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MAGGIORE SLANCIO AL BIOLOGICO NAZIONALE: IL SENATO HA APPROVATO IL DDL

MAGGIORE SLANCIO AL BIOLOGICO NAZIONALE: IL SENATO HA APPROVATO IL DDL

Il 20 maggio 2021 il Senato ha approvato, con modifiche, il ddl n. 988, “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. Il testo torna in discussione alla Camera dei deputati.

Con questa approvazione, nonostante le tante polemiche, si apre finalmente un nuovo scenario per l’agricoltura biologica. Con 195 voti a favore, uno contrario e uno astenuto, il disegno è quindi ora al vaglio della Camera in attesa dell’approvazione definitiva.

Un riconoscimento legislativo a lungo atteso, che giunge in un momento cruciale: i dati infatti, confermano una trasformazione del settore nei numeri e nelle modalità di produzione. Negli ultimi dieci anni le superfici coltivate a bio registrano un aumento del 79% e le aziende biologiche un incremento del 69%. Nel solo anno 2020 il mercato biologico ha raggiunto i 6,9 miliardi di euro, per un cambiamento su scala nazionale, che reclamava da tempo l’urgenza di una messa a sistema dal punto di vista normativo.

Il testo approvato si compone di 21 articoli: tra le azioni in gioco vi è l’istituzione di un Tavolo tecnico per la produzione bio; l’introduzione di un Piano nazionale per le sementi biologiche; l’istituzione di un marchio del biologico italiano; la creazione di bio-distretti; l’adozione di un Piano nazionale a sostegno dello sviluppo del biologico italiano come metodo avanzato dell’approccio agroecologico.

Uno degli intenti è quello di pianificare e attuare gli obiettivi del Green Deal europeo e nelle strategie di Farm to Fork e Biodiversità.

Tra le ultime integrazioni effettuate nel testo che aspetta approvazione da parte della Camera, vi è la delega attraverso l’articolo 19 per emanare uno o più decreti legislativi e per “procedere a una revisione della normativa in materia di armonizzazione e razionalizzazione sui controlli”.

Uno sviluppo che sembra tracciare la possibilità di una vera e propria conversione al metodo biologico, a partire dall’attivazione di alcuni strumenti già noti ma mai legittimati nel loro funzionamento.

Commenta così Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute: “Questa agognata approvazione consentirà di aprire nuovi scenari per la crescita dell’agricoltura biologica italiana. Le nuove disposizioni saranno uno strumento validissimo per progettare il futuro del settore, per mantenere il passo con gli obiettivi europei del Green Deal e per aumentare la competitività delle nostre imprese bio. Le polemiche sterili e le critiche di questi giorni, indirizzate soprattutto all’agricoltura biodinamica, le lasciamo ai possessori dell’ampollina della scienza.

Fonte: Lifegate, Il Fatto quotidiano

IL MERCATO BIOLOGICO NEL MONDO: UNA PANORAMICA TRA I VARI PAESI

IL MERCATO BIOLOGICO NEL MONDO: UNA PANORAMICA TRA I VARI PAESI

L’ampiezza delle superfici coltivate a bio nel mondo va espandendosi a vista d’occhio. Si stima che dal 2009 al 2019 siano aumentate del 102%, con una domanda dei prodotti direttamente proporzionale all’incremento delle aree coltivate, corrispondente in termini economici ai 100 miliardi di euro circa.

Poiché in Italia il settore è in forte sviluppo per le realtà imprenditoriali è stata creata ITABIO, una piattaforma a supporto dello sviluppo strategico del biologico italiano sui mercati internazionali.

Dai dati presentati attraverso ITABIO, in testa alla classifica dei 10 paesi con la spesa pro-capite bio più alta, c’è la Danimarca, con ben 344 euro a persona investiti in prodotti di tipo biologico. È seguita dalla Svizzera, dal Lussemburgo (265 euro), dall’Austria e dalla Svezia (215 euro). Gli Stati Uniti sono all’ottavo posto e l’Italia non rientra nei primi 10, conta però una spesa pro-capite di 60 euro a persona, cresciuta notevolmente negli ultimi dieci anni.

Da un altro estratto della piattaforma, tra i maggiori paesi acquirenti di prodotti alimentari biologici, risultano esserci gli Stati Uniti con una quota di 45 miliardi di euro. Di seguito Germania e Francia con 12 e 11 miliardi di euro, subito dopo la Cina e a seguire l’Italia con circa 4 miliardi di euro.

Se analizziamo da vicino il caso della Germania, quasi un consumatore su due afferma di acquistare abitualmente prodotto bio. L’acquirente tedesco medio, consuma in genere frutta, verdura e uova al 66% (dato relativo al 2019); patate (56%); prodotti lattiero caseari (51%); pane e carne (41%). L’acquisto viene effettuato nella maggior parte dei casi (88%) al supermercato, in misura meno frequente al mercato (61%).

La nazione compare al secondo posto per import agroalimentare e al settimo per spesa pro-capite di prodotti biologici. Inoltre, dal punto di vista strategico, rappresenta uno dei mercati più interessanti per quanto riguarda il bio Made in Italy.

Un altro caso europeo meritevole di interesse è quello della Francia: al terzo posto nella graduatoria dell’import agroalimentare, subito dietro la Germania per spesa pro-capite (triplicata dal 2010).

Tra i prodotti più acquistati dai francesi vi sono frutta e legumi (80%); latticini e derivati (71%); uova (65%); olio, pasta e riso (52%) e bevande, acquistati prevalentemente nei supermercati.

Se ci spostiamo oltre l’Europa e rivolgiamo per un attimo l’attenzione alle due grandi potenze mondiali Stati Uniti e Cina, ci accorgiamo essere entrambe mercati trainanti per quanto riguarda il bio Made in Italy.

Ammonta infatti a 5 miliardi di euro la stima di importazione del Food and Beverage italiani negli Stati Uniti nel 2020 e rappresentano per l’Italia, il secondo mercato di destinazione dell’agroalimentare.

Per quanto riguarda la Cina, tra il 2015 e il 2019, il settore biologico ha riscontrato un incremento delle vendite del 70% in più, di cui l’8% realizzato a livello mondiale.

Fonte: Agricultura

FILIERA BIO: LE CATENE DEL VALORE DEL VINO E DELLA PASTA SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO, ALL’INTERNO DI DUE ELABORATI

FILIERA BIO: LE CATENE DEL VALORE DEL VINO E DELLA PASTA SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO, ALL’INTERNO DI DUE ELABORATI

Nell’ambito del progetto “FiBio 2019/2020Le filiere biologiche: progetto per l’analisi della distribuzione del valore, lo studio della certificazione di gruppo, la formazione e la tracciabilità”, sono stati pubblicati due report che analizzano i risultati emersi da un lavoro di approfondimento sulla filiera biologica della pasta di grano duro e su quella vitivinicola.

Il lavoro troverà conclusione nel 2022 ed è finanziato dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (Mipaaf) e coordinato dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) in partnership con il CIHEAM Bari.

Il progetto si concentra sull’analisi di alcune tra le principali filiere biologiche, caratterizzate da un mercato in crescita a livello globale ed oramai perno centrale della crescita economica sostenibile e innovativa, in grado allo stesso tempo di rispondere ai bisogni alimentari, calorici e di rigenerare il suolo e le acque.

Ai fini di questi elaborati, è stata analizzata la distribuzione dei costi e dei ricavi sostenuti da ogni singolo attore lungo la filiera, con l’obiettivo di ricostruire la formazione del valore e di individuare le fasi di maggiore vulnerabilità economica.

Per quanto riguarda l’Analisi della catena del valore del vino Bio, l’indagine è stata sottoposta a 21 aziende campione e ha messo in evidenza come, la fase agricola, sia l’anello debole, soprattutto all’interno delle realtà minori.

Al fine di contrastare queste difficoltà, i piccoli viticoltori, dovranno ricorrere alle innovazioni tecnologiche proposte dal mercato.

Per realizzare l’Analisi della catena del valore della pasta Bio invece, sono state effettuate 28 interviste a un campione rappresentativo di aziende biologiche distribuite su tutto il territorio italiano.

Lo studio ha individuato come obiettivo per le imprese, la valorizzazione del prodotto sullo scaffale senza dover rincorrere il prezzo più basso, al fine di restituire valore all’origine della materia prima.

Fonte: Sinab

CONVERSIONE ECOLOGICA: L’IMPATTO DEL PACKAGING SOSTENIBILE

CONVERSIONE ECOLOGICA: L’IMPATTO DEL PACKAGING SOSTENIBILE

Tra le scelte che le aziende produttrici di beni stanno affrontando, vi è senz’altro quella riguardante i rivestimenti di protezione dei loro prodotti, ovvero gli imballaggi.

Questo cambio di paradigma nasce dall’accentuarsi di minacce come il cambiamento climatico, l’inquinamento da plastica e lo smaltimento rifiuti, che non solo ha destato la sensibilità di consumatori e industrie, ma ha generato una vera e propria conversione ecologica, tale da condizionare nelle imprese, le scelte legate al packaging dei prodotti e favorire un direzionamento verso quelli ecologici o riciclabili.

Se dal punto di vista pratico, l’imballaggio è l’involucro che protegge e riveste il prodotto fino al suo utilizzo, dal punto di vista estetico questo è un’arma di marketing convincente nell’orientare il consumatore nella sua scelta.

Una nuova frontiera si è aperta: quella del packaging sostenibile. Un imballaggio composto da materie prime riciclate, minimale nel processo di produzione che comporta e in grado, attraverso il suo riutilizzo, di attivare un’economia di tipo circolare.

Ad oggi questo tipo di imballaggi è ancora poco diffuso, il 60% dei prodotti infatti, non presenta alcun riferimento rispetto al riutilizzo delle confezioni. Tuttavia è una direzione che si sta facendo spazio e che vedrà materiali di origine vegetale sempre più diffusi, con la possibilità di essere interamente riciclabili.

Sin Life in collaborazione con l’Osservatorio Packaging del largo consumo di Nomisma, ha rilevato all’interno di una ricerca conseguita, che la sostenibilità nei prodotti confezionati vale 6,5 miliardi di euro e che il rispetto per l’ambiente da parte di un’impresa, risulta essere un valore aggiunto a favore dell’acquisto, per il 36% degli italiani.

Secondo questo studio: nel 2019 solo il 21,5% delle aziende ha previsto di investire in tecnologie di tipo sostenibile, anche se il 13% ha investito in sistemi di economia circolare e il 56% delle imprese ha adottato comportamenti per ridurre l’impatto ambientale. Sempre nel 2019 l’utilizzo di imballaggi compostabili è arrivato a 101.000 tonnellate, comparate alle 39.250 dell’anno 2012.

Nell’anno 2020: gli italiani hanno investito in prodotti bio circa 3,3 miliardi di euro per un aumento del 4,4% rispetto all’anno precedente.

L’approccio verso una conversione ecologica si identifica sempre più come un perno centrale determinante nel mondo degli affari.

Una ricerca condotta da Nielsen rileva che il 48% dei consumatori è disposto a modificare le proprio abitudini di consumo al fine di produrre un impatto positivo sull’ambiente. E che le vendite di prodotti sostenibili negli Stati Uniti sono aumentate quasi del 20%, con un trand in costante ascesa.

Investire sull’utilizzo di packaging sostenibili e sulla stessa produzione di prodotti biologici, risulta ad oggi, la chiave di volta e successo per le imprese e l’ambiente che le circonda.

Fonte: B/Open Trade

PAP: PROROGATO IL TERMINE DI PRESENTAZIONE AL 15 GIUGNO 2021

PAP: PROROGATO IL TERMINE DI PRESENTAZIONE AL 15 GIUGNO 2021

È stato prorogato dal 15 maggio al 15 giugno 2021 il termine di presentazione dei PAP – i Programmi annuali di produzione vegetale, zootecnica, d’acquacoltura, delle preparazioni e delle importazioni con metodo biologico.

A stabilirlo è il Decreto ministeriale n. 42241/2021, con nota del Mipaaf n.221647 del 13 maggio 2021.

Con questo Decreto (42241), il Ministero delle Politiche Alimentari e Forestali (MIPAAF), modifica e determina la proroga di quanto è in origine contenuto nell’art.2 del D.M. n.18321, che reca: “Disposizioni per la presentazione informatizzata dei programmi annuali [. . .] e per la gestione informatizzata del documento giustificativo e del certificato di conformità ai sensi del Reg. (CE) n.834 del Consiglio del 28 giugno 2017 e successive modifiche e integrazioni.”

Una decisione, questa di prorogare, determinata anche dalla presa d’atto delle richieste formulate dal mondo associativo e delle Amministrazioni regionali, relative a problematiche di tipo tecnico, ancora in campo.

Problematiche come l’adozione del fascicolo aziendale in modalità grafica da parte dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA), che ha comportato il riposizionamento dei limiti catastali e la conseguente ridefinizione della consistenza territoriale per ciascuna azienda agricola.

Tale nuova consistenza territoriale potrebbe tra l’altro determinare il rischio di disallineamenti con i dati presenti nella notifica di attività biologica, e impedire pertanto l’inserimento delle informazioni previsionali contenute nei PAP nel Sistema Informativo Biologico (SIB).

Per queste ragioni, risulta necessario prorogare di un mese il termine di presentazione, al 15 giungo 2021.

 

Fonte: Riso italiano

PRODUZIONE BIOLOGICA: L’IMPORTANZA DEL “LOCALLY GROWN”

PRODUZIONE BIOLOGICA: L’IMPORTANZA DEL “LOCALLY GROWN”

Esistono elementi che fanno la differenza sulla qualità percepita rispetto a un prodotto e su quella che può essere l’intenzione al suo acquisto.

È il caso dei prodotti biologici, ormai sottoposti a un’attenta selezione da parte dei consumatori, sempre più informati ed esperti nell’approccio alla spesa, tanto da stimolare gli attori della filiera del biologico al rispetto e alla considerazione dei “loro” criteri d’acquisto; criteri che si identificano in importanti standard etici.

È l’opportunità per chi lavora nel comparto, di dedicarsi alla ricerca di nuove forme che differenzino il prodotto, attraverso alcuni attributi messi in luce dal consumatore.

Tra gli attributi che spiccano per valore vi sono quelli cosiddetti “credence”, come: l’origine, la produzione biologica e la provenienza “locally grown”, legata alla coltivazione locale e al rispetto ambientale commisurato.

Un ostacolo importante per la riconoscibilità dei prodotti, è spesso legato all’assenza di informazioni che ne raccontino le caratteristiche e il luogo d’origine. Ostacolo concreto, connesso alla pratica di consumo etico.

Diventa quindi strategico per le aziende, investire su una comunicazione efficace in merito alla qualità del prodotto, al fine di renderlo accessibile al consumatore anche nella sicurezza e nella comunicazione delle sue materie prime.

Lo spazio per raccontarlo, diventa quindi elemento centrale da difendere e  tutelare. La marca acquista valore simbolico, divenendo rappresentante iconico dei valori alla base del prodotto.

All’interno del brand convergono, infatti, i fattori culturali e sociali del territorio di provenienza del prodotto. Caratteristiche che le imprese riconoscono come valore aggiunto da sviluppare e sul quale investire.

Il rapporto collaborativo che si genera tra le imprese parte del territorio e il sistema-territorio, viene sintetizzato e raccontato attraverso la marca del prodotto; trovando così una via propria sul mercato. All’interno del quale il territorio d’origine è l’elemento distintivo, fulcro di valori e simboli.

Tra gli attributi sopraelencati definiti “credence” del prodotto biologico, vede tra i suoi elementi correlati: l’etica, la sicurezza, gli aspetti di tipo nutrizionale, la gestione del territorio, la preoccupazione per la salute e per l’ambiente.

Studi effettuati, rilevano tra le ragioni etiche di preferenza del prodotto biologico, aspetti che riguardano il fronte sociale e territoriale, come: il supporto di aziende agricole di piccole dimensioni o a conduzione familiare, aziende locali che seppur non potenti economicamente sono però in grado di apportare benefici per l’ambiente e la salute umana.

Il “locally grown”, l’adozione delle pratiche agricole tradizionali, la coltivazione di varietà vegetali specifiche del luogo che aiutino a promuovere la cultura culinaria locale, le buone condizioni lavorative, il supporto offerto alle famiglie che lavorano, prezzi che tutelino il lavoro degli agricoltori, sono tutte ragioni etiche che determinano la scelta del consumatore verso prodotti di tipo biologico.

Il 10 e 11 giugno 2021 presso l’Università di Palermo, nell’ambito del convegno Sinergie-Sima 2021, sarà approfondito il tema del “locally grown”, nell’impatto che il territorio d’origine esercita sulla qualità percepita del prodotto alimentare biologico, a partire dal caso dell’azienda Fileni.

 

 

Fonte: Mark up