Suolo e Salute

Category: Biologico (Mercato, Statistiche, Ricerca, Normativa, Estero)

E l’America si scopre bio

50 miliardi di dollari:  a tanto ammontano le vendite di cibo biologico negli Stati Uniti, stando alle stime fornite da Credit Suisse. Un dato che, se confermato da qui alla fine dell’anno, rappresenterebbe un boom senza procedenti, registrando l’aumento record del 65% rispetto al 2013. Una conferma ulteriore di questa tendenza proviene dall’Ota, l’Organic Trade Association, secondo la quale si è passati da 1 miliardo di dollari nel 1990 a 31,5 nel 2011. Sempre secondo l’Ota, 4 famiglie americane su 5 (l’81%, per l’esattezza) compra prodotti bio e metà di loro lo fa perché convinta della maggiore salubrità del cibo bio e perché ha a cuore la propria sicurezza alimentare. Altrettanto forti per il cliente americano (e non solo) le motivazioni ambientali: chi sceglie biologico sa di optare per una produzione maggiormente attenta all’ambiente. In sostanza una “scelta di campo” a 360° che premia gli operatori del settore perché in grado di fidelizzare in maniera più efficace il cliente rispetto ad altri settori: chi acquista prodotti biologici lo fa come scelta consapevole di tutela, rispetto e cura nei confronti di se stesso, del prossimo e dell’ambiente tutto. Elementi questi che hanno particolare presa in un paese in cui la lotta all’obesità è diventata sempre più serrata e continua, a partire dalle scelte e dalle azioni (dal forte valore simbolico) della First Lady Michelle Obama.

Su questo “substrato” hanno potuto attecchire realtà in grande sviluppo ed estremamente dinamiche come la catena bio Whole Foods, che dal lontano 1980, anno in cui aprì il primo negozio di prodotti biologici, oggi vanta ben 390 punti vendita in tutti gli States, con un fatturato di 14,2 miliardi di dollari per il 2014. Un trend che non è sfuggito alla GDO che presto ha adottato efficaci contromisure per rispondere a questo “assalto al mercato” dei prodotti biologici. Oggi, secondo le stime dell’USDA, il Dipartimento dell’agricoltura americano, ben 3 supermercati su 4 propongono prodotti biologici, spesso e volentieri con una propria linea di prodotti bio e con prezzi decisamente concorrenziali. In definitiva, il bio Made in USA è diventato un business ricco e interessante che ha scatenato una concorrenza di prezzi e offerte tra tutti i competitor, sia quelli (come Whole Foods) che hanno scelto la strada del biologico dalla prima ora, sia quelli che, con un pizzico di cinismo in più, hanno compreso che è questa la nuova frontiera del cibo di qualità

Fonte: smartwee.it

Un nuovo studio premia l’agricoltura biologica

E’ stato pubblicato recentemente sul British Journal of Nutrition   “Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses”, il più ampio e corposo studio comparativo mai realizzato per mettere a confronto agricoltura convenzionale e biologica e valutarne gli effetti sulla salute umana. Il lavoro è stato condotto da un team internazionale di esperti guidati dalla Newcastle University (Regno Unito). Il professor Leifert, docente dell’Università di Newcastle e coordinatore dello studio, commenta così i risultati del lavoro:  “Si tratta di un’importante contributo alle informazioni attualmente a disposizione dei consumatori, troppo spesso poco chiare e a volte addirittura contraddittorie”.

L’analisi dimostra univocamente che la qualità del cibo è fortemente influenzata dal modo in cui il cibo stesso viene prodotto. In particolare, vi è una sempre maggiore evidenza del fatto che i livelli più elevati di fertilizzanti chimici di sintesi,  e in particolare di azoto e di fertilizzanti a base di fosfati, vietati o fortemente limitati in agricoltura biologica, portano a concentrazioni decisamente più basse  di antiossidanti nelle colture convenzionali. Primo, importante punto a favore del biologico.

Secondo i dati della ricerca, infatti, le concentrazioni di antiossidanti (tra cui acidi fenolici, flavanoni, stilbeni, flavoni, flavonoli e antocianine) rispetto ai loro omologhi convenzionali variano dal 18% al 69% in più. Un’alimentazione a base di frutta, verdura e cereali bio è in grado in pratica di fornire antiossidanti supplementari equivalenti a una-due porzioni extra di frutta e verdura.

Inferiore, ma comunque significativa, anche la differenza nel contenuto di carotenoidi e vitamine: un cambio di dieta a favore di frutta, verdura e cereali biologici pertanto può portare all’assunzione del 20%-40% in più (e in alcuni casi fino al 60%) di antiossidanti senza alcun aumento delle calorie assunte. Una protezione naturale molto importante contro diverse malattie croniche, tra cui malattie cardiovascolari e neurodegenerative e alcuni tipi di cancro.

Ma altri elementi della ricerca portano ulteriormente dati a favore dell’agricoltura biologica: nello stesso studio infatti è emerso che i  livelli di metalli pesanti tossici nelle colture biologiche è nettamente inferiore rispetto a quelle convenzionali, in particolare nel caso del cadmio. È bene ricordare a questo proposito che il cadmio è uno dei soli tre contaminanti metallici tossici (insieme a piombo e mercurio) per i quali la Commissione europea ha fissato i livelli massimi ammissibili di contaminazione negli alimenti. A testimonianza di quanto sia significativo il dato relativo alle concentrazioni di questo elemento.

Come altri metalli pesanti, il cadmio viene accumulato dall’organismo se assunto con gli alimenti e alti livelli di questa sostanza possono comportare una maggiore esposizione alle malattie cardiovascolari e a determinati tumori. Per capirne gli effetti sulla salute umana, secondo i ricercatori, diminuendo della metà la percentuale di cadmio assunta dall’organismo (esattamente quanto avviene scegliendo alimenti bio anziché convenzionali), la mortalità subisce un calo netto del 20%. Il cadmio è presente in concentrazioni importanti anche in alimenti quali verdure, ortaggi e cereali e i suoi livelli possono cambiare in maniera significativa in dipendenza dal tipo di fertilizzanti e di concimi utilizzati. Nel caso dell’agricoltura biologica, il compost e il letame, normalmente  utilizzati come concime nelle colture, non presentano questo tipo di contaminazione e contribuiscono in maniera importante alla produzione di alimenti più sani degli omologhi convenzionali.

Discorso analogo per l’azoto, presente nei prodotti derivanti da agricoltura biologica con concentrazioni inferiori: il 10% in meno per quanto riguarda l’azoto totale, il 30% nel caso dei nitrati e ben l’87% in meno nel caso dei nitriti.

Nel merito è bene ricordare che le concentrazioni di nitrati e nitriti superiori nelle colture convenzionali sono legate all’uso di fertilizzanti azotati minerali, severamente vietati secondo gli standard dell’agricoltura biologica. E che le concentrazioni più elevate di nitriti riscontrate nelle colture convenzionali possono essere considerate nutrizionalmente indesiderabili, in quanto sono state descritte come potenziali fattori di rischio per il cancro dello stomaco e di altre patologie

Lo studio ha rilevato inoltre, come era lecito aspettarsi, che i residui  di pesticidi sono presenti con concentrazioni quattro volte superiore nelle colture convenzionali: anche se ulteriori studi sono necessari per chiarire i benefici per la salute di una ridotta esposizione ai pesticidi, qualsiasi riduzione può essere considerata indubbiamente desiderabile, soprattutto in considerazione del fatto che una percentuale significativa dei campioni di colture convenzionali analizzati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) hanno fatto riscontrare residui di antiparassitari superiori ai livelli consentiti. Ciò è avvenuto tra l’altro nel caso di spinaci, avena, pesche, arance, fragole, lattuga, uve da tavola e campioni di mele.

In conclusione, i risultati deòl lavoro dell’ateneo britannico  contraddicono in maniera chiara le conclusione cui era pervenuta nel 2009 la FSA, la Food Standards Agency inglese, che aveva commissionato uno studio secondo il quale non vi erano differenze apprezzabili o significativi benefici nutrizionali scegliendo alimenti biologici. Lo studio in questione infatti le proprie conclusioni solamente su 46 pubblicazioni mentre la meta-analisi di Newcastle si basa sui dati provenienti da 343 pubblicazioni per valutare in maniera approfondita le reali differenze  tra colture biologiche e convenzionali.

La ricerca è stata realizzata nell’ambito del progetto europeo QualityLowInputFood Sesto programma quadro e completata poi con il finanziamento del Sheepdrove. L’intero database generato e utilizzato per questa analisi è liberamente disponibile sul sito web dell’Università di Newcastle (a questo indirizzo V) a beneficio di altri ricercatori e di chiunque sia interessato ad approfondire l’argomento.

Fonte: University of Newcastle,  Organic Market

A Istanbul il 18° Convegno mondiale IFOAM sul biologico

Sarà Istanbul dal 13 al 15 ottobre prossimi ad ospitare il diciottesimo Organic World Congress, il Convegno Mondiale sul Biologico, organizzato da Ifoam. Un’occasione triennale per mettere a confronto e far dialogare tutti i principali protagonisti del mondo del bio in merito alle strategie di settore per i tre anni successivi e disegnare un percorso quanto più possibile efficace e condiviso. Claim di quest’anno “Costruire ponti biologici”, tema su cui sono chiamati a  confrontarsi oltre 2.500 delegati provenienti da tutto il mondo, che seguiranno tre filoni tematici principali. Il primo filone di discussione riguarderà le prospettive del settore biologico, particolarmente attuale in un momento storico come questo in cui tiene banco la prospettata riforma del bio europeo. Per quanto riguarda invece l’ambito scientifico, al centro del dibattito ci saranno i sistemi più attuali di produzione, trasformazione, ricerca e alimentazione umana, insieme ad aspetti riguardanti il commercio e la socio – economia. Particolare attenzione verrà posta al problema, ancora irrisolto, della grande distanza esistente tra parte ricca e povera del mondo, tra tecnologie vecchie e nuove e tra conoscenza e pratica scientifica. Il terzo filone del Congresso riguarderà invece lo scambio di esperienze e pratiche, proprio nell’ottica di “creare ponti biologici” tra gli interlocutori.

A corollario del Congresso una serie ricca di workshop ed eventi collaterali, comprese mostre, proiezioni di film, visite guidate e conferenze.  Si terrà inoltre un forum nazionale in cui diverse Ong si confronteranno su alcuni dei temi più caldi di questo anni: agricoltura, alimentazione, ambiente, biodiversità, conservazione della natura e lotta ai cambiamenti climatici.

Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito dell’OWC2014 all’indirizzo http://www.owc2014.org/

Fonte: Sinab, Ifoam

Dall’ICE un’importante opportunità per il biologico italiano sul mercato australiano

L’ICE, l’Istituto per il Commercio Estero, organizza in collaborazione con Federalimentare un programma di promozione finalizzato all’inserimento di prodotti private label presso la GDO australiano Woolworths. La fornitura selezionerà prodotti Select (di medio-alto livello), Gold (ovvero prodotti high tech, di nicchia e/o stagionali) e Free Form. In quest’ultima categoria rientrano prodotti biologici, insieme a prodotti gluten free e altre tipologie agroalimentari. Si tratta di un’opportunità di grande rilievo per il settore biologico italiano, anche in considerazione delle dimensioni di Woolworths che, insieme a Coles, incide per il 70% sul mercato del settore food australiano. Con un giro d’affari di 62 miliardi di dollari australiani, pari a circa 43 miliardi di euro, e 3.000 punti vendita distribuiti tra Australia e Nuova Zelanda, Woolworths è attualmente il quindicesimo gruppo al mondo, per dimensioni, nel settore della GDO. Ad oggi la catena importa prodotti confezionati per un valore annuo pari a 140 milioni di dollari australiani (circa 98 milioni di euro), per la maggior parte prodotti di marca: solamente l’1% del valore importato dall’estero attualmente interessa prodotti private label.

Per questi scopi, ICE invierà alle aziende italiane selezionate da Woolworths una comunicazione recante le informazioni principali per partecipare al business matching che prevede una presentazione aziendale del gruppo australiano e inconri B2B con le imprese selezionate. Il workshop si terrà presso la sede ICE di Milano (in Corso Magenta 59 presso il Palazzo delle Stelline) il 28 ottobre 2014. Per la selezione dei partecipanti è richiesta la compilazione on line entro il 6 ottobre prossimo di un modulo di registrazione aziende: sulla base di questi dati i responsabili Woolworths selezioneranno i prodotti ritenuti idonei per il successivo inserimento nelle proprie linee di private label. I settori interessanti sono quelli delle acque minerali e bibite analcoliche, degli oli e grassi vegetali e animali, delle paste alimentari e prodotti farinacei simili, del pesce conservato e prodotti a base di pesce, dei prodotti lattiero caseari e dei prodotti di pasticceria conservati.

Informazioni di dettaglio e la modulistica per partecipare alla selezione sono disponibili sul sito ICE all’indirizzo http://mefite.ice.it/Agenda/VisualizzaEvento.aspx?Idnotizia=14119

Fonte: Istituto di Commercio Estero

Cia Ferrara: contro la crisi l’agricoltura deve guardare al bio

Malgrado la crisi perdurante che sta duramente colpendo il settore agricolo, il bio come già accaduto in passato cresce in controtendenza: presso la Gdo infatti sono stati registrati consumi dei prodotti biologici nei primi 5 mesi del 2014 in crescita del 17% rispetto allo stesso periodo del 2013. Questo il punto della situazione secondo i dati Ismea e Consumer Survey di Nomisma, che sottolineano la costante progressione dei prodotti bio dal 2005 ad oggi. Se quindi assistiamo da un lato ad una netta contrazione dei consumi, con un calo dell’1,5% del paniere alimentare, specularmente gli italiani non rinunciano a comprare biologico: quasi sei famiglie su dieci infatti ha scelto di acquistare almeno un prodotto bio negli ultimi 12 mesi. Una situazione ripresa dalla Cia Ferrara, che indica proprio nel biologico uno degli strumenti più efficaci e interessanti in mano agli agricoltori. Ciò nonostante, spiega la Confederazione, “l’agricoltura biologica sembra non riuscire a “sfondare”, ci sono ancora resistenze e perplessità, anche se produrre in questo regime non è tecnicamente più complicato, ormai, del farlo in maniera tradizionale. Richiede, certo, un impegno diverso, in alcuni casi maggiore, ma non crediamo che sia questa diversità a frenare gli agricoltori verso il bio. Per cogliere l’opportunità di questa modalità di coltivare occorre, infatti, una vera e propria “riconversione dell’attenzione””. In buona sostanza quello auspicato dalla Cia è un cambio di approccio, una “rivoluzione” che richiede più che altro la capacità di avere un approccio nuovo, una visione di più ampio respiro: un cambio di paradigma culturale, in ultima analisi.

Un cambiamento che, peraltro, ha a disposizione molti strumenti finanziari, dato che sono disponibili 1,5 miliardi di euro che diventeranno ben 7 grazie al PSR. E buone marginalità, rispetto al convenzionale. Senza contare il grande contributo che una riconversione al bio potrebbe arrecare all’ambiente e al clima, come discusso in altri articoli pubblicati sull’argomento. Sempre la CIA di Ferrara riconosce che “ci sono ancora innumerevoli passi da fare a livello di sperimentazione per mettere a disposizione prodotti adeguati per i trattamenti colturali, in particolare per i seminativi dove la ricerca è ancora molto indietro. Ma riconvertire un’azienda in senso biologico, soprattutto se già si è in un regime di agricoltura integrata, è una delle soluzioni anti-crisi, una soluzione che si può tentare, soprattutto se l’alternativa è la chiusura dell’azienda agricola e la perdita graduale, ma inesorabile, del patrimonio rurale del nostro territorio”.

Come spesso succede, in natura e non solo, chi non si evolve è perduto. E il biologico, indubbiamente, costituisce un’arma in più di capitale importanza in questa fase critica dell’agricoltura italiana (e non solo).

Pubblicato il decreto sulle non conformità del biologico

E’ stato appena pubblicato il D.M.18096 del 26 settembre 2014 attraverso il quale l’Icqrf (l’Istituto Centrale Repressione Frodi) definisce tempi e modalità per gestire le non conformità riscontrate dagli Organismi di Controllo nel corso dei controlli effettuati sulle produzioni biologiche. Con il DM 18096 viene così data piena attuazione all’articolo 7 del Decreto 15962 del 20 dicembre 2013 [Disposizioni per l’adozione di un elenco di “non conformità” riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli Organismi di Controllo devono applicare agli operatori ai sensi del Reg. (CE) n. 889/2008 modificato da ultimo dal Regolamento di esecuzione (UE) n. 392/2013 della Commissione del 29 aprile 2013].

In particolare attraverso il decreto vengono stabiliti tempi e procedure valide per tutto il territorio nazionale cui devono attenersi gli Organismi di controllo nel corso delle attività di controllo sugli operatori del biologico. Un commento al decreto è arrivato dal viceministro Olivero, con delega alla tutela della qualità, alla repressione frodi e al biologico, secondo il quale “l’impegno del Ministero nei confronti dell’agricoltura biologica passa innanzitutto dalla definizione di regole certe e dall’accompagnamento delle imprese nel rispetto rigoroso della legge. Il biologico, che si fonda su un profondo rapporto fiduciario tra produttori e consumatori, può e deve crescere nella più assoluta trasparenza e sicurezza”.

Fonte: Mipaaf, Sinab, Greenplanet