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LA BUROCRATITE SOFFOCHERÀ IL BIOLOGICO?

LA BUROCRATITE SOFFOCHERÀ IL BIOLOGICO?

Un provvedimento che esaspera i giri di carte, ad esempio per le notifiche, introduce meccanismi perversi come quello del rating delle aziende e interviene su tariffe e sanzioni nonostante i dati mettano in luce che il settore sia in realtà tra i più virtuosi. Le critiche di Fabrizio Piva sul nuovo decreto dei controlli bio: «una legge che danneggia il settore»

La burocratite è la malattia cronica che affligge il nostro Paese. Ogni annuncio di semplificazione si traduce poi immancabilmente in ulteriori pastoie e adempimenti che appesantiscono il passo spedito dei settori più promettenti. È quello che rischia di capitare anche per il biologico: lo denuncia Fabrizio Piva, personalità di spicco del mondo del biologico, già amministratore delegato di un importante organismo di certificazione e oggi responsabile sviluppo e sostenibilità della cooperativa G.Bellini, nel suo recente editoriale sul sito Greenplanet.net.

Nella Gazzetta Ufficiale del 30.10.2023 è stato infatti pubblicato il D. Lgs. N° 148 del 6.10.2023 che entrerà in vigore il prossimo 14 novembre (vedi articolo precedente). Sarà utile questo nuovo intervento legislativo dedicato al biologico? «Assolutamente no – risponde Piva nel suo intervento- contribuirà, purtroppo, a deprimere ulteriormente il settore così come accaduto con il D. Lgs 20/2018, ora sostituito da questo nuovo decreto».

«Mai risolvere, piuttosto complicare»

Per Piva il bio rischia infatti di patire ulteriore burocrazia, maggiore recrudescenza nell’applicazione delle sanzioni alla luce di un «neo corporativismo tutto “chiacchiere e distintivo”, promosso da molte associazioni di operatori bio che, con la proficua collaborazione di apparati burocratici “duri e puri” non risolvono nessuno dei problemi sul tappeto ma, anzi, deprimono anche la volontà più ferrea degli operatori più ottimisti».

Il nuovo decreto sui controlli, pubblicato a così poca distanza dal precedente intervento normativo, è il frutto della legge nazionale sul bio (art. 19 della Legge 23 del 9.03.2022). Una legge attesa da anni ma che non doveva occuparsi di attività di controllo e certificazione. «Già prima della fase di discussione – ricorda Piva – era stato emanato il D. Lgs 20/2018, di fatto già in linea con il nuovo Reg UE 848/2018». Così in realtà il nuovo decreto non aggiunge nulla di eclatante in materia di controllo e certificazione rispetto al “decaduto” D. Lgs 20.

A cosa serve quindi?

«Dai resoconti parlamentari – ricorda Piva- delle audizioni in Commissione Agricoltura emerge che l’art. 19 è stato voluto da quelle associazioni degli operatori bio che oggi criticano debolmente e su temi di fatto molto marginali (ad esempio la marca da bollo di 16 euro sulla notifica) il decreto in questione».

Passaggi incostituzionali riscritti

Gli operatori biologici devono secondo l’editorialista di greenplanet ringraziare pertanto le loro associazioni riguardo a un ulteriore decreto che, sia in materia di controllo e certificazione, che di presentazione della notifica, non cambia nulla in termini di efficienza (senza semplificare e sburocratizzare) ma cambia molto, invece, in materia di sanzioni pecuniarie.

«Può sembrare paradossale ma così è». Riguardo alla disciplina puramente certificativa alcuni passaggi del D. Lgs 20/2018 sono stati riscritti o eliminati semplicemente perchè, secondo Piva,  non erano costituzionali e sono state inserite alcune piccole modifiche di fatto già normate e vigenti per effetto del Regolamento UE.

Fare le pulci alle tariffe

È stata introdotta un’ulteriore ed inutile attenzione sulle tariffe degli organismi di certificazione e sui loro criteri, tematica abbondantemente sotto controllo ed oggetto di un libero mercato che ne ha ridotto nel tempo l’entità. «Analogamente – continua Piva- per quanto concerne la presentazione della notifica, gli operatori dovranno sempre predisporre notifiche e loro variazioni di decine di pagine, quando sarebbe sufficiente collegare il fascicolo aziendale in ambito PAC al biologico e predisporre documenti di due facciate (fronte/retro) così come accade in altri Paesi europei».

La gogna del rating

Il decreto, inoltre, come aveva già denunciato Aiab su queste pagine, introduce all’art. 15 una sorta di “liste di proscrizione” pubbliche basate sugli esiti dei controlli, da cui giungere ad un “rating” delle aziende come se l’efficacia e la giustificazione sociale a produrre bio derivasse solamente dai controlli ufficiali. «Perché, allora – si chiede Piva-, non proporle anche per tutte le produzioni convenzionali, considerato che i controlli ufficiali vengono fatti anche per queste?»

L’anomalia di sanzioni specifiche per il bio

La perplessità di Piva riguardano anche gli art. 23, 24 e 25 del nuovo intervento, che normano le sanzioni pecuniarie. «Siamo uno dei pochi Paesi UE, se non forse l’unico, che ha sanzioni pecuniarie specifiche per il settore biologico». E in più questo nuovo decreto stabilisce sanzioni che vanno dal 2 al 5% del fatturato globale (non solo biologico!) realizzato nell’anno precedente, da collocarsi fra un valore minimo e massimo a seconda della non conformità».

Sanzioni difficili da contestare visto che la stragrande maggioranza delle aziende agricole non è tenuta a presentare un bilancio ma ricorre ad una contabilità semplificata e paga le imposte in base al reddito dominicale e agrario.

Obiettivo strategico tradito

«Che senso ha – conclude Piva – intervenire così sulle sanzioni in un settore in cui il livello delle non conformità è stabile se non in riduzione così come si evince dai dati annuali dell’attività di controllo da parte di Icqrf?» «Perché introdurre continuamente  ostacoli normativi e difficoltà burocratiche ad un settore che non li merita?»

Siamo sicuri che l’obiettivo strategico della nostra amministrazione centrale sia il raggiungimento del 25% di superficie agraria bio come stabilisce la Farm to Fork?

 

CERTIFICAZIONE DEL BIO, LA RIFORMA È LEGGE

CERTIFICAZIONE DEL BIO, LA RIFORMA È LEGGE

Operativo dal 14 novembre il Decreto legislativo 148/2023 che interviene sul sistema dei controlli sul settore biologico. Confermato il valore dell’interazione tra soggetti pubblici e privati come gli organismi di certificazione. Manca però uno sforzo in direzione della semplificazione

Certificazione, notifiche, tracciabilità e controlli ufficiali sul bio, la riforma è legge ma cambia poco. È stato infatti pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.254 del 30-10-2023) il decreto legislativo n. 148/2023 contenente la riforma del sistema dei controlli nel settore biologico. Il provvedimento entra in vigore dal 14 novembre.

Il ruolo degli Odc

La parte più corposa del provvedimento, dall’articolo 5 all’articolo 14, riguarda il ruolo degli organismi di controllo e contiene le regole per l’autorizzazione, i compiti da svolgere per il rilascio del certificato agli operatori e per garantire la tracciabilità delle transazioni commerciali, le regole di comportamento e le relative misure da adottare in caso di non conformità.

Un sistema di valore

Le nuove disposizioni confermano sostanzialmente il valore di un sistema di certificazione che prevedono il coinvolgimento di soggetti sia di natura pubblica sia privata, ma non sembrano introdurre interventi di semplificazione e sburocratizzazione auspicati per favorire il raggiungimento dell’obiettivo del 25% di superficie agraria bio entro il 2030 fissato nel Farm to Fork (e anticipato dal nostro Paese al 2027).

TAGLIO DEGLI AGROFARMACI, BRUXELLES DISCRIMINA IL BIO

TAGLIO DEGLI AGROFARMACI, BRUXELLES DISCRIMINA IL BIO

La Commissione Ambiente dell’EuroParlamento vota in favore della bozza di regolamento sugli usi sostenibili. IFOAM Organics Europe mette però in luce le resistenze dei deputati a correggere un indice di rischio che, non tenendo conto dei dosaggi per unità di superficie, finisce per discriminare le sostanze naturali utilizzate dall’agricoltura biologica

La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo vota in favore del taglio degli agrofarmaci in Europa. Dopo le resistenze del Consiglio Ue e le remore della Commissione agricoltura, sempre dell’EuroParlamento (ne avevamo parlato qui), la proposta del regolamento sugli usi sostenibili degli agrofarmaci (Sur) riprende nuovo slancio. Si tratta dello strumento con cui, secondo le intenzioni della Commissione, si dovrebbe realizzare l’obiettivo Farm To Fork del dimezzamento dei prodotti fitosanitari nell’agricoltura Ue entro il 2030.

Trilogo in corso

IFOAM Organics Europe ha accolto con favore un voto che apre nuove prospettive nei negoziati in corso tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue sulla riduzione dei pesticidi.

In una nota stampa l’associazione che mette in rete i movimenti dell’agricoltura biologica europea avverte però che «Occorre ancora correggere l’indicatore fuorviante per misurare l’uso e il rischio dei pesticidi». IFOAM OE aveva infatti messo in guardia riguardo all’utilizzo fuorviante dell’indicatore di rischio HRI 1, che corregge il peso dei diversi prodotti fitosanitari, relativamente al calcolo di riduzione richiesto dalla F2F, in base al loro impatto ecotossicologico.

Il paradosso dell’aceto

Tuttavia il fatto di non avere tenuto conto delle diverse dosi efficaci per unità di superfici produce, secondo un recente studio di IFOAM, effetti paradossali.

In base all’attuale interpretazione dell’indice HRI 1 risulterebbe infatti più sostenibile diminuire l’utilizzo, ed esempio, di una sostanza di base ad effetto erbicida come l’aceto rispetto a diserbanti come glifosate o florasulam.

Eduardo Cuoco, Direttore di IFOAM Organics Europe, ha dichiarato: «Ridurre l’uso di pesticidi sintetici dovrebbe rimanere una priorità per tutti i politici che hanno a cuore la salute degli agricoltori e dei cittadini, la qualità dell’acqua e la protezione della natura». «Per questo il movimento biologico accoglie con favore lo sforzo di Sarah Wiener, relatrice della bozza Sur approvata dalla Commissione Ambiente».

Sostanze naturali discriminate

«È positivo che la maggior parte delle pratiche agronomiche biologiche e delle sostanze naturali siano riconosciute come agenti di biocontrollo, e quindi esentati dal calcolo dell’HRI 1, ma deploriamo che una coalizione di eurodeputati demagogici abbia impedito di raggiungere un compromesso per fissare la proposta Sur con un indicatore affidabile che non porti alla riduzione artificiale e che non discrimini le sostanze naturali». «Per garantire la credibilità della normativa invitiamo gli eurodeputati a correggere tale indicatore nel corso della prossima votazione in assemblea plenaria».

IFOAM ricorda che la metodologia HRI è stata criticata anche dalla Corte dei conti europea e da istituzioni scientifiche come l’UBA (Agenzia tedesca per l’ambiente) per due motivi:

– dà l’impressione che gli Stati membri riducano l’uso di pesticidi quando in realtà non è così,

– dà l’impressione che l’agricoltura biologica sia il problema piuttosto che la soluzione, poiché discrimina le sostanze naturali, che vengono utilizzate a dosaggi maggiori rispetto ai pesticidi sintetici.

SEMI 100% BIO ENTRO IL 2035

SEMI 100% BIO ENTRO IL 2035

La Seed conference di Poznan ha affrontato la sfida di fare crescere la disponibilità di semente bio come auspicato dal Reg 848/2018. La Commissione ha pronta una bozza di normativa per favorire questo obiettivo. Preoccupazione per l’estensione della procedura di controllo del valore economico e di uso e per la possibile introduzione dei nuovi ogm

La legislazione europea impone l’uso di sementi bio nell’agricoltura biologica. La scarsa disponibilità ha portato però a continue deroghe per l’uso di sementi non biologiche di varietà sviluppate e testate solo per l’agricoltura convenzionale. Una maggiore disponibilità di sementi prodotte biologicamente di varietà che soddisfano i valori e i requisiti biologici sarebbe fondamentale per lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Per raggiungere l’obiettivo sarebbe tuttavia necessario aumentare di sei volte la produzione di sementi biologiche.

Un target realizzabile secondo quanto emerso nel corso della seconda conferenza europea sulla politica delle sementi biologiche che si è tenuta il 29 settembre a Poznan, in Polonia.

Il progetto LiveSeeding

Dove si sono ritrovate le principali organizzazioni di ricerca, i politici e produttori europei di sementi per discutere su come raggiungere il 100% di utilizzo di sementi biologiche nell’agricoltura biologica entro il 2035. La conferenza è stata organizzata in collaborazione con Fibl, l’istituto di ricerca sul biologico con sede in Svizzera che coordina LiveSeeding, il progetto di innovazione cofinanziato dall’UE che mira a unire le forze per raggiungere questo obiettivo.

Il regolamento 2018/848, che norma l’agricoltura biologica dell’UE, prevede lo sviluppo di tabelle di marcia nazionali per promuovere la produzione di sementi biologiche, la sperimentazione di varietà biologiche e la selezione biologica delle piante.

Un progetto di legislazione sulle sementi proposto dalla Commissione europea prevede, ad esempio, spazio per la flessibilità per la registrazione delle varietà biologiche e consente lo scambio di sementi tra gli agricoltori.

Vcu e Ngt, le criticità

Un possibile ostacolo al loro sviluppo deriva però l’intenzione di estendere la procedura di controllo VCU (valore agronomico e d’uso) a tutte le colture. Ciò potrebbe impedire in futuro la registrazione di nuove varietà di frutta e verdura. Attualmente il test VCU è obbligatorio solo per la registrazione delle varietà di seminativi. Un’altra sfida per il settore biologico è la bozza di regolamento sulle nuove tecniche genomiche (NGT) della Commissione europea. Deregolamenta alcune tipologie di NGT e non garantisce la tracciabilità lungo la catena del valore. Ciò renderebbe più difficile mantenere il settore biologico esente da NGT.

«INDIETRO NON SI TORNA», L’OTTIMISMO DI EDUARDO CUOCO PER IL FUTURO DEL BIO

«INDIETRO NON SI TORNA», L’OTTIMISMO DI EDUARDO CUOCO PER IL FUTURO DEL BIO

«Green deal, il percorso può cambiare, ma l’obiettivo della transizione ecologica è fissato». Il settimanale Terra e Vita intervista Eduardo Cuoco di IFOAM ORGANICS EU dopo il Congresso di Cordova

«La transizione ecologica non è discussione l’orizzonte della neutralità climatica al 2050 è immutato e di sicuro non cambiano le ambizioni sul biologico». Sul numero 32 di Terra e Vita è stata pubblicata un’intervista a Eduardo Cuoco, direttore di Ifoam Organics Europe, reduce dal XVII Congresso Europeo sulla Produzione Biologica (Eoc23) di Cordova (ne abbiamo parlato qui).

Riflessione in corso sulle ambizioni verdi

«È vero – ammette Cuoco – : in questo momento traspare la volontà da parte di alcune forze politiche europee di riflettere meglio sulle ambizioni verdi, soprattutto sul fronte agricolo. La Presidente ha lanciato il dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura anche per rispondere alla critica che viene mossa più frequentemente, ovvero che il Green deal sia un piano calato dall’alto».

«Può quindi essere aggiornato il percorso, ma non la meta, che rimane quella della transizione ecologica della produzione agricola Ue». «Non è poi ancora chiaro come si svolgerà questo dialogo e nemmeno se si concluderà entro le elezioni Ue. Per IFOAM è però lampante che, se si vuole parlare del futuro dell’agricoltura, occorre coinvolgere la supply chain nella sua interezza, compresa distribuzione, logistica e ristorazione. E ovviamente la società civile».

In guardia contro le facili promesse dei nuovi Ogm

Nell’intervista Cuoco mette in guardia i lettori del settimanale sulle illusioni delle allettanti promesse delle Ngt, i nuovi Ogm che vengono proposti agli agricoltori come la soluzione di tutte le difficoltà climatiche, fitopatologiche ed economiche, affida al nuovo regolamento contro l’abuso dei claim eco & bio le speranze per un maggiore impegno nel contrasto al greenwashing.

Lo strumento degli appalti pubblici sostenibili

Ribatte poi con vigore a quanti speculano su una presunta crisi di mercato del bio, che nei fatti non c’è, e spinge a misurare l’efficacia dell’azione politica in favore del bio in base alla propensione ad attivare i  Sustainable public procurement, gli appalti pubblici sostenibili, per incentivare ad esempio un maggiore ricorso agli alimenti biologici in tutte le mense pubbliche.

WORLD PASTA DAY: SE È BIO È MEGLIO

WORLD PASTA DAY: SE È BIO È MEGLIO

La pasta è l’alimento base della dieta mediterranea e costituisce l’11,4% della domanda del bio in Italia. Romano (Aiab): «Incrementarne il consumo per favorire la salute e l’ambiente»

Ogni giorno, qualcosa di importante da celebrare. Il 25 ottobre è stato il turno della pasta, piatto base della dieta mediterranea, e Aiab è intervenuta in particolare in favore di quella bio.

«Nel giorno in cui tutto il mondo celebra la pasta, alimento fondamentale della nostra dieta e della nostra cultura, vogliamo sottolineare ancora di più la qualità e l’importanza di quella bio, realizzata cioè con materie prime di coltivazione biologica».

La sostenibilità vien mangiando

«Sono sempre di più le persone che scelgono questo tipo di pasta, che non soltanto mantiene intatti i valori nutritivi e il gusto, ma è anche contraddistinta da un’alta digeribilità e dal suo essere ecosostenibile». Lo ha dichiarato Giuseppe Romano, presidente di Aiab, in occasione del World Pasta Day.

Le cifre

Secondo il rapporto “Bio in cifre 2023”, oltre 360 mila ettari di superficie agricola nel 2022 è stata destinata alla coltivazione di cereali bio (+5,1% rispetto al 2021); di questi, 164.502 ettari sono destinati coltivati a grano duro, 64.027 a grano tenero e farro, mentre il resto ad altri cereali (segale, orzo, avena, ecc…).

La pasta e gli altri derivati dei cereali, inoltre, valgono l’11,4% dei consumi totali del bio in Italia.

«Scegliere un prodotto bio e in particolare la pasta – ha affermato Romano – significa avere un occhio di riguardo non soltanto per la propria salute e il proprio benessere, ma per quello dello stesso pianeta in cui viviamo». «Le coltivazioni bio, infatti, sono sottoposte a una certificazione che prevede alcuni importanti obiettivi come contribuire a tutelare l’ambiente e il clima, conservare a lungo termine la fertilità dei suoli, contribuire a un alto livello di biodiversità ed anche promuovere le filiere corte e la produzione locale».