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Combattere Xylella con un mix di cure tradizionali e bio: l’esperienza di un agricoltore pugliese

Si torna a parlare di Xylella Fastidiosa, il batterio killer che ha causato l’abbattimento di un numero consistente di ulivi malati (ma non solo), soprattutto nelle aree colpite della Puglia.

Il 12 maggio scorso, infatti, la Corte di Giustizia europea si è pronunciata in merito a una richiesta presentata al Tar del Lazio da diversi proprietari di fondi agricoli pugliesi.

In particolare, il ricorso riguardava l’eradicazione delle piante sane, senza la possibilità di tentare un diverso trattamento fitosanitario. Secondo i proprietari degli uliveti pugliesi, il provvedimento era contrario ai principi di proporzionalità e ragionevolezza nonché alla direttiva 2000/29/CE. Ulteriore problema segnalato al Tar era l’assenza di un indennizzo sufficiente alle opere di eradicazione delle piante.

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L’avvocato generale della Corte Ue Yves Bot ha esaminato con una procedura accelerata la richiesta, arrivando alla conclusione che non esiste nessuna “contraddizione tra le misure che impongono l’abbattimento e ulteriori ricerche scientifiche e trattamenti fitosanitari preventivi“.

Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia, ma di norma vengono seguite in occasione della sentenza, che verrà annunciata prossimamente in data ancora da comunicare.

Il problema della Xylella Fastidiosa, purtroppo, continua ad angosciare i proprietari degli ulivi presenti non solo in Puglia, accendendo un aspro dibattito sulla necessità o meno di procedere all’eradicazione delle piante.

Il mese scorso, ad esempio, un  comunicato dell’Efsa (European Food Safety Authority), avvertiva che i trattamenti proposti sinora per la cura di Xylella possono mitigare i sintomi, ma non eliminano l’infezione.

Eppure, da qualche parte, l’esperienza di alcuni agricoltori mostra una realtà diversa.

Giuseppe Coppola, proprietario di un oliveto in contrada Santo Stefano, tra Alezio e Gallipoli, ha raccontato la sua storia a Il Fatto Quotidiano.

L’imprenditore ha eseguito inizialmente arature superficiali del terreno; a queste sono seguiti 5 trattamenti (prima della potatura e dopo l’emissione della vegetazione) per nutrire la pianta e proteggerla da attacchi di patogeni e per controllare il vettore ‘sputacchina’.

Una potatura radicale – spiega Coppola – è stata eseguita a ottobre scorso nel tentativo di eradicare il patogeno che si era diffuso nell’intero oliveto e sulle branche principali delle piante”.

Tutti i tagli sono stati disinfettati con rame e mastice e il materiale di risulta bruciato sul posto. D’estate sono stati eliminati i polloni dai ceppi. A queste operazioni sono seguiti vari trattamenti, tradizionali e biologici, tra cui una soluzione innovativa: utilizzare lo zolfo in polvere sulla pianta, per creare un ambiente fisicamente ostile alla sputacchina, che le impedisse di avvicinarsi alle piante. Alla fine sembra che il procedimento utilizzato sia stato in grado di ridare vita alle piante infestate.

Oggi gli ulivi dell’azienda sono sani ma, secondo Coppola, “se le istituzioni avessero sostenuto gli agricoltori e se qualcuno avesse fatto il mio stesso esperimento, forse la Xylella non avrebbe avuto vita facile“.

Fonti:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/09/xylella-450-ulivi-germogliano-dopo-un-anno-di-cure-tradizionali-e-bio-scienziati-interessante-ma-serve-cautela/2108300/

http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/mondo_agricolo/2016/05/12/-xylella-avvocato-corte-valide-misure-ue-per-combatterla_a37b2306-0660-41b4-84fe-8ea81c1f1bec.html

http://www.wired.it/scienza/ecologia/2016/04/21/xylella-trattamenti-infezione/

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/agricoltura-economia-politica/2016/05/05/xylella-a-che-punto-siamo-in-europa/48666

http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/160420

 

Regolamento Ue sui fertilizzanti: il parere di Javier Goni del Cacho

Lo scorso marzo, la Commissione Europea ha presentato la bozza di regolamento contenente nuove norme in materia di concimi organici e ricavati dai rifiuti. Il testo stabilisce una serie di direttive comuni per la conversione dei rifiuti organici in materie prime che possano essere impiegate per fabbricare fertilizzanti.

L’obiettivo è delineare il confine tra prodotti fertilizzanti e fitosanitari e regolare l’etichettatura, la sicurezza e la qualità che i prodotti dovranno rispettare per poter essere commercializzati liberamente nel territorio europeo.

Javier Goni del Cacho, presidente dell’associazione di categoria dell’industria dei fertilizzanti europea, ha espresso il suo parere in merito alla bozza di nuovo regolamento sul settore, durante un’intervista realizzata a margine dell’evento “Opportunities in the EU fertilizer legislation: what to look for?”, tenutosi a Bruxelles il 3 maggio 2016.

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Secondo Javier Goni del Cacho, la bozza potrebbe portare a due conseguenze: “Da un lato rappresenta un’opportunità per l’industria, darebbe più libertà di scelta agli agricoltori e promuove un approccio più innovativo al riciclo dei nutrienti nell’ambito del pacchetto sull’economia circolare. Dall’altro lato, però, siamo molto preoccupati dai limiti imposti alla presenza di cadmio per il possibile impatto sulla disponibilità di forniture di fosfato e di concimi NPK per l’industria europea“.

Per il presidente dell’associazione di categoria, la posizione dell’agricoltore, confermata dal Copa-Cogeca, è sia quella di consumatore che di produttore di concimi. Anche se appare difficile che in futuro i fertilizzanti saranno costituiti interamente da nutrienti riciclati, visto che attualmente quelli derivati da minerali contribuiscono al 50% della produzione mondiale, il riciclo sarà un elemento importante del processo, che “anche l’industria sta tentando di valorizzare con più ricerca, sviluppo e innovazione“.

Fonti:

http://ec.europa.eu/italy/news/2016/20160317_economia_circolare_it.htm

http://www.informatoreagrario.it/ita/News/scheda.asp?ID=2767

Agricoltura biologica come migliore alternativa al glifosato

glifosato

In queste ultime settimane, il glifosato è stato al centro di diversi dibattiti, a livello nazionale e comunitario. Il 13 aprile scorso, ad esempio, il Parlamento Europeo ha chiesto alla Commissione di rinnovare l’autorizzazione al suo utilizzo in agricoltura per altri 7 anni.

Pochi giorni fa, invece, un mensile italiano ha diffuso gli esiti delle prime analisi effettuate da laboratori accreditati su una cinquantina di alimenti diffusi nel nostro Paese, rivelando la presenza dell’erbicida in diversi campioni.

Venduto sottoforma di liquido pronto all’uso, o in forma solubile, il glifosato è un erbicida ad ampio spettro adoperato soprattutto per eliminare le piante infestanti. La sua azione inibisce uno specifico enzima nei vegetali, indispensabile per la sintesi degli aminoacidi aromatici. È in grado di eliminare le piante infestanti, ma anche di devitalizzare gli organi di conservazione ipogea dei vegetali, come i rizomi, i fittoni carnosi, ecc.

Grazie al suo prezzo contenuto, è uno dei prodotti più diffusi in agricoltura. Anche in Puglia, la regione dove la Xylella Fastidiosa ha creato i maggiori danni agli ulivi.

La situazione è stata descritta da un agronomo, Francesco Caggiula, a BelPaeseweb.

Secondo quanto afferma Caggiula anche se non esiste una relazione diretta tra l’utilizzo del glifosato e la forte incidenza della Xylella negli ulivi pugliesi, “il processo di disseccamento è stato certamente favorito dall’impoverimento dei nostri territori anche a causa dell’utilizzo di tutti questi erbicidi e pesticidi che ne hanno indebolito la flora batterica. I terreni presentavano dei microrganismi antagonisti alla Xylella e che potevano bloccare la sua espansione; invece, non trovando antagonisti, l’espansione è stata senza controllo“.

Nonostante siano diversi gli agricoltori che nel corso degli anni hanno deciso di affidarsi all’utilizzo di prodotti di sintesi come il glifosato, esiste una via alternativa, più sicura per la gestione delle piante infestanti.

L’agricoltura biologica ad esempio, come afferma lo stesso agronomo, potrebbe essere la strada migliore: “Ci sono numerose aziende agricole che sono passate oramai al biologico e usano la tecnica del compostaggio, come si faceva in passato. I consumatori stanno chiedendo con sempre più frequenza se i prodotti che acquistano sono stati trattati con composti organici o sintetici, perché è stato riconosciuto il valore agronomico delle piante che sono cresciute in ambiente biologico, e gli stessi consumatori sono disposti a spendere di più per avere una qualità maggiore. Una volta che cambia la domanda del mercato anche gli agricoltori cambiano la propria cultura e il proprio punto di vista“.

Fonti:

http://www.leccesette.it/dettaglio.asp?id_dett=35277&id_rub=128

http://belpaeseweb.it/articolo.asp?di=Agricoltura+biologica%2C+la+pi%F9+valida+alternativa+ai+fitofarmaci&rubrica=In+copertina&sezione=Rubriche&id_sezione=5&id_rub=1&id=7697

http://www.lastampa.it/2016/04/21/scienza/benessere/glifosato-il-diserbante-che-ha-messo-in-allarme-leuropa-4p66lBEOuCcSqPgwn0kMsJ/pagina.html

http://www.repubblica.it/ambiente/2016/04/22/news/glifosato_test_salvagente_pasta-138189086/

Sostanze nocive ammesse nella produzione agricola integrata. Associazioni scrivono a Oliverio

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Nei giorni scorsi, tre associazioni del settore agricolo, Agricoltura biologica Calabria, medici per l’ambiente Isde-Italia e Apicoltori professionali della Calabria (Aprocal), hanno scritto al governatore della regione Calabria, Mario Oliverio, per lamentare la scarsa sostenibilità ambientale dei sistemi di produzione agricola integrata, in cui sarebbe ancora ammesso un elenco interminabile di sostanze nocive.

Nonostante tale tipo di produzione sia qualificata come un sistema di coltivazione finalizzato a rendere “minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi”, all’interno del bando e dei disciplinari non sarebbe prevista alcune “reale strategia di diminuzione dell’uso dei presidi chimici di sintesi, con parametri misurabili in grado di dare dimostrazione di una graduale riduzione a vantaggio dell’ambiente e della salute pubblica“.

Fra i principi attivi ammessi, lamentano le associazioni, destano particolare preoccupazione il glifosato e il clorpirifos (etile e metile). Lo stesso glifosato, è stato indicato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro come ‘probabile cancerogeno per l’uomo’.

Proprio sul rinnovo dell’utilizzo di questa sostanza, l’Unione Europea ha avviato una discussione e il ministro Maurizio Martina ha preso posizione a favore della sua esclusione dall’elenco delle sostanze ad uso agricolo. Nonostante tutto, riferiscono le associazioni, in Calabria risultano finanziate pratiche colturali che fanno uso di glifosato, con dosi anche di 9 litri per ettaro di superficie coltivata. Il clorpirifos – continuano – è un pesticida molto pericoloso, tanto che l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti di America lo ha bandito per l’uso domestico.

Parte della pericolosità del clorpirifos è dovuta al fatto che è disponibile in formulati altamente volatili, che possono determinare contaminazioni accidentali anche a notevoli distanze, mettendo a rischio non solo gli abitanti dei territori agricoli, ma anche le aziende biologiche.

I disciplinari inoltre – si legge in una nota stampa di Federbio che riporta alcuni stralci della lettera – contengono un lungo elenco di principi attivi che sono stati esclusi dalle principali catene della grande distribuzione europea. È il caso ad esempio del diserbante linuron, dell’anticrittogamico meptyldinocap, dell’insetticida fosmet. Per non parlare poi del neonicotinoide imidacloprid, la cui tossicità sulle api e gli insetti pronubi è stata già ampiamente dimostrata e denunciata“.

La richiesta è dunque che il presidente della Regione Calabria attui un’attenta riflessione sulle reali compatibilità ambientali e sociali del sistema di produzione agricola “integrata”, prima che siano messe in atto misure di aiuto economico.

Le proposte avanzate sono queste:

  • revisione dell’impostazione della produzione integrata, in modo che possa diventare veramente un primo passo per la conversione bio-ecologica dell’agricoltura calabrese;
  • finanziamento alle aziende agricole vincolato all’attuazione di reali obiettivi di riduzione dell’uso della chimica di sintesi, che devono essere quantificati e garantiti alla Regione Calabria ed ai consumatori;
  • esclusione delle pratiche del diserbo con prodotti chimici di sintesi all’interno dei sistemi e delle tecniche di produzione integrata;
  • verifica delle molecole chimiche di sintesi consentite, per una sostanziale limitazione dei principi particolarmente dannosi;
  • immediata esclusione dell’utilizzo del glifosato e del cloripirifos;
  • proibizione dell’uso di diserbanti e di insetticidi chimici di sintesi estesa alla pulizia e alla disinfestazione delle strade e delle aree pubbliche su tutto il territorio regionale;
  • intensificazione dei monitoraggi ambientali sulle molecole chimiche di sintesi utilizzate in agricoltura, attraverso criteri e modalità chiare e trasparenti, in grado di attivare la conoscenza e la partecipazione di produttori, tecnici e consumatori, nonché delle rispettive organizzazioni di rappresentanza.
  • un confronto aperto, che coinvolga anche le organizzazioni mediche e le associazioni agrobiologiche e ambientaliste.

Fonti:

http://www.feder.bio/comunicati-stampa.php?nid=1017#sthash.yIld6Wsg.dpuf

http://www.strill.it/calabria/2016/04/psr-calabria-le-associazioni-del-settore-agricolo-scrivono-al-governatore-oliverio-scarsa-la-sostenibilita-ambientale-dei-sistemi-di-produzione-agricola-integrata-ancora-ammesse-sostanze-n/

http://www.strettoweb.com/2016/05/reggio-calabria-nicolo-oliverio-non-puo-non-ascoltare-le-rivendicazioni-del-comparto-dellagricoltura-biologica/406373/

 

Francia: stop all’importazione di ciliegie trattate con dimetoato

ciliegie franciaVietato importare ciliegie dai Paesi in cui è autorizzato il trattamento con dimetoato. È la decisione del governo francese che, lo scorso 21 aprile, ha pubblicato un decreto che sospende l’importazione e la commercializzazione di prodotti potenzialmente contaminati dall’insetticida.

Il dimetoato è un insetticida appartenente alla classe dei fosforganici ed è ampiamente adoperato contro diverse tipologie di insetti fitofagi.

Già lo scorso febbraio, la Francia aveva deciso di vietare l’uso del prodotto sugli alberi di ciliegio presenti sul proprio territorio. Ora, arriva il blocco anche per gli alimenti potenzialmente trattati e importati dai Paesi in cui il dimetoato è attualmente consentito. Sono escluse dal divieto le ciliegie biologiche.

La decisione è stata motivata in parte dal fatto che i residui del dimetoato attualmente consentiti, “non sono probabilmente sufficienti per assicurare la protezione dei consumatori”.

A metà aprile, il Comitato permanente dell’Ue per le piante, alimenti e mangimi, si è riunito per discutere la richiesta della Francia di vietare l’utilizzo della sostanza su frutta e verdura in tutta l’Unione Europea e bloccare la vendita delle ciliegie trattate.

La discussione si è conclusa con un nulla di fatto, dato che la Commissione si è dichiarata contraria alla richiesta di misure di emergenza, non ritenendo sufficienti le argomentazioni francesi.

Alla base della richiesta vi era l’incertezza sulle proprietà tossicologiche di tre metaboliti e sulla loro azione sul sistema nervoso centrale e su quello periferico.

La Francia ha comunque sostenuto la propria posizione, forte del parere emesso due giorni prima dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa)  secondo cui “i dati non sono sufficienti per escludere chiaramente un rischio per i consumatori”.

Così, il 21 aprile scorso, ha deliberato il divieto d’importazione di ciliegie da Paesi in cui il dimetoato è autorizzato. La Francia, il primo e attualmente l’unico ad aver adottato tale provvedimento, importa ciliegie principalmente da Italia, Spagna e Turchia.

Il ministro dell’agricoltura, Stéphane Le Foll, ha spiegato che il provvedimento mira a protegge i consumatori e a difendere l’interesse dei produttori. In un comunicato, ha inoltre aggiunto che, ad oggi, anche Spagna, Italia, Grecia e Slovenia hanno annunciato l’intenzione di non autorizzare il dimetoato sulle ciliegie.

Fonti:

http://www.ilfattoalimentare.it/francia-ciliegie-dimetoato.html

https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=E9D9902D98E511F3C9008094BC70505C.tpdila09v_3?cidTexte=JORFTEXT000032439552&dateTexte=&oldAction=rechJO&categorieLien=id&idJO=JORFCONT000032438891

http://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2016/04/29/prodotti-fitosanitari-niente-dimetoato-contro-la-mosca-del-ciliegio/48521

http://agriculture.gouv.fr/suspension-de-limportation-des-cerises-traitees-au-dimethoate

Perché le pecore potrebbero far bene all’agricoltura biologica

pecore bioLe pecore potrebbero rivelarsi una risorsa preziosa nella lotta alle piante infestanti in agricoltura biologica. Ad affermarlo, i ricercatori della Montana State University che hanno avviato uno studio per verificare l’utilità di questi animali, in sostituzione alle comuni attrezzature agricole.

Una soluzione, affermano i ricercatori, che potrebbe ridurre i costi di gestione dei terreni sostenuti dagli agricoltori biologici.

La lavorazione meccanica, a lungo andare, rischia di ridurre l’integrità del suolo, alterandone la resa. Per risolvere questo problema, il progetto della Montana State University  suggerisce di adoperare le pecore domestiche al posto dei macchinari tradizionali. Farle pascolare sui terreni agricoli potrebbe infatti aiutare a tenere sotto controllo la proliferazione delle piante infestanti, senza danneggiare il terreno.

Lo studio avrà il compito di determinare se un sistema di produzione integrato possa essere un metodo economicamente fattibile per ridurre il dissodamento nelle aziende biologiche certificate.

Il progetto coinvolgerà docenti, laureati e studenti universitari provenienti da vari settori.

Patrick Hatfield, uno dei docenti che fanno parte del gruppo di ricerca, afferma: “Il nostro obiettivo è quello di ridurre il dissodamento nei sistemi biologici. La soluzione ideale è probabilmente quella dove sia il pascolo che la coltivazione sono impiegati strategicamente per portare a termine una specifica attività“.

L’azione delle pecore, inoltre, potrebbe fornire concime naturale a costo zero e aiutare nella gestione della vegetazione di copertura, oltre che nell’eliminazione delle piante infestanti.

Una pecora digerisce il 30-40 per cento di 100 chili di paglia consumata. Ciò significa 60-70 chili di piccole particelle di materia organica che vengono restituite alla terra“, fanno sapere i ricercatori.

Credo che una delle cose principali che abbiamo imparato è che c’è un uso preciso, sostenibile ed economicamente vantaggioso per l’ambiente di ogni metodo (lavorazione del terreno, pascolo, e diserbanti). Le pratiche agricole più sostenibili includono probabilmente l’uso strategico di tutti questi strumenti “, ha affermato Hatfield.

Determinare i metodi migliori per utilizzare in maniera integrata le risorse a disposizione sarà la fase successiva del lavoro dei ricercatori.

Fonte:

http://blogs.usda.gov/2016/04/20/organic-study-uses-domestic-sheep-to-facilitate-sustainable-farming/