Suolo e Salute

Category: Certificazione Produzioni biologiche

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

QUANDO IL CANTO DI UNA RANA TI CAMBIA LA VITA: IL RITRATTO DI GIULIA MARIA CRESPI

Due settimane fa si è spenta all’età di 97 anni Giulia Maria Crespi, una pioniera nel mondo della biologico e della biodiversità.

Nata in una delle famiglie lombarde più importanti, ha avuto sin dall’infanzia una forte propensione verso la cultura e la scienza. Da bambina constatò che intorno alle risaie il gracidare delle rane s’interrompeva bruscamente ogni maggio; colpita da questo fenomeno iniziò a studiarne le cause.

Grazie ad un viaggio in Svizzera si avvicinò al metodo biologico e biodinamico, ai loro grandi pregi a livello ambientale e nutritivo e al fatto che queste tecniche di produzione avrebbero permesso un ritorno di biodiversità negli agroecosistemi e quindi, salvare anche le rane delle sue risaie. Nel 1974 iniziò la sua grande scommessa investendo sul biologico e sul biodinamico, e portò, in poco tempo, i suoi marchi ad avere il favore dei consumatori che iniziava a sensibilizzarsi sul tema.

La Crespi continuò la sua battaglia in modo trasversale, studiando e denunciando le tecniche agricole invasive e pericolose per l’ambiente. Fu tra le prime a sollevare il problema delle sementi geneticamente modificate e dei rischi che ne sarebbero scaturiti.
Una donna da una tempra fuori dal comune che ha sicuramente cambiato in meglio il modo d’intendere l’agricoltura e l’ambiente.

Il pensiero di Giulia Maria Crespi era affine e vicino allo spirito che, fin dal 1969, aveva animato l’Associazione Suolo e Salute, in particolare il suo fondatore, il prof. Francesco Garofalo. Cinquanta anni fa, infatti, esattamente il 31 marzo 1969, nasceva, la prima associazione italiana – col nome esplicativo di Suolo e Salute – impegnata nella divulgazione e nella promozione del metodo organico-minerale in agricoltura, dal quale il biologico ha tratto le sue origini.

Una vera è propria “cattedra ambulante” per diffondere tra gli agricoltori questo metodo di coltivazione che all’epoca, sembrava un’idea di visionari, almeno in Italia, e che oggi rappresenta non solo un metodo di coltivazione, regolamentato ed affermato, ma uno stile di vita ed un orientamento anche culturale per una larga parte di consumatori che riconoscono il biologico come “la giusta visione” che guarda alla sostenibilità ambientale e ad un’alternativa produttiva valida per le aziende agricole e le comunità rurali.

Per la vicinanza e nel fervido ricordo di Giulia Maria Crespi vi invitiamo a leggere un suo articolo riproposto da Repubblica in cui parla di questi argomenti, buona lettura: Quel silenzio delle rane sterminate dai pesticidi, da lì è iniziata la “rivoluzione” dell’agricoltura biologica

Foto di Frank Winkler da Pixabay

GLI ULIVI E L’AGRICOLTURA BIOLOGICA CONTRO L’INQUINAMENTO AMBIENTALE

GLI ULIVI E L’AGRICOLTURA BIOLOGICA CONTRO L’INQUINAMENTO AMBIENTALE

Ebbene si, per combattere il riscaldamento globale, l’ulivo e l’agricoltura biologica possono essere dei validi alleati.
Uno studio durato sette anni su delle coltivazioni d’olivo ha evidenziato che questa pianta riesce ad immagazzinare ben 6mila tonnellate di carbonio, che equivalgono a 22mila tonnellate di anidride carbonica.

I gas serra presenti nella nostra atmosfera sono di diversi tipi, e non tutti sono dannosi; dalla rivoluzione industriale, però, alcuni di questi gas dannosi sono sensibilmente aumentati, e inoltre si sono aggiunti numerosi elementi non presenti in natura (CFC, HFC, PFC etc..).

L’utilizzo dei combustibili fossili e il forte aumento degli allevamenti animali, sono tra le cause che hanno portato i gas serra dai 280ppm ai 415ppm. Gli scienziati sono convinti che quest’alterazione sia alla base dell’aumento della temperatura terrestre (1,2° in più nel 2019) che ha portato ai cambiamenti climatici in atto.
L’accordo di Parigi del 2015, che impegna tutti gli stati firmatari a mantenere l’aumento della temperatura sotto i 2° rispetto al periodo preindustriale, ha stilato varie ipotesi per raggiungere questo target:
• Diminuire l’utilizzo dei combustibili fossili
• Aumentare di pari passo l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili
• Miglioramento dell’efficienza produzione e consumo di energia (per ora in fase di sviluppo)
• Miglioramento degli ecosistemi e sfruttamento delle risorse naturali per la cattura dei gas serra
Proprio quest’ultimo punto, è per ora una delle strade più certe e facilmente percorribile. Basti pensare che, la creazione delle foreste, la lotta agli incendi, la conservazione della biodiversità e l’agricoltura biologica possono catturare fino a 14 miliardi di tonnellate di CO2.

L’agricoltura biologica include molte pratiche atte a salvaguardare l’agroecosistema e a sequestrare carbonio nel suolo, come: la rotazione delle colture, la riduzione e l’intensità delle lavorazioni meccaniche del terreno, l’uso del maggese e l’utilizzo di fertilizzanti organici.
E’ stato dimostrato il forte connubio della coltivazione dell’ulivo con la pratica dell’agricoltura biologica.
In generale, un miliardo e mezzo di piante di ulivo in 10 milioni di ettari rappresentano nel mondo un fantastico alleato contro il degrado ambientale. Una coltura presente in tutto il globo, con una presenza notevole nell’area del Mediterraneo (95% della produzione mondiale di olio di oliva). In Italia vengono coltivati 180 milioni di olivi su una superficie di 1,2 milioni di ettari, di cui 80% secondo il metodo convenzionale di produzione agricola e il 20% secondo il metodo (disciplinato da uno specifico Regolamento Ue) dell’agricoltura biologica.

Uno studio, durato sette anni, ha dimostrato che il terreno coltivato ad olivo riesce ad immagazzinare circa 6mila tonnellate di carbonio in più rispetto ad uno stock iniziale. Questa quantità equivale a 22mila tonnellate di anidride carbonica. Delle 6mila tonnellate di carbonio: 4mila provengono da colture convenzionali e 2mila da coltura biologica; questo significa che un 20% della superficie totale coltivata con metodi biologici contribuisce per circa il 33% del sequestro totale di carbonio. Pertanto il carbon sink della olivicoltura nazionale può aumentare in maniera significativa se, nei prossimi anni, avverrà una crescita delle coltivazioni biologiche, come richiede la strategia Ue per la biodiversità per il 2030 e la strategia Farm to Fork.

Fonte: https://www.vglobale.it/2020/06/23/ecco-come-il-biologico-aiuta-il-clima/

CLORATI NEI PRODOTTI BIOLOGICI: LA NOTA DEL MIPAAF

CLORATI NEI PRODOTTI BIOLOGICI: LA NOTA DEL MIPAAF

E’ stata predisposta una nota del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (nota n. 37766 del 6 luglio 2020) per chiarire l’applicazione del DM 309/2011 per quanto riguarda la contaminazione da clorati su prodotti biologici, in risposta alla pubblicazione del Reg. UE 020/749 che ha modificato parte del regolamento (allegato III del regolamento CE n. 396/2005 del Parlamento  e del Consiglio) in riferimento ai livelli di clorato in o su determinati prodotti.

 

fonte: http://www.sinab.it/bionovita/livelli-massimi-di-residui-di-clorati-nei-prodotti-biologici-una-nota-del-mipaaf

I NUMERI SUL VINO CRESCONO, MA STIAMO PERDENDO UN’OCCASIONE

I NUMERI SUL VINO CRESCONO, MA STIAMO PERDENDO UN’OCCASIONE

Il 26 giugno scorso si è tenuto il webinar organizzato da Suolo e Salute con il supporto di Edagricole e della Federazione Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali Sicilia.

Il tema era “Il vino biologico: tra scelta etica, tecniche di produzione e opportunità di mercato”, durante il webinar si sono alternati:

Alessandro D’Elia – Direttore Generale di Suolo e Salute

Paola Armato – Presidente Federazione Regionale Ordini Dottori Agronomi e Forestali della Sicilia

Mirko Pioli – Tecnico Enologo Laboratorio ISVEA

Salvatore Fiore – Agronomo

Maria Magagna – Coordinatrice Ufficio Approvazione Etichette di Suolo e Salute

 

Si è discusso di tecniche di produzione, di gestione, di etichettatura e prospettive di mercato per un comparto, quello del vino biologico, che – se sufficientemente supportato – potrà fungere da volano per le aziende vitivinicole italiane, soprattutto all’estero, in questa fase di rilancio post emergenza covid-19. 

A questo proposito vi rimandiamo all’articolo di Lorenzo Tosi (moderatore del webinar) che ha scritto per Terra e Vita per fare il punto post-evento. Link: https://terraevita.edagricole.it/biologico/vigneto-bio-una-chance-da-cogliere/

Grano e riso, origine in etichetta: dopo l’Italia, si muove anche l’Ue

I decreti del governo italiano sull’origine obbligatoria in etichetta per riso e grano per la pasta hanno scatenato ampio dibattito sul tema, a livello comunitario.

FoodDrinkEurope, associazione che rappresenta gli operatori dell’industria alimentare europea, ha dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti. Facendo poi appello alla Commissione Europea affinché agisca contro le nuove norme.

Una scossa che potrebbe portare l’Ue all’adozione di regolamenti simili. Ecco le ultime novità.

Origine obbligatoria: le proteste di FoodDrinkEurope

Secondo l’associazione, i decreti sull’origine obbligatoria metterebbero a rischio il mercato unico europeo. I provvedimenti, lo ricordiamo, sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale ad agosto e diventeranno definitivamente operativi a fine febbraio.

I due decreti riguardano le nuove regole per l’etichettatura del riso e della pasta, con particolare riferimento al grano utilizzato per produrla. Entrambi prevedono che siano indicati con chiarezza i Paesi di coltivazione, trasformazione e confezionamento dei prodotti.

L’intervento si era reso necessario a causa della crisi attraversata dai due settori, provocata presumibilmente dalle eccessive quantità di prodotto importate dai paesi extra-Ue a dazio zero. Non solo. Il governo italiano sottolinea come esista da tempo un regolamento UE sul tema, mai attuato. Si tratta del 1169/2011, che prevede appunto l’inserimento obbligatorio dell’origine in etichetta. Una norma disattesa: per l’applicazione si attendono ancora gli atti di esecuzione della Commissione Europea.

Ragioni che hanno spinto i ministri Maurizio Martina (agricoltura) e Carlo Calenda (Sviluppo Economico) a forzare la mano. I due decreti, approvati a maggio, infatti, attendevano ancora l’ok di Bruxelles, che sarebbe arrivato entro tre mesi dall’invio alle autorità europee. Timing che il governo italiano ha deciso di ignorare. Martina e Calenda hanno quindi firmato i provvedimenti, rendendo probabile una procedura d’infrazione europea nei confronti dell’Italia.

Tempi e modalità che non sono piaciuti a FoodDrkinkEurope:

«Al di là del fatto che sono state ignorate le procedure dell’Ue, [i decreti] avranno un effetto negativo sulla competitività del settore food, minando il funzionamento regolare del mercato unico e ostacolando il commercio internazionale e tra Paesi Ue», ha dichiarato un portavoce dell’associazione.

Origine in etichetta, Martina: “Pronti ad affrontare la Commissione”

Il ministro Martina ha rincarato la dose. I due decreti, dice, sono stati adottati per “spronare la Commissione a dare piena attuazione al regolamento Ue”:

«Siamo pronti ad affrontare la Commissione, come è già noto a Bruxelles. Ma, per essere chiari, è stata una scelta dell’Ue non procedere tempestivamente con la piena attuazione del regolamento 1169 sull’etichettatura. Per troppo tempo, Bruxelles ha evitato di scegliere su questo punto strategico. Rispettiamo le scelte europee e siamo pronti a dare il nostro contributo utile, ma non abbiamo intenzione di farci fermare ulteriormente».

Un atteggiamento che, pare, abbia in qualche modo spronato la Commissione Europea ad agire. Secondo un portavoce dell’istituzione, infatti, “le regole di implementazione saranno adottate dalla Commissione nella seconda metà del 2017”.

Sulla scelta dell’Italia di adottare i decreti, il portavoce di Bruxelles ha inoltre affermato:

«I servizi della Commissione stanno raccogliendo tutti i fatti e le informazioni rilevanti dalle autorità italiane riguardo l’adozione della legislazione nazionale».

Una volta acquisiti tutti gli elementi, le autorità europee decideranno “i prossimi step.

FONTI:

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=3440

https://www.euractiv.com/section/agriculture-food/news/food-industry-upset-with-rome-over-obligatory-labelling-of-origin-of-pasta-and-rice/

http://www.suoloesalute.it/pasta-riso-origine-obbligatoria-etichetta-ai-produttori-6-mesi-adeguarsi/