Suolo e Salute

Category: Biologico (Mercato, Statistiche, Ricerca, Normativa, Estero)

Nuova partenship IFOAM – Bioc per il lancio della directory globale per la certificazione bio

Con l’obiettivo di ottimizzare i processi di certificazione e di aumentare la credibilità della certificazione a livello mondiale, IFOAM è entrato nella società Bioc che riunisce gli operatori certificati nel settore bio a livello mondiale. Questa nuova collaborazione permetterà l’adozione della certificazione Bioc per organismi di certificazione, produttori, commercianti, governi, e qualunque altra realtà impegnata a vario titolo nel settore del biologico, permettendo l’accesso ai dati e alle certificazioni in tempo reale. La piattaforma Bioc assicura che soltanto i certificati convalidati da organismi di certificazione vengano inclusi nel sistema, rendendo in questo modo di fatto impossibile la produzione di certificati fraudolenti.

Il nuovo sistema consentirà anche risparmiare tempo e denaro grazie alla maggiore efficienza dei certificati grazie alla facilità di monitoraggio dello stato di certificazione degli operatori e dei prodotti rilevanti per le loro operazioni.

I dati sono ovviamente protetti e la riservatezzaè garantita in ogni momento dal sistema. Il sistema Bioc ha già accesso a più di 60.000 certificati; è attualmente in programma l’espansione del sistema in modo tale da raggiungere una massa critica di adesioni tale da facilitarne l’adozione in tutto il mondo con tutti i vantaggi conseguenti in termini di praticità, efficienza e integrità del sistema stesso. IFOAM ha scelto di puntare con decisione su questo progetto certa del fatto che la strategia consentirà di arrecare molti benefici al movimento biologico mondiale e pertanto incoraggia tutti gli organismi di certificazione, i produttori, i commercianti, e i governi a partecipare. Ulteriori informazioni sono disponibili presso David Gould, IFOAM Value Chain Facilitator (d.gould[at]ifoam.org), o Rolf Mäder, Direttore Generale Bioc rolf.maeder[at]bioC.info.

Fonte: IFOAM

Nota di FederBio sul servizio di Report  dedicato al biologico

In una nota FederBio, Federazione Italiana Agricoltura Biologica e Biodinamica,  esprime la propria posizione in seguito alla puntata di Report del 14 dicembre 2014 intitolata “I biofurbi” e dedicata al mondo del biologico e della biocosmesi:  “i prodotti da agricoltura e da allevamento biologici, disponibili nei negozi specializzati, nella grande distribuzione organizzata e in altri canali di vendita diretta non hanno nulla a che vedere con i cosmetici bio. L’agricoltura biologica è normata a livello europeo attraverso il Regolamento n 834/2007 e successivi, il quale sottolinea: ‘La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale’.

Dunque la coltivazione biologica anche del riso non si limita solo a evitare l’impiego dei diserbati ma anche dei concimi chimici e dei pesticidi di sintesi, oltre a applicare una corretta pratica agronomica come la rotazione delle colture e la presenza di elementi naturali a tutela della biodiversità naturale. Nulla a che vedere quindi con la cosmesi biologica, per la quale invece manca una definizione “legale” (lo stesso vale anche per la cosmesi cosiddetta naturale). In questo specifico ambito esistono due standard privati internazionali, NaTrue, (www.natrue.org) , e CosmOS (www.cosmos-standard.org) che, nella citata assenza di un quadro normativo europeo, garantiscono l’assoluta conformità a standard collettivi precisi e riconosciuti a livello internazionale (diverso, ovviamente, è il caso di riferimenti a pretese caratteristiche “naturali” o addirittura “biologiche” senza il rifermento in etichetta al  controllo di organismi qualificati).

Non comprendiamo quindi per quale motivo i due argomenti siano stati accostati nella medesima trasmissione, con il rischio di dare allo spettatore un messaggio confuso e fuorviante anche se apprezziamo che anche la trasmissione Report si sia fatta parte attiva nel sollecitare l’adozione di una normativa almeno nazionale sulla cosmesi “biologica” e naturale. In generale il settore della produzione agroalimentare biologica (agricoltura, allevamento e trasformazione) è quello più controllato: ai controlli delle diverse Autorità pubbliche ogni anno vengono aggiunte migliaia di ispezioni e di analisi per la ricerca di prodotti chimici di sintesi non ammessi nel metodo di coltivazione bio, che hanno proprio l’obiettivo di portare alla luce eventuali casi da seguire o di criticità che vanno affrontate con il massimo rigore e trasparenza. Le analisi sono sempre più spesso effettuate in campagna nei periodi critici della coltivazione e sempre meno sul prodotto finito. Come ha bene evidenziato l’inchiesta di Report le analisi per la ricerca dei residui sui prodotti destinati al consumo non sempre consentono di identificare eventuali frodi.

I prodotti biologici continuano a essere quindi i più controllati e sicuri per i consumatori, la Federazione tuttavia conviene che è necessario non abbassare mai la guardia, specie ora che il mercato è in forte crescita e così i prezzi alla produzione. Quelli che la trasmissione ha definito i cosiddetti “bio furbi” devono essere denunciati, a tutela delle oltre 50.000 aziende bio italiane che lavorano onestamente e che nutrono un comparto vitale per l’agroalimentare italiano, l’unico che registra una crescita costante e importante dal 2005 ad oggi. Per questo FederBio si è dotata di un Codice Etico e di uno sportello per le segnalazioni (http://www.federbio.it/Segnalazioni_e_Reclami.php) e svolge da tempo un’attività specifica di indagine e di denuncia, oltre che di monitoraggio del sistema di certificazione e del mercato. Per questo ci siamo messi fin dal primo momento a disposizione anche della redazione di Report e siamo già impegnati a lavorare sulle incongruenze che sono state segnalate nell’inchiesta (ad esempio i dati sulle superfici e sulle rese per ettaro di superficie, evidentemente incongruenti).

In Italia ogni azienda bio riceve un controllo circa ogni 9 mesi (nel 2013 il rapporto visite effettuate sul numero totale di aziende è stato pari a 1,35 – elaborazione FederBio). La coltivazione biologica del riso è sicuramente molto impegnativa e richiede un lavoro più accurato anche per la presenza di aziende che non sono interamente convertite al bio. Sulla base delle elaborazioni di FederBio sui dati degli ultimi 5 anni (2010 – 2014) messi a disposizione dagli organismi di certificazione queste aziende sono state controllate in media 2,15 volte, valore quasi doppio rispetto alla media italiana delle aziende biologiche. Se è vero che le aziende risicole risultano mediamente più soggette a infrazioni rispetto alla media totale in Italia (4,74% contro il 3,92%) è altrettanto vero che ogni minima infrazione viene notificata alle Autorità pubbliche, per i loro adempimenti del caso e che alle aziende responsabili vengono comminate le sanzioni del ritiro della certificazione e dell’espulsione. Per quanto riguarda il controllo analitico emerge che nel quinquennio indicato il rapporto analisi di laboratorio/aziende controllato è doppio nel comparto riso rispetto al dato del bio italiano il 40,81% delle aziende risicole subiscono annualmente analisi, contro il 21,24% delle aziende bio in generale. Malgrado la maggiore pressione analitica le analisi sulle aziende risicole da cui risultano non conformità (dolose o accidentali quindi involontarie per contaminazioni da parte di aziende vicine che non adottano le misure necessarie a evitare la diffusione nell’ambiente  dei principi attivi ) sono mediamente più basse rispetto a quelle dell’intero settore, attestandosi al 7,23% contro 8,43%. Naturalmente gli esiti delle analisi conducono, quando sia accertata l’intenzionalità dell’uso di prodotti non consentiti, alla sospensione della certificazione o all’esclusione del produttore, secondo criteri e con sanzioni non decise dagli organismi di controllo, ma precisamente e dettagliatamente previsti dalla legge.

“FederBio è venuta a conoscenza della denuncia dei giovani agricoltori di Confagricoltura (ANGA) già da qualche settimana, purtroppo non direttamente e con notevole ritardo non certo per nostra indisponibilità al confronto. Abbiamo infatti immediatamente attivato una unità di crisi e riunito tutti gli organismi di certificazione per analizzare i dati reali della coltivazione e del controllo del riso bio in Italia e predisporre un piano d’azione per superare le criticità. – dichiara il Presidente di FederBio Paolo Carnemolla – Su questa base abbiamo incontrato la presidenza di ANGA e la dirigenza di Confagricoltura nazionali, condividendo i punti sui cui avviare alcune azioni comuni, a conferma che c’è una volontà condivisa di denunciare i “biofurbi” e tutelare i coltivatori di riso bio onesti, che sono la grande maggioranza. FederBio sta inoltre lavorando anche per attivare una piattaforma informatica per la tracciabilità delle produzioni e delle transazioni dei cereali bio, proprio per evitare quella confusione sui dati e sulle rese produttive che ha messo in evidenza l’inchiesta di Report.” conclude Carnemolla.

Fonte: FederBio

Berkley: nuove conferme sull’efficacia del bio

Nuove conferme circa l’efficacia del biologico anche da un punto di vista squisitamente produttivo. Il responso questa volta viene dalla prestigiosa università americana di Berkley, California, che ha condotto uno studio comparando un centinaio di ricerche dedicate all’agricoltura biologica e a quella convenzionale. Secondo i dati comparativi elaborati dai ricercatori americani, i raccolti bio sono più ricchi del previsto e, con alcuni accorgimenti, possono avvicinarsi quanto a resa anche alle coltivazioni convenzionali.

Obiettivo della ricerca quello di verificare la fondatezza dell’idea secondo la quale l’agricoltura biologica, benché sostenibile, non sarebbe in grado di fornire cibo sufficiente per lee esigenze della popolazione mondiale. “Un lavoro di questo tipo – ha dichiarato la professoressa Claire Kremen, co-direttrice del Berkeley Food Institute – è fondamentale” sia perché “il fabbisogno alimentare mondiale dovrebbe aumentare notevolmente nei prossimi 50 anni”, sia perché “la capacità dei fertilizzanti sintetici di aumentare la resa delle colture è in calo”.

Fonte: Agrapress

OGM, da FederBio cauto ottimismo

Parere positivo, ma al tempo stesso prudente, quello espresso dal presidente FederBio Paolo Carnemolla in merito alla questione OGM in discssione attualmente nell’agenda europea: “per ora non possiamo che commentare positivamente l’accordo di principio raggiunto tra consiglio, commissione e parlamento UE, che segue il netto pronunciamento della commissione ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento Europeo, che già aveva emendato l’accordo raggiunto dai ministri lo scorso giugno, reintroducendo il potere decisionale degli stati membri sull’autorizzazione all’uso di OGM nel proprio territorio”. Ma, sottolinea Carnemolla, “in ambito europeo nel passato non sono mancate retromarce dell’ultima ora, per cui, in materia di OGM è bene attendere l’emanazione dell’atto conclusivo”. “Attendiamo ora che il comitato dei rappresentanti permanenti presieduto dall’Italia confermi questa decisione di civiltà”, prosegue Carnemolla, che esprime al contempo grande apprezzamento “per la posizione netta dell’Italia sostenuta con determinazione dai ministri Martina e Galletti”. “Auspichiamo – conclude il presidente FederBio – che il governo saprà predisporre strumenti per valorizzare l’assenza di OGM dalle nostre filiere agroalimentari e la ricchezza della biodiversità della nostra campagna, che potranno apportare un contributo cruciale al rafforzamento del Made in Italy”.

Fonte: FederBio, Agrapress

Pubblicato il Reg. di esecuzione (UE) n.1287/2014 sull’ importazione di prodotti bio dai paesi terzi

È stato pubblicato il 5 dicembre u.s. sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento di esecuzione (UE) n. 1287/2014 della Commissione, del 28 novembre 2014, che modifica e rettifica il regolamento (CE) n. 1235/2008 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio in merito al regime di importazione di prodotti biologici dai paesi terzi. Tra le modifiche più significative apportate al Reg. n.1235/2008, vi è la proroga al 31 ottobre 2015 del termine per la presentazione da parte degli organismi e delle autorità di controllo della domanda di riconoscimento ai fini della conformità. L’attuazione delle disposizioni relative all’importazione dei prodotti conformi è infatti tuttora in fase di valutazione e i relativi strumenti ancora in via di elaborazione.

Il regolamento è entrato in vigore il 5 dicembre 2014.

Testo integrale del Reg. (UE) n. 1287 /2014 (documento pdf)

Fonte: UE, Sinab

A Bruxelles il convegno CIA sul biologico

Si è svolto ieri a Bruxelles il convegno “La riforma dell’agricoltura biologica nell’Ue”, organizzato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori presso il Comitato economico e sociale europeo, alla presenza di numerosi membri della Commissione e del Parlamento Ue, del presidente Cia Scanavino e di numerosi rappresentanti del mondo del biologico, a cominciare dal presidente FederBio Carnemolla. Un’occasione importante per fare il punto sulla situazione del settore e confrontarsi riguardo le misure di rafforzamento e innovazione possibili. Il biologico, come noto, è uno dei pochi settori che continua a crescere malgrado la crisi: crescono i fatturati (+6%), con un giro d’affari a livello europeo pari a 18 miliardi di euro l’anno. In Germania il mercato del “bio” supera i 7 miliardi di euro l’anno, seguito dalla Francia (4 miliardi) e dal Regno Unito (2 miliardi). Subito dopo l’Italia, con 1,9 miliardi di valore del mercato interno (3,1 comprendendo anche l’export). Crescono le superfici coltivate a biologico, anch’esse del 6%. E continua a crescere la richiesta di biologico da parte dei consumatori. Sia per motivi legati alla sicurezza e qualità alimentare, sia per una maggiore sensibilità rispetto ai temi della sostenibilità ambientale, di cui il biologico è indubbiamente una delle espressioni più compiute. Si rende pertanto necessario un adeguamento delle norme che regolano il settore, per poter consentire uno sviluppo armonico del comparto e per far fronte alle sfide future. In particolare, favorendo un processo di conversione delle aziende agricole convenzionali verso metodi colturali biologici, pur preservando la fiducia dei consumatori nei confronti del bio. Perché senza ombra di dubbio negli ultimi 10-15 anni il biologico si è trasformato “da movimento circoscritto, per lo più locale e poco organizzato, a fenomeno esteso e tendenzialmente di massa”, come si legge in un comunicato della Confederazione. “Proprio per questo, però, è fondamentale giungere al più presto a una nuova regolamentazione del settore, che elimini gli ostacoli alla produzione biologica ancora presenti nell’Ue. Secondo la Cia serve una normativa uniforme a livello europeo, che favorisca i consumatori ma che sia anche strumento più efficace di contrasto delle frodi. E’ necessario inoltre un processo di semplificazione degli adempimenti, snelliti di tutte le disposizioni poco utili e/o efficaci, e un sistema di controllo più efficiente e incisibo. Inoltre, è importante puntare ad un miglioramento delle performance ambientali del metodo produttivo, anche come risposta al problema sempre più pressante dei cambiamenti climatici in atto. Anche sulla riforma del bio proposta a livello europeo la Cia ha una posizione chiara: apprezzamento per una serie di novità introdotte dalla proposta (come la riduzione delle disposizioni, l’uniformità europea, le norme sulle importazioni e sull’etichettatura), critica su altri aspetti. Secondo la Cia ad esempio è fondamentale introdurre una soglia di “declassamento” da bio a convenzionale unica per tutta l’UE e superiore a quella attualmente in vigore in Italia (0,01 mg/kg), considerata dalla confederazione oggettivamente troppo bassa. In più, ad avviso della Cia, “è necessario tendere verso aziende che siano integralmente biologiche e non miste, ma prevedendo deroghe per situazioni eccezionali, specie per colture permanenti o per particolari allevamenti”. Chiara e netta resta l’opposizione all’uso di OGM, anche se a giudizio della Cia è necessario un sistema di deroghe dinamico in grado di consentire all’agricoltore di coltivare “ specie e varietà non ancora consolidate nella filiera sementiera biologica”.

Accordo con la Commissione circa l’obiettivo di ridurre i costi della certificazione per le piccole imprese, ma restano le perplessità riguardo le certificazioni di gruppo, che per la Cia sono possibili solo per quelle aziende associate a un’unica impresa di commercializzazione che vende a suo nome il prodotto conferito dai soci. Infine, secondo la Confederazione è importante una rapida approvazione del nuovo Regolamento Ue sul bio, assicurando però una fase ordinata e controllata di transizione verso la nuova normativa”. Chiudendo il convegno, il presidente Cia Scanavino ha dichiarato che “l’obiettivo strategico, che vorremo che con quest’iniziativa fosse condiviso, è quello di far crescere le dimensioni della base produttiva e imprenditoriale del biologico a livello nazionale e comunitario. Perché il bio, oggi, rappresenta una grande opportunità strategica per un’agricoltura che vuole rispondere alle attese dei consumatori, ma capace anche di interpretare le sfide del futuro che richiedono sempre di più un equilibrio tra produttività e sostenibilità”.

Fonte: CIA