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L’agricoltura biologica e i fanghi di depurazione: serve chiarezza.

L’agricoltura biologica e i fanghi di depurazione: serve chiarezza.

Dal Decreto Genova esplode il caso dell’innalzamento dei limiti degli idrocarburi nei campi. L’articolo 41 infatti enuncia un aumento dei limiti di idrocarburi pesanti C10 e C40 di 20 volte per quanto riguarda i fanghi di depurazione che possono essere sparsi sui suoli agricoli: un attacco all’ambiente, alla sicurezza della catena alimentare e alla contaminazione delle falde.

I fanghi prodotti dal processo di depurazione delle acque reflue urbane sono da tempo utilizzati come fertilizzanti in agricoltura, in considerazione alla presenza di sostanze organiche. Il loro riutilizzo agronomico costituisce una soluzione al problema dello smaltimento, ma la garanzia della qualità dei fanghi deve essere costantemente assicurata da controlli e analisi, sottoposti a trattamento per poter essere utilizzati come effetto concimante.

Acquistare biologico può essere un’alternativa? I fanghi vengono utilizzati anche in agricoltura biologica?

Roberto Pinton, segretario AssoBio ed esperto agroalimentare, fa chiarezza: in agricoltura biologica non sono ammessi i fanghi di depurazione. Gli unici fanghi ammessi nel bio sono:

  1. Fanghi provenienti da zuccherifici (un sottoprodotto della produzione di zucchero di barbabietola);
  2. Fanghi che derivano dalla produzione di sale mediante estrazione per dissoluzione (da salamoie naturali presenti in zone montane).

 

Fonte: https://ilsalvagente.it/2018/10/19/i-fanghi-di-depurazione-vengono-usati-nel-biologico-facciamo-chiarezza/

Mangiare “bio” può ridurre il rischio di cancro?

Mangiare “bio” può ridurre il rischio di cancro?

Se seguissimo un’alimentazione biologica, senza residui di pesticidi, il nostro rischio cancerogeno diminuirebbe? È questo l’interrogativo ha posto le basi per una nuova ricerca.

Julia Baudry, docente di Epidemiologia e Statistica alla Sorbonne di Parigi, insieme ad altri ricercatori hanno esaminato le informazioni contenute nello studio NutriNet-Santè, al quale parteciparono circa 70mila adulti francesi. Tra le informazioni richieste nei questionari c’erano anche quelle legate al consumo di prodotti biologici e al tipo di alimentazione adottata.

La docente della Sorbonne Baudry, dopo aver analizzato queste informazioni, indica nella rivisita scientifica JAMA International Medicine che «una più elevata frequenza del consumo di cibi biologici è associata a un minore rischio di cancro. Questi esiti vanno però confermati con un tempo di osservazione più lungo e su una popolazione più ampia ed eterogenea, perché le partecipanti al NutriNet-Santé sono in maggioranza donne, con elevata scolarizzazione e hanno atteggiamenti salutari in generale, non solo a tavola, che potrebbero incidere sul loro minor pericolo di cancro».

Pedrazzoli, direttore dell’Oncologia al Policlinico San Matteo di Pavia ed esperto di nutrizione in oncologia, ci invita a riflettere su le seguenti osservazioni:

  1. chi segue una dieta ricca di calorie, grassi animali, carni rosse, insaccati e povero di fibre ha più probabilità che gli venga diagnosticato un tumore;
  2. le diete ricche di fibre hanno un ruolo protettivo;
  3. i metodi di cottura e conservazione degli alimenti sono altrettanto fondamentali per la prevenzione dei tumori;
  4. il problema è l’obesità: il sovrappeso e l’obesità rappresentano il principale fattore di rischio per l’insorgenza dei tumori.

 

Fonte: https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/18_ottobre_24/mangiare-bio-riduce-davvero-rischio-cancro-a5b10d76-d76d-11e8-8a01-5b55d448d53d.shtml?refresh_ce-cp

Biologico: dal nuovo anno stop alla lecitina convenzionale

Biologico: dal nuovo anno stop alla lecitina convenzionale

A partire dal primo gennaio del prossimo anno le lecitine impiegate nella formulazione dei prodotti biologici destinati al consumo umano dovranno essere certificate bio. Quindi dovranno necessariamente essere ottenute da materie prime biologiche mediante l’applicazione di processi di lavorazione conformi alla normativa comunitaria sul biologico. Tale aspetto, peraltro, viene ben ricordato in un recente documento dell’ EGTOP (expert group for technical advice on organic production).

L’impiego di tale additivo, contraddistinto dalla sigla E 322, è ammesso nei prodotti alimentari biologici, sia di origine vegetale che animale, con la restrizione che per quest’ultima categoria il suo impiego è limitato ai prodotti lattiero-caseari. Esistono diversi tipi di lecitine, tutte contrassegnate dalla sigla E 322, a seconda della fonte da cui vengono estratte: lecitina di soia, lecitina di girasole e lecitina d’uovo.

L’obbligo è stato introdotto dal Reg. UE 2016/673 del 29 aprile 2016, che modifica il Reg. CE 889/2008. Il legislatore ha considerato un periodo transitorio di tre anni affinché la lecitina potesse essere disponibile sul mercato con le qualità adeguate per la maggior parte degli usi nell’industria di trasformazione degli alimenti biologici.

Numerosi sono i settori dell’industria alimentare nei quali questo additivo può essere impiegato; tra questi, ad esempio citiamo: olii e grassi, cioccolata, latte e derivati, pasta fresca e diversi prodotti da forno.

Gli Operatori certificati da Suolo e Salute che sostituiranno la lecitina convenzionale con quella ottenuta da materie prime biologiche, in formulazioni ed etichette già approvate, sono tenuti a darne comunicazione a Suolo e Salute all’Ufficio Approvazioni Etichette della Direzione Tecnica di Bologna e richiedere una nuova approvazione, inviando a etichette@suoloesalute.it compilando il modulo di riferimento e allegando sia l’etichetta della lecitina bio sia la relativa scheda tecnica.

Per quanto sopra, l’ufficio Approvazioni Etichette è a disposizione per fornire agli operatori controllati ogni chiarimento ritenuto necessario.

Progetto CLIFT: agricoltori e consumatori percepiscono gli effetti dei cambiamenti climatici? Il CNR-IBMET, in collaborazione con Suolo e Salute, propone un questionario conoscitivo.

Progetto CLIFT: agricoltori e consumatori percepiscono gli effetti dei cambiamenti climatici? Il CNR-IBMET, in collaborazione con Suolo e Salute, propone un questionario conoscitivo.

I cambiamenti climatici fanno ormai parte della realtà che le filiere agricole devono affrontare, in questa fase è importante comprendere come questo tema è percepito, se già nelle aziende se ne risentono gli effetti e quali strategie “Climate Smart” i produttori ritengono urgenti ed efficaci.

L’Istituto di Biometeorologia del CNR (IBIMET) sta sviluppando un progetto denominato CLIFT (Consumer Inclination for Climate Smart Food) per comprendere come produttori, distribuzione e consumatori interpretano lo scenario dei cambiamenti climatici presenti e in prospettiva.
Suolo e Salute, primo organismo di controllo e certificazione in Italia del biologico, condividendone l’importanza sta collaborando con l’Istituto alla diffusione dell’iniziativa, per dare voce a chi opera in agricoltura ed è attento alle tematiche ambientali. Infatti, è noto che l’agricoltura biologica non è solo “buona” perché salvaguardia l’ambiente, l’agroecosistema e la salute dei consumatori ma è anche la via da seguire per contrastare il riscaldamento globale.

Attualmente è proposto un questionario online (in realtà sono 2, uno rivolto al modo agricolo, uno ai consumatori). E’ un’indagine per capire quanta “consapevolezza” abbiano agricoltori e consumatori che i Cambiamenti Climatici stanno avendo impatti importanti sulle filiere agricole.

Il progetto di IBIMET si innesta sulle attività nazionali di creazione e allo sviluppo e la di un agricoltura sostenibile, resiliente e mitigante, nell’ambito del progetto Internazionale Climate Kic,  CSAbooster (http://csabooster.climate-kic.org/). Una volta disponibili, i risultati potranno essere utili per orientare da parte di Climate Kic e istituzioni europee, iniziative (progetti), piani di comunicazione, soprattutto riguardo alle innovazioni in agricoltura “Climate Smart” tese a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.”

Biolife è…

Biolife è…

Dal 23 al 26 Novembre si terrà a FieraBolzano la 15° Edizione di Biolife.

“Biolife è un viaggio nel mondo del bio”, durante il quale si percorre la strada delle sostenibilità. Questo concetto racchiude un po’ la filosofia della fiera specializzata Biolife, che ormai è diventata una delle piattaforme più importanti dell’arco alpino per prodotti biologici di qualità.

Alla manifestazione saranno presenti oltre 250 imprese da tutta Italia dove presenteranno una variabilità di prodotti bio, dalle specialità alimentari, ai cosmetici naturali, ai tessuti ecologici. Un evento che offre la possibilità di incontro tra chi ama “produrre bio” e chi “usa con gioia i prodotti biologici”.

Un programma ricco di eventi. Inoltre, per la prima volta a Biolife, il giorno 23 Novembre si terrà il congresso specializzato “Organic 2030 – 3 paesi a confronto: Italia, Austria e Germania”. In questo incontro verranno presentati, ai professionisti del settore, i trend dell’agricoltura biologica. Sul tavolo di discussione, verranno messi a confronto tre Paesi: Italia, Germania e Austria.

Scopri l’intero programma: http://www.fierabolzano.it/biolife/programma-eventi.htm

 

Fonte: http://www.fierabolzano.it/biolife/

Il riso si fa strada verso la certificazione GlobalGAP

Il riso si fa strada verso la certificazione GlobalGAP

Sempre più produttori italiani, sono circa una trentina, hanno deciso di adottare la certificazione GlobalGAP per il riso lavorato. Questo perché conferisce al loro prodotto anche un alto vantaggio competititvo, soprattutto se hanno deciso di esportarlo anche all’estero.

Ma cos’è la certificazione GlobalGAP?

Giorgio Reita, auditor GlobalGAP di NSF Italia, spiega: “La certificazione GlobalGAP è una certificazione di prodotto peculiare per trasmettere sicurezza al consumatore rispettando i requisiti ambientali, igienico-sanitari e la tracciabilità del prodotto. Lo standard Global Gap garantisce gli acquirenti sul rispetto delle norme cogenti, ma non solo, lo standard è più restrittivo ancora. Per esempio, per quanto riguarda il quaderno di campagna, richiediamo anche la registrazione delle condizioni meteo nel momento del trattamento. Controlliamo poi la pulizia dei macchinari di raccolta, le condizioni del magazzino di stoccaggio che non devono permettere l’ingresso di pest dall’esterno, le condizioni di lavoro dei dipendenti, viene certificata l’origine delle sementi, escludendo che l’azienda certificata Global gap utilizzi seme autoprodotto e tutto è tracciato dall’origine.”

Il principale vantaggio competitivo della certificazione GlobalGAP è la possibilità di far fronte alle richieste provenienti dai clienti europei che, sempre di più, chiedono l’adozione di standard internazionali. GlobalGAP in questo senso rappresenta lo standard di produzione dei prodotti ortofrutticoli condiviso ed accettato dai maggiori gruppi della distribuzione europea e rappresenta quindi una scelta quasi obbligatoria per gran parte delle imprese che operano nel settore al fine di poter destinare il proprio prodotto sui mercati nazionali ed internazionali.

Perché parliamo di vantaggio competitivo?

Gli ultimi dati dell’Ente Nazionale risi dichiarano che l’Italia, solo nell’ultimo anno, ha importato dai PMA 367.500 tonnellate di riso. Conferire una certificazione al proprio riso è necessario per avere un vantaggio competitivo su un mercato che vede prezzi sempre più altalenanti e soffre della concorrenza dal mercato di Paesi meno avanzati.

“Ora, per sopravvivere nel mercato di oggi, bisogna operare non più solo come produttori ma essere anche un po’ commercianti, preoccuparsi di fare marketing, avere attitudini imprenditoriali. Se io fossi un produttore, mi preoccuperei di avere determinate certificazioni, utilizzerei tutta la nuova tecnologia possibile e mi integrerei a valle. Ciò vuol dire pensare di fare un marchio proprio, costruirsi una riseria interna o in consorzio con altri produttori e poi andare a cercare i clienti. Qui i risicoltori cercano di produrre il massimo possibile e di produrre bene ma non ci si preoccupa mai di come piazzare il prodotto. Si sta poi formando un mercato interessante, ci sono compratori che chiedono biologico con origine Italia, si sa che qui il biologico è un’altra cosa, che le norme sono più rigide. La nostra produzione agricola è riconosciuta di pregio e si colloca su un mercato alto. Abbiamo quindi un vantaggio competitivo da sfruttare” afferma Gianluca Mascellino, broker e socio della società Oryzon Srls.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/vivaismo-e-sementi/2018/10/15/riso-certificazioni-per-concorrere-sul-mercato/60395

 

Suolo e Salute, oltre ad essere leader in Italia per la certificazione del biologico, è tra gli Organismi accreditati Accredia e riconosciuti dal Segretariato GlobalGAP per la certificazione GlobalGAP – Frutta ed Ortaggi ed opera nel settore da diversi anni.

Per saperne di più vi invitiamo a dare un’occhiata alla nostra pagina: http://www.suoloesalute.it/globalgap/