Suolo e Salute

Category: Biologico

SUOLO E SALUTE AL BIOFACH 2021 IN VERSIONE DIGITALE

SUOLO E SALUTE AL BIOFACH 2021 IN VERSIONE DIGITALE

Si è chiuso, in versione digitale, la principale fiera del biologico internazionale, il BIOFACH. Una manifestazione che nel tempo si è accreditata come interprete e vetrina, a livello internazionale, di un mercato in continua crescita ed evoluzione. Il biologico negli anni è passato da settore di nicchia a driver di una nuova politica di sviluppo agricolo, coniugando la salvaguardia delle risorse naturali con la crescita socio-economica delle aree rurali, soprattutto quelle più svantaggiate. Un settore smart anche in questa fase di pandemia ha macinato consumi record: +6,5% prodotti bio al supermarket, +12,5% nei discount e un vero e proprio boom di vendite sui canali online (+150%)
Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute commenta: “Il Biofach di quest’anno lo ricorderemo come la più particolare delle edizioni, completamente in versione on line. Uno strano effetto per chi era abituato a vivere questa manifestazione anche come una grande festa collettiva del biologico mondiale che nonostante tutto è riuscita a captare l’interesse di oltre 1200 espositori da oltre 80 paesi, con decine di eventi e incontri di cui molti veramente attuali e interessanti. Da qui – continua Alessandro D’Elia – si capisce la resilienza del settore e la bravura di chi ci opera. Un applauso agli organizzatori che hanno dimostrato efficienza e realizzato il sogno di portare a compimento un’impresa non facile. In questo contesto non poteva mancare la presenza e il sostegno di Suolo e Salute.”
Il “BIOFACH / VIVANESS 2021 eSpecial” ha offerto format di discussione e dialogo tra aziende come tavole rotonde, nonché altri format per il networking con esperti del settore. Sofisticate funzioni di matchmaking, che hanno aiutato le parti interessate a trovare gli espositori giusti e viceversa, sono stati un’altra parte integrante del formato eSpecial. BIOFACH e VIVANESS 2021 ha offerto anche alla comunità che fa capo agli alimenti biologici ed ai cosmetici naturali e biologici un ampio accesso al trasferimento delle conoscenze grazie al Congresso BIOFACH e VIVANESS, sempre di portata internazionale. Il tema principale del congresso è stato:” Shaping Transformation. Stronger. Together – Plasmare la trasformazione. Più forti. Insieme”.

IL BIOLOGICO ITALIANO CHE PIACE ALLA CINA

IL BIOLOGICO ITALIANO CHE PIACE ALLA CINA

Che le eccellenze italiane siano apprezzate nel mondo non è una novità. Ma nel biologico, in particolare, l’attenzione per il made in Italy non era affatto scontata. Non solo a causa delle abitudini e degli stili di consumo tipici di ciascun Paese, ma anche per gli scogli burocratici e i requisiti in vigore tra i diversi Stati che impongono controlli severi alle frontiere del pianeta, talora più stringenti di quelli europei. Ita.Bio, ha messo in luce, nel webinar dal titolo “Internazionalizzazione del bio made in Italy: focus Cina”, come le prospettive dei prodotti “organic” siano molto promettenti per i mercati internazionali, quello cinese su tutti.  Un comparto, quello del bio, che ha registrato vendite in crescita del 233% tra il 2013 e il 2018, e che nell’Impero di Mezzo si rivolge in particolare ai consumatori cosiddetti “di prima fascia”, ovvero con una elevata capacità di acquisto, abitanti nelle grandi città: Pechino, Shanghai, Canton.

 

Un Paese dal ricco potenziale, la Cina, che con un valore di 8 miliardi di euro, vanta il quarto posto del globo per consumi bio, con 3 milioni di ettari dedicati a tali coltivazioni (+188% in 8 anni). Otto prodotti biologici su 100 venduti nel mondo sono inoltre destinati allo Stato asiatico, che con una rete di 230 ispettori certificati per il controllo Cofcc (China Organic Food Certification Centre, il principale organismo ministeriale di controllo e certificazione per il bio in Cina), assegna a 4323 prodotti il marchio cinese del biologico. Oltre sette milioni le etichette bio autorizzate dallo stesso Cofcc, la metà di quelle presenti nel Paese.

 

Qualità da vendere, dunque, quella dei prodotti alimentari italiani, ritenuti al top della classifica mondiale per il consumatore cinese, sia per quanto riguarda il food & beverage in generale (il 17% indica l’Italia e il Giappone quando pensa ad un paese produttore di eccellenze del settore) che per i prodotti a marchio bio (18%). È il risultato di una cultura crescente per la buona alimentazione e per la sicurezza a tavola, che fa rima con salute, artigianalità e rispetto per l’ambiente, e che ha portato all’Italia esportazioni bio nel mondo per un valore di 2,61 miliardi di euro nel 2020, al secondo posto dopo i 2,98 miliardi degli USA (dato 2018).

 

Un ventaglio di preferenze, quelle che la Cina esprime verso il segmento “organic” made in Italy, che potrebbe affondare, almeno in parte, le proprie radici nello scandalo del latte contaminato da melamina, sostanza chimica normalmente utilizzata per produrre materie plastiche, aggiunta al latte stesso per mantenerne il contenuto proteico artificialmente alto. Lo dimostrerebbero le ricerche effettuate proprio su alimenti lattiero-caseari, compreso il latte per l’infanzia, e il baby food in generale, tra le referenze più cliccate assieme a carne e derivati, pasta e prodotti da forno.

 

Sempre maggiore, inoltre, in Cina, la sensibilità per la spesa online: gli acquisti in rete sono passati dal 3,4% del 2014 all’8,3% del 2019, con una quota del 26% che acquista agroalimentare bio made in Italy. Ma i margini di crescita, rispetto all’Occidente, sono ancora praterie. Un cinese spende infatti non più di 5,5 euro, contro i 57 euro dell’Italia, i 125 euro degli Stati Uniti e i 312 euro a testa della Danimarca, per il proprio carrello di prodotti biologici.

 

Ma quali sono i principali canali di vendita del bio in Cina? I supermercati fanno la parte del leone, con una distribuzione di oltre otto prodotti su dieci. Ciò non toglie che “in alcune grandi città – spiega Giampaolo Bruno di Ice Cina e Mongolia – i prodotti biologici siano venduti anche attraverso la vendita diretta con la consegna a domicilio e i servizi di ristorazione. È presente anche il canale dei negozi specializzati, che offrono naturalmente una gamma più ampia di prodotti rispetto ai produttori con vendita propria”.

 

Grande la propensione all’acquisto del nostro bio per chi ha assaggiato un pezzo di Stivale visitando la penisola italiana. Per loro, l’interesse ai prodotti biologici del Belpase raddoppia, come sottolinea Evita Gandini di Nomisma: “Il 19% dei consumatori cinesi dichiara di aver acquistato almeno una volta nell’ultimo anno alimentari o bevande made in Italy a marchio bio. E tra i turisti che negli ultimi anni sono stati in Italia, la quota di bio-users raggiunge il 28%”.

 

Fonte: Agronotizie

EUROPA “BIO”: CRESCONO DEL 46% LE AREE COLTIVATE AD AGRICOLTURA BIOLOGICA DAL 2012

EUROPA “BIO”: CRESCONO DEL 46% LE AREE COLTIVATE AD AGRICOLTURA BIOLOGICA DAL 2012

Il bio europeo registra una crescita importante: aumentano le superfici dedicate all’agricoltura biologica, aumentate del 46% dal 2012 al 2019 secondo i recenti dati Eurostat, con una superficie agricola utilizzata (SAU) di 13,8 milioni di ettari, pari all’8,5% del totale. Se questa rappresenta dunque la media tra i Paesi dell’UE, non mancano tuttavia punte di diamante e comportamenti virtuosi tra gli Stati del nostro continente: oltre un ettaro su quattro (25,3%) è riservato a prodotti biologici in Austria, oltre uno su cinque (22,3%) in Estonia; seguono la Svezia, con il 20,4%, e l’Italia, “bio” per il 15,8% delle proprie aree coltivabili. Il buon esempio arriva anche da Repubblica Ceca (15,2%), Lettonia (14,8%) e Finlandia (13,5%).

Ampi spazi di miglioramento, invece, per le altre nazioni europee, che non vanno oltre l’asticella dell’11%. Tra gli ultimi della classe si segnalano Paesi Bassi (3,7%), Polonia (3,5%), Romania (2,9%), Bulgaria (2,3%), Irlanda (1,6%) e Malta (0,5%). Aumentano velocemente le superfici in Francia e Spagna.

Assai variegata la situazione nel Belpaese, dove l’emergenza Covid ha fatto registrare un vero boom del biologico nel nostro carrello della spesa. Oltre alle roccaforti dell’agricoltura bio (Sicilia, Calabria e Puglia), nuove regioni si affacciano al comparto con incrementi interessanti: è il caso di Marche, Veneto, Lazio e Umbria, che completano un trend positivo nazionale di lungo corso e riflettono preferenze di acquisto e di consumo bio ormai consolidate, per i prodotti freschi in primis.

Fonte: Suolo Salute

LEGGE SUL BIOLOGICO: PIU’ VICINA LA RICONOSCIBILITA’ DELLE PRODUZIONI ITALIANE

LEGGE SUL BIOLOGICO: PIU’ VICINA LA RICONOSCIBILITA’ DELLE PRODUZIONI ITALIANE

Finalmente l’ok della Commissione Agricoltura del Senato porta la legge sul biologico verso le Camere. Dopo due anni di stop sembra che siano in arrivo adeguati aggiornamenti normativi per il bio che cambieranno in positivo lo scenario del settore.

Tra le novità più importanti c’è la creazione di un marchio bio italiano che verrà riconosciuto a tutti i prodotti che saranno realizzati con materie prime coltivate o allevate nel nostro paese. Questo modo potrà garantire la massima trasparenza ai consumatori e un motivo di vanto per il nostro “made in Italy” nel mondo.

 

Viene rafforzata la filiera biologica attraverso la promozione e l’aggregazione tra produttori, attraverso ad esempio i bio-distretti. Inoltre il biologico potrà contare su un Tavolo Tecnico presso il MIPAAF che riunirà esperti del settore che possano individuare criticità e soluzioni.

Il mondo del biologico è un comparto in continua crescita che conta 2 milioni di ettari coltivati (15% della superficie agricola nazionale) e 80 mila operatori attivi «Ora il testo approda nell’Aula di Palazzo Madama per il voto conclusivo del Senato per poi ritornare alla Camera per la definitiva approvazione – dichiara il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate, che ha seguito l’iter in Senato per il Mipaaf – Siamo i primi al mondo a riconoscere per legge i bio-distretti dando così il giusto valore agli attori che operano nei tanti distretti biologici italiani e permetteremo lo sviluppo e la crescita di questi virtuosi sistemi produttivi locali. Il biologico è un comparto su cui il Governo crede fortemente, in linea con gli obiettivi della strategia Farm to Fork – conclude L’Abbate – come dimostra la recente emanazione del bando per la ricerca sul biologico, con uno stanziamento di 4,2 milioni di euro, nonché i 5 milioni di euro a regime a partire dal 2021 già previsti nella Legge di Bilancio 2020 per la promozione di filiere e distretti».

Fonte: terraevita

Foto di Gerald Friedrich da Pixabay

LE MARCHE, UNA REGIONE CHE AMA IL BIOLOGICO

LE MARCHE, UNA REGIONE CHE AMA IL BIOLOGICO

I dati ufficiali sul settore bio confermano la forte propensione della Regione Marche per le produzioni bio; di fatto possiamo definirla la culla dell’agricoltura biologica per le diverse realtà regionali che hanno operato sul territorio e che hanno avuto un ruolo pioneristico nello sviluppo e nella promozione del biologico, sia a livello nazionale che internazionale. Tra queste spiccano sicuramente Suolo e Salute, con i suoi oltre cinquant’anni di storia, che da decenni ha sede legale e amministrativa nelle Marche, Alce Nero fondata dal compianto Gino Girolomoni, la Cooperativa Campo e la Terra e il Cielo fondata nel 1980.

“Suolo e Salute è il primo organismo di controllo e certificazione del biologico in Italia. Nelle Marche, dove operiamo da tempo e dove abbiamo eletto il nostro quartier generale, certifichiamo oltre il 50% delle aziende biologiche – commenta Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute – ben oltre 2000 operatori bio su un totale regionale di circa 4000 aziende biologiche. Degli operatori da noi certificati più di 350 effettuano attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti bio del territorio. Il biologico italiano e in particolare delle Marche, per aumentare ancora di più la crescita, dovrà essere distintivo e legato al territorio per conferire unicità alle produzioni. In questo bisogno di riconoscibilità sarà di grande aiuto l’utilizzo in etichetta del logo del bio nazionale, che finalmente la politica sta sdoganando.”  La superficie bio regionale è di oltre 104 mila ettari, il 22% del totale con un’incidenza elevata rispetto al dato nazionale. Oltre alla crescita della produzione crescono anche i consumi; infatti, in Regione sono localizzati il 5% dei negozi alimentari biologici e il 7% dei ristoranti bio. Una realtà regionale che ama il biologico”.

Altra punta di diamante della Regione è la Biocosmesi. Infatti sono diversi i laboratori di produzione con un altissimo numero di prodotti certificati.

Di recente si è costituito anche il distretto biologico nella provincia di Pesaro-Urbino. Un territorio dove stanno incrementando notevolmente le aziende biologiche di cui diverse anche ad attività agrituristica. Come sottolinea la presidente del distretto Sara Tomassini: “il distretto biologico è uno strumento innovativo di organizzazione territoriale, volto sia ad incrementare il ruolo multifunzionale del settore primario, sia a migliorare le prestazioni agro-ambientali in chiave sostenibile. Superando il concetto di azienda biologica come unità produttiva isolata. I distretti rappresentano ‘luoghi’ di addensamento e di intreccio delle filiere agroalimentari biologiche, di valorizzazione delle tipicità locali e della qualità ambientale, di sperimentazione di politiche e strumenti efficaci di sviluppo economico e sociale.”

La costituzione del nuovo distretto biologico sarà lo strumento per partecipare ai bandi europei ed intercettare i finanziamenti del Psr 2021-2027 finalizzati all’incentivazione delle attività legate all’agricoltura biologica, alla ricettività di tipo agrituristico, alla trasformazione, valorizzazione, promozione e commercializzazione dei prodotti dell’enogastronomia locale. Sicuramente sarà uno strumento che potrà risultare determinante dal punto di vista economico e turistico per una vasta area che vuole imporsi sempre più per la qualità dei prodotti del territorio e per un turismo in zone che hanno tanto da raccontare.

 

Fonte: Suolo e Salute news

IL SUOLO “È UNA RISORSA NON RINNOVABILE” E PER QUESTO DOBBIAMO PRESERVARLO

IL SUOLO “È UNA RISORSA NON RINNOVABILE” E PER QUESTO DOBBIAMO PRESERVARLO

“Il suolo è una risorsa non rinnovabile che va tutelata in tutti i modi possibili. La concimazione organica con digestato è la strada giusta per avere un suolo fertile e resiliente; da un lato, si incrementa la sua dotazione di sostanza organica, dall’altro si combatte la crisi climatica grazie alla CO2 sottratta all’atmosfera e fissata in modo stabile nel suolo. Tutela e rispristino della qualità dei nostri terreni, contrasto ai cambiamenti climatici e produzioni agricole di qualità trovano nella fertilizzazione organica una soluzione dagli effetti positivi rilevanti e di facile applicazione”.

 

Questa dichiarazione di Piero Gattoni, Presidente del CIB, Consorzio Italiano Biogas, racchiude l’appena trascorsa Giornata Mondiale del Suolo. Proprio il fatto che il suolo “è una risorsa non rinnovabile” porta il ragionamento verso una prospettiva di valorizzazione e salvaguardia dei nostri terreni.

 

L’utilizzo del digestato, che ricordiamo è prodotto dalla digestione anaerobica di sottoprodotti effluenti zootecnici e colture di secondo raccolto, è uno strumento assolutamente utile per ridare respiro al suolo. Oltre all’apporto di fosforo, potassio e azoto cede al terreno anche importanti quote di carbonio organico. Questo concime permette al terreno di aumentare la sua fertilità, contrastando così il fenomeno della desertificazione che sta toccando in gran parte il nostro Sud Italia, che porta molti terreni coltivati ad avere una dotazione di sostanza organica inferiore all’1%.

 

Il digestato si sposa bene con l’agricoltura biologica, che da sempre tutela la biodiversità e preserva i terreni e la loro naturale fertilità.

A proposito di questo tema si è espressa Maria Grazia Mammuccini di Federbio:

“Il suolo è una risorsa preziosa. Qui si concentra il 90% della biodiversità del pianeta. Un terreno degradato riduce la sua capacità di mantenere e immagazzinare carbonio, contribuendo a innescare o potenziare minacce globali quali il cambiamento climatico. Uno dei valori fondamentali dell’agricoltura biologica è costituito proprio dalla protezione e dall’incremento della fertilità dei suoli che dipende anzitutto dal contenuto di sostanza organica e dalla sua qualità. Adottare le giuste pratiche agronomiche e garantire il costante reintegro di sostanza organica al terreno, in particolare nelle aziende e nei territori dove è venuto meno l’allevamento degli animali, rende molto interessante l’impiego del digestato “fatto bene”, mantenendo saldi i principi e le regole del biologico. Per questo il Protocollo d’intesa siglato con CIB nel 2018 è importante e ha già consentito di realizzare linee guida per la produzione di digestato conformi ai principi del bio. Adesso occorre che la collaborazione continui per mettere a punto anche ulteriori indicazioni pratiche per la corretta gestione agronomica nell’impiego del digestato attivando anche supporti di formazione e consulenza utili per gli agricoltori bio italiani”.

“Nel celebrare la Giornata Mondiale del Suolo vorrei ribadire che adottare un nuovo paradigma, per produrre di più con meno risorse, non è solo doveroso ma è possibile, come dimostrano le azioni concrete già intraprese dalle aziende del Biogasfattobene®- aggiunge Piero Gattoni – Per questo auspichiamo che anche il quadro normativo favorisca sempre più l’uso agronomico del digestato come fertilizzante organico completo, capace di sostituire quantità sempre crescenti di concimi di sintesi”.
Vi invitiamo a visitare il sito farmingforfuture.it nella sezione dedicata.

Fonte: energiaoltre.it

Foto di truthseeker08 da Pixabay