novembre 2017.

Considerando quindi l’anno meteorologico, i ricercatori hanno concluso che il 2017 è stato l’anno peggiore per la siccità in Italia. È dal 1800 che vengono registrati i dati sulle precipitazioni nella penisola. Una Banca dati enorme che ci consente di comprendere l’andamento del clima.

Secondo i ricercatori di Isac-Cnr, non è mai stato registrato un anno peggiore, dal punto di vista delle piogge. Da più di due secoli, 217 anni, in Italia non ha mai piovuto così poco.

Nella nota vengono elencate, mese per mese e stagione per stagione, le anomalie registrate dal punto di vista delle precipitazioni:

  • Dicembre -58% – 15esimo
  • Gennaio +23% – 144esimo
  • Febbraio -15% – 90esimo
  • Marzo -56% – 20esimo
  • Aprile -37% – 40esimo
  • Maggio -50% – 15esimo
  • Giugno -53% – 12esimo
  • Luglio -43% – 39esimo
  • Agosto -82% – quarto
  • Settembre +27% – 164esimo
  • Ottobre -79% – secondo
  • Novembre +10% – 109esimo

 

  • Inverno -21% – 41esimo
  • Primavera -48% – terza
  • Estate -61% – quarta
  • Autunno -20% – 39-esimo

Come risulta evidente, le piogge sono state scarse in tutte le stagioni dell’anno. E in particolare in primavera, quando sono calate del 48% rispetto al periodo di riferimento, e in estate, con una punta del -61%.

E le temperature?

Se le precipitazioni sono in forte calo, lo stesso non si può dire delle temperature, risultate ancora una volta in crescita rispetto al periodo di riferimento convenzionale (1971-2000). Il termometro ha fatto segnare +1,3°C, rendendo il 2017 il quarto anno più caldo dal 1800.

Come per le precipitazioni, anche sulle temperature i ricercatori Isac hanno stilato la lista delle variazioni mensili e stagionali:

  • Dicembre +1.00°C – 23esimo
  • Gennaio -1.69 – 135esimo
  • Febbraio +2.12 – sesto
  • Marzo +2.51 – quarto
  • Aprile+1.64 – 17esimo
  • Maggio+1.55 – 14esimo
  • Giugno +3.22 – secondo
  • Luglio +1.69 – decimo
  • Agosto +2.53 – terzo
  • Settembre -0.45 – 101esimo
  • Ottobre+0.96 – 28esimo
  • Novembre +0.40 – 43esimo

 

  • Inverno +0.48 – 21esimo
  • Primavera +1.90 – seconda
  • Estate +2.48 – seconda
  • Autunno +0.30 – 50esimo

Se escludiamo gennaio e settembre, le temperature sono incrementate durante tutto l’anno meteorologico. Con picchi significativi a marzo, agosto e giugno. L’estate è risultata estremamente più calda, mentre gli aumenti minori si sono registrati in autunno.

Siccità in Italia, Isac-Cnr: “2017 anomalo”

Insomma, il climate change si fa sentire. Lo confermano le anomalie registrate sia nelle temperature che nelle precipitazioni. Un fatto confermato dalle dichiarazioni dei ricercatori di Isac-Cnr che così commentano i dati pubblicati:

«Dal punto di vista termometrico il 2017 ha fatto registrare, per l’Italia, un’anomalia di +1.3°C al di sopra della media del periodo di riferimento convenzionale 1971-2000, chiudendo come il quarto più caldo dal 1800 ad oggi, a pari merito agli anni 2001, 2007 e 2016. Più caldi del 2017 sono stati solo il 2003 (con un’anomalia di +1.36°C), il 2014 (+1.38°C rispetto alla media) e il 2015 che resta l’anno più caldo di sempre con i suoi +1.43°C al di sopra della media del periodo di riferimento».

Ancora peggiore risulta lo scenario sul fronte delle precipitazioni, che delinea il quadro della forte siccità in Italia:

«Più significativa è risultata l’anomalia pluviometrica del 2017, che verrà sicuramente ricordato per la pesante siccità che lo ha caratterizzato. A partire dal mese di dicembre del 2016 si sono susseguiti mesi quasi sempre in perdita: fatta eccezione per i mesi di gennaio, settembre e novembre, tutti gli altri hanno fatto registrare un segno negativo, quasi sempre con deficit di oltre il 30% e, in ben sei mesi, di oltre il 50%. A conti fatti, gli accumuli annuali a fine 2017 sono risultati essere di oltre il 30% inferiori alla media del periodo di riferimento 1971-2000, etichettando quest’anno come il più secco dal 1800 ad oggi. Per trovare un anno simile bisogna andare indietro al 1945, anche in quell’anno ci furono 9 mesi su 12 pesantemente sotto media, il deficit fu -29%, quindi leggermente inferiore”, conclude l’Isac-Cnr».

Export agroalimentare: il Made in Italy supera i 40 miliardi

Export agroalimentare: il Made in Italy supera i 40 miliardi

+ 16%: è questo il dato sulla crescita del valore aggiunto della filiera del food in Italia. Una crescita guidata sia dal consolidamento della ripresa dei consumi alimentari interni che dall’export agroalimentare.

Gli ultimi dati, infatti, parlano di un comparto in ottima salute, anche in questo 2017. Nei primi 9 mesi dell’anno, le vendite alimentari in Italia sono incrementate dell’1,1% rispetto al 2016. Le esportazioni fanno segnare un risultato positivo ancora più consistente.

Complessivamente, dal 2008, anno della crisi finanziaria globale, a oggi la filiera agroalimentare italiana ha visto appunto una crescita del 16%. Visti i risultati del manifatturiero – + 1% – e dell’economia italiana nel suo complesso – +2% –, si conferma ancora una volta centrale il ruolo del comparto food.

Ecco gli ultimi dati, con un focus sulle esportazioni.

Export agroalimentare: vola il Made in Italy

La fotografia è stata scattata da Nomisma Agrifood Monitor. Che certifica come l’export agroalimentare italiano crescerà, in questo 2017, di più del 6% rispetto all’anno precedente. In termini assoluti, le vendite all’estero dei prodotti food Made in Italy arriveranno a 40 miliardi di euro.

Sono i prodotti ‘classici’ dell’eccellenza italiana, ancora una volta, a spingere le esportazioni: vino, salumi e formaggi, infatti, chiuderanno l’anno con una crescita compresa tra il 7 e il 9% sulle vendite sui mercati stranieri.

A trainare la crescita ci sono soprattutto Russia e Cina, se consideriamo i mercati di destinazione. E più in generale i Paesi extra-Ue. Nel dettaglio, le nazioni guidate da Putin e XiJinping hanno acquistato più prodotti agroalimentari italiani, facendo registrare una crescita a doppia cifra, che arriverà a oltre il 20% rispetto al 2016. La forte crescita non deve però ingannare: in termini assoluti,Nord America e Paesi Ue rappresentano ancora i principali mercati di destinazione dell’export agroalimentare italiano. I Paesi extra-Ue, infatti, registrano ad oggi meno del 35% del totale delle esportazioni del comparto. In particolare Cina e Russia assommano a meno del 2% del totale.

Complessivamente, la filiera dell’agroalimentare italiano – dalla produzione agricola al dettaglio – vale oggi più di 130 miliardi di euro di valore aggiunto, il 9% del Pil nazionale. Sono 3,2 milioni gli occupati nel settore, il 13% del totale, per 1,3 milioni di imprese (il 25% delle aziende attive oggi iscritte alle Camere di Commercio).

A commentare i risultati del comparto, Denis Pantini, responsabile dell’Area agroalimentare di Nomisma:

«L’aumento dell’export, unito a un consolidamento della ripresa dei consumi alimentari sul mercato nazionale (+1,1% le vendite alimentari nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2016) prefigurano un 2017 all’insegna della crescita economica per le imprese della filiera agroalimentare».

Export agroalimentare italiano: le 4 regioni più forti (e un punto debole)

Sono 4 le regioni italiane che si accaparrano più del 60% dell’export agroalimentare. E sono tutte al nord: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte. La ragione del successo si spiega con la presenza di imprese più dimensionate, che operano grazie a infrastrutture maggiormente sviluppate. Le produzioni alimentari in queste 4 aree sono inoltre maggiormente “market oriented”. Il Sud resta invece al palo: oggi incide per meno del 20% sul totale delle esportazioni nel settore, malgrado le tante eccellenze.

«Un differenziale – spiegano da Nomisma – che rischia di allargarsi ulteriormente anche in quest’anno di trend favorevole ai nostri prodotti. Nel primo semestre 2017, infatti, mentre le regioni del Nord hanno messo a segno una crescita di oltre il 7% nelle vendite oltre frontiera, quelle del Mezzogiorno non sono riuscite a raggiungere il +2%».

I risultati dell’agroalimentare italiano sono risultati positivi malgrado un endemico punto debole: la frammentazione dell’offerta. Secondo il report, infatti, le imprese del settore con almeno 50 addetti sono appena il 2% del totale. Competitor diretti, come la Germania, vedono la quota salire invece al 10%.

Questo dato giustifica il fatto che l’export agroalimentare di prodotti italiani sia ancora indietro rispetto ai nostri ‘vicini’ europei: in Francia, il fatturato arriva a 59 miliardi di euro, mentre in Germania a 73 miliardi. Secondo l’indagine, infine, la propensione all’export delle aziende italiane nel comparto è ferma al 23%, contro il 33% delle imprese teutoniche.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3574

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-11-13/boom-dell-export-agroalimentare-oltre-40-mld-euro-2017-105021.shtml?uuid=AES20GAD

http://www.askanews.it/cronaca/2017/11/13/export-agroalimentare-italiano-oltre-i-40-miliardi-nel-2017-pn_20171113_00062/

Filiera del pomodoro e tracciabilità: il Mipaaf convoca tavolo di confronto

Filiera del pomodoro e tracciabilità: il Mipaaf convoca tavolo di confronto

L’8 novembre, al Palazzo dell’Agricoltura, si sono riuniti in presenza del Ministro Maurizio Martina i rappresentanti di organizzazioni agricole, sindacali, dell’industria, della grande distribuzione e i soggetti del terzo settore, per prendere parte al tavolo della filiera del pomodoro.

A renderlo noto lo stesso Ministero delle politiche agricole. Obiettivo dell’incontro, rilanciare un impegno comune sul fronte della trasparenza, della legalità e della tracciabilità del settore.

Filiera del pomodoro: trasparenza per difendere la credibilità

Come affermato dal Ministro Martina in una nota, il Tavolo della filiera del pomodoro è stato programmato per tutelare la credibilità dell’intero settore, una delle eccellenze più rappresentative del Made in Italy.

Tutti i rappresentanti della filiera sono stati convocati al fine di favorirne la sinergia e creare un percorso stabile di trasparenza e legalità:

«A questo scopo – ha affermato Martina – è stato creato un gruppo di lavoro ristretto che individui strumenti più efficaci per la totale tracciabilità dei prodotti in vista già della prossima campagna di raccolta. Nella stessa direzione va anche il decreto interministeriale che abbiamo firmato per introdurre in etichetta l’obbligo di indicazione dell’origine dei derivati del pomodoro. Su questo fronte continueremo il nostro pressing a Bruxelles affinché si arrivi a una scelta europea. Questo vuol dire garantire maggiori informazioni ai consumatori e rafforzare i rapporti tra chi produce e chi trasforma, nella massima trasparenza».

L’esigenza di una collaborazione tra i diversi attori della filiera è stata sottolineata anche da Maurizio Gardini, presidente di Alleanza delle Cooperative italiane:

«È necessario che tutti gli attori convergano verso un comune denominatore: valorizzazione e tutela del prodotto 100% Made in Italy e affermazione della legalità per il pieno rispetto della dignità di chi lavora. È una partita che si vince insieme, unendo le forze dai produttori ai sindacati dei lavoratori, per passare poi a chi trasforma e commercializza il prodotto».

Sono le parole dello stesso Gardini, a margine del Tavolo della filiera del pomodoro. Il compito delle Istituzioni, secondo il presidente di Alleanza delle Cooperative, è intensificare i controlli nelle campagne, colmando le lacune ancora presenti nel sistema.

FONTI:

https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11900

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/mondo_agricolo/2017/11/08/agricoltura-al-via-lavori-tavolo-su-filiera-del-pomodoro_55c33dc9-3a09-465f-9c13-c23b9ec99430.html

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41914/in-primo-piano/il-pomodoro-fa-quadrato-per-la-legalita

Biologico Puglia: in arrivo lo sblocco dei pagamenti Agea

Biologico Puglia: in arrivo lo sblocco dei pagamenti Agea

Arriverà a breve lo sblocco dei pagamenti Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) per il settore Biologico in Puglia: ne dà notizia Leonardo Di Gioia, assessore all’agricoltura della giunta regionale.

Dopo il via libera dell’impianto di ulivi nelle aree colpite da Xylella, arriva una nuova buona notizia per il settore agroalimentare locale.

I fondi sbloccati saranno pari a circa 80 milioni di euro e saranno attivati attraverso le misure 10 e 11 del PSR Puglia 2014-2020.

Biologico Puglia, l’assessore: “Presto sbloccati i fondi Agea”

L’annuncio dello sblocco dei fondi Agea arriva per bocca di Di Gioia, che in una nota ha dato notizia dell’esito positivo di un incontro con i vertici dell’Agenzia svoltosi lunedì 6 novembre:

«L’ente pagatore dei fondi a valere sul PSR – ha dichiarato l’assessore –alla presenza delle associazioni agricole di categoria pugliesi, ha assicurato l’imminente sblocco dei pagamenti relativi alle domande ammesse a finanziamento delle Misure a superficie del PSR Puglia 2014-2020 attivati nel corso della campagna 2016 (Misura 10 “Agricoltura integrata” e Misura 11 “Agricoltura biologica”)».

Di Gioia ha inoltre ricordato come la giunta avesse “già qualche mese fa”, fatto presente ad AGEA “gli oggettivi ritardi relativi alla definizione delle domande ammesse a finanziamento e nel pagamento dei premi spettanti”. L’assessorato evidenziava infatti “il basso tasso di pagamento al termine dei pagamenti automatizzati relativi alle domande a superficie per la Campagna 2016”. Veniva inoltre rappresentata una certa “difficoltà nell’attivazione della procedura istruttoria, necessaria al trattamento delle domande del tutto o in parte pagate”.

Con l’ultimo incontro, l’Agenzia ha “prospettato la necessità di incrementare tale tasso di pagamento, provvedendo a mettere in atto tutte le misure per correggere e superare le anomalie delle domande non liquidate”. La procedura sarà sbloccata dunque attraverso il SIN, società che gestisce e sviluppa il sistema informativo agricolo nazionale:

«Questo per consentire – conclude Di Gioia –ai nostri Uffici regionali e nel più breve tempo possibile l’adozione dei provvedimenti amministrativi di ammissibilità agli aiuti per la Campagna 2016, nonché, e sin da subito, anche all’erogazione degli anticipi relativi alla Campagna 2017».

Biologico Puglia: sul piatto 80 milioni

Andiamo a vedere, in concreto, le cifre. L’intervento di Di Gioia si riferisce all’annualità 2016 per i pagamenti sulle domande per le misure a superficie, inserite nel Psr Puglia 2014-2020. Agli agricoltori che hanno aderito ai bandi considerati, spettano:

  • 39 milioni per l’agricoltura integrata (Misura 10)
  • 41,6 milioni per il biologico (Misura 11)

Complessivamente, dunque, parliamo di liquidazioni pari a 80,6 milioni di euro.

Si tratta di stanziamenti importanti, che possono dare ulteriore impulso al biologico pugliese, già posizionato tra i primi attori a livello nazionale. La Puglia infatti registra la seconda maggiore superficie regionale, in Italia, coltivata con metodo biologico. Nel 2016, nel nostro Paese tale quota raggiungeva quasi gli 1,8 milioni di ettari, in rialzo rispetto all’anno precedente di circa 300mila ha.

Dopo la Sicilia, che ha 363mila ettari coltivati a bio, il biologico in Puglia raggiunge la seconda posizione, con 255mila ha.

FONTI:

http://www.agenparl.com/di-gioia-a-breve-sbloccati-pagamenti-agea-agricoltura-biologica/

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2017/11/07/puglia-agricoltura-integrata-e-bio-verso-lo-sblocco-dei-pagamenti/56295

http://www.suoloesalute.it/aziende-agricole-biologiche-boom-3-regioni-del-sud-italia/

Cimice asiatica: è invasione. In Piemonte catturati con le trappole 50mila esemplari

La Coldiretti lancia l’allarme. La cimice asiatica ha invaso il Nord Italia, arrecando danni ai raccolti dei frutteti. Ma le soluzioni esistono e il Piemonte ha attuato un progetto di lavoro per dare risposte e soluzioni concrete.

Cimice asiatica: il flagello che distrugge frutteti e orti

La cimice asiatica è un insetto infestante, altamente polifago. Appartenente alla famiglia dei Pentatonidae, è conosciuto con il nome scientifico di Halyomorpha Halys.

Proviene principalmente da Cina e Giappone. In Italia, il primo esemplare sembra sia stato ritrovato in provincia di Modena nel 2012.

Gli adulti hanno una caratteristica forma a scudo e una colorazione dal bruno al grigio, a tratti più scura nella parte superiore. La femmina deposita in media 250 uova, almeno due volte all’anno, e lo sviluppo degli esemplari adulti varia molto in base a temperatura e dieta.

La cimice asiatica causa gravi danni alla frutticoltura e all’agricoltura. L’elenco delle piante di cui si nutre è molto vasto: si parla di oltre 300 specie coltivate.

L’invasione in Italia

L’allarme lanciato da Coldiretti è chiaro: la cimice asiatica sta invadendo i campi settentrionali, con grosse perdite dei raccolti.

L’autunno particolarmente mite ha portato a una maggiore proliferazione dell’insetto che sta attaccando non solo i frutteti, ma anche le grandi coltivazioni di mais e soia del Nord Italia. Le regioni particolarmente colpite, quest’anno, sono state Friuli e Veneto. Riscontri della presenza dell’infestante sono stati trovati anche in altre zone dell’Italia, dalla Lombardia, all’Emilia, fino a toccare il Piemonte.

Si parla di oltre il 40% di perdite, nei raccolti di mele, pere e pesche nelle zone più colpite. Non solo. L’attacco della cimice causa un’impennata della percentuale di frutti deformi (in alcuni casi addirittura superiore al 50%). Questo genera a sua volta un forte deprezzamento del prodotto o la sua non commerciabilità.

La risposta del Piemonte all’invasione della cimice asiatica

Il Piemonte, unica regione in Italia, ha avviato un progetto coordinato, finalizzato a dare risposte concrete alle aziende interessate dall’invasione.

Secondo Coldiretti Torino, però, per combattere veramente la cimice asiatica è necessaria la collaborazione di tutti. Lo spiega Michele Mellano, direttore della sezione torinese:

«Occorre fare filiera, per attuare una corretta lotta integrata all’insetto, adottando metodi sostenibili, al fine di salvaguardare l’agricoltura del nostro territorio. Il primo passo è il monitoraggio del parassita. Sinora, con le trappole, sono già state catturate 50mila cimici asiatiche».

Il fatto che la cimice asiatica sia un insetto particolarmente prolifico, e che in Italia non ci siano antagonisti naturali, rende la lotta molto difficile. Gli esemplari adulti sono in grado di percorrere lunghe distanze in cerca di cibo.

FONTI:

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41592/mercati-e-imprese/piemonte-50mila-cimici-asiatiche-catturate-con-le-trappole

http://www.italiafruit.net/DettaglioNews/41517/mercati-e-imprese/coldiretti-invasione-di-cimici-asiatiche-nei-frutteti