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Prospettive agricole dell’UE 2019-2030

Prospettive agricole dell’UE 2019-2030

La Commissione UE ha pubblicato il report che offre una prospettiva per i principali mercati agricoli analizzando lo scenario che attenderà il settore fino al 2030.

Il report fa affidamento a una serie d’ipotesi macroeconomiche ed è basato sulle informazioni ricevute alla fine di settembre 2019 per la produzione agricola e su un modello agro-economico utilizzato dalla Commissione Europea. Nel documento è analizzato anche il comparto biologico.

Consulta il report

Fonte: http://www.sinab.it/bionovita/prospettive-agricole-dellue-2019-2030-la-pubblicazione-della-commissione-ue

Agenda 2020: le priorità per l’agricoltura secondo Legambiente

Agenda 2020: le priorità per l’agricoltura secondo Legambiente

È necessario prendere atto che, stando ai recenti dati diffusi dall’Eea (Agenzia Europea per l’Ambiente), l’agricoltura dell’Europa del sud e dunque anche dell’Italia sarà presto e ancor più di oggi messa in ginocchio dalla crisi climatica”, esordisce Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente.

“Senza alcun dubbio, si tratta di un allarme che deve vedere tutti in prima linea e che deve essere affrontato e gestito ponendo al centro del dibattito le modalità attraverso cui salvaguardare la produzione primaria e mettere definitivamente da parte l’agricoltura intensiva e industriale, tra le principali cause dell’attuale crisi. In quest’ottica, è necessario incentivare significativamente politiche agricole sia a livello nazionale che europeo attraverso le quali consentire alle aziende di difendersi di più e meglio dai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di CO2 del comparto di riferimento. La proposta è quella di creare un meccanismo premiante che dovrà servire per dare un nuovo impulso alla drastica riduzione dell’utilizzo di pesticidi e molecole pericolose di sintesi, dannosi per la conservazione della biodiversità, per il ruolo prezioso delle api e degli insetti pronubi e per la salute umana. Dalle nuove politiche agricole e dalla PAC in particolare, inoltre, dovrà passare anche il rafforzamento delle pratiche agricole sostenibili, dell’innalzamento significativo dell’asticella attraverso la drastica riduzione della chimica per l’agricoltura integrata e dell’agricoltura biologica come vero e proprio apripista dell’intero settore. Per comprendere l’importanza dell’attivazione di questi percorsi è sufficiente far parlare i dati: il tasso di assorbimento della CO2 dei suoli nell’agricoltura convenzionale è pari all’1%, in quelli bio sale al 3,5%. A fronte di ciò, l’agroecologia mette al bando con determinazione sostanze di sintesi, evitando inoltre l’inutile consumo di combustibili fossili e diminuendo le emissioni climalteranti. Ciò vuol dire che l’agroecologia non solo ci consentirà di fronteggiare la crisi del settore agricolo ma rappresenta anche un valido alleato nel rallentamento delle conseguenze della crisi climatica. Alla luce di questo ragionamento, appare irrimandabile l’apertura di un tavolo permanente ad ogni livello proprio sull’agroecologia circolare attraverso il quale giungere ad una vera e propria ridefinizione dell’intero settore sia per quanto riguarda il sistema Paese che nei singoli territori».

  1. Puntare sui biodisidtretti agroalimentari in chiave eco-sostenibile: questo permetterà di avere un rilancio economico green e un nuovo modo di fare agricoltura sostenibile.
  2. Usare innovazione e sperimentazione all’avanguardia in modo da ridurre gli imput chimici e sprechi energetici ed idrici;
  3. Individuare strategie per sostenere l’agricoltura e garantire lo sviluppo dei territori, abbattendo, così, il fenomeno dell’abbandono delle aree coltivate;

“Ridurre l’uso di sostanze inquinanti e dannose e contrastare con forza agricoltura e zootecnia intensiva, eliminando gli incentivi a pioggia, combattere le sacche di illegalità purtroppo ancora presenti nel comparto agricolo, sostenere le iniziative volte al contrasto del caporalato, incentivare con convinzione innovazione e ricerca in chiave sostenibile, aiutare gli agricoltori che guardano all’agroecologia con convinzione attraverso meccanismi premianti: sono queste in sintesi le priorità dell’agenda 2020 di Legambiente”, conclude Gentili.

Fonte: http://www.greenreport.it/news/agricoltura/lagricoltura-nel-2020-ridurre-luso-di-sostanze-inquinanti-e-dannose-favorire-agroecologia-e-biologico-no-incentivi-a-pioggia/

UE: il biologico può tagliare del 7% le emissioni

UE: il biologico può tagliare del 7% le emissioni

Il settore agricolo e alimentare incide come impatto ambientale per il 23% e allo stesso tempo è la prima vittima del cambiamento climatico.

A parlare è il presidente di NaturaSì, il maggior distributore di biologico in Italia, che per combattere la crisi climatica ha posto al centro della questione le aziende e le scelte dei cittadini.

“Si tratta di un dato destinato a non diminuire se non si cambia rotta a livello di scelte politiche ma soprattutto di stili di vita. Gli strumenti finora indicati dai governi non sono stati sufficienti a mettere in sicurezza il clima del Pianeta, mentre dall’agricoltura biologica e biodinamica arriva da anni un contributo concreto. Se tutta l’Europa arrivasse a coltivare in maniera biologica almeno il 10% dei terreni, le emissioni di gas serra dal settore agricolo potrebbero diminuire del 7%. Si tratta di una quantità molto elevata, soprattutto se paragonata all’impegno richiesto. In Italia abbiamo raggiunto quasi il 16% di superficie coltivata a biologico e biodinamico e questo numero deve crescere ancora per tutelare suolo e clima, oltre che la qualità dei cibi e la salute dei cittadini”.

“Il consumatore deve ‘saper’ scegliere ma deve anche ‘poter’ scegliere. È compito dei produttori assumersi delle responsabilità nei confronti del Pianeta e offrire alternative sostenibili”, conclude Brescacin.

Per ridurre sensibilmente le emissioni climalteranti sarebbe sufficiente coltivare secondo i dettami dell’agricoltura biologica circa il 20 per cento dei campi del Vecchio continente. È quanto sostiene l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), secondo la quale così facendo si potrebbe evitare l’immissione in atmosfera di 92 milioni di tonnellate di CO2, più di quelle che genera annualmente, ad esempio, una nazione come l’Austria.

Infatti, proprio nell’agricoltura biologica, è riconosciuto uno degli strumenti che possono combattere la crisi climatica. Le aree coltivate con il metodo biologico, secondo i dati diffusi dalla Wmo (organizzazione meteorologica mondiale), utilizzano in media il 45 per cento di energia in meno e generano il 40 per cento in meno di gas serra. Ogni ettaro di suolo bio è in grado di immagazzinare ogni anno almeno mezza tonnellata di carbonio e la produzione biologica necessita in media del 30 per cento in meno di energia per unità di prodotto. I terreni gestiti con il metodo bio riescono inoltre a trattenere maggiori quantità di acqua di quelli tradizionali, garantendo così un miglior rendimento nel caso, sempre più frequente, di scarsità di precipitazioni.

Fonte: https://www.lastampa.it/tuttogreen/2020/01/03/news/una-sterzata-verso-il-bio-puo-tagliare-il-7-per-cento-delle-emissioni-nell-ue-1.38279058

Noce: il biologico può essere la chiave di svolta

Noce: il biologico può essere la chiave di svolta

Oggi coltivare noci con il metodo biologico può considerarsi una valida opportunità di reddito.

Negli ultimi anni, secondo alcuni dati raccolti, il consumo di noci, e di frutta secca in genere, è aumentato e per questo motivo ha spinto gli agricoltori a ricercare alternativi credibili per la coltivazione in modo da garantirne un sostanzioso reddito.

Alcuni frutticoltori hanno, così, deciso di smarcarsi dalla filiera del noce convenzionale adottando il metodo biologico per una scelta etica e per differenziarsi dal punto di vista commerciale.

“Il noce biologico è una vera opportunità per l’imprenditore agricolo” spiega Gianluca Vertuani, presidente del Consorzio Noce del Delta del Po – “Produrre noci biologiche ci permette di poter spuntare prezzi interessanti, maggiori rispetto ad un prodotto convenzionale: all’incirca 2-2,5 euro in più al chilo.
Il tutto va inserito in un contesto di filiera biologica, utile per sfruttare al meglio l’opportunità. Oggi Noci del Delta è costituito da 5 aziende della provincia di Ferrara, per una superficie complessiva di 154 ettari. Circa 80 ettari sono oggi al 4° anno, che quest’anno quindi hanno dato origine ad una prima produzione. Nei prossimi 2-3 anni tutti i restanti ettari arriveranno al 4° anno e quindi ad una prima produzione. A pieno regime pensiamo di poter arrivare ai circa 5 quintali ad ettaro. Il raccolto del 2019 comunque non è stato dei migliori, a causa delle problematiche ambientali riscontrate a maggio che hanno limitato l’impollinazione delle piante e che di fatto hanno portato alla cascola di molti frutti
“.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/vivaismo-e-sementi/2019/12/13/noce-coltivare-in-biologico-opportunita-concreta/65225

Ancora incertezze sulla questione “rotazioni bio”

Ancora incertezze sulla questione “rotazioni bio”

La questione della rotazione nella coltivazione di riso biologico continua ad essere incerta, poiché lo scorso 4 dicembre, la Commissione Agricoltura alla Camera, ha approvato lo Schema di Decreto che intende modificare il Decreto Ministeriale del 18 Luglio 2018.

«Confagricoltura, in relazione a numerose segnalazioni ricevute dai propri associati, in particolare dal centro sud, ha ribadito al Mipaaf, che la regolamentazione europea autorizza l’uso di “colture fertilizzanti”, ovvero “manure crops” (tra cui il sovescio e le colture intercalari), senza specificarne il tipo e l’eventuale durata di coltivazione. Lo scopo della norma europea è quello di permettere all’azienda agricola di aumentare la fertilizzazione del suolo in modo naturale. In tal senso deve essere interpretata la norma uniformemente a quanto avviene nel resto della UE, considerando solo la capacità di raggiungere la fertilizzazione indipendentemente dal tipo di coltura e la loro durata di coltivazione. Solo recentemente il Mipaaf, in una nota diramata a seguito dell’ultima riunione del Tavolo nazionale dell’agricoltura biologica, ha posto l’accento e l’avvio di un iter di modifica del DM 18 luglio 2018, con la quale saranno specificate le caratteristiche di ammissibilità dei sovesci rispetto al requisito della rotazione colturale. DM che dovrà avere il parere della Conferenza Stato Regioni. Tale impostazione è sicuramente un passo in avanti per venire incontro alle esigenze del settore, ora andrà verificata la reale applicabilità del nuovo DM alle diverse colture, sempre nel rispetto dei principi di agricoltura biologica applicati in Europa», così spiegò il Direttore Area Ambiente ed Energia di Confagricoltura, Donato Rotundo, un mese fa circa.

“Confrontando il decreto e la modifica dovrebbe essere consentito di comprendere anche il sovescio nel conteggio delle colture principali, non considerandolo più coltura intercalare, rendendo la rotazione utilizzata in risicoltura biologica adatta al decreto e cancellando la possibilità di un obbligo di attesa pari a due anni tra una semina di riso e l’altra. La successione biennale composta da riso e soia (o altra coltivazione), con un sovescio dopo il raccolto della soia e prima del riso, è dunque sicuramente permessa in ogni annata, prevedendo due “colture principali” tra riso e riso”. Per aver la certezza di quale sia l’interpretazione corretta e ufficiale si dovrà attendere la firma del Ministro, che ancora non c’è.

“Le istituzioni non hanno fatto ciò che era stato richiesto, cioè di sostituire la dicitura “coltura principale”, che rischia di essere intesa come quella che occupa il terreno per più tempo in campo, con “ciclo colturale”, questi erano gli accordi che erano stati presi a giugno, in seguito all’ultima riunione. Oltre a mantenere la dicitura, i legislatori hanno inserito la specifica su maggese e sovescio, rendendo queste due pratiche conteggiabili, al contrario, ad esempio, delle coltivazioni in secondo raccolto, qualcosa di assurdo! Dal nostro punto di vista non deve contare il tempo di permanenza di una pianta sul terreno ma il suo ruolo a livello ecologico e agronomico nella rotazione. Crediamo questo sia un passo in avanti parziale, relativo solo ai sovesci, poiché non vengono comprese nella norma un sacco di coltivazioni intercalari o di seconda semina erroneamente, effettuando decisioni agronomiche che devono competere unicamente l’agricoltore e non le istituzioni. È un concetto di rotazione lontanissimo da quello proposto dalle Istituzioni Europee, per le quali l’avvicendamento colturale deve permettere la fertilizzazione e il contenimento naturale delle infestanti, in questo modo ci stanno chiedendo un’altra cosa, assai più vincolate. In ogni caso è un fatto importante, per cui FederBio chiede di approvare ora questa modifica e, successivamente, riaprire subito il tavolo tecnico per poter consentire anche i secondi raccolti”, spiega Paolo Carnemolla, Sottosegretario Generale di FederBio.

Fonte: https://www.risoitaliano.eu/rotazioni-bio-ancora-incerte/

La strategia del Green new deal europeo? Il biologico.

La strategia del Green new deal europeo? Il biologico.

Lo scorso 11 dicembre, la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha presentato i contenuti del Green new deal, il patto verde europeo che ha lo scopo di trasformare l’Europa nel primo continente a emissioni zero in termini di CO2 entro il 2050.

Pianificare una serie di strategie per contrastare il cambiamento climatico, e se opportuno proporre una vera e propria legge per trasformare questo impegno politico in un obbligo giuridico, stimolando gli investimenti in tutti i settori dell’economia e valorizzare in particolar modo il metodo biologico.

Lifegate ha intervistato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, la quale ha commentato la questione del Green new deal: “missione ambiziosa, ma necessaria”.

“Il piano dice che anche l’agricoltura e l’alimentazione dovranno fare la loro parte nel cambiamento. Con la strategia “dal produttore al consumatore”, che sarà presentata entro la primavera 2020, si dichiara di voler garantire ai cittadini europei una catena alimentare sostenibile, con alimenti sani, nutrienti e di qualità prodotti nel rispetto dell’ambiente e a costi contenuti; si propone di potenziare l’agricoltura biologica e di ridurre la dipendenza da pesticidi, concimi e antibiotici con una chiara indicazione affinché i piani strategici nazionali della Politica agricola comunitaria (Pac) riflettano pienamente l’ambizione del Green new deal e premino gli agricoltori virtuosi. Il piano prevede anche una strategia dedicata alla protezione della biodiversità annunciata anch’essa per marzo 2020. Il Green new deal poi contiene alcuni principi importanti come l’allineamento degli accordi commerciali e dell’imposizione fiscale con gli obiettivi per il clima in modo da favorire i prodotti più sostenibili. Il primo passo per sostenere il biologico è la necessità di strutturare un sistema, una filiera equa che eviti il rischio della rincorsa al prezzo più basso. Occorre dare spazio a tutte le diversità del biologico, dalla grande azienda al piccolo produttore.”

Fonte: https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/biologico-al-centro-del-green-new-deal-europeo