Suolo e Salute

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LA VERA AGRICOLTURA RIGENERATIVA È BIOLOGICA

LA VERA AGRICOLTURA RIGENERATIVA È BIOLOGICA

Crescono i marchi e le partnership che fanno riferimento a un modello di produzione che consenta di rispettare la fertilità organica del suolo, riassorbire CO2 atmosferica e contrastare i cambiamenti climatici. Ma il primo a coniare il termine “rigenerativo” è stato lo statunitense Rodale Institute e oggi l’unico modello di agricoltura rigenerativa certificata è quello che fa riferimento a questo standard che fa leva sul bio

La necessità di centrare l’obiettivo della neutralità climatica dà un forte slancio alle buone pratiche colturali dell’agricoltura rigenerativa. Ogni giorno spuntano nuovi protocolli, partnership, organizzazioni, marchi che mettono al centro lo sforzo degli agricoltori di ripristinare la fertilità organica del suolo riassorbendo la CO2 atmosferica e contrastando così i cambiamenti climatici.

Un termine di moda

Barilla ha lanciato all’inizio dell’anno il suo progetto “bello e buono” con l’obiettivo di sviluppare sistemi e pratiche agricole che favoriscano la “rigenerazione” dei suoli. Ferrero ha annunciato un protocollo di gestione rigenerativa per la coltivazione del nocciolo alla recente prima edizione di AgriWorld a Potenza. Anche Syngenta cavalca il suo modello di agricoltura rigenerativa come «opportunità concreta per un approccio agricolo più sostenibile e resiliente».

C’è però un problema: tutti questi modelli, con diverse sfumature, fanno comunque riferimento all’agricoltura integrata e utilizzano agrofarmaci e fertilizzanti chimici il cui ciclo produttivo determina una pesante impronta di carbonio che vanifica, almeno in parte, i risultati sul fronte del riassorbimento netto di CO2.

Lo standard certificato Roc

Occorre invece ricordare che l’unica esperienza al mondo di agricoltura rigenerativa certificata è quella che fa riferimento alle pratiche rigenerative biologiche messe a punto negli Usa dal Rodale institute, la prima entità che ha parlato di agricoltura rigenerativa sin dagli anni ’80 del secolo scorso. Il marchio Roc (Regenerative Organic Certified™, ovvero Biologico rigenerativo certificato) è stato introdotto nel 2018 facendo riferimento a uno standard olistico di produzione che fa leve sui dettami dell’agricoltura biologica. Lo standard è supervisionato dalla Regenerative Organic Alliance, un’organizzazione senza scopo di lucro composta da esperti in agricoltura, allevamento, salute del suolo, benessere degli animali ed equità tra agricoltori e lavoratori.

Suolo e Salute è al momento l’organismo di controllo e certificazione in Italia autorizzato a condurre l’attività di controllo dello standard Roc (Regenerative Organic Certified™).

Per informazioni: estero@suoloesalute.it

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIOLOGICHE

VIA AL PIANO NAZIONALE SEMENTI BIOLOGICHE

D’Eramo (sottosegretario Masaf con delega per il bio): «L’obiettivo è aumentare la disponibilità di semente bio e migliorarne l’aspetto qualitativo»

L’ultima riunione della Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al Decreto del Ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e foreste, con il quale si adotta il Piano nazionale delle sementi biologiche, così come previsto dall’articolo 8 della legge 9 marzo 2022, n. 23.

Cultivar adatte al bio

Lo rende noto il sottosegretario Masaf con delega all’agricoltura biologica Luigi D’Eramo. Principale finalità del Piano è aumentare la disponibilità delle sementi bio per le aziende e migliorarne sia l’aspetto quantitativo che qualitativo, con riferimento alle varietà adatte all’agricoltura biologica e biodinamica, e contribuire progressivamente a ridurre il ricorso a sementi di varietà convenzionali utilizzate in deroga.

Durata triennale

Il Piano nazionale delle sementi biologiche sarà aggiornato con cadenza triennale. Tra gli obiettivi anche quello di promuovere il miglioramento genetico partecipativo, con la collaborazione di agricoltori, tecnici e ricercatori per selezionare piante che rispondano ai bisogni degli agricoltori bio. «Con l’intesa di oggi – evidenzia D’Eramo – proseguiamo nel dare attuazione alle misure contenute nella legge quadro sul biologico». «Disporre di sementi di qualità è un presupposto per poter sviluppare una produzione agricola sostenibile e sicura e permettere a questo settore di continuare a crescere».

SERVE UN TAVOLO DI CRISI PER L’AGRICOLTURA BIO IN EMILIA-ROMAGNA

SERVE UN TAVOLO DI CRISI PER L’AGRICOLTURA BIO IN EMILIA-ROMAGNA

Lo chiede Aiab al ministero dell’agricoltura sottolineando in particolare la presenza di molte aziende ortofrutticole e vitivinicole bio nelle aree colpite dall’alluvione

«Aprire un tavolo tecnico di crisi sull’agricoltura biologica legato alla situazione di emergenza dell’Emilia Romagna». Lo chiede l’Aiab, Associazione italiana agricoltura biologica al ministero dell’Agricoltura, scrivendo una lettera al sottosegretario Luigi D’Eramo.

Gli agricoltori hanno perso tutto

«L’area colpita dalle recenti alluvioni è una delle principali di interesse per la produzione ortofrutticola nazionale su un territorio dove sono presenti numerose aziende biologiche – spiega il presidente Aiab Giuseppe Romano – è quindi necessario capire come poter garantire il sistema, venendo incontro ai contingenti problemi degli agricoltori che hanno perso tutto».

«Questo avendo anche una visione di prospettiva per aiutare il territorio e le aziende agricole bio a riprendersi il prima possibile». La gestione del biologico, rileva ancora Romano, «deve necessariamente coinvolgere anche l’autorità competente regionale, che auspico sia presente al tavolo così da attivare misure e scelte condivise che possano aiutare le aziende a superare questo periodo così difficile».

TEA, I NUOVI OGM?

TEA, I NUOVI OGM?

Via libera da Governo e Parlamento alla loro sperimentazione in campo Per Aiab, Assobio, FederBio si tratta di una deregulation pericolosa per il bio e per i consumatori

Con l’ok al decreto Siccità, sancito dal voto di fiducia alla Camera lo scorso 8 giugno, è passato anche l’emendamento che sblocca la sperimentazione in pieno campo per le cosiddette Tea, tecnologie di evoluzione assistita.

L’emendamento accoglie al suo interno le proposte di legge firmate da Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura al Senato, Raffaele Nevi, segretario della Commissione agricoltura alla Camera, e Gianmarco Centinaio, ex ministro dell’agricoltura.

Scavalcata la legge

Per Aiab, Assobio, FederBio, l’ok alle Tea è una «deregulation pericolosa per i consumatori e per i produttori biologici». L’emendamento secondo le tre associazioni scavalca infatti la normativa attualmente in vigore nel nostro Paese che vieta la sperimentazione in campo aperto degli Ogm, senza attendere le disposizioni europee in materia.

Impossibilità di scelta

«Governo e Parlamento stanno puntando alla deregolamentazione del settore, considerando le Tea assimilabili alle varietà tradizionali – spiegano le tre sigle – con questo via libera la prima vittima sarebbe l’agricoltura biologica visto che si pregiudica uno degli aspetti distintivi fondamentali del metodo bio che esclude queste tecniche». «Contemporaneamente i consumatori non sarebbero più in condizioni di poter scegliere cosa mettere sulla loro tavola e potrebbero comprare prodotti contenenti modificazioni genetiche senza neanche saperlo».

IL BIO CRESCE NEI CONSUMI FUORI CASA

IL BIO CRESCE NEI CONSUMI FUORI CASA

Secondo le indagini Ismea il 50% dei bar e il 70% dei ristoranti propone prodotti certificati

Bio meglio fuori casa che in casa. Mentre i consumi domestici dei prodotti bio segnano per la prima volta una leggera flessione, si scopre, a sorpresa, che nell’ultimo anno oltre il 50% dei bar italiani e quasi il 70% dei ristoranti hanno proposto o impiegato nelle proprie preparazioni culinarie cibi, bevande e materie prime biologiche.

Questo al fine di garantire ai propri clienti una scelta più ampia, servire cibo più salutare e qualificare la propria offerta.

I dati emergono da un’indagine Ismea realizzata in collaborazione con Fipe e Assobio e presentata lo scorso 26 maggio in occasione del convegno “Il biologico nella ristorazione commerciale”.

L’analisi, condotta nei mesi di settembre e ottobre 2022 su un campione rappresentativo di bar e ristoranti nazionali, ha raccolto oltre 2.000 interviste telefoniche ed è – come spiega Fabio Del Bravo, responsabile della direzione servizi per lo sviluppo rurale di Ismea – «La prima di questo genere, che ci ha dato però l’opportunità di allargare il nostro sguardo anche al fuori casa».

«Si tratta di un filone di indagine estremamente interessante, da approfondire periodicamente, perché’ il monitoraggio dell’horeca, anche su aspetti di natura prettamente qualitativa, può fornire, preziosi elementi per orientare le scelte della politica e della filiera».

I dati emersi

Entrando nel dettaglio dell’indagine – presentata da Antonella Giuliano dell’ismea -, dei circa 111 mila bar attivi sul territorio italiano, uno su due ha in parte orientato la propria offerta verso referenze ottenute con metodo biologico, con un’incidenza più elevata nei punti vendita delle città del Centro e Nord Italia e con un numero di addetti superiore a 6.

Mediamente quasi il 20% di alimenti e bevande proposti da questi esercizi è costituito da prodotti bio, con una rappresentatività maggiore per quanto riguarda la frutta, il latte e il vino.

La colazione e l’aperitivo sono stati indicati dagli operatori come le occasioni di consumo più adatte all’inserimento di proposte bio, mentre sul fronte di prezzi, il prodotto biologico viene venduto a quasi il 15% in più rispetto all’omologo convenzionale, a causa dei più alti costi per l’approvvigionamento. dal lato ristorazione.

I dati mostrano un’elevata penetrazione dei prodotti biologici che trovano impiego nei due terzi degli oltre 157 mila ristoranti attivi in Italia.

Percentuali ancora superiori si rilevano al Centro Italia (oltre il 76%) e nel Nord-Ovest (69%), con un progressivo aumento dell’incidenza al crescere del numero degli addetti (dal 60% nei ristoranti con un solo addetto all’81% di quelli con un numero superiore a 49 addetti).

All’interno di questi esercizi, il bio rappresenta oltre il 30% del valore degli acquisti, con punte del 42% nel caso delle verdure e del 34% dell’olio extravergine di oliva.

Differenziale di prezzo al 17%

Anche in questo caso il prodotto bio genera un sovrapprezzo di quasi il 17%, giustificato sempre da un surplus nei costi. contorni e antipasti sono i piatti in cui la presenza di prodotti biologici riesce ad essere più significativa, ma in linea generale, rivelano i ristoratori intervistati, in quasi tutte le portate il biologico riesce ad essere impiegato nel migliore dei modi.

Riguardo alle prospettive dei prossimi due anni, oltre l’80% di ristoranti e quasi la totalità dei bar intervistati dichiara di essere intenzionato a confermare l’attuale politica di acquisto di prodotti bio in termini quantitativi.

Tra i primi il 13,5% potrebbe anche prendere in considerazione, nel lungo periodo, la scelta di diventare un locale esclusivamente biologico, quota che nel caso dei bar si riduce al 6%.

La presentazione dell’indagine è stata l’occasione per dibattere sulle potenzialità e le opportunità offerte dalla ristorazione per lo sviluppo dell’agricoltura biologica, obiettivo fissato dalle politiche europee e nazionali, e della necessaria crescita dei consumi per dare sbocco alle produzioni.

L’agenzia Agrapress ha riportato gli interventi di Pietro Gasparri (masaf), Roberto Zanoni (assobio), Michele Manelli (Salcheto srl), Massimo Lorenzoni (Biotobio srl), Daniela Gazzini (Vivi Bistrot), Luciano Sbraga (Fipe-Confcommercio), Maria Grazia Mammuccini (Federbio).

Un marketing più creativo

È emersa l’esigenza di comunicare al pubblico in modo nuovo il mondo biologico, con idee più creative e veicolate utilizzando molto i social.

Canali di comunicazione devono essere creati anche per informare e formare il mondo della ristorazione, oltre che per ricevere informazioni su gusti e tendenze dei consumatori. inoltre, occorre potenziare la distribuzione per rendere disponibili con continuità i prodotti bio, al fine di migliorare l’offerta della ristorazione, specie per quanto riguarda le carni, ma anche creare alleanze e un’interprofessione che dibatta i temi e presenti le istanze dell’intera filiera ai decisori.

Da parte sua, la ristorazione può svolgere un ruolo attivo nella creazione di tendenze di consumo fuori casa che possono poi trasferirsi nelle abitudini di consumo domestiche.

La presentazione dell’indagine ismea è stato uno dei numerosi appuntamenti del calendario de “La settimana del bio”, prima edizione di un’iniziativa annuale promossa da Assobio che, con finalità di valorizzazione e informazione sul biologico, coinvolge produttori, gdo e le altre associazioni del comparto.

ALLUVIONE IN ROMAGNA, LA SOLIDARIETÀ DI SUOLO E SALUTE

ALLUVIONE IN ROMAGNA, LA SOLIDARIETÀ DI SUOLO E SALUTE

L’impatto della doppia calamità naturale che ha colpito Emilia-Romagna e Marche il 2 e 16 maggio è pesante anche per l’agricoltura bio. Suolo e Salute è vicina alle persone e alle aziende colpite ed è pronta a fare la sua parte per supportare gli operatori bio delle aree colpite

Una doppia alluvione nel giro di due settimane, più di cinquecento millimetri di pioggia caduti in due sole notti, 24 fiumi esondati, 12 mila ettari allagati, più di 300 frane, 36mila sfollati e, purtroppo, 15 morti.

Il 70% dei danni all’agricoltura

Sono le cifre dell’estesa calamità naturale che ha colpito la Romagna, l’Emilia orientale e il nord delle Marche lo scorso 16 maggio, aggravando il bilancio delle forti piogge che avevano colpito lo stesso areale il 2 maggio. Un vero dramma per l’agricoltura, anche di quella bio, in un territorio a fortissima vocazione agroalimentare. Secondo le prime stime il 70% dei danni è infatti a carico del comparto primario e gli impatti sono di due tipologie. A quelli causati in pianura dalle esondazioni e dagli allagamenti prolungati nel tempo occorre aggiungere l’effetto del pesante dissesto idrogeologico che riguarda tutta la catena appenninica che va da Bologna a Cesena, un territorio ad altissima concentrazione di biologico, con profonde ferite causate da frane e smottamenti sia sui suoli agricoli che su quelli forestali.

Suolo e Salute è pronta a fare la sua parte

Suolo e Salute esprime la propria vicinanza e solidarietà alle colleghe della nostra sede Emilia-Romagna di Faenza e a tutte le persone e alle aziende colpite da questa immane tragedia. Molte delle aziende colpite sono certificate da Suolo e Salute e per queste la società sta valutando un pacchetto di sostegno che sarà deciso in via definitiva alla luce del numero complessivo delle unità produttive colpite e dell’entità dei danni subiti dalle singole aziende.

Nel contempo siamo in contatto con le autorità per ricevere disposizioni riguardo alle attività di controllo considerando le innumerevoli difficoltà degli operatori, sia sul piano produttivo che strutturale, sia riguardo alla mobilità ancora difficile in molte zone alluvionate e montane interessate dalle frane.

L’impegno del bio contro il climate change

L’impatto dell’alluvione è stato amplificato dall’effetto dei precedenti quattro mesi di siccità invernale che hanno provocato fessurazioni e spaccature in cui si sono poi infiltrate le acque piovane provocando i disastri che vediamo ora.

Ciò che sta capitando mette in evidenza la necessità di impegnarci per contrastare con tutti i mezzi e con tutte le competenze l’impatto del cambiamento climatico. L’agricoltura biologica è in prima linea, con la sua massima attenzione alla biodiversità e alla fertilità organica del suolo.