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NUOVI OGM- BIO, SERVONO CHIARE REGOLE DI CONVIVENZA

NUOVI OGM- BIO, SERVONO CHIARE REGOLE DI CONVIVENZA

Il via libera alle Ngt, new genomic techique, ovvero agli ogm di ultima generazione, non può essere forzato. Il percorso della nuova normativa europea si arena in Consiglio per la mancanza di previsioni sull’impatto sull’agricoltura biologica e sulla brevettabilità di queste nuove biotecnologie

Si arena a Strasburgo la discussione sulle New genomic technique (Ngt, ovvero i nuovi ogm). Il Consiglio dell’Ue, sotto la presidenza spagnola, ha infatti promosso numerosi confronti su questo tema ma non è riuscita a trovare il compromesso tra le posizioni espresse dai Paesi Membri.

Compromesso impossibile

Uno stop che condiziona anche l’EuroParlamento dove sono in corso i dibattiti presso la Commissione Agricoltura e la Commissione Ambiente. Il voto in assemblea plenaria era previsto il 24 gennaio e da lì dovevano partire i triloghi tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue per arrivare alla pubblicazione nella prossima primavera, prima delle elezioni per il rinnovo della legislatura. L’attuazione non sarà comunque immediata, essendo programmata a due anni di distanza, per dare modo alle autorità comunitarie e agli Stati Membri di stabilire le norme applicative.

«Siamo molto vicini a un accordo, ma ancora non c’è la maggioranza», ha detto il presidente di turno del Consiglio dei ministri dell’Agricoltura Luis Planas, invitando le delegazioni e la Commissione europea a «fare uno sforzo» per chiudere quanto prima il dossier superando le divisioni sui punti controversi.

«Noi – ha dichiarato Planas – continueremo a lavorare affinché la presidenza belga, che comincia il suo lavoro a gennaio possa adottare delle conclusioni». In caso contrario la normativa rimarrebbe in stand by fino al 2025, viste la pausa legislativa legata al rinnovo di Parlamento e Commissione europea con le elezioni del prossimo giugno.

Due categorie diverse

In un recente incontro organizzato dalla Regione Emilia-Romagna, Ilaria Ciabatti della Dg Salute e Sicurezza alimentare, Unità Biotecnologie della Commissione Europea ha ricordato che la normativa riguarda piante, alimenti e mangimi ottenuti attraverso mutagenesi mirata (genome editing) e cisgenesi, compresa l’intragenesi (ma non la transgenesi, ovvero l’inserimento di pool di geni provenienti da specie non affini, per cui varranno le vecchie regole).

La proposta di regolamento presentato lo scorso luglio dalla Commissione distingue i nuovi Ogm in due categorie in base all’entità delle modifiche genetiche indotte. Entrambe continuano ad essere definite Ogm dal punto di vista legislativo (la proposta della Commissione non può superare quanto sancito da una sentenza della Corte di Giustizia Ue) ma le Tea di cat. 1 saranno considerate, per quanto riguarda il percorso di registrazione, equivalenti alle piante convenzionali.

Coesistenza e tracciabilità

Dovranno però essere etichettate come Ngt e le informazioni al loro riguardo dovranno essere accessibili attraverso una banca dati pubblica e nei registri delle varietà. Le Tea di cat. 2 sono invece considerate non equivalenti alle convenzionali, dovranno essere tracciate ed etichettate come ogm ma per la loro autorizzazione è stata comunque prevista una valutazione del rischio meno onerosa rispetto all’attuale, con ulteriori incentivi e facilitazioni per Tea che presentino tratti e caratteristiche considerati desiderabili.

Gli Stati membri dovranno allestire misure di coesistenza per evitare il rischio di contaminazioni, ma non avranno la possibilità di esercitare il diritto di escluderne la coltivazione (come invece accade oggi).

Le garanzie per il biologico

Su questi punti è intervenuto anche il ministro Francesco Lollobrigida che, in una recente riunione del Consiglio Agrifish, ha dichiarato il parere favorevole italiano sulla proposta di regolamento, chiedendo però di chiarire come garantire in maniera oggettiva la prevista coesistenza con le Tea di categoria 2 e di assicurare lo stesso livello di sicurezza anche per le piante e i prodotti importati da Paesi terzi.

La proposta della Commissione prevede l’esplicita esclusione sia delle Tea di categoria 1 che 2 per il biologico (su forte pressione delle associazioni del settore), un’esclusione che apre le porte alla possibilità di dover garantire la tracciabilità e la coesistenza anche con le Tea della prima categoria. Del resto la proposta della Commissione, se non verrà modificata durante il trilogo, prevede un’intensa attività di monitoraggio sull’impatto della normativa nei suoi primi cinque anni di applicazione, sia riguardo a potenziali rischi per la salute o l’ambiente, sia per la verifica degli obiettivi di sostenibilità, compresi eventuali limiti allo sviluppo della produzione biologica auspicato dal Green deal che riguardo all’accettazione delle Tea da parte dei consumatori.

Da un recente articolo pubblicato sul sito www.politico.eu emerge che il tentativo di Bruxelles di accelerare l’adozione di regole più flessibili per le nuove piante geneticamente modificate sta mostrando delle fratture, poiché sorgono più domande che risposte. E i problemi sottovalutati riguardano proprio la convivenza con il bio e la poca chiarezza riguardo alle possibilità di brevettare queste nuove biotecnologie.

GLI ITALIANI PREFERISCONO IL BIOLOGICO

GLI ITALIANI PREFERISCONO IL BIOLOGICO

Il 40% degli italiani ha consumato alimenti bio almeno 3-4 volte nell’ultimo mese. È quanto emerge da uno studio dell’Università Cattolica di Piacenza, che lancia un progetto di ricerca sulle tecnologie omiche per migliorare la tracciabilità e il grado di riconoscibilità di questi prodotti

Nonostante i numerosi tentativi di imitazione, il biologico rimane al vertice delle scelte sostenibili dei consumatori italiani. Tanto che gli alimenti con il logo della fogliolina verde fanno breccia sulle nostre tavole: nell’ultimo mese il 40% degli italiani li ha infatti consumati almeno 3-4 volte a settimana; specie i giovani (62%), i laureati (47%), e le persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%).

L’affollamento dei loghi green

Sono alcuni dei dati resi noti in occasione del convegno “Il consumo di alimenti biologici e le relative certificazioni: fra innovazione scientifica e aspettative del consumatore” svolto al polo di Cremona dell’Università Cattolica di Piacenza. È emerso però che il consumatore non riesce a orientarsi tra i diversi loghi “green”, quindi può essere indotto in errore negli acquisti.

I best seller del bio, secondo l’indagine della Cattolica, sono uova fresche (consumate dal 69% degli italiani), ortaggi (66%) e frutta (62%), considerati salubri, naturali e rispettosi dell’ambiente, con meno pesticidi e prodotti con particolare attenzione alla sicurezza.

Tecnologie “omiche” per migliorare la tracciabilità

Per risolvere il problema della riconoscibilità l’Ateneo piacentino ha quindi lanciato il progetto di ricerca “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore“, assieme a EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, sull’impiego delle tecnologie omiche per tracciatura e valutazione nutrizionale delle verdure e della frutta biologiche. Le tecnologie omiche sono in grado di valutare se un prodotto alimentare è davvero biologico, sulla base di alcuni parametri non considerati dalle certificazioni “tradizionali”, ad esempio il modo in cui l’alimento è conservato e trasportato. La tracciabilità degli alimenti è uno strumento importante per garantirne qualità e sicurezza.

«Dallo studio – spiega Luigi Lucini, docente di Chimica agraria dell’Università Cattolica – emerge che la maggior parte degli italiani (79%) non ha mai sentito parlare delle tecnologie omiche applicate al cibo». «Tecnologico e biologico – ammette Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub – è un binomio che può suonare stridente per il consumatore, invece può essere la base di un’alleanza per migliorare la sicurezza di un alimento».

 

VIA LIBERA AL PIANO D’AZIONE PER IL BIO

VIA LIBERA AL PIANO D’AZIONE PER IL BIO

Dopo l’intensa opera di concertazione coordinata dal sottosegretario Luigi D’Eramo, raggiunto l’accordo in Conferenza Stato Regioni sul provvedimento che detta la linea per favorire la conversione delle aziende agricole, incentivare i consumi e valorizzare i prodotti biologici italiani  in linea con gli obiettivi del Green deal

Via libera in Conferenza Stato-Regioni al Piano d’azione nazionale per la produzione biologica (Pan). L’intesa sul provvedimento che porta la firma del sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura con delega al biologico Luigi D’Eramo è stata raggiunta nella riunione dello scorso 6 dicembre. Il nuovo Pan, previsto dall’art. 7 della legge 9 marzo 2022 n. 23 avrà una durata di tre anni, dal 2024 al 2026, e potrà essere soggetto ad aggiornamenti annuali.

Gli obiettivi

Il Piano sostituisce il precedente del 2016-2020. Tra le finalità:

  • favorire la conversione al metodo biologico delle imprese agricole, agroalimentari e dell’acquacoltura convenzionali, specialmente dei piccoli produttori;
  • sostenere la costituzione di forme associative e contrattuali per rafforzare l’organizzazione della filiera dei prodotti bio;
  • incentivare il consumo attraverso iniziative di informazione, formazione ed educazione, anche ambientale e alimentare, con particolare riferimento alla ristorazione collettiva.

Tra gli obiettivi anche sostenere e promuovere i distretti biologici; favorire l’insediamento di nuove aziende nelle aree rurali montane; migliorare il sistema di controllo e certificazione; stimolare le istituzioni e gli enti pubblici a prevedere il consumo di prodotti bio nelle mense pubbliche e in quelle private in regime di convenzione; incentivare e sostenere la ricerca e l’innovazione; promuovere progetti di tracciabilità e valorizzare le produzioni tipiche italiane.

D’Eramo: «È lo strumento giusto per dare nuovo impulso al settore»

«L’intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni – commenta D’Eramo – è il tassello conclusivo di un importante lavoro di confronto durato mesi che ha coinvolto gli stakeholder, la società civile e i rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome». «Il nuovo Piano d’azione era particolarmente atteso e sarà uno strumento a 360 gradi per dare nuovo impulso a un settore per noi strategico, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che ci siamo posti e rafforzare la leadership dell’Italia, già oggi un modello a livello internazionale».

GIRO D’ITALIA ATTRAVERSO CINQUECENTO VINI BIO

GIRO D’ITALIA ATTRAVERSO CINQUECENTO VINI BIO

La presentazione della Guida Bio e la premiazione con la foglia d’oro dei migliori vini certificati. Salerno per un giorno capitale dell’enologia di qualità del Belpaese

Trecento vini bio premiati con la foglia d’oro tra i duemilacinquecento degustati alla cieca. Salerno si trasforma nella capitale del vino biologico per la presentazione di “Guida Bio 2024”, un vero atlante delle eccellenze del vino sostenibile curato da Antonio Stanzione per Rubbettino editore. La presentazione si è tenuta alla Stazione Marittima di Salerno disegnata dall’archistar Zaha Hadid proprio di fronte al meraviglioso scenario del Golfo del capoluogo campano.

La sostenibilità è contagiosa

Un evento che ha visto la presenza straordinaria del Governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e dell’Onorevole Paola De Micheli. Tra gli interventi anche quello di Alessandro D’Elia, direttore generale di Suolo e Salute. «Il vino bio – commenta D’Elia – è una leva strategica per la transizione green». «Tra le quasi cinquecento aziende selezionate dalla Guida ci sono alcune tra le realtà più rappresentative dell’enologia e della viticoltura italiana, tra cui tante certificate da Suolo e Salute».

Il 21% del vigneto italiano è biologico: quasi 35 mila gli ettari in Sicilia, oltre 15 mila in Puglia e Toscana. La superficie è crescita del 160% in dieci anni. E pensare che nel 2000 in Italia erano soltanto 70 mila gli ettari coltivati a vite biologica. Un settore che “macina” numeri importanti, e la guida bio, nel suo insieme,   dimostra inequivocabilmente che sostenibilità e qualità vanno a braccetto.

Un mare di foglie

Dopo la presentazione della Guida i migliori vini biologici d’Italia sono stati presentati sui banchi di assaggio allestiti presso il Salone “Una Mare di Foglie” alla Stazione Marittima di Salerno “Zaha Hadid”.

«Il vino è convivialità – aggiunge Stanzione-. Guida Bio intende promuovere il biologico come strumento di ricerca, approfondimento e coinvolgimento nell’obiettivo della transizione ecologica seguendo l’esempio delle aziende che lavorano seguendo una filosofia green in Italia». «L’agricoltura biologica è una sfida difficile e avvincente, ma è anche un percorso di responsabilità nella produzione dei beni e nella salvaguardia delle opportunità delle generazioni future, di sostenibilità ambientale e dei processi di lavorazione. Oggi sempre più produttori sono coinvolti in questo mondo, spinti da motivazioni di carattere ambientale, sociale e di tutela del consumatore».

COSÌ LE MICORRIZE MIGLIORANO LE RESE DI MAIS

COSÌ LE MICORRIZE MIGLIORANO LE RESE DI MAIS

I terreni agricoli spesso ospitano numerosi agenti patogeni che possono attaccare le piante e ridurre i raccolti. Una ricerca su vasta scala compiuta in Svizzera da Agroscope, Università di Basilea e Zurigo e da FiBL dimostra che l’inoculazione del terreno con funghi micorrizici può migliorare i raccolti senza l’uso di fertilizzanti o pesticidi aggiuntivi. In una prova sul campo su larga scala la resa del mais è aumentata fino al 40%

L’uso intensivo di fertilizzanti e pesticidi nei campi riduce la biodiversità e inquina l’ambiente. C’è quindi un grande interesse nel trovare modi sostenibili per proteggere i raccolti senza l’uso di prodotti chimici agricoli. Un esempio di prodotti biologici alternativi sono i funghi micorrizici, organismi benefici che aiutano le piante ad acquisire sostanze nutritive.

Effetto resa

Un team di ricercatori delle Università di Zurigo e Basilea, di Agroscope e dell’Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica FiBL ha ora dimostrato per la prima volta su larga scala che l’applicazione dei funghi micorrizici sul campo funziona. Una prova pluriennale si è tenuta infatti in 54 aziende agricole di mais nella Svizzera settentrionale e orientale. Gli inneschi fungini sono stati mescolati al terreno prima della semina in 800 appezzamenti. «Su un quarto degli appezzamenti – afferma il responsabile dello studio Marcel van der Heijden, ecologo del suolo presso l’Università di Zurigo e presso Agroscope –  i funghi micorrizici hanno consentito raccolti migliori fino al 40%. È un risultato enorme».

Ma c’è un problema: su un terzo degli appezzamenti la resa non è aumentata e in alcuni casi è addirittura diminuita. Inizialmente il gruppo di ricerca non è stato in grado di spiegarne il motivo.

Agenti patogeni nel suolo

Nella ricerca della causa, i ricercatori hanno analizzato tutte le proprietà chimiche, fisiche e biologiche del suolo, inclusa la biodiversità. «Abbiamo scoperto  – afferma la ricercatrice Stefanie Lutz di Agroscope – che l’inoculazione funzionava meglio quando nel terreno erano già presenti numerosi agenti patogeni fungini»,

I funghi micorrizici agiscono infatti come una sorta di scudo protettivo contro gli agenti patogeni del terreno che indebolirebbero le piante. «In questo modo è possibile mantenere alti livelli di resa anche nei campi dove senza i funghi micorrizici ci sarebbero state delle perdite». Al contrario, i funghi micorrizici hanno avuto solo un effetto minore sui campi non contaminati da agenti patogeni.

Un impatto che può essere previsto

Lo scopo dello studio, finanziato dalla Fondazione Gebert Rüf, era quello di poter prevedere le condizioni in cui funzionano le micorrize. «Con solo pochi indicatori– spiega Klaus Schläppi dell’Università di Basilea – principalmente il contenuto di funghi del suolo – siamo stati in grado di prevedere il successo dell’inoculazione in nove campi su 10 e quindi anche la resa prima dei raccolti». Sono ancora necessarie ulteriori ricerche per scoprire il modo più semplice per diffondere i funghi su vaste aree. « Tuttavia – conclude van der Heijden – i risultati di questa sperimentazione sul campo rappresentano un grande passo verso un’agricoltura più sostenibile».

IN ITALIA CALANO I CONSUMI DI ORTOFRUTTA BIO MA NON IL NUMERO DEI CONSUMATORI

IN ITALIA CALANO I CONSUMI DI ORTOFRUTTA BIO MA NON IL NUMERO DEI CONSUMATORI

L’analisi di CSO Italy in occasione dell’evento web organizzato da “Made in Nature”: il volume di 308mila tonnellate di ortofrutta bio acquistata nel 2022 è la più bassa degli ultimi 5 anni, ma la causa è da ricercare nella crisi inflattiva che sta gonfiando i prezzi di vendita. Il gap tra produzione e consumo è comunque evidente, con l’Italia che rischia di uscire dalla top ten del market share del bio

Italia è sul podio dei produttori bio europei ma solo al decimo posto tra i consumatori.

La quota di mercato del bio in Italia pesa infatti per il 3,5% sul totale dei consumi, lontana da quella della Danimarca, che supera il 10%, ma anche alla Germania (6,4%) e Francia (6,5%). Lo conferma lo studio di CSO Italy presentato in occasione del webinar “Frutta e Verdura biologica nella distribuzione organizzata: a che punto siamo” organizzato da “Made in Nature” e che si è svolto nei giorni scorsi a Copenaghen e in contemporanea anche in Italia, Francia e Germania.

Carrelli più leggeri

«In particolare l’ortofrutta biologica – conferma Elisa Macchi, Direttore di CSO Italy – non sta vivendo un momento felice nel nostro Paese». «Occorre però evidenziare che le famiglie, che per diversi anni si sono avvicinate al prodotto biologico consentendone un’importante crescita, non stanno diminuendo: quello che scende è il volume acquistato per famiglia acquirente a causa della pressione della crisi inflattiva». Se l’ortofrutta biologica non ride, figuriamoci quella convenzionale: per gli stessi motivi, nei primi sei mesi dell’anno i consumi sono scesi dell’8%, che in valore assoluto equivale ad una perdita di quantità commercializzate pari a 213 mila tonnellate.

L’interesse per il biologico dunque rimane, anche se i carrelli della spesa sono sempre più leggeri.

Secondo i dati di CSO Italy nel 2022 in Italia sono state acquistate 308 mila tonnellate di ortofrutta biologica, la quantità più bassa degli ultimi cinque anni, con un incremento di prezzo medio del +3%, salito a 2,22€/kg. Dal 2018 in avanti la quota di biologico all’interno del totale acquisti ortofrutta si è mantenuta tuttavia stabile, mediamente al 6% del totale.

Banane, patate, clementine, pere, nettarine e susine al top

Sono poche le categorie che sfuggono alla regola del calo degli acquisti: tra queste le banane che non solo segnano il +1% dei volumi salendo oltre le 40 mila tonnellate, ma conquistano anche il primo posto come frutto biologico più acquistato in Italia nel corso del 2022, seguite da clementine, pere, nettarine e susine. La crescita dei consumi di patate è il principale motivo della parziale tenuta degli acquisti di ortaggi nel corso del 2022 biologici e convenzionali. In particolare, la versione biologica ha fatto registrare un incremento di acquisto del +11% sul 2021, con volumi in crescita costante nell’ultimo quinquennio.

 

Due terzi venduti dalla Gdo

La grande distribuzione rappresenta il maggior driver di vendita di ortofrutta biologica: il 64% dei volumi è transitato da un punto vendita appartenente a iper, super, discount o superette, in valori assoluti per il 2022 si tratta di 198 mila tonnellate sulle 308 mila totali. I supermercati hanno assorbito il 42% delle vendite, mentre i discount col 12% sono gli unici canali in crescita rispetto allo scorso anno.

Il Nord Ovest della nostra Penisola si conferma l’area geografica più interessante col 33% dei volumi nazionali, anche se in diminuzione del 6% rispetto al 2021, così come il Nord Est, che fa registrare una flessione del 16% rispetto all’anno precedente, e il Sud e la Sicilia, che perdono il 19% delle vendite. Unica eccezione il Centro e la Sardegna, in cui si registra un aumento dell’8%.

L’evento è stato organizzato da Made in Nature, il programma di promozione e informazione dell’ortofrutta biologica nei 4 Paesi Europei, realizzato da CSO Italy e finanziato dall’Unione Europea.