Suolo e Salute

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Il biologico è più salutare del convenzionale

Secondo quanto emerge da un recente studio comparativo realizzato dalle Università di Washington e Newcastle e pubblicato dal British Journal of Nutrition,, i cibi biologici sono più salutari rispetto a quelli convenzionali. Per stabilirlo, i due atenei hanno riunito e messo a confronto i dati provenienti da oltre 300 studi scientifici dedicati all’argomento. Grazie a tecniche di meta-analisi così è stato possibile quantificare le differenze tra bio e convenzionale e aggiungere ulteriori conferme rispetto alla bontà della scelta bio. In particolare, frutta, verdura e cereali bio contengono mediamente una percentuale di antiossidanti del 17% superiore ai prodotti coltivati in modo convenzionale, percentuale che sale addirittura al 69% nel caso dei flavoni. La ragione di questa differenza è da ricercarsi in particolare nel fatto che, senza l’”aiuto” dei pesticidi chimici di sintesi le piante tendenzialmente producono più fenoli e polifenoli per difendersi dai parassiti e dalle lesioni. Secondo la ricerca quindi consumando prodotti bio si possono ottenere dal 20 al 40% di antiossidanti in più, a parità di apporto calorico. Al tempo stesso, i residui di pesticidi sono notevolmente inferiori rispetto a prodotti coltivati tradizionalmente, come era lecito attendersi, contenendo concentrazioni di antiparassitari  fino a 100 volte inferiori rispetto alle coltivazioni tradizionali.

Anche il cadmio, un metallo tossico per la salute umana, è presente in quantità decisamente inferiori nei prodotti biologici: secondo i ricercatori la ragione è da individuarsi nel fatto che alcuni tipi di fertilizzanti utilizzati nelle aziende agricole convenzionali agevolano l’assorbimento radicale di questa sostanza.

Lo studio questa volta è riuscito a dimostrare dati alla mano la maggiore salubrità dei cibi biologici, cosa che non era riuscita in precedenza ai ricercatori della Stanford University che nel 2011 avevano condotto una ricerca per certi aspetti simile, ma attingendo ad una bibliografia più limitata.

“Abbiamo beneficiato di una serie di qualità molto più grande e più alto di studi rispetto ai nostri colleghi che svolgono recensioni precedenti” ha dichiarato uno degli autori della ricerca, il professor Carlo Leifert, dell’ Università di Newcastle.

Fonte: Il Fatto Alimentare,  Teatro Naturale

OGM Friuli, ultimo atto: CF distrugge le coltivazioni di Mais Mon810

E’ forse l’ultimo atto di una vicenda che si protrae da molti mesi, contrapponendo le fazioni pro e contro OGM che si sono confrontate con toni anche aspri e non senza azioni anche eclatanti come i “sabotaggi” operati da diversi attivisti anti OGM. Il Corpo Forestale dello Stato infatti, in collaborazione con la forestale del Friuli Venezia Giulia, su delega della Procura della Repubblica di Udine, ha posto sotto sequestro e quindi distrutto 6.500 metri quadrati di coltivazioni di Mais Mon810 in comune di Colloredo di Monte Albano. Un’azione accolta in maniera molto positiva dall’intero comparto del biologico, che più volte ha invocato il rispetto di quanto previsto dalla normativa nazionale. In un comunicato congiunto Aiab, FederVio e Associazione per l’Agricoltura Biodinamica hanno espresso la loro soddisfazione per l’azione del Corpo Forestale e la distruzione delle coltivazioni di Mais geneticamente modificato: “i campi illegalmente seminati con varietà geneticamente modificate sono stati finalmente distrutti nonostante le azioni prepotenti messe in atto dall’agricoltore friulano per impedire l’applicazione della legge”, si legge nel comunicato che parla esplicitamente di “ripristino dello stato di legalità”. “Dopo la sentenza del Tar del Lazio e dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato che ha respinto la richiesta di sospensiva della sentenza nonché dopo l’approvazione di pesanti sanzioni penali per chi coltiva mais Mon810  disposte con il decreto ‘campo libero’ e di quelle amministrative previste dalla legge regionale 5/2014 del Friuli Venezia Giulia, nelle scorse settimane si era creata una situazione paradossale”. Il Corpo Forestale infatti aveva potuto distruggerre solo uno dei campi seminati illegalmente ma non aveva potuto fare altrettanto negli altri campi a causa della  resistenza messa in atto da un gruppo di sostenitori OGM. Solo l’azione della Procura di Udine che ha repentinamente messo in atto i provvedimenti di sequestro conservativo del mais gm richiesti dagli organi di polizia giudiziaria ha consentito infatti di sbloccarla situazione. Le associazioni ricordano che “i campi di mais OGM erano prossimi alla fioritura con conseguente rischio di dispersione di polline OGM e di contaminazione nelle coltivazioni limitrofe, causa di danni significativi non solo per gli agricoltori locali ma per tutta l’agricoltura italiana, soprattutto per quella biologica”.

Nella nota si ribadisce l’impegno del mondo del biologico che è intervenuto accanto alla task force nazionale inviando una lettera al ministro della giustizia Andrea Orlando”. “Di fronte alla prepotenza di chi semina illegalmente OGM e delle multinazionali della manipolazione genetica – conclude la nota – era doveroso ripristinare lo stato di diritto e garantire ai cittadini l’applicazione delle leggi e ai trasgressori la certezza della pena”.

Fonte: Agrapress

Biologico ER: al via “Filiere Bio 2020”

Prende il via grazie a  Prober scarl il progetto “Filiere bio 2020”, una piattaforma di servizi dedicati ai produttori e trasformatori della filiera biologica dell’Emilia Romagna. A darne notizia un comunicato delle federazioni regionali di Cia e di Confagricoltura, che hanno così ufficializzato il loro ingresso nella nuova realtà societaria: “l’obiettivo – si legge nella nota – e’ far crescere il numero di operatori biologici in regione stimolando anche l’entrata di nuovi agricoltori”. “Vorremmo promuovere il bio anche nelle zone di pianura più vocate e produttive ove peraltro prevale ancora l’agricoltura convenzionale e ricreare convenienza economica a farlo nelle zone svantaggiate”. “il progetto ‘filiere bio 2020’ nasce per offrire all’operatore biologico piena assistenza nell’attuazione delle normative e nell’espletamento delle pratiche burocratiche necessarie”.

Fonte: Agrapress

FederBio alla presidenza italiana UE: stop proposta sul bio

All’esordio del semestre italiano di presidenza dell’UE, si fa sentire forte la voce del mondo del biologico per voce di FederBio che in un comunicato chiede una seria riflessione sulla proposta di riforma della normativa europea sul biologico. FederBio, si legge in un comunicato, “reputa necessaria una valutazione approfondita sulle modifiche del quadro normativo attuale”. Secondo l’associazione “la discussione avvenuta lo scorso lunedì nell’ambito del Consiglio Agricolo ha confermato quanto sostiene FederBio, ovvero la lontananza della proposta della commissione dagli obiettivi annunciati e il rischio che si arretri sul versante della produzione agricola bio europea a tutto vantaggio delle importazioni”. “Siamo consapevoli dei ruolo delicato che l’Italia dovrà svolgere in quanto titolare della presidenza di turno”, ha dichiarato il presidente Carnemolla, chiedendo contestualmente a Martina di operare “affinché si fermi il percorso della proposta della commissione uscente”.

Fonte: FederBio

Anche la Francia verso l’etichettatura a semaforo?

E’ di questi giorni la notizia che il ministro della salute francese, Marisol Touraine, ha avanzato la proposta di rivedere l’etichettatura dei prodotti alimentari trasformati per adottare un metodo più semplice e intuitivo in grado di fornire al consumatore maggiori dettagli sui contenuti di grassi e zuccheri, prevenendo disturbi e patologie legati ad una cattiva alimentazione. E tra le ipotesi sul tavolo spunta anche un metodo simile a quello tanto contestato dell’etichettatura a semaforo inglese, che ha visto la forte opposizione di molti governi, Italia in testa, che lo reputano fuorviante e a rischio di penalizzare prodotti tipici soprattutto dell’area mediterranea. In ogni caso, il ministro Touraine ha dichiarato che a settembre verrà presentato al Consiglio dei ministri una nuova proposta di legge che, secondo le previsioni, sarà esaminata dall’Assemblea nazionale non prima del gennaio 2015. Sulla polemica si inseriscono i risultati di una petizione lanciata in Francia nel maggio scorso e promossa da 28 associazioni in rappresentanza di consumatori e mondo della sanità. La petizione richiede l’adozione di un’etichettatura semplice e comprensibile composta da una scala cromatica in cinque colori (verde, giallo, arancio, fucsia e rosso in ordine crescente di contenuto di grassi o zuccheri) e ad oggi ha già ottenuto quasi 23.000 adesioni.

Fonte:  Il Fatto Alimentare

USA: petizione contro l’uso del termine “natural” nel cibo

Spesso e volentieri, in particolare nei paesi anglosassoni, i termini natural (naturale) e organic (ovvero biologico) vengono confusi dai consumatori, aumentando il disorientamento al momento dell’acquisto. E secondo stime del gruppo Nielse, ammontano ad oltre 40 miliardi di dollari le vendite negli Stati Uniti di alimenti che riportano sulla confezione la parola “natural”: un termine che in realtà non ha un significato chiaro e univoco e il cui utilizzo è tuttavia autorizzato dalla FDA, la Food and Drug Administration (FDA) per gli alimenti che non contengono coloranti, aromi artificiali o sostanze sintetiche. Anche se è la stessa FDA a riconoscere che è difficile definire “naturale” un alimento o una bevanda che ha subito un processo industriale.
Per tutte queste ragioni l’organizzazione Consumers Reports ha lanciato recentemente una petizione on line chiedendo che sia proprio la FDA a vietare l’utilizzo di un’indicazione considerata fuorviante ed ingannevole. Secondo un’indagine del Consumer Reports National Research Center un numero elevatissimo di consumatori, compreso tra l’80 e l’89%, pensa erroneamente che nel caso della carne l’indicazione “natural” stia ad indicare che l’animale non è stato trattato con ormoni della crescita, antibiotici o altri farmaci. Cosa che nella maggior parte dei casi non corrisponde affatto al vero. Analogamente, per altri prodotti alimentari, la stragrande maggioranza dei consumatori americani ritiene che con il termine “natural” vengano indicati prodotti per la cui lavorazione non sono stati utilizzati prodotti chimici, pesticidi, ingredienti geneticamente modificati. Anmche in questo caso invece molto spesso non è così, dato che solo la dicitura “organic”, ovvero “biologico”, garantisce che si sia in presenza di alimenti controllati e regolamentati secondo precise normative che indicano le modalità di allevamento degli animali e di coltivazione dei vegetali.
Non resta che augurarsi che la battaglia per la trasparenza e la correttezza dell’informazione segni un nuovo punto a favore del biologico anche oltreoceano.
Fonte: Il Fatto Alimentare